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“Homo byzantinus”<strong>Porphyra</strong> n. 19, anno XX, ISSN 2240-5240______________________________________________________________________L’Africa del Nord e la penisola Iberica ritornano con fortunatafrequenza ai ricercatori nuovi frammenti di mosaici con raffigurazionicircensi: è del 2013 la pubblicazione di un frammento di mosaicopavimentale rinvenuto nel 2010 a Colonia Augusta Firma Astigi, nel pienocentro storico della odierna Écija (Siviglia), dove sono rappresentati inmaniera assai particolareggiata i cancelli delle scuderie di un circo(carceres) e due aurighi, il primo, con entrambe le braccia alzate in segno divittoria, precede un secondo, ritratto secondo il modello iconograficodescritto sopra 1 .Le scene di corsa, concentrandosi sui particolari, rendono bene laeccitazione provocata dai carri lanciati, dalle braccia alzate degli aurighinell’atto frenetico di frustare i cavalli, le loro teste che si girano a controllaregli avversari, gli occhi spalancati nella eccitazione e nello sforzo, allo stessotempo, di cercare di non perdere il controllo della quadriga: operazionedifficile nella quale si finiva spesso per fallire, quando i carri uscivano dallatraettoria o cozzavano l’uno contro l’altro e l’auriga, perdutone il controllo,volava via rovinosamente (naufragium). La operazione di far curvare ilcarro, pur mantenendo la quadriga lanciata a tutta velocità, eraparticolarmente delicata e difficile tanto da provocare un gran numero dinaufragia; Giovanni Crisostomo, già arcivescovo di Costantinopoli, tra lafine del secolo IV ed i primi del V, nella oratio sul circo, i cui concetti sonoperò ripetuti in numerose omelie con intenti tanto etici quanto polemici(Oratio de circo: P.G., LIX, col. 567; ed. V. Saletta, Roma 1964, p. 79), sirammarica del fatto che la mattina i fedeli disertavano le chiese per correreal Grande Ippodromo il prima possibile per occupare i posti a ridosso dellagrande curva (Sphendone), nella speranza dì poter vedere da vicino lospettacolo dei carri che lì si frantumavano e gli aurighi cadere ad ogni giro.Le corse dei carri e le figure degli aurighi vincitori costituiscono unlinguaggio, a tutti i ilivelli sociali, efficace e comprensibile, una summa diromanitas, che, a sua volta, darà vita ad una iconografia diffusa epopolarissima, sua espressione e comune denominatore e <strong>qui</strong>ndi esposto daparte dai ceti dirigenti di tutte le province dell’impero a riprova dello statusac<strong>qui</strong>sito. Tanto che la iconografia imperiale, nella sua componentetrionfale, è la prima a far propria quella “sportiva” dell’auriga vincitorequando, traendo elementi e modello dalla prima, presenta la figura delprinceps ritratto frontalmente, ritto su una quadriga, il capo nimbato, lamano destra alzata, circondato da figure alate che gli porgono la coronadella vittoria o dagli astri e dalle stelle, secondo un archetipo rintracciabilenell’arte sasanide. Questo motivo è diffuso, stando allo spoglio di tutte lefonti non letterarie effettuato dallo Hijmans, come il tipo iconografico piùcomune e, comunque, quello che sembra poter essere considerato il piùfrequente 2 , in un contesto di celebrazione della vittoria e della aeternitasimperiale. Esso appartiene, nella prima età imperiale, ad una serie dicontorniati, dove il capo del sovrano appare cinto dalla corona radiata, e, in1 Si vd. S. GARCÍA-DILS DE LA VEGA – J. DE LA HOZ MONTOYA, Dos nuevas inscripciones de “Colonia Augusta FirmaAstigi” (Écija – Sevilla): una tabella defixionis y un pavimento musivo de temática circense, Zeitschrift für Papyrologieund Epigraphik, 184/2013, pp. 243-256, in part. pp. 255-256, figg. 4-5.2 S.E. HIJMANS, The Sun which did not rise in the East: the Cult of Sol Invictus in the Light of non-literary Evidence,Bulletin Antieke Beschaving 71/1996, pp. 115-150.15

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