FuoriAsse #18
Officina della Cultura
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nendo a Sanguineti di fare una sorta di<br />
collage di suoi testi, dalle poesie ai suoi<br />
travestimenti teatrali, da Capriccio<br />
italiano a Il giuoco dell’oca, ecc. La proposta<br />
lo incuriosì e lo divertì, mi diede<br />
carta bianca e anzi molti suggerimenti.<br />
Ci mettemmo al lavoro Gustavo Frigerio,<br />
Alessandra Vanzi ed io in un frenetico<br />
cut and paste o più italianamente taglia<br />
e cuci, arrivando alla stesura di un canovaccio<br />
molto ironico e musicale. Come<br />
aiuto regista avevamo chiamato Peter<br />
Quell, amico fotografo, disegnatore,<br />
col quale concepimmo la scenografia,<br />
una sorta di grande cassa da imballaggio<br />
magica, che a seconda della scena<br />
diventava bara, barca, letto matrimoniale,<br />
palcoscenico. La colonna sonora,<br />
anche con musiche originali, la compose<br />
Paolo Modugno. Il risultato fu uno<br />
spettacolo di gran successo che fu invitato<br />
al Festival Mondiale delle Nazioni di<br />
Santiago del Cile nel ’93 come opera<br />
rappresentativa della ricerca italiana.<br />
Mi imbattei poi, per caso, trovandolo come<br />
novità di Adelphi in libreria, in Casi,<br />
del russo Daniil Charms. Una collezione<br />
di testi scritti negli anni Venti e Trenta<br />
da un brillantissimo scrittore, finito male<br />
come tanti sperimentatori di quegli<br />
anni in Unione Sovietica. Una sorta di<br />
teatro dell’assurdo di cui nessuno aveva<br />
“Marco Solari in un reading”<br />
avuto sentore. Testi fortemente ironici,<br />
al limite del sarcastico, che mi permettevano<br />
di giocare con le convenzioni teatrali<br />
per ribaltarle. Ma per diversi motivi,<br />
in parte personali, in parte economici,<br />
in parte pratici, mi ritrovavo senza<br />
più nessuno del mio abituale gruppo<br />
di lavoro, quindi dovetti ricostituire per<br />
quel progetto un gruppo, cosa che avvenne<br />
attraverso diversi laboratori intensivi.<br />
Erano quasi tutti attori molto<br />
più giovani di me: Lea Barletti, Andrea<br />
Testa, Anna Giampiccoli, Maurizio Zacchigna,<br />
il musicista Piergiorgio Faraglia,<br />
Paola Traverso come aiuto regista. Posso<br />
dire che lo spettacolo che ne derivò fu<br />
veramente il frutto di quei laboratori.<br />
Casi debuttò al Palazzo delle Esposizioni<br />
di Roma nel 1992, poi lo portammo negli<br />
spazi più vari, dai teatri all’italiana ai<br />
centri sociali.<br />
Dopo il lavoro su un altro testo russo,<br />
L’Accalappiatopi di Marina Cvetaeva, mi<br />
misurai con un vero classico, Le Baccanti<br />
di Euripide: la traduzione di Sanguineti<br />
mi era piaciuta così tanto che<br />
decisi di organizzare un laboratorio su<br />
questo testo nel 1996. Dal laboratorio<br />
quello stesso anno si sviluppò lo spettacolo.<br />
Molti si incuriosirono di quella<br />
scelta e alcuni furono anche molto scettici<br />
(secondo me pensavano: – Ma che gli<br />
è venuto in mente? –). Per me era tornare<br />
a quel primo libro, che mi aveva instradato<br />
sul teatro, I greci e l’irrazionale<br />
di Dodds, di nuovo era ragionare sul<br />
Dionisismo, non più all’inizio degli Anni<br />
Settanta, ma alla fine del Millennio, alla<br />
luce dei nuovi impazzimenti giovanili,<br />
dei nuovi disagi delle donne e degli uomini,<br />
delle nuove ricerche etno-antropologiche.<br />
Così, sia durante il laboratorio<br />
che durante le prove, i dubbi erano formali<br />
e strutturali assieme: ma le Baccanti<br />
devono stare a piedi nudi o con le<br />
scarpe? E Penteo deve fare la voce<br />
grossa o sottile? Lo presentammo in uno<br />
FUOR ASSE<br />
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Redazione Diffusa