Tommaso Gnoli - egadimythos.it
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RIVISTA STORICA DELL'ANTICHITÀ<br />
DIRETTORI<br />
GIOVANNI DRIZZI - GABRIELLA POMA<br />
ANNOXLI/2011<br />
Estratto<br />
PATRON EDITORE<br />
BOLOGNA 2011
TOMMASO GNOLI<br />
LA BATTAGLIA DELLE EGADI.<br />
A PROPOSITO DI RITROVAMENTI RECENTI<br />
Abstract<br />
The discovery of some rams off the Egades Islands, near Trapani, allows a new<br />
reconstruction of the dynamics of the battle which put an end to the First Punic War, in<br />
241 B.C. Of utmost importance is an inscribed Roman ram, the short 4 line inscription<br />
of which matches some information by Polybius 1.59.1-8 about a public voluntary loan<br />
by the higher classes in 243 B.C. in order to set up the fleet of Lutatius Catulus. The<br />
comparison between the trad<strong>it</strong>ion by Zonaras (Cassius Dio) and Polybius shows that the<br />
new Roman fleet was different from the preceding ones: the Roman naval engineers were<br />
able to nil the gap w<strong>it</strong>h their Punic colleagues building ships that were almost identical<br />
to the fast punic quadriremes of Hannibal the Rhodian employed during the siege of<br />
Lilybaeum, as the perfect resemblance of the Roman and the Punic ram clearly shows.<br />
Keywords: First Punic war, rams, fleet, navigation, economy (3rd century B. C.)<br />
L'eccezionale scoperta nei pressi di Trapani di alcuni reperti certamente<br />
relativi agli episodi conclusivi della Prima Guerra Punica consente di ripercorrere<br />
quegli eventi aggiungendo qualche punto fermo, utile a verificare la bontà di<br />
alcune ipotesi finora formulate senza possibil<strong>it</strong>à di conferme. Si tratta, in<br />
particolare, del rinvenimento di tre rostri, di un elmo e di alcune ancore, che<br />
consentono di accertare con sicurezza l'effettiva dinamica della battaglia delle<br />
Egadi. A questi r<strong>it</strong>rovamenti se ne aggiungono altri, noti da qualche anno, ma<br />
finora non adeguatamente valorizzati, provenienti dalle pendici del monte Erice,<br />
uno dei teatri principali degli scontri che posero fine alla guerra nel 241 a.C.<br />
Due dei rostri sopra c<strong>it</strong>ati sono iscr<strong>it</strong>ti, uno (Egadi 1), con un'iscrizione latina<br />
su quattro righe, che ho pubblicato altrove, l'altro (Egadi 3) recante una formula<br />
d'imprecazione contro i nemici in punico. L'ordinata iscrizione latina è un punzone<br />
inteso a garantire la congru<strong>it</strong>à dell'operazione di fusione che aveva prodotto
48<br />
TOMMASO GNOU<br />
l'arma, e, verosimilmente, il peso: «C. Sestio, figlio di Publio, e Q. Salonio, figlio<br />
di Quinto, seviri, hanno effettuato il collaudo del rostro». Che differenza con la<br />
scomposta formula di maledizione incisa disordinatamente sul fendente del rostro<br />
cartaginese 1 !<br />
Non si potrebbe avere dimostrazione migliore e più eloquente della differenza<br />
di mental<strong>it</strong>à che separava quei due popoli che stavano per affrontarsi, quel 10<br />
marzo 241 a.C, ancora per una volta. Come ebbe a scrivere con enfasi partigiana<br />
Jules Michelet:<br />
Non è senza ragione se la memoria delle Guerre Puniche è rimasta cosi popolare e<br />
così viva. Non fu soltanto una lotta per decidere il fato di due c<strong>it</strong>tà o di due imperi; fu una<br />
lotta per decidere quale delle razze, l'indo-germanica o la sem<strong>it</strong>ica, avrebbe dominato il<br />
mondo .... Da una parte, il genio dell'eroismo, dell'arte e della legge; dall'altra, lo spir<strong>it</strong>o<br />
dell'industria, della navigazione e del commercio .... Gli eroi combatterono - senza tregua<br />
- i loro industriosi e perfidi vicini. Erano operai, fabbri, minatori, maghi. Amavano<br />
l'oro, i giardini pensili, i magici palazzi.... Avevano costru<strong>it</strong>o con ambizione t<strong>it</strong>anica torri<br />
che le spade dei guerrieri spezzavano e cancellavano dalla terra 2 .<br />
Poco importa che oggi nessuno sottoscriverebbe più quelle parole figlie di<br />
un'epoca diversa 3 , fatto sta che la portata epocale delle Guerre Puniche vi è solennemente<br />
celebrata. I quasi centovent'anni anni dello scontro mortale tra Roma<br />
e Cartagine, dal 264 al 146 a.C., ebbero proprio nella battaglia al largo delle Egadi<br />
il loro momento decisivo di svolta.<br />
Non è un caso che proprio quelli siano anche gli anni in cui, a parere del<br />
più grande storico antico dell'età repubblicana, Polibio, Roma acquisì l'àôiiptxoç<br />
1 Ho in pubblicazione l'iscrizione su Epigraphica. La pubblicazione completa del rostro Egadi<br />
1, con analisi metallografica, ingegneristica etc. è in fase avanzata, in una monografia a cura della<br />
Soprintendenza del Mare della Sicilia. All'allora Soprintendente, oggi Soprintendente dei Beni<br />
archeologici della Provincia di Trapani, Prof. Sebastiano Tusa, va il mio sincero ringraziamento per<br />
avermi consent<strong>it</strong>o di pubblicare questa importante iscrizione. Questo breve testo consente rilevanti<br />
considerazioni anche su un passo della cena di Trimalchione, nel Satyricon di Petronio, e sulle<br />
fonti della Prima Guerra Punica. A questi temi dedicherò un articolo di prossima pubblicazione<br />
su Eikasmós. Egadi 3 è stato ripescato nel 2010, ed è appena fin<strong>it</strong>a la fase di pul<strong>it</strong>ura. Anch'esso<br />
verrà pubblicato con una monograna appos<strong>it</strong>a dalla Soprintendenza del Mare di Palermo. Il Prof.<br />
Giovanni Garbini sta studiando l'iscrizione punica. Quando non specificato diversamente tutte le<br />
traduzioni di Polibio sono di Manuela Mari, dalla recente edizione per la Biblioteca Universale<br />
Rizzoli, annotata da John Thornton e diretta dal compianto Maestro, Domenico Musti.<br />
2 J. MICHELET, Histoire romaine, Bruxelles 1835, p. 457 della trad, <strong>it</strong>aliana.<br />
3 Sugli aspetti che qui più interessano dell'opera storica di Michelet, cfr. P. VIALLANEK, La<br />
voie ravale. Essai sur l'idée de peuple dans l'oeuvre de Michelet, Paris 1971. Cfr. anche quanto<br />
detto su Michelet in L. LORETO, La grande insurrezione libica contro Cartagine del 241-237 a.C,<br />
Una storia pol<strong>it</strong>ica e mil<strong>it</strong>are, CÉFR 211, Rome 1995, pp. 2-3.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 49<br />
é^ovGÍa, la 'autor<strong>it</strong>à incontestabile' su tutto il Med<strong>it</strong>erraneo 4 . Il confronto con<br />
Cartagine, quindi, da una parte provocò, dall'altra accompagnò la cresc<strong>it</strong>a e lo<br />
sviluppo dell'imperialismo romano.<br />
Recenti posizioni storiografiche hanno in vario modo tentato di ridimensionare<br />
il problema, a lungo dibattuto, delle cause del confl<strong>it</strong>to. Il dibatt<strong>it</strong>o si era<br />
acceso già presso i contemporanei: come in ogni guerra vi fu da parte dei contendenti<br />
il tentativo di scaricare sull'avversario il peso delle responsabil<strong>it</strong>à. Furono<br />
le ragioni del vinc<strong>it</strong>ore del confl<strong>it</strong>to a prevalere su quelle del perdente. Tuttavia,<br />
l'evidente specios<strong>it</strong>à dell'argomentazione polibiana (3,26,5), che negava con<br />
forza valore alla testimonianza di Filino di Agrigento relativamente al trattato<br />
romano-cartaginese firmato forse nel 306 5 , fece proseguire senza sosta fino ai<br />
giorni nostri il dibatt<strong>it</strong>o sulle responsabil<strong>it</strong>à. Oggi si può esser d'accordo sul fatto<br />
che il problema della responsabil<strong>it</strong>à sia tutto sommato secondario. Una guerra<br />
che, senza soluzione di continu<strong>it</strong>à, si protrae per tutta la durata di una generazione,<br />
indica la chiara, piena e convinta partecipazione al confl<strong>it</strong>to di entrambe le<br />
parti. A questo punto l'individuazione delle esatte responsabil<strong>it</strong>à nel casus belli<br />
rientra in quelle che Tucidide aveva chiamato Trpoípáaeic, 'pretesti', non riguarda<br />
certo l'eziologia del confl<strong>it</strong>to. Lo scontro epocale tra civiltà ha sempre sollec<strong>it</strong>ato<br />
spiegazioni fortemente attualizzanti, evidenziando così la portata dell'evento,<br />
come nella sopra riportata c<strong>it</strong>azione di Michelet. Può darsi che la spiegazione<br />
che oggi viene preferibilmente forn<strong>it</strong>a dagli storici, che cioè la ragione principale<br />
del confl<strong>it</strong>to vada ricercata nel confronto oramai sempre più ravvicinato tra due<br />
imperialismi, diversi eppure in concorrenza tra loro, sia frutto di questa nostra<br />
età post-imperialista, e che un domani sembrerà altrettanto sgradevolmente fuori<br />
luogo quanto quella sopra riportata di Jules Michelet.<br />
Segnali di tali insofferenze nei confronti della tesi oggi prevalente si hanno<br />
già ora, in tre recenti e autorevoli monografie. Secondo Dexter Hoyos sia la Prima<br />
sia la Seconda Guerra Punica sono state 'unplanned wars,' frutto pertanto non<br />
di visioni strategiche confl<strong>it</strong>tuali, ma di fraintendimenti, errori, talvolta anche<br />
biechi interessi personali, ma nulla comunque che possa in qualche modo riferirsi<br />
all'imperialismo romano 6 . L'analisi che Bruno Bleckmann ha condotto della<br />
4 J. THORNTON, La conquista del Med<strong>it</strong>erraneo, in G. TRAINA ed., // mondo antico. Voi. V<br />
La res publica e il Med<strong>it</strong>erraneo, Roma 2008, p. 123.<br />
5 S. MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, Saggi e ricerche 13, Catania 1947, 56-66,<br />
che identifica questo «trattato di Filino», in quello rifer<strong>it</strong>o da Livio 9,43,26. Una recente presa di<br />
posizione contro l'autentic<strong>it</strong>à, generalmente ammessa, del trattato cosiddetto «di Filino», è ora in<br />
L. LORETO, Sui trattati romano-cartaginesi, «Bollettino dell'Ist<strong>it</strong>uto di Dir<strong>it</strong>to Romano». 98-99,<br />
1995, 806-809.<br />
6 B.D. HOYOS, Unplanned wars: the origins of the first and second Punic wars, Untersuchungen<br />
zur antiken L<strong>it</strong>eratur und Geschichte 50, Berlin 1998.
