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FuoriAsse #18

Officina della Cultura

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era vittima degli assalti del figlio: e invece<br />

origliavano, e incolpavano lei di<br />

ogni cedimento. Pochissimi hanno nei<br />

suoi confronti un atteggiamento di umana<br />

compassione, o almeno mostrano un<br />

minimo di attenzione: e anche questi sono,<br />

a modo loro, vittime del perbenismo<br />

razzista e malfidente che strangola le<br />

relazioni umane del paese – vi è anche<br />

tra questi chi è troppo distratto o debole,<br />

e chi finge solo solidarietà e cerca<br />

di insinuarsi nella sua vita.<br />

Strano paesaggio, questo descritto da<br />

Pignatelli, reticente, lontano: le colline e<br />

i particolari paesaggistici lasciano spazio<br />

sempre alle miserie, ai pensieri più<br />

foschi, all’ossessione del danaro, al bisogno<br />

dell’accumulo, alla maldicenza e<br />

alla derisione; e il fuori (i campi, i sentieri,<br />

il lavoro nei campi) sempre più è relegato<br />

nei ricordi della vita dura con il<br />

defunto marito, mentre l’oggi è una reclusione<br />

ostinata in poche stanze male<br />

illuminate.<br />

I sogni di Gina sono incerti, contraddittori:<br />

da una parte vuole difendere il suo<br />

diritto a rimanere lì, nell’alloggetto, con<br />

le sue cose, a rintanarvisi al chiuso da<br />

minacce e incomprensioni, dall’altra desidera<br />

andarsene, per cercare altrove di<br />

ricostruirsi una nuova vita, reinventandosi<br />

come sensitiva o qualcosa del genere:<br />

questa incertezza è una delle ragioni<br />

della sua fragilità rispetto alla cattiveria<br />

del mondo, che la vuole lontana,<br />

sì, ma non felice, e rinchiusa, sì, ma non<br />

in un ambiente che lei possa definire<br />

casa.<br />

Si contrappone ai gesti trattenuti e compressi<br />

di Gina, alle sue giornate ormai<br />

tutte in levare, la vitalità insopprimibile<br />

del gatto Ferro, maschio non castrato,<br />

che ama azzuffarsi (o meglio, vi è costretto<br />

dalla sua natura) per giorni con i<br />

rivali per accoppiarsi, e torna a casa<br />

malconcio ma trionfante. Il gatto esprime<br />

una forza vitale lontana da ogni<br />

accomodamento morale, per questo piace<br />

alla vecchia Gina. Come il gatto è un<br />

nomade suonatore di violino, con cui<br />

Gina sogna, prima che precipitino gli<br />

eventi, una fuga da quel mondo oppressivo.<br />

Ma appunto, queste figure di libertà<br />

sono per definizione sfuggenti, e in<br />

esse il desiderio di Gina di affrancarsi<br />

definitivamente da chi la opprime non<br />

può trovare appoggio.<br />

La scrittura di Pignatelli, attenta,<br />

scabra, rallentata non da orpelli retorici<br />

ma dall’attenzione alle cose e dalla necessità<br />

della precisione, è avvolta in una<br />

lieve patina arcaizzante, che situa la<br />

storia in un’epoca che è la nostra (con<br />

tanto di indiretti ma limpidi riferimenti<br />

televisivi al ventennio berlusconiano)<br />

ma potrebbe anche essere collocata<br />

ovunque nel Novecento. È stato fatto<br />

spesso, per affinità geografica e stilistica<br />

e per l’insistenza su taluni temi, il nome<br />

di Tozzi, nel definire la letterarietà di<br />

questa voce; di certo ci troviamo dinanzi<br />

a un romanzo che non insegue alcuna<br />

moda corrente, e che proprio per questa<br />

sfasatura suona singolarmente intonato<br />

al presente.<br />

FUOR ASSE<br />

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