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L'ultima birra e andiamo a casa (forse) (.pdf) - Maurizio Ferrarotti

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lavorato, solo metallo grezzo, cuoio e sangue. Più tardi essi svilupparono<br />

la pratica di usare il teschio di un nemico caduto come coppa d’offerta<br />

sacrificale, e alcuni studiosi sostengono che quest’uso diede origine al ben<br />

noto brindisi scandinavo “Skoal!”. Indubbiamente questa parola e skull<br />

(“teschio”) sono etimologicamente correlate, significando entrambe “una<br />

cosa cava”. È anche interessante notare che mentre il brindisi non è mai<br />

stato una tradizione molto forte nei paesi dell’area mediterranea fin dalla<br />

nascita del Cristianesimo, gli sono stati attribuiti termini germanici in<br />

francese, italiano e spagnolo. La forma teutonica del costume di brindare<br />

sembra essere stata reintrodotta in quei paesi in qualche periodo durante il<br />

sedicesimo secolo. Come risultato in italiano e spagnolo “brindare” si dice<br />

rispettivamente “brindare” e “brindar”, dal tedesco “ich bring dir’s”, un<br />

brindisi che significa “io lo porto a te”. Nella lingua francese la parola<br />

“trinquer” viene dal tedesco “trinken”, ossia “bere”.<br />

In lingua inglese “fare un brindisi” si dice to drink a toast. Questo modo di<br />

dire viene dalla pratica britannica di mettere a galleggiare sulla bevanda<br />

un pezzetto di pane tostato addolcito o aromatizzato. Un’usanza antica,<br />

derivante anch’essa dalla tradizione degli eventi religiosi eucaristici della<br />

storia: dopo che tutti gli ospiti avevano diviso la coppa, si attendeva che il<br />

padrone di <strong>casa</strong> ne sorbisse le ultime gocce in onore dei commensali e<br />

della devozione alla propria deità.<br />

Neanche a dirlo, la letteratura italiana classica e moderna sovrabbonda di<br />

libagioni. Ulisse brindò a Polifemo dopo che il ciclope ebbe divorato uno<br />

dei suoi compagni, e con un brindisi intriso di speranza si congedò da<br />

Alcinoo, re dei Feaci. Orazio invitò a levare i calici alla transitorietà del<br />

presente, il celeberrimo Carpe Diem dell’Ode a Leuconoe: “Afferra<br />

l’attimo e diffida del dubbio domani.” Tra il XII e la prima metà del XIII<br />

secolo ritroviamo l’atto del brindare con gli amici nelle liriche goliardiche:<br />

“Un brindisi lunghissimo sia per noi saluto: e duri questo uso per secoli<br />

infiniti. Amen.” Nel Rinascimento il brindisi ritorna nel Galateo di Mons e<br />

nella Canzone di Bacco e Arianna di Lorenzo il Magnifico, una bella<br />

ballata che invita a godersi l’esistenza che scorre via. Nel Settecento esso<br />

compare, a tinte più malinconiche, decisamente classicheggianti, nelle<br />

opere di due immensi letterati italiani: Alfieri e Parini. Nell’Ottocento è il<br />

Manzoni a descrivere ne I promessi sposi tre brindisi: il primo ha come<br />

protagonisti frà Cristoforo e i notabili a pranzo da Don Rodrigo; il secondo<br />

vede Renzo nell’osteria “Alla luna piena”; è ancora Renzo, sul carro dei<br />

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