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il numero 6/2009 - Questotrentino

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da perpetuare la disuguaglianza. Agli studenti che incontrofaccio questo esempio: chiedo se hanno fratelli minori, e sesi comportano con loro come se avessero gli stessi loro diritti.Se, per esempio, impongono <strong>il</strong> programma televisivo. Quasisempre rispondono di sì, che si impongono ai più piccoli.Spesso perpetuiamo, magari inconsciamente, <strong>il</strong> modello delladisuguaglianza: applichiamo regole contrarie alle leggi, regoleche ci facciamo noi, secondo le quali <strong>il</strong> più forte, <strong>il</strong> più arrogante,<strong>il</strong> più ammanigliato prevale.La corruzione e <strong>il</strong> malaffare sono in aumento o è solouna questione di visib<strong>il</strong>ità dovuta al grande spazio chequesti comportamenti hanno sui media?Anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione tante leggisono state per lungo tempo più coerenti con la società verticale(cioè organizzata gerarchicamente, n.d.r.) che orizzontale:per esempio, per ben 27 anni dopo la Costituzione <strong>il</strong> codiceciv<strong>il</strong>e ha continuato a imporre, in famiglia, disuguaglianzatra uomo e donna; fino ai primi anni ‘60 era vietato alle donneentrare in Magistratura; fino a pochi anni fa le donne nonpotevano fare <strong>il</strong> poliziotto o <strong>il</strong> carabiniere. Esisteva un diversosenso dei rapporti tra i cittadini, e tra questi e <strong>il</strong> potere, tantoche era quasi impossib<strong>il</strong>e che la magistratura andasse a mettere<strong>il</strong> naso nel cassetto dei potenti. Tanti comportamenti cheoggi sono <strong>il</strong>leciti allora erano consentiti; tanti altri, che erano<strong>il</strong>leciti anche allora, non emergevano.Il magistrato è come <strong>il</strong> chirurgo: individua <strong>il</strong> male ecerca di estirparlo. Ma non crede che, oltre che degli effettidella malattia, dovremmo occuparci delle cause?Non credo proprio che sia questo <strong>il</strong> suo compito. Il magistratodeve stab<strong>il</strong>ire chi ha ragione e chi ha torto, attribuireesattamente le responsab<strong>il</strong>ità; si tratta quindi di un compitodi verifica e di garanzia. E’ vero invece che bisogna guardarealle cause, mentre di solito ci si occupa del dopo, cioè dellarepressione e si dimentica la prevenzione. Sa quanti sono oggii detenuti in Italia? Circa 60.000 e ciascuno di loro costa 150€ al giorno. A fronte di questa spesa non trascurab<strong>il</strong>e, <strong>il</strong> 68%di loro, quando esce dal carcere, commettenuovamente reati. Le pare uno strumentoefficace? Evidentemente no. Ma <strong>il</strong> carcere èuna risposta al bisogno di sicurezza, che asua volta è una risposta alla paura. E davantialla paura si dimentica di chiedersi sela pena sia uno strumento efficace per marginalizzarel’<strong>il</strong>lecito.Cittadinanza responsab<strong>il</strong>e e solidale al Liceo Rosmini“Cittadinanza responsab<strong>il</strong>e e solidale”è un progetto che va avanti da alcunianni, rivolto a tutte le classi del ciclo conl’obiettivo di favorire la crescita dellacoscienza civica degli studenti. L’idea difondo è quella di usare la scuola comeuna “palestra delle regole”, abituandoi giovani al rispetto di queste e dellalegalità e alla partecipazione responsab<strong>il</strong>ealla vita sociale. Questo percorso è statoinserito nell’ambito delle materie distudio senza appesantire <strong>il</strong> programma,20coinvolgendo varie realtà del territorio estimolando i ragazzi all’approfondimentoe alla riflessione. Per ogni classe è statastudiata una proposta specifica: allequarte è stato assegnato <strong>il</strong> tema “Leregole, le violazioni, le sanzioni: percorsinella storia e nell’attualità” ed è stataproposta la lettura del libro “Sulle regole”di Gherardo Colombo (recensito sul<strong>numero</strong> di febbraio <strong>2009</strong> di QT), autoreche gli studenti hanno incontrato loscorso 30 apr<strong>il</strong>e.Un aspetto delicato della giustizia è <strong>il</strong>rapporto vittima-colpevole. Pare spessoche si garantisca all’eccesso <strong>il</strong> colpevolee non ci si preoccupi abbastanza dellevittime.Ci sono garanzie che, d<strong>il</strong>atando senzaragioni effettive i tempi del processo, allunganopesantemente <strong>il</strong> percorso di giustiziaqualche volta anche a scapito del colpevoleche, se <strong>il</strong> reato non è tra quelli che si prescrivonocon una certa rapidità, può esserecondannato anche a tanti anni di distanzadalla commissione dei fatti, quando magariè diventato una persona diversa. Purtroppoè vero che c’è pochissima attenzioneper le vittime le quali, a volte, vengonopure violentate ulteriormente dalle istituzioni,quando queste agiscono senza alcunasensib<strong>il</strong>ità rispetto al male che le vittimehanno subito. Attraverso <strong>il</strong> processo bisognerebbetendere a far sì che la vittima sisenta riparata. Invece la vittima, spesso, èindotta a pensare che <strong>il</strong> suo unico interessesia la vendetta, la sofferenza del colpevole.In questa società multiculturale comesi fa ad individuare principi di giustiziasu cui costruire un sistema condiviso?Credo che <strong>il</strong> riferimento essenziale sia <strong>il</strong>rispetto della persona, di tutte le persone,che vuol dire, perlomeno, di evitare di trattaregli altri come non si vorrebbe esseretrattati. ●giugno <strong>2009</strong>

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