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“Homo byzantinus”<strong>Porphyra</strong> n. 19, anno XX, ISSN 2240-5240______________________________________________________________________«palmento et pila et platea et pisarola» 257 , ovvero il palmento con la vasca(pila) e la macina (pisarola), oppure «palmento et pila et mancano etplatea» 258 , in questo caso è menzionato il torchio (mangano); palmento,torchio e vasca sono sovente menzionati assieme, ad indicare la strutturabasilare dell’impianto di produzione del vino 259 ; in altri casi vi sonoindicazioni di botti di diverse dimensioni per conservare il vino: «una buttamaiore (…) da bino mittendum (…) palmento pila et mangano et platea utabemus in ipse binee (…) et alia butte» 260 . I contadini dovevano usare anchedei recipienti di dimensioni più piccole, come ad esempio dei vasi vinari odei vasi per l’olio 261 (vegetes e vegeticule).L’altro impianto di trasformazione legato all’olivicoltura era il frantoio(trappeto, tarpito) quasi sempre di tipo ipogeo 262 , all’interno di grotte ocavità realizzate dall’uomo definite nei documenti medievali cripte. Taletipologia di frantoi presentava diversi vantaggi per il contadino: in primoluogo l’installazione dei frantoi nei pressi degli oliveti consentiva di ridurrei costi di trasporto, in secondo luogo la premitura delle olive appena raccolteconsentiva di ottenere un olio con basso grado di acidità; poi l’ambienteipogeo presentava delle peculiarità isotermiche che favorivano lalavorazione dell’olio; inoltre non bisogna neppure tralasciare un ulterioreultimo aspetto, quello dell’in<strong>qui</strong>namento ambientale: infatti molendo leolive direttamente in campagna si evitava di in<strong>qui</strong>nare l’abitato con ilversamento delle acque di morchia. In un documento del 1078 263 si ha ladescrizione più dettagliata di un frantoio in grotta nei pressi del chorìon diVulplicclano; esso apparteneva a quattro proprietari e una quota era vendutaper cinque soldi scefati. «Pro utilitate de tarpito», ubicato nella grotta piùgrande («cripta maiore ubi sedet tarpitum ipsum»), vi erano altre nove grottecon spazi antistanti (cripte cum platee) dotate di trasitis et exitis.L’attrezzatura 264 era composta «de ipsa fonte et altare et macena et fuso etferre et pali et lignamina de predicto altare et de ipso dalfino et capitello»,ovvero dalla macina per triturare le olive, dal torchio o pressorio, dallavasca 265 (altare), dalla canaletta attraverso cui scorreva l’olio (dalfino 266 ),257 CDB IV, n° 7, a. 999 (loco Cirnarizze).258 CDB IV, n° 11, a. 1010 (loco Cretacie).259 CDB IV, n° 8, a. 1003: «uno palmento et pila et mangano et platea sua pertinente» (loco Celie), n° 16, a. 1025:«palmento et magnano et pila» (loco Noa); Aggiunte CDB, n° 3, a. 1093: «palmentum et pila et mangano et platea»(loco Pallizzo).260 CDB I, n° 15, a. 1028 (loco Vitiiano).261 CDB I, n° 14, a. 1028: sono menzionati dei «vasis ligneis et vitreis» in una concessione di morgingap.262 P. DALENA, Frantoi ipogei del territorio pugliese (secoli X-XV), Dall’habitat rupestre all’organizzazione insediativadel territorio pugliese (secoli X-XV), Atti del III Convegno internazionale sulla civiltà rupestre (Savelletri di Fasano,22- 24 novembre 2007), a cura di in E. Menestò, Spoleto 2009, pp. 71-98.263 CDB V, n° 3, a. 1078.264 Sulla funzione delle parole che designano gli elementi del frantoio cfr. P. DITCHFIELD, La culture matériellemédiévale. L’Italie méridionale byzantine et normande, Roma 2007, pp. 293-298.265 Un’altra possibile interpretazione potrebbe essere quella di un piano rialzato.49

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