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Nuova FE -apr 2018_Bennato Salvati Amos Gitai

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NUOVA

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Nel’68, anno simbolo di lotte

per l’emancipazione, anche

femminile, il corpo ha rappresentato

più che mai il vettore

del cambiamento e il campo di

lotta tra individuo e potere. In

questo contesto storico e di costume

si colloca la riflessione

creativa di Ketty La Rocca (La

Spezia, 1938 – Firenze, 1976),

maestra elementare priva di

formazione artistica ma che ha

saputo ergersi a protagonista

di quegli anni. Assume perciò

un rilievo particolare la mostra

antologica ospitata fino al prossimo

3 giugno nel Padiglione

d’Arte Contemporanea in corso

Porta Mare a Ferrara, in occasione

della Biennale Donna.

Il progetto espositivo – organizzato

da Udi, Gallerie d’Arte

Moderna e Contemporanea,

Comune e Regione, e curato da

Francesca Gallo e Raffaella Perna

in collaborazione con l’archivio

di Michelangelo Vasta –

si intitola “Ketty La Rocca 80.

Gesture, speech and word” e

raccoglie una selezione di opere

sul rapporto tra linguaggio

verbale e corpo. Nella prima

parte del percorso espositivo,

le opere raccontano della donna

italiana degli anni Sessanta,

forgiata dall’immaginario del

consumo di massa e, in quanto

tale, essa stessa oggetto, non

solo della macchina pubblicitaria,

ma dello stesso sguardo

dell’uomo, il cui potere patriarcale,

secondo l’artista, rimane

immutato. L’emancipazione

nell’universo del consumo rappresentava,

dunque, solo l’ultimo

degli inganni ai danni delle

PAC FERRARA

Le mani e i volti di La Rocca

resistenza al consumismo

Un’opera di Ketty La Rocca esposta al Padiglione d’Arte Contemporanea

donne, che non possedevano

un proprio linguaggio, una propria

autonomia linguistica.

Questo tipo di dominio reificante

per La Rocca va associato

– in un modo per quei tempi

all’avanguardia – alla denuncia

delle profonde disuguaglianze

tra Nord e Sud del mondo.

La Rocca dal ’68 inizierà ad

allontanarsi dalla Poesia Visiva

e dal Gruppo 70, dopo circa

due anni di vicinanza. Il Gruppo,

come ben spiega Raffaella

Perna nel catalogo, a volte è ingiustamente

associato alla Pop

Art. Come dichiarerà la stessa

La Rocca, «la Pop Art non ha

fatto altro che enfatizzare la società

che le stava intorno»,

mentre, prosegue, «io sto facendo

vedere quali sono le piaghe»

del consumismo. Dal ’71

inizierà una ricerca su un linguaggio

artistico più autonomo,

con maggiori richiami alla

fisicità e al linguaggio corporeo.

Dopo la pars destruens, la

decostruzione del linguaggio

del potere, in questi anni tenterà

di propone un’alternativa.

Lei stessa scriverà: «Nel linguaggio

gestuale vi è una ricchezza

di elementi mitici, rituali,

fantastici che sono patrimonio

dell’umanità».

Questo recupero che scava

nel profondo deriva dalla perdita

della speranza nel poter

comunicare verbalmente, a

vantaggio di una comunicazione,

com’è quella corporea,

maggiormente autentica, soppiantata

o depotenziata nel

corso dei secoli dal logos occidentale.

Così, protagonisti diventano,

ad esempio, i linguaggi

delle mani e del volto, che in

un certo senso “parlano”, rimandando

ad altro, oltre l’immediato

dell’avvilente e subdolo

immaginario del consumo e

del potere.

Andrea Musacci

Il rosario familiare di Cagnaccio

nell’esposizione Cavallini-Sgarbi

Dopo l’ingresso dell’Imbarco della regina di Saba di Agostino Tassi,

dal 21 aprile la mostra in castello della Collezione Cavallini Sgarbi si

arricchisce di un nuovo capolavoro: Il Rosario di Cagnaccio di San

Pietro, firmato e datato tra il 1932 e il 1934. L’opera apparve alla

Biennale di Venezia del 1934 e alla Quadriennale di Roma del 1935 e,

nel 1936, alla Galleria Trieste; da allora non è stata più esposta, tanto

da essere, provocatoriamente, definito “inedito” da Vittorio Sgarbi.

Protagonisti del dipinto sono la moglie del pittore, le figlie e la suocera

ritirate in una posizione di attesa. Sullo sfondo il mare. Pregano,

con il rosario in mano, la restituzione del figlio, marito, padre. Gli occhi

gonfi, un misto di attesa e sconforto.

*Su richiesta per le edicole di Comacchio, Lagosanto e frazioni

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