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elazione viene poi declinata in modalità <strong>di</strong>verse: nel rapporto con Dio (<strong>il</strong> peccato <strong>di</strong>Adamo); nel rapporto con <strong>il</strong> fratello (<strong>il</strong> peccato <strong>di</strong> Caino); nel rapporto più ampio con la<strong>di</strong>mensione sociale e politica (<strong>il</strong> peccato <strong>di</strong> Babele). Non abbiamo ora <strong>il</strong> tempo e <strong>il</strong>modo <strong>di</strong> soffermarci su questo aspetto, ma potremmo <strong>di</strong>re in sintesi che in tutti e tre ipeccati si manifesta una medesima ra<strong>di</strong>ce: l’incapacità <strong>di</strong> accogliere e <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re la<strong>di</strong>fferenza vivendola come spazio dell’incontro e del dono, anziché fraintenderla comespazio dell’invi<strong>di</strong>a e della gelosia. Ciò è tanto più evidente se ricor<strong>di</strong>amo come <strong>il</strong> verbofondamentale con cui la Genesi descrive la creazione è <strong>il</strong> verbo ‘separare’. Crearesignifica <strong>per</strong> Dio separare la luce dalle tenebre, le acque al <strong>di</strong> sopra dalle acque al <strong>di</strong>sotto, <strong>il</strong> firmamento dalla terra, <strong>il</strong> giorno dalla notte, e così via, fino a giungere all’ultima edefinitiva separazione: l’uomo dalla donna. Dio crea rendendo ‘altro’, ponendoun’alterità, una <strong>di</strong>fferenza, come spazio del <strong>di</strong>alogo e dell’incontro, <strong>per</strong>ché <strong>per</strong> Diocreare non significa semplicemente far sussistere le cose, ma consentire loro <strong>di</strong> essere inrelazione. L’atto creatore mira non soltanto all’esistenza, ma all’essere in relazione, alcreare relazione. È nella relazione che la creazione giunge a compimento. Anche <strong>per</strong>questo la creazione si compie nel sabato, giorno che celebra <strong>il</strong> respiro e <strong>il</strong> riposo dellacomunione.Di fronte a questo <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Dio, i tre peccati della Genesi manifestanol’incapacità <strong>di</strong> accogliere lo spazio della <strong>di</strong>fferenza come spazio dell’incontro e dellacomunione.Adamo è incapace <strong>di</strong> comprendere <strong>il</strong> senso del <strong>di</strong>vieto che Dio gli impone:«Tu potrai mangiare <strong>di</strong> tutti gli alberi del giar<strong>di</strong>no, ma dell’albero della conoscenza delbene e del male non devi mangiare, <strong>per</strong>ché, nel giorno in cui tu ne mangerai,certamente dovrai morire» (Gen 2,16-17). Questo ‘no’ è <strong>per</strong> far capire che tutto <strong>il</strong> resto èun ‘sì’. Un solo frutto viene proibito <strong>per</strong>ché Adamo possa comprendere che tutto <strong>il</strong> restoviene donato. E donato due volte: una prima volta <strong>per</strong>ché è stato creato, una seconda“Questo NO <strong>per</strong> far capire che tutto <strong>il</strong> resto è SI”volta <strong>per</strong>ché non viene proibito. Ripeto: l’unico ‘no’ viene detto <strong>per</strong>ché l’uomo possacomprendere <strong>il</strong> sì <strong>di</strong> Dio alla sua vita. In secondo luogo, è un ‘no’ che custo<strong>di</strong>sce lospazio della <strong>di</strong>fferenza, dell’alterità, <strong>per</strong>ché sia vissuto come spazio della con<strong>di</strong>visione edella comunione. La comunione è possib<strong>il</strong>e solo quando ci sono delle <strong>di</strong>fferenze.Quando io non ho tutto ciò che voi avete, quando io ho qualcosa che voi ancora nonavete. É questa <strong>di</strong>fferenza, è questa mancanza a rendere possib<strong>il</strong>e l’incontro <strong>per</strong>chéconsente, e nello stesso tempo esige, che mettiamo in comune sia i nostri beni, sia lenostre mancanze o i nostri bisogni.Una <strong>di</strong>namica sim<strong>il</strong>e si ripresenta nella vicenda <strong>di</strong> Caino e Abele. Anche traloro c’è un’alterità, una <strong>di</strong>fferenza, che può essere accolta come lo spazio del dono,oppure venire fraintesa, e allora <strong>di</strong>venta luogo <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> gelosia, <strong>di</strong> concorrenza, edunque <strong>di</strong> tentazione e <strong>di</strong> peccato. Questa seconda possib<strong>il</strong>ità dell’ambivalenza èquella <strong>per</strong>corsa da Caino. Caino soffre e non accetta la pred<strong>il</strong>ezione <strong>di</strong> Dio <strong>per</strong> Abele,ma in questo atteggiamento si cela la sua incapacità <strong>di</strong> accettare la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> Abele.La libertà <strong>di</strong> Dio non è arbitraria e Dio non concede priv<strong>il</strong>egi, ma <strong>di</strong> fatto <strong>il</strong> suo amore simanifesta sempre come una pred<strong>il</strong>ezione, <strong>per</strong>ché davvero egli ci ama in modosingolare, <strong>per</strong>sonale, unico – ciascuno come un figlio unico – e <strong>di</strong> conseguenza <strong>il</strong> suomodo <strong>di</strong> amare l’altro sarà sempre <strong>di</strong>verso dal modo altrettanto unico e singolare con <strong>il</strong>quale ama me. Caino non accetta questa pred<strong>il</strong>ezione <strong>di</strong> Dio <strong>per</strong>ché non accetta inra<strong>di</strong>ce la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> Abele. Lo vorrebbe come un altro se stesso. Ma questo significauccidere Abele <strong>per</strong>ché resti soltanto Caino. Questa è la ph<strong>il</strong>autìa, l’amore <strong>di</strong> se stessi39Anno XXXV ● N. 237 ● Settembre-Ottobre 2013

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