6° MODULO - Teo 6 - SIUA
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nella capacità di scegliere il miglior registro di risposte e proposte in relazione ai rischi e<br />
alle opportunità che il mondo dispone.<br />
Pertanto l’approccio cognitivo non è un metodo (o una tecnica specifica da affiancare ad<br />
altre metodologie di addestramento) ma un modo specifico di considerare: 1) il cane come<br />
soggetto titolare delle sue dotazioni di conoscenza; 2) la relazione con il cane come<br />
collaborazione e coinvolgimento; 3) l'apprendimento del cane come processo attivo e di<br />
carattere sistemico; 4) l'obiettivo evolutivo come progetto per il futuro del cane; 5)<br />
l'educatore come consulente chiamato a far crescere la coppia nel suo insieme; 6)<br />
l'integrazione del cane come processo che si pone l'obiettivo di una piena cittadinanza del<br />
cane nell'ecumene.<br />
1) Il cane non è una macchina, non è spinta da automatismi, non risponde<br />
meccanicamente agli stimoli, non è mossa-determinata da condizionamenti-istinti. Il cane<br />
ha una mente, ha una idea del mondo, elabora in modo flessibile e complesso le sue<br />
risposte e le sue proposte riferite al mondo, ha delle aspettative e dei piani, è in grado di<br />
ragionare sul mondo. Ogni apprendimento produce non un automatismo ma una<br />
dotazione poiché lui ne è titolare nell'utilizzo in quanto presenta una molteplicità di utilizzi.<br />
2) La relazione con il cane nasce da istanze di interoggettività e non da un utilizzo<br />
strumentale né da una proiezione. La relazione per essere tale deve dare voce al cane,<br />
deve cioè permettergli di attuare i suoi caratteri di soggettività, diversità, peculiarità. Il<br />
rapporto con l'uomo si basa su attività condivise dove tuttavia il cane dev'essere coinvolto<br />
e non utilizzato e dove l'accordo si struttura sul piano della collaborazione e non della<br />
mera ubbidienza. Il rapporto con l'uomo deve far emergere il valore aggiunto che il cane<br />
può dare in partnership sulla base della sua specifica diversa percezione e diversa abilità<br />
sul mondo.<br />
3) L’apprendimento dà al cane dei nuovi strumenti di interpretazione rispetto agli eventi<br />
esterni (benefit previsionale) e nuovi strumenti per operare sul mondo (benefit operativo)<br />
al fine di ottenere le migliori condizioni per sé da un punto di vista reattivo o adattativo e<br />
proattivo o gratificativo. D'altro canto ogni apprendimento modifica tutta la mente nel suo<br />
insieme ossia il mondo interno, l'interfaccia col mondo, il modo elaborativo.<br />
Nell'apprendimento il soggetto dà una nuova prospettiva alla sua identità, declinando le<br />
disposizioni e imparando a conoscersi meglio.<br />
4) L’obiettivo pedagogico non può essere la pretesa antropocentrica di mettere a punto<br />
delle prestazioni bensì il miglior adattamento del cane in età adulta. L'intervento evolutivo<br />
deve perciò essere indirizzato alla migliore integrazione, adattativa e gratificativa, del<br />
soggetto nel suo contesto ambientale e relazionale in accordo con lo spettro di attitudini di<br />
retaggio filogenetico e di disposizioni individuali. La pedagogia è cinocentrica, non ha<br />
obiettivi performativi ma obiettivi integrativo-relazionali.<br />
5) L’educatore non è un addestratore ma un consulente di zooantropologia applicata che<br />
struttura una pedagogia sulla base di un intervento non sull’animale in modo diretto ma<br />
sulla coppia di pet-ownership. Il consulente interviene sulle dinamiche relazionali cercando<br />
di favorire l'incontro di pet-ownership e in tal senso struttura un'evoluzione congiunta della<br />
coppia. Agire con un approccio cognitivo significa anche favorire il fatto che il cane sia<br />
nella mente del pet-owner e viceversa. L’educatore può lavorare sulla coppia di petownership<br />
a sua volta in coppia di pet-partnership con il suo cane.<br />
6) Il cane ha una sua cittadinanza nell’ecumene che dev’essere realizzata in modo<br />
compiuto e che deve venire valorizzata allargando per quanto possibile il ruolo