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magnifica - Casa Madre TORINO-VALDOCCO

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pieni di voglia di vivere e suggestionabili<br />

dalla magmatica situazione politica, che<br />

presto sfocerà nei moti del 1848. Il clero<br />

guarda con invidia e sospetto al successo<br />

di Don Bosco. Anche le autorità civili<br />

sono preoccupate. È difficile trovare<br />

luoghi e persone adatte ad ospitare ed<br />

aiutare il nascente oratorio.<br />

Comincia un esodo che durerà mesi. Le<br />

tappe sono: San Pietro in Vincoli, i Molassi,<br />

casa Moretta con il prato Filippi. Finalmente,<br />

il 5 aprile 1846 scopre la tettoia<br />

di casa Pinardi. È la Terra Promessa.<br />

Durante il periodo del suo esodo Don<br />

Bosco non soltanto fa esperienza di invidie,<br />

incomprensioni e falsità, ma anche<br />

incontra e conosce persone che non lo<br />

abbandoneranno più. Le peggiori sofferenze<br />

gliele procurano i confratelli preti.<br />

Si sa che la gelosia e l’invidia clericale<br />

hanno sempre effetti devastanti, ingenerando<br />

dubbi sulla salute mentale, sulla<br />

correttezza, sull’ortodossia delle persone<br />

prese a bersaglio. Per fortuna questi<br />

preti, relativamente pochi, non riescono<br />

a scalfire la fiducia dell’Arcivescovo nei<br />

confronti della nascente attività pastorale.<br />

Durante la tappa dell’oratorio ai Molassi<br />

Don Bosco incontra un ragazzino che<br />

diventerà il suo principale collaboratore,<br />

nonché primo successore: Michele Rua.<br />

Pur nella precarietà della situazione logistica<br />

Don Bosco, sin dall’inizio, riesce a<br />

modellare in modo originale la sua nascente<br />

creatura educativa. Non inventa<br />

nulla. Si ispira all’opera degli oratori milanesi,<br />

alla originale esperienza di San Filippo<br />

Neri a Roma e alla testimonianza data<br />

in Torino da don Cocchi. Non si limita a<br />

riproporre, ma con la sua prorompente<br />

personalità rende la sua passione educativa<br />

unica ed originale. Per lui l’oratorio<br />

è autonomo dalle parrocchie, anzi, per<br />

dirla con le parole dell’arcivescovo Franzoni,<br />

è «la parrocchia dei giovani senza<br />

parrocchia».<br />

La sua presenza in mezzo a loro non è<br />

“seriosa” e “compassata”, secondo le abitudini<br />

del clero del tempo. Cerca la rela-<br />

L’affresco nella attuale cappella<br />

Pinardi che richiama le origini<br />

dell’opera di Don Bosco,<br />

di quell’affidamento alla<br />

Provvidenza che si servì di una<br />

semplice tettoia...<br />

zione personale. Non si limita ad attendere<br />

i giovani, li va a cercare, li coinvolge<br />

in un rapporto di vita ricco di gioia, di<br />

allegria, di divertimento, di proposte religiose<br />

ed umane. Il suo stare con loro non<br />

è di tipo autoritario, ma sono loro a cercarlo.<br />

Nessuno si sente escluso o discriminato.<br />

Non richiede attestati di buona<br />

condotta, ma privilegia, con una attenzione<br />

tutta particolare, coloro che sono più<br />

“abbandonati e pericolanti”. Non si limita<br />

a fare semplice catechismo. Partendo da<br />

una seria educazione alla fede, li accompagna<br />

nella realizzazione concreta di un<br />

solido progetto di crescita umana. I giovani<br />

capiscono e, nella stragrande maggioranza,<br />

lo seguono, rendendo possibile<br />

la realizzazione del sogno dei nove anni<br />

che, proprio a partire da Valdocco, muove<br />

i primi passi di quel lungo cammino<br />

che arriva fino a noi.<br />

ermete tessore<br />

tessore.rivista@ausiliatrice.net<br />

© foto Mario Notario<br />

DON BOScO OGGI 29

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