50<br />
TOMMASO GNOLI<br />
nobil<strong>it</strong>as romana durante la Prima Guerra Punica è in larga misura concordante<br />
con la tesi di Hoyos. Secondo lo studioso tedesco il Senato di Roma sarebbe stato<br />
profondamente diviso da odi reciproci e da una concorrenza spietata per l'accesso<br />
alle più alte magistrature 7 . Tutto ciò avrebbe prodotto effetti devastanti anche<br />
sulla condotta della guerra, che altrimenti avrebbe potuto essere più efficace e<br />
breve. Se accettate integralmente, queste due tesi aboliscono completamente la<br />
possibil<strong>it</strong>à di individuare le 'cause profonde' del confl<strong>it</strong>to tra Roma e Cartagine,<br />
semplicemente perché tali cause non esisterebbero. Secondo Hoyos la guerra<br />
sarebbe scoppiata solamente a causa di un accumulo di accidenti, mentre Bleckmann<br />
nega l'esistenza, almeno a Roma, di una 'testa pensante', ovvero di una<br />
classe dirigente concorde nelle grandi linee della pol<strong>it</strong>ica estera, in grado di indirizzare<br />
in maniera univoca gli eventi secondo una determinata visione strategica.<br />
La terza monografia, di Luigi Loreto, è quella più chiaramente «di rottura»,<br />
con una tradizione storiografica unanime, antica e moderna 8 . Secondo la sua formulazione<br />
icastica, i Romani non avrebbero vinto la Prima Guerra Punica, ma, al<br />
più, sarebbero riusc<strong>it</strong>i a non perderla. Tale sorprendente assunto è reso possibile<br />
dal fatto che il piano dell'analisi di Loreto è macrostrategico, e riguarda non tanto<br />
gli aspetti mil<strong>it</strong>ari della vicenda punica, quanto la visione geopol<strong>it</strong>ica e macrostrategica<br />
esistente nella classe dirigente romana negli anni a cavallo della metà<br />
del III secolo a.C. In questa prospettiva i risultati della guerra non sarebbero stati<br />
congruenti con le aspettative e con le esigenze di chi la guerra l'aveva provocata.<br />
Accettando la richiesta di aiuto di Messina nel 264 il Senato di Roma non cercava<br />
una guerra decisiva contro il vecchio alleato di un tempo, Cartagine, ma, al più,<br />
una guerra lim<strong>it</strong>ata, di portata locale, contro la grande, potente e minacciosa vicina<br />
meridionale, Siracusa. Sarebbero stati gli imprevedibili errori commessi dai<br />
consoli del 264, e segnatamente da Appio Claudio Caudex, a provocare Vescalation<br />
mil<strong>it</strong>are che presto divenne inarrestabile 9 . L'errore del Senato, che inev<strong>it</strong>a-<br />
7 B. BLECKMANN, Die römische Nobil<strong>it</strong>ai im Ersten Pimischen Krieg. Untersuchungen zur<br />
aristokratischen Konkurrenz in der Republik, Klio, Be<strong>it</strong>räge zur Alten Geschichte 5, Berlin 2002;<br />
la posizione di Bleckmann non è orginale nell'amb<strong>it</strong>o della storiografia tedesca, risalendo al filone<br />
di studi prosopografici che ebbe in Matthias Gelzer uno dei suoi più raffinati interpreti: cfr. già A.<br />
LlPPOLD, Cónsules: Untersuchungen zur Geschichte des römischen Konsulates von 264 bis 201<br />
v. Chr, Antiqu<strong>it</strong>as. Reihe 1., Abhandlungen zur alten Geschichte, Bonn 1963, seppure con minore<br />
enfasi. In Italia F. CASSOLA, I gruppi pol<strong>it</strong>ici romani nel III secolo a.C, Trieste 1962 ebbe già<br />
modo di indicare la compless<strong>it</strong>à delle posizioni pol<strong>it</strong>iche espresse a Roma dalla nobil<strong>it</strong>as, anche<br />
se non giunse alle conclusioni di Bleckmann.<br />
8 L. LORETO, La grande strategia di Roma nell'età della prima guerra punica (ca. 273 - ca.<br />
229 a.C): L'inizio di un paradosso. Storia pol<strong>it</strong>ica cost<strong>it</strong>uzionale e mil<strong>it</strong>are del mondo antico,<br />
Napoli 2007.<br />
9 Non sfuggiranno i punti di contatto, su questo, tra la ricostruzione di LORETO e quella di<br />
HOYOS, Unplanned wars: the origins of the first and second Punic wars, c<strong>it</strong>. Tuttavia, rispetto a
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 51<br />
bilmente ci fu, fu quello di affidare un eccessivo ruolo ai comandanti mil<strong>it</strong>ari che<br />
si trovavano sul teatro di operazione, ai men-on-the-spot, in termini strategici.<br />
Parallelamente a questa trasformazione della s<strong>it</strong>uazione mil<strong>it</strong>are nel teatro delle<br />
operazioni avvenne a Roma un ulteriore mutamento, profondo ed importante,<br />
che Loreto chiama «rivoluzione macrostrategica del 264» 10 . E fu proprio questa<br />
rivoluzione macrostrategica, errata nei presupposti e incongruente con la precedente<br />
storia di Roma, un<strong>it</strong>amente alla pessima gestione della s<strong>it</strong>uazione di crisi<br />
generatasi all'indomani dello sbarco in Sicilia, la sola causa della guerra punica 11 .<br />
La prospettiva di Loreto è, dal punto di vista metodologico, diametralmente<br />
opposta a quelle di Hoyos o Bleckmann. Mentre infatti per questi ultimi vi sarebbero<br />
una plural<strong>it</strong>à di posizioni pari al numero degli attori della vicenda a Roma<br />
- cioè tutti i protagonisti rifulgerebbero con proprie personal<strong>it</strong>à ben defin<strong>it</strong>e e<br />
determinate, fino a polverizzare gli eventi (e le cause) in una galassia prosopografica<br />
- nella ricostruzione di Loreto le individual<strong>it</strong>à rischiano invece di perdersi.<br />
La cr<strong>it</strong>ica che può muoversi a questa impostazione - che resta tuttavia fertilissima<br />
di indicazioni importanti, quando non realmente rivelatrice - è in effetti proprio<br />
un eccesso di astrazione 12 .<br />
Tutte queste posizioni colgono naturalmente elementi di ver<strong>it</strong>à, eppure tutte<br />
difettano, a parere di chi scrive, per lo stesso motivo: sono visioni unilaterali<br />
del problema. La Prima e la Seconda Guerra Punica sono guerre non pianificate<br />
esattamente come lo sono state tutte le guerre combattute da Roma, almeno fino<br />
a quando non si sono affermati i grandi comandi straordinari pluriennali dell'età<br />
tardo-repubblicana. La struttura stessa delle magistrature romane - collegiali e<br />
annuali - impediva ogni possibil<strong>it</strong>à di vera pianificazione di eventi mil<strong>it</strong>ari che<br />
si annunciavano pluriennali. Non vi poteva essere alcuna certezza sul fatto che il<br />
magistrato che sarebbe subentrato l'anno successivo al comando delle operazioni<br />
avrebbe ag<strong>it</strong>o come si pensava avrebbe ag<strong>it</strong>o il suo predecessore. E con questo<br />
giungiamo a rispondere a Bleckmann. È vero, infatti, che tali certezze non erano<br />
possibili, vista la cost<strong>it</strong>uzione repubblicana, ma è anche vero che le guerre<br />
vennero intraprese in età repubblicana, e furono guerre sempre v<strong>it</strong>toriose, anche<br />
quest'ultimo, Loreto continua a r<strong>it</strong>enere la strategia romana frutto di una visione un<strong>it</strong>aria, nonostante<br />
i singoli errori individuali.<br />
10 LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 9-43.<br />
11 Ibid., 31: «La causa della guerra punica è una sola: la rivoluzione macrostrategica del 264.<br />
La guerra, avvertiamo sub<strong>it</strong>o, però non è la risposta razionale - nel senso di intenzionalmente persegu<strong>it</strong>a<br />
- e immediata a tale percezione ... ma la conseguenza involontaria e non calcolata di essa».<br />
12 Per quanto riguarda il pericolo di astrazione, che Loreto non sempre riesce a ev<strong>it</strong>are, si<br />
vedano alcune pagine della parte III «Quadranti e meccanismi», (pp. 75-169), dove alcune delle<br />
considerazioni geopol<strong>it</strong>iche sono condotte sulla base della cartografia moderna, non sulla percezione<br />
dello spazio geografico che gli antichi possedevano, e della quale occorre tener conto.
