l’attardata distinzione fra arte degenere e arte che degenere non è, per dire chiaramente che ogni espressione di cultura è malata e condannabile. E già questo ragionamento potrebbe permetterci di penetrare nei misteri di una crisi, quella che viviamo tutti quanti nella modernità che si nutre della mancanza di grandi storie e di amore per il pensiero, a favore del minuscolo, del frammentato, del diario, della cronaca e dell’espressione di ciò che entro mi rugge (non so se nel testo si percepisce il rutto). Mi accorgo ora di avere citato almeno una volta sia il pensiero moderno che la modernità. Quindi, devo immediatamente sottrarre questa fantasia, quella del pensiero moderno e della modernità, a qualsiasi dimensione temporale per restituirla al suo valore psicologico. Non voglio dare aditi per speculazioni interessate sull’oggi. Per pensiero moderno, come per modernità, intendo infatti soltanto quella fantasia operativa (o, come si dice anche nella psichiatria francese: opératoire) che attraversa tutta la storia dell’uomo e per la quale l’uomo può vivere nell’astrazione anestetica di un presente che non conosce passato e quindi domani, e in cui quindi l’uomo non conosce l’anima se non come disturbo. I greci riferivano mitologicamente questa fantasia della modernità all’epoca buia dei titani. Moderni chiamavano se stessi gli uomini dell’alto medioevo. Moderni ci ha reso la realizzazione del paradiso in terra che, in forma materiale ci ha fornito il capitalismo, in forma morale, lo stalinismo. Una riflessione su cosa sia la fantasia della modernità, però, sarebbe davvero troppa lunga. Qui ci limiteremo a usare dunque la modernità e il pensiero moderno come quel tipo di fantasia che vede nell’anima e nei suoi prodotti, prodotti come la letteratura, qualcosa di malato e degenere. In questo senso i romanzi in tre righe di Fénéon sono del tutto malati e degeneri, dal momento che colpiscono nel cuore questo minuscolo, questo frammentato. Pubblicati anonimi su «Le Matin», e ritrovati solo dopo la scomparsa dello scrittore ed editore francese, questi romanzi composti di tre sole righe, a prima vista, non si distinguono perfettamente dalle brevissime degli altri giornali, piccole cronache del quotidiano in cui si dava voce a fatti indegni di nota, la cui fonte poteva essere del tutto distratta e che potevano essere lette senza impegno in poco tempo: parliamo, insomma, della premessa, nello specifico del - giornalismo contemporaneo, e, più in generale, del pensiero moderno. Ma Fénéon organizzava questo materiale dentro una struttura narrativa blindata (la prima riga per l’ambiente, la seconda per il fatto, la terza per il finale) e lo rivivificava in una lingua lucida e allucinata dove giocava l’imprevisto di una parola o di un aggettivo straniati, o collocati in maniera inaspettata. Insomma dava una sostanza patetica ed epica a storie che nascevano prive di tutto, e le caricava di una tensione pronta ad esplodere nell’ultima riga, quella fatale, quella in cui chiuso il fattarello insignificante, la bambina che cade dal treno, la madre che uccide il figlio, l’attentato anarchico, il furtarello, il giocatore di bocce che si perde o il bambino smarrito, partiva la grande storia. Nell’ultima riga il bambino scoppia in un enorme pianto e scatta la fantasia alla ricerca di tutti i motivi, di tutte le storie possibili che nascono o si concludono in questa disperazione; la vittima viene ritrovata sì morta, ma con centinaia di santini addosso: perché?; il giocatore di bocce cade, ma, nel finale il pallino prosegue la corsa (un modo tutto greco di dire cosa siamo, e di ricondurci al conosci te stesso); caduta dal treno, la bambina viene ritrovata a giocare coi FUOR ASSE 108 Narrazioni Popolari
sassi: e stiamo in un sogno. Fénéon, direttore della «RevueBlanche», inventore dell’impressionismo, agitatore anarchico (sicuro realizzatore di un attentato dinamitardo), dunque, potrebbe essere qui preso come campione possibile di un’altra modernità, o essere assunto a causa del suo silente progetto culturale, delle sue dinamitarde intenzioni, come un violento maniaco megalomane. Lui, a qualsiasi microscopizzante definizione saprebbe trovare una chiosa del tutto inattesa. ©Elizaveta Porodina FUOR ASSE 109 TERRANULLIUS
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