promemoriaQui e altroveRacconti di luoghi lontani e di persone vicineFederica FortunatoUna telecamera fissa e una grigliaaperta di temi per fac<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> raccontarsi:insieme alla capacità dientrare in relazione e poi di eclissarsi, conquesti strumenti un gruppo di ricerca(Micol Cossali, Francesco Pernigo, DavideSighele, Tommaso Speccher, MatteoZadra) ha costruito una rassegna dinarrazioni, raccolta sotto un titolo, “Quie Altrove”, la cui concisa eleganza rischiadi oscurare la complessità evocata.Una trentina di persone, residenti inVallagarina e originarie di diverse zonedel mondo, si sono sedute al proprio tavolodi lavoro o nel salotto di casa ed hannoaccettato di parlare di sé. Forse comemai avevano fatto in modo così estensivo;sicuramente con la consapevolezza dicompiere una forma di “testimonianzapubblica”, di prendere la parola non soloper sé, ma per rendere visib<strong>il</strong>e e vicinaquella che ormai è una parte r<strong>il</strong>evante delnostro ambiente comune.Le ricorrenze (abbandoni, nostalgia,difficoltà, ...) sono altrettanto visib<strong>il</strong>idelle diversità di percorsi: si è partitiper motivi economici, politici, bellici,di studio, per la salute di un figlio; avolte si è sfuggiti alla mancanza totaledi prospettive, ma spesso si è lasciatauna professione gratificante per accettarequi qualsiasi cosa (“L’importante èlavorare.” “Non mi sono vergognata dinessun impiego.”). Le differenze più evidentinon sono però di tipo nazionale,ma generazionale; nella varietà dei personaggiche avviciniamo, la presenzadi adolescenti (nati in Italia o arrivatiad età diverse) è uno dei dati più preziosi.Anche se <strong>il</strong> lato oscuro dell’essereseconda generazione non può esseresottovalutato, gli interventi qui raccoltimostrano grande consapevolezza, determinazione,orgoglio (“E’ bellissimoriuscire a capire due lingue, due modi divedere, ...” “Il mio mondo è qui.”).Il set.La naturalezza di queste interviste èinsieme reale e ricercata. Le scelte dicontesto sono altrettanto eloquenti dellestorie che vi si narrano; che si trattidell’intimità della casa o di un luogo d<strong>il</strong>avoro caratterizzante, la scelta dell’ambientazioneè significativa: l’aperturadello spazio domestico è un atto di ospitalitàe di fiducia al pari dell’esposizionedella propria persona. Nel salotto sonopresenti a volte fam<strong>il</strong>iari o amici su cuidi tanto in tanto si allarga l’obiettivo; ladiscrezione è massima per non interromperela centralità del racconto, manello stesso tempo questo contorno èun altro ingrediente che scongiura untaglio asettico. Perché, grande sfida per irealizzatori e grande coraggio per gli intervistati,tutto procede per primi piani:volto e parola sono esibiti in forma direttae protratta, con semplici variazionidi distanza. Eppure non c’è nessun sensodi fissità: la scorrevolezza del raccontaree l’espressività dei soggetti non rendonomai la visione-ascolto pesante né imbarazzante.I racconti sono naturalmentepopolati di personaggi: figli e genitori,coniugi, amicizie di connazionali e italiani,datori di lavoro. La prossimità ein qualche caso l’intervento diretto deifam<strong>il</strong>iari (una conferma tacita, un suggerimentolinguistico) aggiunge alle ripresespessore e dinamica.Il contesto lavorativo è una potentedimostrazione di ruolo sociale. Le paroleci dicono del lavoro, delle attivitàvolontaristiche, delle relazioni in cittàe nella provincia; con gli occhi entriamonel ristorante, nell’aula scolastica,nell’ufficio; in alcuni casi <strong>il</strong> realismoè assoluto, come nella scuola di arabodove <strong>il</strong> brusio dei bambini accompagnatutta l’intervista.Ognuno di questi quadri è organizzatoin segmenti tematici che non spezzano<strong>il</strong> racconto, ma piuttosto lo concentranoe ne sottolineano le ricorrenze rispettoalle altre interviste: lavoro, lingua, giornata,legami con paese d’origine, aspirazioni,... La cancellazione dell’intervistatore(eppure lo si avverte come presente,non estraneo) e le modalità del montaggio(solo apparentemente ingenuo, cucele diverse parti senza voler cancellarepiccoli salti del discorso) fanno emergerela centralità autobiografica con pienachiarezza e autonomia.Qui ed ora.I percorsi individuali e fam<strong>il</strong>iari sono giàuna saga modernissima, sim<strong>il</strong>i e peculiariper ognuno: viaggi, ricongiungimenti,nuovi incontri, nascite, progressiva costruzionedi una nuova stab<strong>il</strong>ità pur nelpendolarismo (psicologico e materiale)con i luoghi di provenienza. Queste intervistecostituiscono quindi una formadi memoria, certamente; ma in tutti iracconti c’è un forte senso di storia indivenire: si sottolinea l’evoluzione degliultimi vent’anni, in Italia e in Trentino,sia in positivo (superamento di alcunesituazioni degradate) che in negativo(accesso sempre più diffic<strong>il</strong>e, assurditàburocratiche). E l’attenzione è soprattuttosul presente e sul futuro: che si pensiad un ritorno o che siano prevalenti leradici qui, i discorsi hanno soprattutto34 giugno <strong>2009</strong>
