documentario
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occasionali rapporti col cinema. Del 1939 o del 1940, distribuito<br />
nel 1941, è Il ruscello di Ripasottile di Roberto Rossellini, un <strong>documentario</strong><br />
oggi perduto prodotto dalla Excelsior-Safa 6 . A Milano<br />
emerge la Dolomiti Film, che raccoglie un gruppo di giovani fra<br />
cui spicca Luciano Emmer; i loro film sono Il covo (1941) di Vittorio<br />
Carpignano, efficace rievocazione dei primordi del fascismo (il<br />
“covo” è l’ufficio in cui si redigeva agli inizi «Il Popolo d’Italia»),<br />
La sua terra (1941) di Emmer (che con la moglie Tatiana Grauding<br />
ha anche collaborato al film precedente) e Enrico Gras, su Predappio,<br />
il paese natale di Mussolini, Racconto da un affresco (1938-<br />
1941), Il paradiso terrestre (1941) e Romanzo di un’epoca (1942)<br />
di Emmer-Grauding-Gras, tre originali film d’arte su Giotto, Bosch<br />
e la belle époque, e altri ancora.<br />
Pronto!?! Chi parla?<br />
La storia di ogni giorno<br />
Grazie quindi al luce, alla incom e alle altre iniziative private, il<br />
<strong>documentario</strong> si impone in Italia fra il 1938 e il 1943. Quali sono<br />
le caratteristiche di questa produzione documentaristica? Va subito<br />
detto che la tendenza del “colto sul vivo” che si può intravedere tra<br />
la fine del muto e gli inizi del sonoro resta (e resterà per molti anni,<br />
anche nel dopoguerra) un fatto sostanzialmente sporadico. La ragione,<br />
a mio avviso, è che il suono diretto 7 è il grande rimosso del <strong>documentario</strong><br />
italiano, il che limita l’emergere di un realismo immediato.<br />
Dominano, a integrazione delle immagini, il commento fuori campo<br />
e la musica “illustrativa”. L’assenza di commento, o la sua riduzione<br />
al minimo indispensabile, è quasi sempre il segnale, ora e dopo, di<br />
un’ambizione d’autore. Non c’è commento in Milizie della civiltà<br />
(1941) di D’Errico, in I piccioni di Venezia (1942) e Venezia minore<br />
(1942) di Pasinetti, in Le Cinque Terre (1942) di Paolucci, ed è ridotto<br />
al minimo in Comacchio (1942) di Cerchio e in Gente di Chioggia<br />
(1943) di Basilio Franchina. Rari sono poi i casi in cui la voce fuori<br />
campo è “pensata” in quanto tale: in Fantasia sottomarina (1938-<br />
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