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documentario

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produzione è qualitativamente mediocre e contenutisticamente conformista.<br />

Ho tentato in questi ultimi anni di scandagliare questo mondo<br />

sommerso alla ricerca della qualità e ho individuato registi che hanno<br />

cercato di fare del buon cinema nonostante la riluttanza dei produttori<br />

e la frustrazione di fronte a un pubblico ostile o inesistente. Si tratta<br />

senza dubbio di una minoranza che però, anche se solo retrospettivamente,<br />

consente di delineare un percorso del documentarismo italiano<br />

che non sia solo un lamento funebre.<br />

Romantici a Venezia<br />

Picasso<br />

Tra i documentaristi che hanno esordito nel periodo precedente,<br />

proseguono la loro attività, a volte con incursioni nel lungometraggio,<br />

Paolucci, Paolella, Francisci, Cerchio, Ferroni, Damicelli, ma<br />

senza risultati di rilievo, stando almeno alle cose scritte all’epoca.<br />

Glauco Pellegrini e Michele Gandin, che esordiscono negli ultimi<br />

anni di guerra, vengono invece notati per i loro documentari d’arte<br />

(il punto di arrivo del lavoro di Pellegrini in questo campo può essere<br />

considerato La porta di San Pietro di Giacomo Manzù, 1959-<br />

64). Blasetti, instancabile esploratore di ogni possibilità del cinema,<br />

continua ad alternare ai lungometraggi qualche cortometraggio, per<br />

la verità piuttosto convenzionale (il migliore è Ippodromi all’alba,<br />

1950). Emmer rientra in Italia dopo un esilio in Svizzera, dove viene<br />

scoperto dalla critica francofona, e continua a realizzare notevoli<br />

documentari sull’arte − ma non solo: Bianchi pascoli (1947), sui<br />

cimiteri di guerra, La leggenda di Sant’Orsola/La légende de Sainte<br />

Ursule (1948), su Carpaccio, e Romantici a Venezia/Venise et ses<br />

amants (1948), gli ultimi due con commento di Jean Cocteau, Isole<br />

nella laguna (1948) − tutti con Gras −, Goya (1950), e i più lunghi, e<br />

a colori, Leonardo da Vinci (1952) e Picasso (1954); Emmer debutta<br />

nel lungometraggio nel 1950 con Domenica d’agosto ma senza<br />

abbandonare la produzione documentaristica. Pasinetti continua la<br />

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