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FuoriAsse #18

Officina della Cultura

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ne molto politica dell’ecologia. Era il<br />

frutto di un intenso lavoro di preparazione,<br />

anche molto fisico: si facevano<br />

“gli esercizi teatrali”, si “esplorava lo<br />

spazio”, si cercava di superare le resistenze<br />

al contatto reciproco, le corazze<br />

di Wilhelm Reich, si esercitava la voce.<br />

Nel frattempo mi ero iscritto all’Università,<br />

con un bizzarro piano di studi individuale<br />

che prevedeva Storia del Teatro<br />

e molta Orientalistica. La mia attenzione<br />

per le tematiche naturalistiche si era<br />

affievolita, anche se sotterraneamente<br />

continuo ancora adesso a informarmi,<br />

leggere e possibilmente studiare testi<br />

scientifici. Storia del Teatro a Roma era<br />

una vasta fucina di proposte e di incontri,<br />

di laboratori e seminari, sotto la<br />

guida del grande Ferruccio Marotti e del<br />

suo valido gruppo di assistenti. Lì vidi<br />

Min fars hus dell’Odin Teatret. Roma in<br />

generale era ricca di stimoli, le famose<br />

cantine offrivano spettacoli interessanti<br />

e nuovi, da Il Bagno di Vladimir Majakov -<br />

skij con la regia di Carlo Cecchi e lui in<br />

scena, al Pirandello Chi? di Memè Perlini,<br />

alle Centoventi giornate di Sodoma di<br />

Giuliano Vasilicò, ai tanti altri lavori che<br />

mi colpivano per le immagini, i suoni, il<br />

ritmo. Mi ci portava mio fratello Saverio<br />

con i suoi amici.<br />

Una grande esperienza, che veramente<br />

servì ad allargare la mente e gli orizzonti<br />

percettivi e culturali (non solo miei), fu<br />

la rassegna Contemporanea organizzata<br />

dal gallerista romano Fabio Sargentini,<br />

nel parcheggio sotterraneo del galoppatoio<br />

di Villa Borghese: lì ebbi modo di<br />

vedere spettacoli di nuova danza americana,<br />

di ascoltare la musica di Terry<br />

Riley e degli altri minimalisti americani<br />

insieme a quella della grande tradizione<br />

classica indiana.<br />

Inizio della storia (1974 – 1975)<br />

Nel 1974 incontrai Alessandra Vanzi.<br />

Lei era molto più figlia d’arte di me, suo<br />

padre era stato regista cinematografico,<br />

©Andrea Fiorentino - Archivio privato Marco Solari<br />

aveva lavorato con Michelangelo Antonioni,<br />

la madre, Giannina, poetessa, pittrice<br />

e gallerista, figlia dello scrittore e<br />

intellettuale Giovanni Battista Angioletti.<br />

Ma, come si dice a Roma, “non se la<br />

tirava” da figlia d’arte. Del resto la sua<br />

famiglia era scombiccherata come la<br />

mia, più o meno.<br />

Coinvolsi Alessandra una prima volta<br />

durante un corso che mi era stato affidato<br />

da Giovanni Ubaldi, per conto della<br />

Provincia o della Regione, non ricordo<br />

bene, solo che lo tenevo nel teatrino del<br />

Convento degli Scolopi a Monte Mario.<br />

Utilizzavo come testo Tremila formiche<br />

rosse di Lawrence Ferlinghetti, uno dei<br />

poeti della Beat Generation nonché editore<br />

della mitica City Lights di San Fran -<br />

cisco. Feci fare delle improvvisazioni ad<br />

Alessandra che era dapprima un po’<br />

riluttante poi “si buttò”: pensai che fosse<br />

molto brava.<br />

Nel dicembre del ’74 facemmo una breve<br />

performance in casa, per pochi amici, in<br />

cui citavamo Majakovskij, Fëdor Dostoevskij,<br />

Allen Ginsberg.<br />

L’anno successivo, nel 1975, Luca Ron-<br />

FUOR ASSE<br />

42<br />

Redazione Diffusa

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