52 TOMMASO GNOLI<br />
nei casi più difficili. Sempre, anche di fronte a sanguinose sconf<strong>it</strong>te, l'azione del<br />
Senato di Roma ebbe una coesione sufficiente a garantire il successo finale. La<br />
confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à intema evidenziata da Bleckmann è certamente una permanente caratteristica<br />
del Senato di Roma. L'apparente mancanza di confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à - meglio<br />
sarebbe dire attenuazione di confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à - nel precedente periodo (V-IV secolo<br />
a.C.) è dovuta più alla carenza di fonti affidabili che non a un'effettiva concordia<br />
intema al Senato. Ciò che però ha consent<strong>it</strong>o al sistema di operare con un'efficacia<br />
tale da garantire la totale ammirazione di un Polibio, fu proprio la concezione<br />
di 'classe' che la nobil<strong>it</strong>as romana ebbe sempre di sé. Al di là delle differenze pol<strong>it</strong>iche,<br />
della competizione talvolta esasperata per il cursus honorum, dei leg<strong>it</strong>timi<br />
o meno leg<strong>it</strong>timi interessi economici e di clan, nella nobil<strong>it</strong>as romana ha sempre<br />
prevalso, forte, il senso dello Stato, e dell'appartenenza a un gruppo privilegiato,<br />
tendenzialmente chiuso e geloso delle proprie prerogative. È stata questa coesione<br />
di classe - che ha quasi sempre prevalso anche nei momenti più acuti del confronto<br />
durante le sanguinose vicende delle guerre civili - che ha garant<strong>it</strong>o gli es<strong>it</strong>i<br />
di confl<strong>it</strong>ti difficilissimi per Roma, come le due grandi guerre contro Cartagine.<br />
1. La fase finale della Prima Guerra Punica<br />
La Prima Guerra Punica mise di fronte due potenze imperialistiche che eserc<strong>it</strong>avano<br />
un'attiv<strong>it</strong>à espansiva diversa, eppure in forte concorrenza reciproca. Si<br />
sono a lungo enfatizzate le pretese differenze strutturali delle due economie, quella<br />
cartaginese e quella romana, che avrebbero ev<strong>it</strong>ato qualsiasi forma di contrasto<br />
diretto: il dominio cartaginese, basato esclusivamente sullo sfruttamento delle<br />
risorse locali e sulla loro commercializzazione nel Med<strong>it</strong>erraneo tram<strong>it</strong>e il controllo<br />
delle rotte commerciali, non avrebbe, in questa prospettiva, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o una<br />
minaccia per l'imperialismo romano, che, al contrario, mosso dagli interessi di<br />
una classe di grandi proprietari terrieri, si sarebbe piuttosto concentrato sull'acquisizione<br />
di terr<strong>it</strong>ori, atti a ingrandire Vager publicus, e quindi, indirettamente,<br />
le possibil<strong>it</strong>à di accrescimento delle già importanti proprietà agrarie dei più ricchi<br />
tra i grandi proprietari romani. Recenti indagini archeologiche hanno però nuovamente<br />
evidenziato quanto fosse meccanica e unilaterale tale visione, riscoprendo<br />
ver<strong>it</strong>à importanti relative al mondo punico: anche i Cartaginesi, come i Romani,<br />
mangiavano, e anche loro avevano necess<strong>it</strong>à di acquisire terr<strong>it</strong>ori agricoli da poter<br />
sfruttare a fini economici. L'idea di fondaci fenici cost<strong>it</strong>uenti vere e proprie isole<br />
in mari indigeni, all'esterno della madrepatria africana, è fiiorviante ed erronea 13 .<br />
13 Molto importanti in propos<strong>it</strong>o sono i lavori di PETER VAN DOMMELEN: Punic farms and<br />
Carthaginians colonists: surveying Punic rural settlement in the central Med<strong>it</strong>erranean, JRA 2006,
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o dì r<strong>it</strong>rovamenti recenti 53<br />
Le vicende di questa lunghissima guerra sono abbastanza ben note, nel loro<br />
svolgimento generale, ma presentano ancora lati oscurissimi, sui quali non è possibile<br />
farsi un'idea precisa, visto lo stato della nostra documentazione. Quest'ultima<br />
può contare su un numero non esiguo di fonti differenti. Tuttavia è proprio<br />
questa plural<strong>it</strong>à di fonti tra loro spesso inconciliabili sui dettagli, a cost<strong>it</strong>uire un<br />
problema per la ricostruzione puntuale degli eventi. In particolare risulta non<br />
sempre conciliabile con le altre fonti Polibio, che rappresenta per noi il resoconto<br />
migliore, ancorché sintetico 14 , sulla total<strong>it</strong>à del venticinquennio circa che<br />
ci interessa. Le altre fonti, infatti, sono o incomplete 15 , oppure eccessivamente<br />
compendiose 16 , tali da impedire la conoscenza dei dettagli della guerra. Le incongruenze<br />
sono particolarmente gravi anche per l'ultima parte dello scontro, quella<br />
successiva ai grandi disastri navali sub<strong>it</strong>i dai Romani nel 249 a.C.<br />
Secondo Polibio, fu solamente grazie alla «ambizione per il dominio universale».<br />
((piX,OTi|j,ia xcov oÀ,cov: 1,52,4) che caratterizzava la classe dirigente romana,<br />
che si decise a Roma di reagire alla durissima sconf<strong>it</strong>ta sub<strong>it</strong>a presso Trapani da<br />
Publio Claudio Pulcro a opera di Aderbale. Si decise quindi d'inviare una flotta<br />
in soccorso alle truppe di terra impegnate in un pluriennale assedio di Lilibeo per<br />
il tram<strong>it</strong>e dell'altro console del 249, Lucio Giunio Pullo, al comando di una squadra<br />
navale di scorta composta da 60 navi da guerra. Costui scelse Siracusa come<br />
punto per ammassare il maggior numero possibile di navi onerarie e da guerra per<br />
poter svolgere la sua missione con il massimo dell'efficacia, ma invano: mentre<br />
7-28 , di cui si consulterà con prof<strong>it</strong>to anche P. VAN DOMMELEN, Punic persistence: colonialism<br />
and cultural ident<strong>it</strong>ies in Roman Sardinia, in R. LAURENCE e J. BERRY eds., Cultural ident<strong>it</strong>y in<br />
the Roman Empire, London - New York 1998, 25-48, cui va il mer<strong>it</strong>o di aver nuovamente posto<br />
l'accento, a livello internazione, su aspetti dell'economia punica che possono considerarsi ovvi in<br />
Italia, dopo l'alto magistero di Sabatino Moscati. L'espressione volutamente paradossale che ho<br />
impiegato nel testo vuole sottolineare la mancanza di concretezza in chi r<strong>it</strong>iene di poter sostenere<br />
l'esistenza di comun<strong>it</strong>à che, nel mondo antico, potessero effettivamente basare la loro potenza e<br />
prosper<strong>it</strong>à esclusivamente sugli scambi commerciali. Al contrario, i volumi degli scambi non sono<br />
mai stati tali da poter realmente sopperire a un'effettiva debolezza nella produzione agricola in<br />
rapporto alla popolazione. Ciò è stato generalmente riconosciuto nei casi di Roma e di Atene -<br />
entrambe sopperirono alle loro carenze tram<strong>it</strong>e la creazione di un «impero» - ma non a Cartagine,<br />
per la quale si è pensato di poter utilizzare un differente «modello», di c<strong>it</strong>tà e di organizzazione<br />
economica e sociale: cfr. p. es. J.-P. BRISSON, Carthage ou Rome? Paris 1973, 7: «mais, tra<strong>it</strong><br />
propre à la c<strong>it</strong>é punique, aucune paysannerie d'origine phénicienne; les paysans auxquels Carthage<br />
aura affaire ne seront jamais que des indigènes assujettis, les Libyens», e in generale tutto il cap.<br />
I «Des adversaires mal assortis», incentrato su questi concetti.<br />
14<br />
Molto opportuno appare il richiamo su questo punto in Loreto, La grande strategia di<br />
Roma, c<strong>it</strong>., 4-5.<br />
15<br />
Particolarmente grave è lo stato in cui sono giunti i libri XXII-XXIV di Diodoro Siculo,<br />
nonché i Sikeliká di Appiano. Livio, naturalmente, è perduto.<br />
16<br />
Cassio Dione (Zonara), Floro, Orosio, Eutropio.
54<br />
TOMMASO GNOLI<br />
Aderbale, il vinc<strong>it</strong>ore di Trapani, riorganizzava le sue forze, spedendo in patria<br />
un gran numero di prigionieri e attaccando con successo le imbarcazioni romane<br />
che bloccavano Lilibeo, il console mosse da Siracusa con la grande flotta, ma solo<br />
per naufragare miseramente nei pressi di Capo Pachino, messo in difficoltà dalle<br />
manovre di Cartalone e di Aderbale (1,54).<br />
A questo punto la s<strong>it</strong>uazione vide un vero e proprio dominio mar<strong>it</strong>timo cartaginese,<br />
per la prima volta dopo molti anni, e addir<strong>it</strong>tura la possibil<strong>it</strong>à di contendere<br />
a Roma la supremazia terrestre (1,55). Tali speranze vennero però frustrate<br />
da un fortunato colpo di coda del depresso Giunio Pullo, che riuscì a occupare la<br />
somm<strong>it</strong>à del monte Erice, con il tempio di Venere Ericina, e le pendici del monte<br />
dalla parte di Trapani (xfiv ànò Apejictvcov TrpOGßotGiv 1,55,10). Tale azione, come<br />
si vedrà, si rivelerà decisiva nella successiva dinamica degli avvenimenti. Certo è<br />
che nessuno poteva immaginare un es<strong>it</strong>o più favorevole a Cartagine per gli eventi<br />
di quel denso 249 17 .<br />
Si è giustamente rilevato che Polibio compie un errore nel racconto di queste<br />
vicende, definendo Giunio Pullo successore, e non collega, di Publio Claudio<br />
Pulcro. Fu Gaetano De Sanctis a rendere significativo questo enore con la sua<br />
persuasiva spiegazione, che individua il problema nelle fonti segu<strong>it</strong>e dallo storico<br />
di Megalopoli:<br />
lo scr<strong>it</strong>tore [Polibio], che fin qui ha solo inser<strong>it</strong>o talora nello schema annalistico del racconto<br />
fabiano estratti più o meno ampi da Filino, abbandona Fabio quasi del tutto fino<br />
alla spedizione di Lutazio Catulo e riassume dallo storico greco. Il segno estemo di ciò<br />
