L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti
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Fin dall’antichità l’uomo si è trovato a creare ruoli mistici e separati per<br />
l’atto del bere: benché spesso celebrato entro il generico rito di un pasto,<br />
esso rimane sempre appartato in un rituale a sé. Gli antichi Sumeri, ad<br />
esempio, si mantenevano a rispettosa distanza dalle loro bevande mediante<br />
lunghe cannucce di paglia. Il fatto che le cannucce permettessero a coloro<br />
i quali partecipavano al rituale di bere da un unico contenitore consentì<br />
l’affermazione di un evento comunitario. Uno poteva condividere un senso<br />
di profondo cameratismo con gli altri bevitori membri del suo gruppo di<br />
coppa. Quest’antico costume è ancora parte intrinseca dell’attività sociale<br />
di molte tribù africane odierne; in Occidente è stato ripristinato per i nuovi<br />
cerimoniali della sbronza collettiva. La paglia è stata sostituita dalla meno<br />
esotica plastica e i sempre più arzigogolati beveroni non hanno bisogno di<br />
essere passati al setaccio, ma di un fegato in lega di titanio!<br />
Da lì al brindisi il passo è breve. L’atto di offrire simbolicamente una<br />
bevanda a una divinità fu senz’altro una parte indispensabile delle offerte<br />
di preghiera e feste religiose fin dall’alba della storia in ambo le comunità<br />
pagane e giudaico-cristiane. In questo senso il moderno cincin può essere<br />
considerato come una derivazione dell’Eucarestia! In qualsiasi modo vi<br />
sono stati molti misteri associabili al consumo di pane e vino fra tutte le<br />
comunità religiose, inclusi i Nativi Americani. Anche i seguaci del Dalai<br />
Lama in Tibet celebrano in stile eucaristico. Gli Egizi festeggiavano ogni<br />
anno la resurrezione di Osiride consumando pane in forma di torta sacra<br />
od ostia dopo che era stato benedetto da un sacerdote e così divenuto carne<br />
della carne del dio; poi s’inzuppava il pane nel vino e si comunicava al<br />
fedele di aver mangiato il corpo e il sangue di Osiride. La lista potrebbe<br />
continuare per un bel pezzo.<br />
Nell’antica Grecia il brindisi tra due persone era chiamato proposis, “la<br />
bibita prima”. Colui che proponeva il brindisi dapprima sorseggiava, poi<br />
dava il recipiente che conteneva il resto del vino alla persona onorata; in<br />
occasioni di particolare rilevanza la tazza stessa era un regalo permanente<br />
al ricevitore. A uno sposalizio, per citare un caso, una coppa dorata piena<br />
di vino sarebbe passata in questa maniera da suocero a genero. La coppa<br />
diveniva un simbolo della sposa, “accompagnata all’altare” (com’è ancora<br />
in uso dire) da suo padre; i due uomini, le due famiglie erano ora una cosa<br />
sola nel vino condiviso.<br />
Notevolmente più a nord e avanti lungo la linea temporale, nelle notti di<br />
luna piena, i sacerdoti guerrieri di Odino offrivano brindisi al proprio dio<br />
nell’ambito di riti da connotati proto-heavy metal: niente vetro finemente<br />
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