Foto di Francesco Pernigouna valenza di progetto, non solo individuale;si parla di “noi stranieri” o di “noi,nuovi italiani”, a sottolineare gli intreccidi una società in movimento.Queste storie altrui diventano nostrenel momento in cui le riconosciamo comecostitutive del nostro mondo. Non soloaggiunta ad un panorama fam<strong>il</strong>iare, mainnesco di prospettive nuove: guardare aduna piccola città con gli occhi di chi vieneda una grande capitale (Pechino, Lahore,Bucarest), riconsiderare i ritmi della vita,<strong>il</strong> senso dell’ospitalità e della solidarietà divicinato, <strong>il</strong> ruolo sociale degli anziani. Piùforte ancora è l’impegno progettuale postoin primo piano: lavorare perché i figli sv<strong>il</strong>uppinoidentità forti e plurime; agire confunzione mediatrice; sv<strong>il</strong>uppare progettidi interazione comunitaria.“La manifestazionedel volto è già discorso”In modo felicemente vitale, espressivo,questa galleria di volti narranti esemplificaquella categoria del ‘volto’ a cuiEmmanuel Lévinas ha dato una funzionecentrale nella critica all’impostazioneidealistica del pensiero occidentale.Il volto dell’altro ci richiama alla fisicità,all’esperienza (fatica, sofferenza, sogno,...) di noi stessi; sollecita un avvicinamentospogliato di ideologismo, <strong>il</strong> riconoscimentodi una comunanza di fatto,di una responsab<strong>il</strong>ità condivisa.Attraverso queste testimonwianzeprendono contorni concreti temi e categoriedella politica e della sociologia; <strong>il</strong>clandestino di ieri (oggi, per definizione,un fuor<strong>il</strong>egge) è da tempo parte diuna comunità (“Dopo 17 anni uno nonè più straniero, è trentino-italiano.”) sicostruisce con fatica <strong>il</strong> processo di partecipazione(“Voglio servire questo paese,voglio lavorare per le cose in cui credo.”“Seguo la politica e le questioni di questopaese e non so quasi nulla di quelli delmio d’origine.” “Conosco la storia italianameglio di quella del mio paese.”)RicittadinarsiAncora in questi giorni qualcuno riescea sostenere un’opposizione programmaticaalla società multiculturale. “Eppursi muove”, speriamo mormori dentro disé chi, per paura o per calcolo, chiude gliocchi pensando di cancellare così la realtàesistente. Falsa coscienza a parte, <strong>il</strong>cambiamento rapido della composizionesociale chiede di essere accompagnato daun processo di formazione diffusa in cuii meccanismi di trasformazione venganocompresi e le differenze comunicate.Se lavoro imprescindib<strong>il</strong>e oggi è quellodi dare forma ad un potenziale patrimoniodi pluralismo culturale e di sv<strong>il</strong>uppareun moderno modello di cittadinanza,la documentazione di questa normale ediffusa pluralità è una delle strade maestre.Ideatori e realizzatori di Qui e altrovesono consapevoli che un lavoro ancorapiù impegnativo li aspetta: la doppia seratadi presentazione (la settimana scorsaa Rovereto) ha raccolto una buona partedei protagonisti e li ha resi nuovamentepartecipi di un’impresa comune, ma laricchezza del materiale e le sue possib<strong>il</strong>itàd’ut<strong>il</strong>izzo devono trovare altri canali.Già richiesti per un corso di sociologia aTrento, i quattro CD con le 27 tracce sonodisponib<strong>il</strong>i presso <strong>il</strong> Comprensorio dellaVallagarina, committente del lavoro; lisuggeriamo a chiunque operi in quei luoghisociali (scuole, centri religiosi, associazioni)deputati a governare un processocontinuo di apprendimento sociale.Chi si lasci accompagnare dai protagonistidi quest’opera corale si troveràrapidamente spogliato del suo stato dispettatore, proiettato in una comunitàin cui nomi e volti perdono <strong>il</strong> sensodell’estraneo e diventano f<strong>il</strong>i di un’unicastoria. “Nel palazzo labirintico di tutte lestorie del mondo ci inoltriamo cercandoinfine le parole e i racconti che esprimanola nostra realtà. I racconti sono come unfiume a cui ci abbeveriamo: ma qualcosadi noi è fatto della medesima acqua” (PaoloJedlowski, citato da Fabrizio Raseranell’introduzione) ●QUESTOTRENTINO35