è nella omissione, d'ora innanzi, dei nomi dei consoli, ai quali due volte viene sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a<br />
la indicazione dell'anno della guerra (41,3. 56,2). Soltanto pel 249 in questo periodo<br />
entrambi i consoli son menzionati, P. Claudio e L. Giunio; ma lo storico dà il secondo<br />
come successore, non come collega del primo (e. 52,6): errore scusabile in un Greco che<br />
lo vide prender dopo l'altro il comando in Sicilia, impossibile ad un Romano che aveva<br />
sott'occhio i fasti consolari 18 .<br />
Tale spiegazione è certamente conetta. Tuttavia non è sufficiente a spiegare<br />
quanto segue, cioè la difform<strong>it</strong>à dei racconti di Polibio e Zonara 19 .<br />
17 LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 64 parla di annus mirabilis per Cartagine.<br />
18 G. DE SANCTIS, Storia dei Romani ULI L'età delle guerre puniche. Il pensiero storico 38,<br />
Torino 1916, 222 dell'ed. del 1967 dalla quale sempre si c<strong>it</strong>erà in segu<strong>it</strong>o.<br />
19 In quanto segue si è deciso di analizzare le due linee narrative, tra loro evidentemente<br />
distinte, presenti in Polibio e in Zonara, il quale, com'è noto, ep<strong>it</strong>oma Cassio Dione. Si sono tralasciati<br />
i frammenti di Diodoro Siculo, il quale segue la stessa tradizione di Polibio, largamente<br />
deb<strong>it</strong>rice nei confronti di Filino di Agrigento, seppure con differenze anche sostanziali, che sono<br />
state molto bene analizzate da DE SANCTIS, SR IUI, c<strong>it</strong>., 225-229 alle considerazioni del quale<br />
nulla di nuovo mi sembra di poter aggiungere. Lo stesso dicasi per le altre fonti minori.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 55<br />
Seguendo Polibio, negli anni dal 249 al 242 i Romani, concentratisi sulla<br />
guena di tena dopo i disastri navali, s'impegnarono a tenere le posizioni guadagnate<br />
dai consoli del 254, A. Afilio Calatino e Cn. Comelio Scipione Asina.<br />
L'eparchia punica in Sicilia praticamente non esisteva più, Agrigento, Cefalù,<br />
Palermo, Solunto, Tindari, Trapani vennero occupate dai Romani, senza che la<br />
tradizione storiografica registri grandi scontri. Dopo la v<strong>it</strong>toriosa difesa di Palermo<br />
da parte di Cecilio Metello nel 250, non sembra che vi siano stati ulteriori<br />
tentativi da parte dei Cartaginesi di rioccupare stabilmente le loro principali piazzeforti.<br />
Quando nel 247 Amilcare Barca sbarcò in Sicilia egli non aveva posizioni<br />
da tenere, ma era completamente libero di agire all'offensiva. Lo fece con grande<br />
astuzia, inaugurando una nuova fase della guena. Per descrivere la s<strong>it</strong>uazione dei<br />
contendenti in questa fase dello scontro Polibio utilizza una metafora sportiva:<br />
Come, infatti, nel caso dei pugili eccellenti sia per valore sia per destrezza, quando,<br />
in competizione per la stessa corona, lottano portandosi colpo su colpo, incessantemente,<br />
non è possibile né ai combattenti né agli spettatori tenere conto o prevedere ciascun attacco<br />
e ciascun colpo, ma si può, dall'energia complessiva degli uomini e dall'impegno<br />
di ciascuno dei due, farsi un'idea sufficientemente chiara sia della loro abil<strong>it</strong>à, sia della<br />
loro forza, nonché del loro coraggio, così è anche per i comandanti di cui ora si parla 20 .<br />
Amilcare occupò due posizioni particolarmente forti, non custod<strong>it</strong>e, ma strategicamente<br />
molto importanti per mettere a repentaglio il controllo romano nella<br />
Sicilia occidentale. Si trattava di due local<strong>it</strong>à lontane tra loro, certamente in comunicazione<br />
con il mare, facilmente difendibili da un numero esiguo di soldati.<br />
Amilcare tenne queste posizioni per diversi anni, non rinunciando mai ad attaccare<br />
da lì perfino il ten<strong>it</strong>orio <strong>it</strong>alico. È mer<strong>it</strong>o di Loreto aver messo bene in evidenza<br />
come quest'attiv<strong>it</strong>à navale di Amilcare, lungi da essere un'appendice alla<br />
sua azione tenestre - cosi la presenta Polibio - fosse in realtà l'azione strategica<br />
principale di Cartagine, perfettamente conforme alla macrostrategia cartaginese<br />
tutta incentrata sul sea-power 2 \<br />
La prima posizione a essere occupata fu xòv èia xr[q EipKxfiç ^eyofrevov TóJIOV,<br />
«il luogo detto 'all'Eircte'», che viene descr<strong>it</strong>to prima «nel terr<strong>it</strong>orio di Palermo».<br />
(Tipòc xfiv Havopimiv), quindi, sub<strong>it</strong>o dopo, «che si trova tra Erice e Palermo, sul<br />
mare», (oc Ksixai [lèv 'EpuKoç Kai Havopixon iiexaÇù jtpoç Ga^axxrj). L'identificazione<br />
del luogo oscilla tra il Monte Pellegrino, sub<strong>it</strong>o a nord-ovest di Palermo, il<br />
Monte Castellaccio, collocato sub<strong>it</strong>o a ovest del Pellegrino, alle spalle dell'Isola<br />
delle Femmine, e il Monte Pecoraro, collocato più a ovest, proprio in prossim<strong>it</strong>à<br />
20 POLYB. 1,57,1-2.<br />
21 LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 57-62.
56 TOMMASO GNOLI<br />
dell'Aeroporto intemazionale di Punta Raisi, che delim<strong>it</strong>a, con il Monte Cofano<br />
all'estrem<strong>it</strong>à opposta, l'ampia insenatura di Castellammare del Golfo.<br />
La recente indagine condotta sull'argomento da B. Dexter Hoyos, pur non<br />
riuscendo a risolvere tutte le contraddizioni della descrizione polibiana, sembra<br />
abbastanza convincente nel perorare la causa del Monte Castellaccio 22 . Particolarmente<br />
efficace mi sembra l'annotazione che, nei pressi del Monte Pellegrino,<br />
non vi sarebbero porti naturali importanti se non Mondello, la cui posizione risulta<br />
però molto difficile da difendere, e il fatto che non sembrano esserci agevoli<br />
discese a mare dalla somm<strong>it</strong>à del monte, mentre, nel caso del Monte Pecoraro, il<br />
Golfo di Carini presenta caratteristiche molto più soddisfacenti 23 .<br />
Qualunque fosse effettivamente il «luogo presso Eircte»., Polibio (1,56,11)<br />
sostiene che di lì i Cartaginesi provocarono a battaglia i Romani «per circa tre<br />
anni». Dal momento che lo sbarco di Amilcare in Sicilia si può collocare con<br />
certezza almeno alla primavera del 247 24 , ne consegue che egli tenne la posizione<br />
dal 247 al 245/4 a.C.<br />
Polibio prosegue quindi la sua nanazione raccontando dell'occupazione della<br />
«c<strong>it</strong>tà degli Ericini» da parte di Amilcare Barca, senza soluzione di continu<strong>it</strong>à.<br />
Dal momento che quest'ultimo episodio è la diretta introduzione alla decisiva<br />
battaglia navale che si svolse al largo delle Egadi, mi riprometto di tornarvi nel §<br />
3. Per ora sia sufficiente rilevare come il silenzio di Polibio su altri eventi che dovettero<br />
nel frattempo accadere altrove, specialmente in Africa, rende di difficile<br />
comprensione anche quanto avvenne in Sicilia: non si capisce, in particolare, perché<br />
i Cartaginesi non abbiano in alcun modo approf<strong>it</strong>tato dell'insperato vantaggio<br />
acquis<strong>it</strong>o sul mare dopo i disastri romani del 249 25 .<br />
22<br />
D. HOYOS, Identifying Hamilcar Barcas Heights of Heirate, «Historia» 50,2001,490-495 .<br />
23<br />
Ciò non toglie che, anche nella ricostruzione di Hoyos, permangano delle difficoltà: una fra<br />
tutte quella che riguarda l'interpretazione di POLYB. 1,56,4: ecm yòp ópoc Trepixopov è^ovEOTTiKÒc<br />
éK xfiç 7tepiKsipévT|ç xrâpaç eiç v\\ioq iicavóv. TOUTOU 5' f) 7tepi|i£Tpoç rfiç avto (rrecpavriç où Xevnei<br />
TMV éKoiTÒv crraôicov, ù(p' ijç ò Tteptexonevoç TOTIOç eößoroc ÚTtápxsi Kai yecopyiicniroç, Ttpoç pèv<br />
ràç neXayiovq jrvoiàç Evxpucoç Ksipevoç, Oavaaincov ôè Oripúov eiç xéXoq &|ioipoç. «È, infatti, un<br />
monte dirupato, che si innalza sul terr<strong>it</strong>orio circostante per un'alt<strong>it</strong>udine notevole. Il perimetro<br />
del suo ciglio superiore non è inferiore ai cento stadi, e sotto di esso la zona circostante è ricca<br />
di pascoli e coltivabile, favorevolmente esposta al soffio dei venti marini, nonché completamente<br />
libera da animali pericolosi». Secondo Hoyos l'espressione úcj)' fjç 6 îiepiexopevoç TOTIOç andrebbe<br />
invece intesa «the s<strong>it</strong>e enclosed by (the crest)», Ibid., 493. Meno significativa è invece la questione<br />
dell'alternativa Monte Castellaccio/Monte Pecoraro.<br />
24<br />
POLYB. 1,56, 2: STOç 5' rjv àtcrcoKaiôéKaTov z& jroÀé|xcp «Era il diciottesimo anno di guerra»<br />
= 248/7 a.C.<br />
25<br />
Una spiegazione a questo interrogativo la offre LORETO, La grande strategia di Roma,<br />
c<strong>it</strong>., 70-74: i Cartaginesi non avrebbero approf<strong>it</strong>tato dei successi del 249 perché avevano già ottenuto<br />
quel che cercavano: il pieno controllo del quadrante navale delle operazioni, considerato<br />
strategicamente l'unico veramente rilevante per Cartagine. Questa spiegazione è persuasiva di
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 57<br />
Al contrario, Zonara, pur nella brev<strong>it</strong>à e superficial<strong>it</strong>à del suo racconto, inserisce<br />
episodi del tutto assenti in Polibio. Di particolare importanza per noi è la<br />
descrizione delle imprese di pirateria sulle coste africane compiute da squadre<br />
navali private:<br />
L'anno successivo [247] i Romani ufficialmente si r<strong>it</strong>irarono dalla guerra per mare, a<br />
motivo dei rovesci e delle spese, ma alcuni individui privati chiesero delle navi a condizione<br />
di restaurarle e di appropriarsi di tutto il bottino depredato; e tra gli altri danni che<br />
essi inflissero al nemico essi salparono verso Ippona, una c<strong>it</strong>tà africana, e li ridussero in<br />
cenere tutte le navi e molti edifici. Gli ab<strong>it</strong>anti misero catene all'imboccatura del porto<br />
