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ALLE URNE ANARCHISTI CERCANO CASA INCONTRO ... - Konrad

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Boris Pahortransita, nella detenzione, dallaResistenza nella quale si eraimpegnato nella lotta antifascistaad una resistenza con la minuscola,un non meno glorioso percorsoindividuale di intransigenteopposizione, un quotidiano nonarrendersi ubbidendo soltantoall’imperativo di sopravvivererimanendo se stesso, senza nessuncompromesso con la propriacoscienza.Anche se sottaciuta nelle paginedel suo libro più importante,un’indefettibile forza di volontàha consentito a Pahor diuscire vivo da quell’inferno e,quel che più conta, di uscirnemondo dell’abiezione che avevaattraversato. Tale straordinariadeterminazione a non soccombere,la sua capacità di resistenza,riguarderebbe soltanto lui stessose non fosse stata confortataanche da un rigoroso senso moraleche viene riportato, senza maiessere esplicitamente citato, nellepagine di questo grande libro,che consente al lettore, chiusal’ultima pagina, di rispondereaffermativamente alla domandaincapsulata nel titolo di “Se questoè un uomo”, l’altro grande libro suanaloga materia scritto da PrimoLevi.Sì, questo è un uomo! Il minutosignore dall’aria distinta cheripercorre le scale del suo infernoassurto a monumento nazionaledi una tragedia che supera ogniconfine si erge come un gigantea ricordare che anche nelle piùestreme condizioni, al di sotto dellasoglia minima di dignità umana,quando tutto sembra perduto sonoancora percorribili le vie della pietàe della moralità. Quanto insommaci rende uomini.Nel lager Pahor non era capitatoper errore né, com’è avvenuto peraltri milioni di persone, perchéfosse ebreo. La storia del suoantifascismo è tutt’uno con lastoria della sua vita, dal momentoche ancora bambino, all’indomanidella Grande guerra, aveva vistoprevalere le ragioni dell’odio edell’intolleranza xenofoba chefurono alla base dell’agire dellesquadracce che a pochi metrida dove abitava, con l’incendiodel Narodni Dom del quale ilpiccolo Pahor fu testimonediretto, inaugurarono una lunga etriste stagione di prevaricazioni eviolenze. La negazione della linguamaterna, quella della stessa suaidentità di sloveno furono levatricidella vocazione antifascista che locondusse al lager.Negli anni che seguirono, sotto piùfelpate e mimetiche apparenze,l’indifferenza con la quale lacultura di lingua italiana a Triesteguardava a quanto avveniva inambito sloveno perpetuò quellaseparatezza che le ha impeditoad esempio di riconoscereper decenni in Necropoli il piùimportante libro scritto a Triestenella seconda metà del Novecento.Conforta il fatto che da qualchetempo qualcosa si stia muovendonella nostra società in direzionedi un reciproco riconoscimentodelle diverse anime e delle diversenazionalità che coesistono dasecoli su questo nostro territorio.Dall’ambito culturale e accademicodi più alto livello, da ClaudioMagris a Elvio Guagnini, a quellogiornalistico dove molto ha contatol’opera del responsabile dellepagine culturali de Il Piccolo.Alessandro Mezzena Lona(ricordato dall’editore comeispiratore della felice sceltaoperata dalla casa editrice con lapubblicazione di Necropoli) allabella recensione di Paolo Rumizsu Repubblica, la cultura triestinadi lingua italiana ha rotto datempo, opportunamente, con unavisione angustamente relegata allacontemplazione di se stessa.Tra le tante figure di deportatiche compaiono in Necropoli,quella di un altro triestino dilingua italiana, Gabriele (sitratta, anche se il testo non lodice, dell’eroe della ResistenzaFoschiatti, che rappresentò ilPartito d’Azione in seno al CLN),viene rievocata da Pahor perriesumare una conversazione nellaquale l’italiano “faceva progettidemocratici e parlava di futurerelazioni di buon vicinato nei nostriterritori costieri”. Pahor ascoltavascettico e perplesso, incapace diintravedere un futuro quale quelloche gli veniva prospettato dalleparole di Gabriele. “A lui però nonfeci cenno delle mie perplessità:ero comunque contento di averascoltato quelle sue parole, male misi da una parte, come perconservarle in vista di un tempomigliore, il tempo della vita, chefluiva lontano anni luce da questiripiani”. Forse che adesso, colconfine appena cancellato, in unadiversa visione della vita comunein questa città straziata e purebellissima è finalmente arrivatoanche per Pahor, come per tuttinoi, il momento di tirar fuori quelleparole di Gabriele e di ringraziarechi le aveva profeticamentepronunciate nella miseria di uncampo di concentramento. E ancheil minuto signore dall’aria distintache le ha conservate per il nostropresente.Walter Chiereghin13 <strong>Konrad</strong> marzo 2008Forno crematorioLe forche

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