economico Lo scenario italiano è, insieme a Brexit e dazi e a un possibile QE in salsa cinese, fra gli interrogativi. Opinione di Paolo Menossi di Global Consulting Team è che un alone di incertezza avvolga l’alluminio, gravato dalle incognite delle misure a scapito di Rusal e dalle mosse di Alcoa in Spagna. È “un mercato frenato” nel quale nessuna fonderia di getti, né laminatoi ed estrusori possono dirsi soddisfatti. Le prime hanno sofferto il rallentamento e i blocchi delle motorizzazioni diesel; l’estrusione sta dimostrando capacità di adattamento superiori a quelle di altri. Menossi ha quindi lamentato la discesa del portafoglio-ordini che ha toccato soprattutto l’Italia, dove arrancano sia l’export sia le vendite domestiche. Tengono ancora i prezzi delle billette; scendono quelli dei pani; cresce il differenziale fra i due beni. Ancora molto richiesti i laminati, che risentono degli effetti beneci della domanda dell’auto. L’alluminio secondario vive poi una strana dicotomia. I rener che producono soprattutto pani in lega secondaria per die casting (per getti di motori) risentono molto della congiunturale frenata, mentre i remelter che producono billette secondarie beneciano del menzionato alto differenziale pani/billette e vivono un felice momento. Incertezze e marce indietro dell’auto “non fanno presagire uno scenario incoraggiante per il piombo”, stando a Piero Lagattolla di Cauvin Metals, “che ha nelle quattro ruote il suo unico vero segmento di destinazione e che si attesterà sul breve-medio termine attorno a quota 1.900 dollari per tonnellata metrica”. Difcile anticipare le dinamiche dei premi, ma un loro aumento nel 2019 è apparso plausibile. Un tentativo di rialzo dei premi di 5 dollari/tonnellata è probabile anche per lo zinco. I settori di impiego (ossido, zama, ottone, zincatori e siderur- gia) hanno mostrato un trend di consumo interessante nel <strong>2018</strong>. In Italia è importante capire le intenzioni di Glencore che vi produce 150 mila tonnellate a fronte di un fabbisogno da 240 mila tonnellate circa. Sul mercato anche materiale proveniente dalle località duty-free della Namibia e del Perù, quest’ultimo in quantitativi inferiori. Il prezzo LME è apparso fortemente correlato alla backwardation. “ Gli effetti-macro tendono a deprimere il nichel, i cui fondamentali sono invece positivi”, nel parere di Antonio Gerli di Euromet Sa, che ha previsto un decit di produzione per il 2019. Gli utilizzi alternativi, per esempio per le batterie per auto elettriche, si stanno consolidando, ma “saranno necessari anni per assistere alla loro denitiva affermazione”. A dispetto dei possibili e signicativi ribassi, sul lungo periodo Gerli non ha nascosto di privilegiare un atteggiamento bullish. Sono prevedibili tensioni sui premi, specie per le qualità più richieste dalla mobilità elettrica, la cui effettiva velocità di crociera è difcile da stabilire. Sui ferrosi, il Presidente di Fersovere Romano Pezzotti ha parlato di “un’ottima domanda e un’ottima produzione, in linea col report di World Steel Association che ipotizzava a ne settembre un + 4,6% di output di acciaio nel mondo”. La richiesta di rottame e i margini sono stati soddisfacenti. I listini sono restati tutto sommato stabili. Maggiore vivacità è attesa per l’ultimo bimestre del <strong>2018</strong>, “giacché l’ultima parte dell’anno porta solitamente un maggior vigore nei volumi e nelle quotazioni”. Se così non fosse, la soddisfacente performance dei prezzi farebbe sì che la siderurgia continui a “vivere bene”. Ai tavoli di discussione, si è poi parlato di energia e gas, grazie al contributo di Matteo Caras- siti e Massimiliano Brialdi di Illumia Trend. Sul nire del <strong>2018</strong> gli esperti vedono uno scenario orientato al rialzo e le previsioni indicano un possibile approdo a 69,20 euro per MWh nel 2019 e a 64,73 euro nel 2020. Il prezzo ipotizzato per il prossimo anno è superiore a quel che si era pronosticato negli ultimi mesi del 2017 (46,25) e che pochi mesi dopo era balzato “con inconsueta violenza” a 73,70 euro. Una differenza di circa 27 euro che fa capire l’entità della posta in gioco, trasferendola su un’impresa il cui fabbisogno energetico è pari a un centinaio di gigawatt-ora l’anno. Opere come il gasdotto TAP impattano gli equilibri, lasciando intravedere la possibilità di un cambiamento radicale che trasformi almeno in parte l’Italia in esportatrice. “Bisogna estendere la profondità della visione a orizzonti temporali più lunghi”, per Carassiti e Brialdi, ed è alla portata delle aziende trarre vantaggio dalle offerte concorrenziali di altri Paesi, Germania in primis. E ricercare “delle correlazioni con altri fattori della produzione che incidono sulla composizione dei costi. La strategia è complessa, impone un approccio ragionato non basato sulla sola ssazione dei prezzi”. 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