e gli invasori si trovarono chiusi, ma riuscirono a salvarsi con furbizia e buona fortuna.<br />
Essi si lanciarono rapidamente contro le catene, e proprio nel momento in cui i rostri<br />
delle navi stavano per impigliarcisi, i membri dell'equipaggio andarono indietro verso la<br />
poppa, e cosi le prue, essendosi allegger<strong>it</strong>e, superarono le catene; poi di nuovo, correndo<br />
verso le prore, le poppe delle navi furono sufficientemente sollevate in aria. Così costoro<br />
effettuarono la loro fuga, e successivamente, presso Palermo, batterono i Cartaginesi con<br />
queste navi 26 .<br />
È lec<strong>it</strong>o r<strong>it</strong>enere che la fonte di Cassio Dione (Zonara) fosse più esplic<strong>it</strong>a sulla<br />
guena corsara messa in piedi da Roma in questo frangente. L'unico appiglio che<br />
resta oggi per la comprensione di questi interessanti eventi è l'opposizione tra gli<br />
avverbi, ôr||j,oaig e i5ig, che introducono questo racconto: vi sarebbe stata una decisione<br />
ufficiale, pubblica, di r<strong>it</strong>irarsi dalle attiv<strong>it</strong>à marinaresche, e nel contempo<br />
un'incentivazione ai privati (forse per lo più sodi navales?) ad intraprendere attiv<strong>it</strong>à<br />
corsare? Zonara è l'unico a parlarcene, in due luoghi, e non è possibile dire di<br />
più al riguardo. Nonostante il fatto che l'episodio riportato, relativo alla fuga da<br />
Ippona, sia del tutto incredibile, non pare vadano messe in dubbio l'esistenza di<br />
attiv<strong>it</strong>à corsare sulle coste libiche. D'altro canto, sembra pure anischiato r<strong>it</strong>enere<br />
che dei privati potessero sfidare più o meno apertamente la rinnovata talassocrazia<br />
cartaginese.<br />
per sé, ma non spiega come mai in quegli anni i Cartaginesi abbiano accettato di buon grado un<br />
ruolo evidentemente subalterno, e lim<strong>it</strong>ato sulla difensiva, e comunque su azioni di disturbo, in<br />
Sicilia. La spiegazione di Loreto, pertanto, va a mio avviso integrata con quanto si sostiene qui.<br />
26 ZON. 8,16 (II 219, 20-220, 6 Dindorf): T& 6' éi;f|ç STSI TOù Oa^axTÍou TcoXenou 8T)noaia<br />
|xèv oi 'Pconaioi ajiécxovTO olà ràç àmxiaç Kai 5ià xà avaMjuara, loia ôé TIVSç vf\ac, ainÎGavTEç,<br />
(SUT' sKEÎvaç pèv àTtoKaTaarnaai, rfiv X^lav ôè oÎKeubaaaôai, âXka TS TOùç JIOàEIIîOUç eKáKcoaav,<br />
Kai èç 'Iroicôva Aißuicfiv Jió^-iv eioTt^euaavTeç Tó TE nXoXa nàvza Kaì TtoXÀà TCOV oùcooourmÓTCOv<br />
Karéjipriaav. TCDV 5' ÈTtixcopicov Tò aTÓ|xa TOû Xipévoç SiaXaßovrcov àtóceaiv, év TiepicTácEi èyévovro,<br />
aoqna 5È Kaì xúxn îtspieyévovm aTtouSfj yap Taîç átóoeai TipoovteoovTSC, ETISí jtpoaá\|/ao9ai<br />
aÙTCôv eps^-ov oí epßoXoi TCöV vt\&v, p8TeöTT|cav sc ràç Ttpúpvac oí TOù TtfoiprópaTOC, Kaì otkcoç<br />
ai jiprôpai KoiKpiaOsioai wiepfípav ràç aÀuasiç, aiSôiç 5' éç ràç Ttpœpaç aÙTcav (ieTa7tri5r|aávT©v<br />
ai 7ipú|j,vai TWV oKa(pc&v eixsTscopíoGriaav. Kaì Ste^éSpapov, Kai liera TOûTO Ttepì Tò návop^ov<br />
vancí KapxtlSoviouç svíicrioav.
58<br />
TOMMASO GNOLI<br />
Certo è che la fonte di Zonara per le vicende navali dell'ultima parte del confl<strong>it</strong>to<br />
era pessima: all'episodio inverosimile 27 sopra riportato fa infatti appendant<br />
il prodigio, nanato successivamente e sempre in contesti nanativi molto distanti<br />
da Polibio, che si sarebbe verificato sub<strong>it</strong>o prima della battaglia delle Egadi, con<br />
le squadre navali disposte in ordine di battaglia. Anche quello, come questo, è<br />
del tutto incredibile, e presuppone uno svolgimento dei fatti incompatibile con la<br />
dinamica oramai accertata del grande scontro navale.<br />
Dopo aver indugiato sull'assedio di Trapani e sui combattimenti che portarono<br />
al controllo dell'isoletta chiamata Pelias, oggi Colombaia, Zonara inserisce<br />
alcune considerazioni che spiegavano proprio nell'annual<strong>it</strong>à dei comandi mil<strong>it</strong>ari<br />
romani la scarsa efficacia delle operazioni mil<strong>it</strong>ari che in quel periodo vennero<br />
intraprese («i comandanti se ne andavano proprio nel momento in cui avevano<br />
appreso l'arte del comando») 28 . Solo a questo punto viene ripreso il discorso dei<br />
privati (iôuaxai) che avevano armato le navi:<br />
i Galli, che combattevano come alleati dei Cartaginesi, e li odiavano, perché i loro padroni<br />
li maltrattavano, cedettero ai Romani per denaro una fortezza che era stata loro affidata.<br />
I Romani accettarono il servizio mercenario dei Galli e di altri tra gli alleati di Cartagine<br />
che si erano rivoltati contro il loro servizio; mai prima di allora essi avevano accettato<br />
stranieri nell'eserc<strong>it</strong>o. Resi euforici da tutto ciò, e inoltre per la devastazione dell'Africa<br />
da parte di privati c<strong>it</strong>tadini che avevano armato delle navi, essi non volevano più disinteressarsi<br />
del mare, e misero insieme di nuovo una flotta 29 .<br />
Secondo Cassio Dione/Zonara, la decisione di ricostruire una flotta sarebbe<br />
intervenuta grazie all'esempio delle fortunate imprese fom<strong>it</strong>e dai privati, e in<br />
concom<strong>it</strong>anza di un evento insperato: il tradimento di un gruppo di mercenari<br />
al servizio di Cartagine. Benché non sia detto in modo esplic<strong>it</strong>o, dovette esservi<br />
27 Non mi sembra che il fatto che FRONTINO, Strat. 1,5,6, attribuisca lo stesso episodio al<br />
console Duellius, che ne sarebbe stato il protagonista nel porto di Siracusa, sia significativo per<br />
il nostro discorso. Né il fatto che F.W. WALBANK, A Historical Commentary on Polybius; vol.<br />
1: Commentary on Books I-VI, Oxford 1957, 108 sia riusc<strong>it</strong>o a trovare un parallelo negli archivi<br />
della Royal Navy aggiunge credibil<strong>it</strong>à al racconto: la chiusura dei porti con catene era pratica<br />
sicurissima e utilizzatissima fino in età moderna (si cfr., a t<strong>it</strong>olo d'esempio, la chiesa di S. Maria<br />
della Catena, s<strong>it</strong>uata all'imboccatura del porto antico di Palermo). DE SANCTIS, SR III, 1, c<strong>it</strong>.,<br />
233. attribuisce l'episodio alla «annalistica recente».<br />
28 ZON. 8,16 (II220, 29-30 DlNDORF): apri ôè Tf)v arparriytav [xavOavovrac rflc âpxfiç STiauov.<br />
29 ZON. 8,16 (II 220, 32-221, 9 DINDORF): Oí Takázm ôè TOîç Kapxnôovioiç crupuaxonvTsç,<br />
Kaì lucowteç aùroùç on KaKrâç perexeipiÇovro ocpaç, (ppoupiou TIVôç
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 59 .<br />
una decisione formale del Senato, che è possibile intrawedere dietro l'anodina<br />
espressione oùicéxt à^ieXeiv xfjç Ga^áocrric TíOSXOV. Tale decisione è esplic<strong>it</strong>amente<br />
testimoniata da Polibio e dall'iscrizione rinvenuta nel nuovo rostro 30 .<br />
Resta tuttavia il fatto che è molto difficile farsi un'idea esatta degli avvenimenti<br />
successivi ai naufragi romani del 249, a parte la guena di posizione impegnata<br />
in Sicilia da Amilcare Barca, sulla quale si diffonde Polibio. Quest'ultimo<br />
non c<strong>it</strong>a in alcun modo le vicende africane, ma è l'unica fonte a fomire dettagli<br />
rilevanti sulla decisione del Senato di riprendere la guena per mare del 243. Tali<br />
dettagli, inoltre, sono perfettamente confermati dall'iscrizione recentemente scoperta.<br />
D'altro canto, Cassio Dione, nella semplificata versione di Zonara, fomisce<br />
elementi importanti sulle operazioni navali degli anni tra il 249 e il 243, ma si<br />
lim<strong>it</strong>a a un oscurissimo accenno per quanto riguarda la decisione del Senato del<br />
243, che solo il confronto con Polibio, e ora con la nuova iscrizione, rende perspicuo.<br />
Non solo, altro elemento di differenza tra Polibio e Cassio Dione/Zonara è<br />
rappresentato dal completo silenzio del primo, nel luogo appropriato, sul tradimento<br />
dei Galli a servizio di Cartagine. È significativo che una delle migliori<br />
e più dettagliate ricostruzioni moderne di quegli avvenimenti, quella forn<strong>it</strong>a da<br />
Gaetano De Sanctis per tram<strong>it</strong>e di un'attentissima e completissima escussione di<br />
tutte le fonti allora disponibili, dimentichi a sua volta l'episodio. Eppure il breve<br />
cenno di Zonara sopra riportato indica che la cessione della fortezza da parte dei<br />
mercenari Galli di Cartagine aveva una certa importanza nell'economia del racconto<br />
dioneo: fu per l'ottimismo susc<strong>it</strong>ato «da tutte queste notizie» - cioè dalla<br />
diserzione dei mercenari Galli e dai successi delle flotte corsare - che il Senato<br />
(non menzionato esplic<strong>it</strong>amente) decise oÙKéxt à^is^eiv xfjç OaAaaaric. Certamente<br />
ha nuociuto all'importanza data dai modemi all'episodio la sciatteria di Zonara<br />
che, nell'ansia di abbreviare il testo dioneo, ha addir<strong>it</strong>tura omesso di indicare la<br />
posizione deiphroiirion consegnato dai Galli ai Romani, rendendo questa vicenda<br />
del tutto inutile alla ricostruzione degli avvenimenti. Eppure, se inquadrata<br />
nell'insieme dello scarno resoconto di Zonara, essa non è inutile. In realtà Polibio<br />
non tace sull'episodio, ma sembra dimenticarsene nel luogo appropriato. Solo<br />
successivamente, parlando nel secondo libro della rivolta dei mercenari di Cartagine,<br />
si soffermerà sull'episodio (2,7,6-11), e allora, come suo sol<strong>it</strong>o, sarà molto<br />
più esplic<strong>it</strong>o, chiaro e utile di Zonara: questa banda di circa 3.000 Galli al servizio<br />
di Cartagine venne dapprima impiegata come parte della guarnigione cartaginese<br />
di Agrigento, nel 261. Lì essi ebbero un molo di rilievo durante i disordini che<br />
si verificarono a causa del mancato pagamento del soldo. Quindi, circa 1.000 di<br />
loro, nel 242, provarono a tradire cedendo la loro piazzaforte ai Romani sul mon-<br />
Cfr. infra § 2.
