L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti
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Nell’Egitto antico la <strong>birra</strong> si preparava mettendo a fermentare al caldo, in<br />
acqua e grano schiacciato, pagnotte d’orzo o di grano mal cotte per salvare<br />
gli enzimi della fermentazione; il liquido denso veniva filtrato e in seguito<br />
lasciato depositare entro giare di terracotta. Gli Egizi fabbricavano <strong>birra</strong><br />
chiara, zythum, rossa, curmy, e la mistica sà; inoltre consumavano <strong>birra</strong><br />
“siriana”, anche se non è ancora ben chiaro se importata o fabbricata. Le<br />
anfore per la <strong>birra</strong> erano decorate con ghirlande.<br />
Spostiamoci in avanti con la nostra ebbra macchina del tempo fino all’alto<br />
Medioevo europeo. In quest’epoca assistiamo all’affermazione del vino<br />
come bevanda quotidiana oltre che di pregio. La <strong>birra</strong>, ancora ignara del<br />
luppolo (il primo atto ufficiale in cui si menziona questa sostanza amara<br />
estratta dai fiori di una pianta rampicante appartenente alla famiglia delle<br />
Cannabacee, un’ordinanza emanata dal prevosto di Parigi per disciplinare<br />
la vendita di <strong>birra</strong>, risale al 1435), era la bevanda dei germani, “barbara e<br />
pagana”, in contrasto con la sacralità cristiana del vino. Figuratevi: così,<br />
tanto per contenere la sovrappopolazione, i Germani talvolta si sfidavano a<br />
colpi di spada in un rituale dedicato al dio Thyr, la Wappentanz, al termine<br />
della quale i sopravvissuti si storcevano come dei fegatelli! Eppure, com’è<br />
universalmente risaputo, i monaci non la disdegnavano, tanto da produrne<br />
in abbondanti quantità a uso proprio e delle migliaia di pellegrini che essi<br />
ospitavano nei monasteri. Il celeberrimo monastero di San Gallo aveva<br />
nientemeno che tre diverse fabbriche di <strong>birra</strong>: una per la <strong>birra</strong> più leggera<br />
destinata ai pellegrini (sic), una per quella di media gradazione, chiara e<br />
scura, che consumavano i monaci e i famigli del monastero, e una, infine,<br />
per le birre de luxe, da offrire agli ospiti di riguardo.<br />
L’intero periodo medievale è contrassegnato da una profonda diffidenza<br />
nei confronti dell’acqua come bevanda, poiché possibile portatrice di<br />
malattie anche mortali. Qui, siate indulgenti, ma mi scappa da ridere… c’è<br />
una coppia spagnola di mia conoscenza la cui peraltro ospitale dimora è<br />
off-limits per l’acqua minerale: lui trinca solo vino, <strong>birra</strong> e superalcolici,<br />
lei Coca Cola light e limonata (consuma alcolici solamente quando esce a<br />
spettegolare con le amiche del cuore: scotch con un cubetto di ghiaccio).<br />
Cosicché quand’ero loro ospite e mi offrivo per andare a fare la spesa al<br />
supermercato compravo l’acqua solo per me; naturale per di più, poiché in<br />
Spagna le acque minerali frizzanti sono imbevibili. In particolar modo la<br />
Vichy Catalan: è come bersi uno sgorgo imbottigliato di Old Faithful, il<br />
famoso geyser di Yellowstone. Tuttavia gli spagnoli prediligono un’altra<br />
robetta niente male quanto a contenuto gassoso: la Casera. E la utilizzano<br />
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