60 TOMMASO GNOLI<br />
te Erice. Quando videro che questo piano era oramai fall<strong>it</strong>o, passarono senz'altro<br />
al nemico, che li impiegò a guardia del tempio di Venere Ericina, in cima al<br />
monte, ma questa masnada indisciplinata saccheggiò anche l'antico santuario,<br />
cosicché, fin<strong>it</strong>a la guena contro Cartagine, i Romani li espulsero dall'Italia. 800<br />
di loro vennero quindi reclutati dalla popolazione della c<strong>it</strong>tà di Phoinike, in Epiro,<br />
ma tradirono anche loro, consegnandoli agli Illiri. Frattanto altri 2.000, al comando<br />
di Autar<strong>it</strong>o, tomarono in Africa e presero parte al grande ammutinamento dei<br />
mercenari. Molti di loro vennero uccisi in battaglia combattendo contro il loro<br />
comandante di un tempo, Amilcare Barca (2,78,12), e il loro capo Autar<strong>it</strong>o venne<br />
alla fine crocifisso (2,86, 4) 31 .<br />
Possiamo essere quindi certi che il vago accenno di Zonara sia da identificarsi<br />
con il decontestualizzato (dal punto di vista cronologico) racconto polibiano, e<br />
che il luogo del tradimento dei Galli sia stato «all'Erice». Appare anche certo<br />
quanto dice Zonara riguardo all'importanza di questo avvenimento che, per la<br />
prima volta, sembrava sbloccare una s<strong>it</strong>uazione incancren<strong>it</strong>a in una guena di posizione<br />
che sembrava non poter avere una fine prossima. L'enfasi di Zonara appare<br />
del tutto giustificata, mentre è veramente sorprendente il silenzio polibiano<br />
sulla vicenda, nel suo luogo.<br />
A parte le grandi differenze nella qual<strong>it</strong>à delle informazioni che sull'episodio<br />
fomiscono Polibio e Zonara, resta il fatto che Polibio non sottolinea la circostanza<br />
che a Roma «mai prima d'allora si era assoldato un eserc<strong>it</strong>o straniero». (|j,f|Jico<br />
jrpóxepov xpécpovxeç ^eviKÓv). Non c'è da sorprendersi. Per chi scriveva una storia<br />
di Roma negli anni '40 del secondo secolo a.C. l'episodio dei Galli armolati<br />
da Roma poteva sembrare un episodio circoscr<strong>it</strong>to e perfettamente inquadrabile<br />
nell'economia di quella particolarissima fase della guena: nulla che fosse degno<br />
di particolari considerazioni sul piano ist<strong>it</strong>uzionale, nel quale, com'è noto, Roma<br />
era fortemente connotata, sul piano mil<strong>it</strong>are, dal suo eserc<strong>it</strong>o c<strong>it</strong>tadino 32 . Ben diverso<br />
il discorso invece per chi scriveva la sua storia trecento anni dopo, quando<br />
l'impiego di gentes externae nelle file degli ausiliari cominciava a diventare un<br />
uso inquietante, tanto comune che un re straniero poteva dire, dopo aver vinto le<br />
31 L. LORETO, La grande insurrezione lìbica contro Cartagine del 241-237 a.C: Una storia<br />
pol<strong>it</strong>ica e mil<strong>it</strong>are. Collection de l'École française de Rome Rome 1995; J.F. LAZENBY, The First<br />
Punic War, A mil<strong>it</strong>ary history, London 1996, 149-150; A.C. FARISELLI, I mercenari dì Cartagine,<br />
Biblioteca della Rivista di studi punici 1, La Spezia 2002.<br />
32 G. BRIZZI, Il guerriero, l'opl<strong>it</strong>a, il legionario. Gli eserc<strong>it</strong>i nel mondo classico. Universale<br />
Paperbacks 433, Bologna 2002. Ha ragione Loreto, La grande insurrezione libica, c<strong>it</strong>., 4-7; a<br />
rilevare la vera e propria ossessione che Polibio nutriva nei confronti degli eserc<strong>it</strong>i mercenari, ai<br />
quali attribuiva buona parte delle disgrazie che colpivano le monarchie ellenistiche dei suoi tempi,<br />
rendendole mil<strong>it</strong>armente inferiori a Roma. Tuttavia questo accenno all'arruolamento di mercenari<br />
transfughi cartaginesi all'interno dell'eserc<strong>it</strong>o romano non viene ripreso in alcun punto della superst<strong>it</strong>e<br />
opera polibiana, circostanza che autorizza, a mio parere, le conclusioni espresse nel testo.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 61<br />
legioni romane in campo aperto, di aver combattuto «contro un eserc<strong>it</strong>o di Romani,<br />
di Goti e di Germania» 33 .<br />
Credo pertanto che nella sopra riportata frase di Zonara si nasconda un'aggiunta<br />
autonoma di Cassio Dione, che evidentemente, in questo luogo, si lasciava<br />
andare a considerazioni di contenuto moraleggiante, che l'asciutto riassunto del<br />
tardo compilatore non è riusc<strong>it</strong>o del tutto a cancellare. A un'attenta rilettura delle<br />
vicende degli anni dal 249 al 241, cosi come sono state riassunte da Zonara, non<br />
è questa l'unica aggiunta dionea individuabile.<br />
La prima digressione è rappresentata dalla già menzionata annotazione<br />
dell'incapac<strong>it</strong>à dei Romani a condune con efficacia la guena, visti i continui<br />
cambiamenti al vertice imposti dall'ordinamento cost<strong>it</strong>uzionale repubblicano.<br />
Pur rimanendo incerte le fonti di Cassio Dione, è altamente improbabile che una<br />
simile considerazione trovasse posto in un autore di età repubblicana, mentre appare<br />
molto più consona all'ideologia («severiana», seppure m<strong>it</strong>igata da echi filorepubblicani<br />
molto prudenti) di Cassio Dione, così come la possiamo ricostruire<br />
su basi sicure (Dio, libro 52). De Sanctis preferisce pensare a una fonte estranea<br />
al mondo romano, cioè a Filino 34 , ma mi sembra una soluzione poco probabile.<br />
La notizia è collocata immediatamente dopo quella dello scambio di prigionieri<br />
che avrebbe avuto luogo tra Roma e Cartagine, e immediatamente prima del<br />
brano relativo alla rivolta dei mercenari Galli che abbiamo sopra riportato e commentato.<br />
Mi sembra molto più probabile, pertanto, che sia la cr<strong>it</strong>ica alla discontinu<strong>it</strong>à<br />
del comando, sia quella relativa all'annoiamento di transfughi cartaginesi<br />
possano essere considerate come aggiunte autonome di Cassio Dione recep<strong>it</strong>e da<br />
Zonara, e che non fossero presenti nelle fonti più antiche.<br />
Anche la terza notizia che riscontriamo nel solo Zonara può senz'altro essere<br />
attribu<strong>it</strong>a alla penna di Cassio Dione. Si tratta del prodigio che sarebbe avvenuto<br />
sub<strong>it</strong>o prima dello scontro navale al largo delle Egadi: una meteora, apparsa a<br />
sinistra dei Cartaginesi «una volta che le due flotte si erano disposte in ordine di<br />
battaglia», sarebbe caduta sullo schieramento punico 35 .<br />
33 L'espressione è riportata nell'iscrizione commemorativa delle imprese del Gran Re persiano<br />
Säbuhr I, messa in opera attorno al 270 d.C. nella Ka'ba di Zarathustra, in Iran. Il passo fa<br />
riferimento alla battaglia di Misiche, dove venne fer<strong>it</strong>o a morte l'imperatore Gordiano III (244<br />
d.C). Su questo passo attirò l'attenzione S. MAZZARINO, L'Impero romano, Roma-Bari 1973;<br />
cfr. ora A. PIRAS, / Germani nell'iscrizione sassanìde Res gestae divi Saporìs, in A. Zironi ed.,<br />
Wentilseo. I Germani sulle sponde del Mare Nostrum. Atti del Convegno Internazionale di Studi.<br />
Padova, 13-15 ottobre 1999, 2001, 71-82; G. GNOLI, Rostovtzeff, Mazzarino e le Res Gestae Divi<br />
Saporis, «MedAnt». 7, 2004, 181-193.<br />
34 DE SANCTIS, SR III, 1, c<strong>it</strong>., 175 n. 78. cfr. però la contraddizione a p. 231: «Non è per<br />
esempio di Dione ma d'un acuto osservatore contemporaneo l'avvertenza sugli inconvenienti del<br />
mutar generale ogni anno che facevano i Romani».<br />
35 Su questo credo possano nutrirsi pochi dubbi. Cfr. ad es. quanto detto da F. MILLAR, A
62 TOMMASO GNOLI<br />
Riassumendo quanto finora esposto sulle fonti relative agli anni che vanno<br />
dai grandi naufragi romani del 249 alla battaglia delle Egadi del 241, i due filoni<br />
che fanno capo rispettivamente a Polibio e a Zonara/Cassio Dione sono fra loro<br />
indipendenti. Vengono addir<strong>it</strong>tura scelti episodi diversi di questa complicata e<br />
lunghissima guena, cosa che non può stupire, dal momento che in questi anni le<br />
azioni belliche si polverizzano, venendo a mancare una decisa strategia da entrambe<br />
le parti 36 . E tuttavia non ci si può lim<strong>it</strong>are a questo. Zonara sembra seguire<br />
una fonte ben consapevole dello svolgimento delle attiv<strong>it</strong>à belliche da parte di<br />
Cartagine in Africa, a segu<strong>it</strong>o degli sconquassi che la spedizione di Afilio Regolo<br />
vi aveva prodotto nei rapporti tra la c<strong>it</strong>tà dominante e le comun<strong>it</strong>à indigene, mentre<br />
Polibio non si cura affatto di questo. Egli si concentra sugli scontri in Sicilia,<br />
ma, nel far ciò, giunge a pregiudicare la comprensione stessa degli eventi che<br />
gli stanno a cuore. Nonostante questo marcato interesse «africano», di Zonara e<br />
«siciliano», di Polibio, non si può dire che le fonti del primo fossero in qualche<br />
modo filo-cartaginesi. Anzi. Zonara è l'unico che lasci intrawedere con qualche<br />
rapido accenno il dissidio intemo che si era venuto a creare a Roma all'indomani<br />
dei naufragi, con le conseguenti decisioni di r<strong>it</strong>irarsi «pubblicamente» dalla guerra<br />
sul mare, consentendola, però, «privatamente» a chi fosse in grado di armare<br />
le imbarcazioni. Polibio, al contrario, pur nanando con impegno le vicende siciliane,<br />
non fa menzione di nulla di tutto ciò. Tuttavia, come di consueto, quando<br />
egli deciderà di spostare il suo sguardo su Roma e sulle decisioni del Senato, le<br />
sue informazioni saranno dettagliate, precise, e del massimo valore 37 . Il problema<br />
di Polibio, quindi, non è certo rappresentato dalle notizie a sua disposizione o<br />
da mancanza d'informazione, ma, evidentemente, da precise strategie nanative<br />
presenti nelle sue fonti.<br />
Le fonti di Polibio sono state da lungo tempo individuate 38 . Egli utilizza, nel<br />
study of Cassius Dio, Oxford 1964, 77: «Narrative ruled supreme and Dio's comments are mere<br />
adornments to <strong>it</strong>. The same is in part true of the immense number of prodigies and portents which<br />
fill his pages. They could serve a l<strong>it</strong>erary and dramatic aim in forming a prelude to a great event<br />
or, alternatively, light relief and contrasting detail ... he really believed in them ... None the less<br />
<strong>it</strong> would be going much too far to say that divine intervention functions as an altemative type of<br />
historical explanation in his History ... his use of prodigies and portents is harmless and trivial, not<br />
affecting his treatment of events, and hardly deserving the scom which some have poured on <strong>it</strong>».<br />
36 Sulla scelta di raccontare episodi diversi di questa lunghissima guerra cfr. quanto detto molto<br />
giustamente da DE SANCTIS, SR III, I, c<strong>it</strong>., 124 n. 66: «La prima punica fu del resto ricchissima<br />
di combattimenti; e il trovare in una delle fonti menzionato taluno di cui le altre non fanno parola<br />
non deve far meraviglia; ne farebbe, anzi, il contrario».<br />
37 Cfr. quanto si dirà in segu<strong>it</strong>o riguardo al prest<strong>it</strong>o forzoso del 243/2.<br />
38 C. DAVIN, Be<strong>it</strong>räge zur Kr<strong>it</strong>ik der Quellen des ersten punischen Krieges, Grossherzogliches<br />
Gymnasium Fridericianum Schwerin 1889; DE SANCTIS, SR III, 1, c<strong>it</strong>., 218-240., 218: «Due<br />
fonti ebbe innanzi a sé Polibio scrivendo nel primo libro delle sue storie intomo alla prima guerra
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 63<br />
primo libro delle sue Storie, e nel racconto di questi anni in particolare, Fabio<br />
P<strong>it</strong>tore e Filino di Agrigento. Si è discusso a lungo, e si continuerà, per cercare<br />
di attribuire questa o quella notizia all'una o all'altra fonte, ma i dati generali<br />
della costruzione del primo libro delle Storie di Polibio sembrano oramai certi.<br />
In particolare, per quanto riguarda gli eventi che qui ci interessano, si può dire<br />
che a Filino risalgono molti dei dettagli topografici relativi agli scontri combattuti<br />
sull'Eirkte prima, a Palermo, Trapani, Lilibeo e sull'Erice poi, mentre di derivazione<br />
certamente fabiana sono tutte le notizie relative alle decisioni che vennero<br />
intraprese a Roma nel 243/2 a.C. in vista della ricostmzione della flotta da guer-<br />
39<br />
ra .<br />
È naturale che, nel descrivere con la massima fedeltà possibile i luoghi teatro<br />
di questi interminabili e inconcludenti combattimenti Polibio abbia scelto la fonte<br />
che sembrava offrire maggiori garanzie in questo campo, cioè Filino. Se così<br />
fosse, allora è possibile r<strong>it</strong>enere che le notizie relative ai corsari che agivano per<br />
conto di Roma sulle coste africane fossero parte della nanazione di Fabio P<strong>it</strong>tore,<br />
e che Polibio le abbia trascurate, così come ha generalmente trascurato Fabio nel<br />
racconto degli eventi di questi anni.<br />
2.1 rostri, le navi e il prest<strong>it</strong>o del 243/2<br />
Se quindi, come si è visto, è possibile individuare diversi filoni nelle fonti<br />
relative agli anni conclusivi della Prima Guena Punica, c'è un punto importante<br />
sul quale tutte le fonti a nostra disposizione concordano: la flotta che venne<br />
costru<strong>it</strong>a a Roma su iniziativa pubblica nel 243/2 40 fu composta prevalentemente<br />
da quinquiremi, costm<strong>it</strong>e prendendo a modello un'imbarcazione punica, che<br />
punica, e due sole, l'annalista romano Fabio P<strong>it</strong>tore e Filino di Agrigento. Egli avvertì facilmente<br />
la parzial<strong>it</strong>à del primo per Roma, del secondo per Cartagine. Ma, simili i due storici in questo,<br />
pel rimanente Filino, spettatore dei fatti che narrava ... doveva essere assai meglio informato di<br />
Fabio, contemporaneo della seconda punica. Poiché, quando non attingeva a Filino stesso o a<br />
documenti come i Fasti trionfali e le note dei pontefici, Fabio disponeva solo di tradizioni orali<br />
o della narrazione di Nevio, la quale pel suo carattere poetico, non poteva, quanto ai particolari<br />
e alla cronologia, esser molto attendibile».<br />
39 Ibid., 223.<br />
40 Come si vedrà oltre, ci fu una deliberazione ufficiale del Senato. La datazione di tale deliberazione<br />
è incerta, ma sembra molto verosimile r<strong>it</strong>enere che tutte le operazioni connesse alla<br />
decisione, il prest<strong>it</strong>o, la costruzione della fiotta, l'addestramento delle ciurme, il trasferimento<br />
delle imbarcazioni nel teatro di operazioni, infine il lungo addestramento al quale Lutazio Catulo<br />
sottopose le ciurme sul luogo, abbiano necess<strong>it</strong>ato di un certo tempo, tale da rendere plausibile<br />
una datazione all'inverno 243 della deliberazione del Senato; così anche LAZENBY, The First<br />
Punic War, c<strong>it</strong>., 29, 150.
64<br />
TOMMASO GNOLI<br />
era serv<strong>it</strong>a a un certo Annibale, detto Rodio, che l'aveva utilizzata per forzare il<br />
blocco romano stretto attorno a Lilibeo. Su questo punto le differenze riguardano<br />
solamente i dettagli.<br />
Secondo Polibio i Romani per due volte avrebbero copiato le navi dei Cartaginesi<br />
41 . La prima volta lo avrebbero fatto proprio all'inizio della guena, quando si<br />
sarebbero impossessati di una quinquiremi cartaginese che si era arenata durante<br />
le operazioni navali miranti a sventare lo sbarco romano a Messina (1,20,15-16):<br />
Poiché appunto in questa circostanza i Cartaginesi li attaccarono nello stretto e una<br />
loro nave coperta, nello slancio, si spinse avanti, fino ad incagliarsi e cadere nelle mani<br />
dei Romani, essi, allora, usando questa come modello, sulla base di essa costruirono tutta<br />
la flotta, sicché, se ciò non fosse avvenuto, è chiaro che il loro disegno sarebbe stato imped<strong>it</strong>o<br />
del tutto dall'inesperienza 42 .<br />
Si è ben presto riconosciuta la fals<strong>it</strong>à di questa notizia, inser<strong>it</strong>a in un paragrafo<br />
di scarsissimo valore, e che per di più presenta una patente contraddizione<br />
intema 43 . Le motivazioni di questa falsificazione possono ben derivare a Polibio<br />
da Fabio P<strong>it</strong>tore, dal momento che si tratta di un aperto ed entusiastico panegirico<br />
delle capac<strong>it</strong>à e dell'inventiva dei Romani, ma tuttavia dub<strong>it</strong>o che Fabio<br />
41 È possibile che tale tradizione, della duplice cattura di navi cartaginesi utilizzate come<br />
modelli dai Romani, fosse presente anche nella versione di Cassio Dione. Zonara (8,15) infatti,<br />
mostra una confusione tra Annibale Rodio e Annone, che viene così interpretata da DE SANCTIS,<br />
5MII.l,c<strong>it</strong>., 166 n. 58.<br />
42 POLYB. 1,20,15-16: sv cp of) Kaiprà TCöV Kapxnôovicov Kara TòV TiopOpòv éîiavaxOÉVTCûv<br />
aÙTOÎç, Kaì piaç VEòC KaTacppáKTOU olà rfiv Tipoônpiav TipOTtsaouoriç, ràor' ÈiroKsiXaaav ysvéaOat<br />
TOîç 'Pconaioiç ùìio/sipiov, TOóTTI jiapaÔEÎypan xprànsvoi TòTE Tipòc raúrriv ETIOIOöVTO riiv roß<br />
jtavTÒc axökov vaujrriyíav, ràç si nf| TOùTO CTUVéPT) yEVÉaôai, ôfjXov àç ôià riiv àîisipiav sic TS^Oç<br />
av SKmXúOricav Tfjc ETtißoAric.<br />
43 La contraddizione è rappresentata dal fatto che in 1,20,9 i Romani vengono defin<strong>it</strong>i «costruttori<br />
di navi del tutto inesperti nella fabbricazione di quinquiremi, per il fatto che fino ad<br />
allora in Italia nessuno aveva utilizzato mai tali navi», mentre sub<strong>it</strong>o dopo, in 1,20,14, si dice<br />
che «prese a prest<strong>it</strong>o da Tarantini e Locresi, nonché da Eleati e Napoletani, quinquiremi e triremi,<br />
audacemente trasportarono gli uomini su di esse». J.H. THIEL, A History of Roman Sea-Power<br />
before the Second Punic War, Amsterdam 1954, 171-178 si schiera contro la communis opinio,<br />
cercando di difendere il racconto polibiano, che egli fa derivare con sicurezza da Fabio P<strong>it</strong>tore, cfr.<br />
p. 171 - cosa possibile ma non certa. Non mi sembra, tuttavia, che la sua difesa sia persuasiva,<br />
soprattutto quando sostiene che non c'è motivo di dub<strong>it</strong>are delle parole di Polibio quando afferma<br />
(p. 174) che le navi delle c<strong>it</strong>tà magnogreche erano esclusivamente triremi, e non quinquiremi, e che<br />
pertanto i Romani non ne avevano né sarebbero stati in grado di procurarsene senza la fortunata<br />
cattura della nave punica. Polibio, però, come già evidenziato, dopo aver sostenuto questa tesi<br />
(1,20,9) dice esattamente il contrario: 1,20,14: àXkà napa Tapavrivcov Kaì AoKpœv ETI ô' E^Earràv<br />
Kaì NsaìioXraòv CTuyxpriaáiiEvoi 7isvTT|KOVTÓpoi)c Kaì rpuipsiç EJIì TOúTOV TtapaßoXcoc oiEKÓpiaav<br />
TOùç âvôpaç. Non comprendo neanche la difesa di POLYB. 1,20,9 tentata da LORETO, La grande<br />
strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 50-51.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 65<br />
avrebbe potuto inconere in una così palesemente assurda pretesa di original<strong>it</strong>à. È<br />
forse dagli ultimi decenni del IV secolo, ma comunque certamente, dai primi del<br />
III, che a Roma veniva coniata moneta di bronzo recante sul rovescio la pma di<br />
una nave da guena 44 . L'ist<strong>it</strong>uzione, ricordata da Livio (9,30,4, cfr. anche 40,18,7;<br />
41,1,2-3), di duoviri navales classis omandae reficiendaeque causa, sono prove<br />
inequivoche della preesistenza di una flotta da guena a Roma, rispetto all'impresa<br />
di Messina. In simili condizioni, sembra strano che uno scr<strong>it</strong>tore romano<br />
potesse ideare una simile invenzione, mentre sembra più probabile attribuire tutto<br />
il paragrafo 20 a Polibio stesso, che r<strong>it</strong>iene in questo modo di essere risal<strong>it</strong>o alle<br />
origini della marineria romana 45 .<br />
A prescindere dal problema della patem<strong>it</strong>à di questa notizia, certo è che essa<br />
è assurda e inverosimile anche dal punto di vista tecnico. Marco Bonino ha esaurientemente<br />
mostrato come i corvi che giganteggiavano sulle prore delle imbarcazioni<br />
la cui costmzione è descr<strong>it</strong>ta da Polibio nei termini che si son visti, sono<br />
del tutto incompatibili con le imbarcazioni di tipo punico che egli dice sarebbero<br />
state il modello per gli arch<strong>it</strong>etti navali romani. In realtà la flotta che sfidò i Cartaginesi<br />
a Milazzo e che diede per la prima volta a Roma la supremazia sui mari<br />
siciliani, dovette essere cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da navi costm<strong>it</strong>e secondo modelli greco-ellenistici,<br />
non punici 46 . Si trattava, cioè, d'imbarcazioni la cui patem<strong>it</strong>à è difficile<br />
stabilire (greco-<strong>it</strong>aliote? Romano-campane?), ma certamente non cartaginesi. La<br />
notizia, inventata da Polibio a maggior gloria di Roma, è falsa 47 .<br />
44 Si tratta dello aes grave libralis del tipo testa di Giano al dr<strong>it</strong>to/prora rostrata al rovescio:<br />
H. A. GRUEBER, Coins of the Roman Republic in the Br<strong>it</strong>ish Museum, I, London 1910, 5-10<br />
n. 1-69; il tipo verrà riprodotto anche sull'agi trientalis, durante la Prima guerra punica, Ibid.<br />
16-26 n. 19-184. Di difficilissima datazione risulta anche un aes signatum, CRAWFORD, Roman<br />
Republican Coinage, tav. C, n. 12/1, che rappresenta D/due polli che beccano per terra con due<br />
stelle al centro/R. due tridenti (o rostri?) affrontati, con due delfini al centro, con datazioni che<br />
oscillano tra il 310 a.C. (L. PEDRONI, Ricerche sulla prima monetazione dì Roma, Napoli 1993)<br />
e il 260-42 (CRAWFORD, RRC, c<strong>it</strong>. 42).<br />
45 Questa stessa convinzione è condivisa da LORETO, La grande strategia dì Roma, c<strong>it</strong>., 2 n. 11.<br />
46 La discussione sui corvi è quanto mai vasta. Io ho consultato con prof<strong>it</strong>to i seguenti lavori:<br />
E. DE SAINT-DENIS, Une machine de guerre mar<strong>it</strong>ime: le corbeau de Duilius, «Latomus» 5, 1946,<br />
359-367, contra J.H. THIEL, Studies on the History of Roman Sea-Power in Republican Times,<br />
Amsterdam 1946,432-447; TmEL, A History of Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 101-128.1 lavori di Bonino<br />
ai quali alludo nel testo sono M. BONINO, Argomenti di arch<strong>it</strong>ettura navale antica. San Giuliano<br />
Terme 2005 e M. BONINO, Navi fenicie e puniche. Temi di archeologia punica 6, Lugano 2009,<br />
41-43. Il testo principale sul quale si discute è naturalmente Polyb. 1,22.<br />
47 Su questo punto non c'è concordia tra gli studiosi. P. es. nel suo eccellente lavoro sulla<br />
marineria cartaginese, l'amico Stefano Medas sembra accettare la notizia polibiana: S. MEDAS, La<br />
marineria cartaginese: le navi, gli uomini, la navigazione, Sardegna archeologica. Scavi e ricerche<br />
2, Sassari 2000, 142: «copiarono probabilmente una pentera con un solo ordine remiero, cioè il<br />
tipo più largo e con il ponte più ampio, quello che avrebbe meglio consent<strong>it</strong>o l'installazione dei<br />
'corvi'», cfr. anche L. BASCH, Le musée imaginaire de la marine antique, Athènes 1987, 353-354.
66<br />
TOMMASO GNOLI<br />
Non conosciamo la fortuna che i corvi ebbero durante la lunga guena contro<br />
Cartagine. Polibio li nomina un'altra volta soltanto (1,27,12 nell'amb<strong>it</strong>o della<br />
battaglia di Capo Ecnomo) 48 , e sembra certo che essi non ebbero un molo di rilievo<br />
in altre grandi battaglie navali. Tuttavia il resoconto polibiano di due distinti<br />
episodi durante la guena chiarisce il gap tecnico esistente tra le navi puniche<br />
e quelle romane. Si tratta della forzatura del blocco navale romano di Lilibeo<br />
da parte dei Cartaginesi e della immediatamente successiva dinamica dell'unica<br />
grande sconf<strong>it</strong>ta navale sub<strong>it</strong>a da Roma durante la guena, nei pressi di Trapani.<br />
, In entrambi gli episodi viene fatto rilevare l'impaccio nella manovra e la lentezza<br />
generale delle navi romane rispetto ai vascelli cartaginesi 49 . A Trapani sarà l'incapac<strong>it</strong>à<br />
di girare su se stesse per uscire dal porto nel quale si erano avventurate<br />
le navi romane a generare il gravissimo disastro.<br />
In particolare però è utile il resoconto dettagliato delle imprese della flotta<br />
punica per scardinare il blocco navale romano di Lilibeo per poter meglio comprendere<br />
la dinamica del successivo scontro delle Egadi.<br />
Secondo Polibio il blocco navale stretto da Roma attorno a Lilibeo venne<br />
forzato dai Cartaginesi diverse volte. Dapprima fu Annibale, figlio di Amilcare, a<br />
forzare con un'intera flotta il blocco navale (1,44), quindi, ripetutamente, un altro<br />
Annibale, detto Rodio, e qualificato come xtç àvfip TCOV évÔoÇcov, «uno dei notabili<br />
(46,4)», riuscì a superare con un'unica nave il blocco portato da ben dieci navi<br />
48 La battaglia è descr<strong>it</strong>ta con molta attenzione ai dettagli da POLYB. 1,26-28, che accenna<br />
ai rostri solamente una volta. THIEL, A History of Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 212-223 esprime molte<br />
riserve di carattere tecnico riguardo alla descrizione polibiana, e alla strategia decisa dai consoli<br />
romani, di portare con sé le navi da carico, che avrebbero rallentato e impacciato la manovra delle<br />
navi da guerra. Lasciando da parte le considerazioni più tecniche, sulle quali mi è impossibile<br />
pronunciarmi, la tattica romana diventa perfettamente comprensibile se Marco Attilio Regolo e<br />
Lucio Manlio Vulsone Longo, i due consoli, fossero stati consapevoli della maggiore lentezza delle<br />
navi da guerra romane, oltre a tutto appesant<strong>it</strong>e dai corvi, e avessero impostato lo scontro non<br />
sull'agil<strong>it</strong>à e le qual<strong>it</strong>à nautiche delle imbarcazioni, bensì sulla compattezza dello schieramento,<br />
raccolto attorno alle navi da carico, che è esattamente quanto dichiara Polibio, seppure con qualche<br />
oscur<strong>it</strong>à. Certo, questa ricostruzione contrasta con la convinzione di Thiel che i Romani si sarebbero<br />
dotati di imbarcazioni di qual<strong>it</strong>à nautiche pari a quelle puniche. D'altro canto, la lentezza delle<br />
imbarcazioni romane rispetto a quelle cartaginesi è esplic<strong>it</strong>amente ricordata da Polibio in questo<br />
frangente (1,26,10: TOùç ôè jtoX^píonc TaxuvouTsiv, cfr. anche 27,5; 27,11).<br />
49 Cfr. in particolare POLYB. 1,51,3-4, descrivendo la battaglia di Trapani: «sempre più prevalevano<br />
i Cartaginesi, poiché, considerando il combattimento nel suo insieme, godevano di molti<br />
vantaggi. Erano, infatti, molto superiori nella veloc<strong>it</strong>à di navigazione per le differenze costruttive<br />
(olà Tf|v ôiacpopàv rfiç vawniyiaç) e per la capac<strong>it</strong>à degli equipaggi (trad. M. Mari, con modifiche)».<br />
Non si potrebbe avere dichiarazione più esplic<strong>it</strong>a del gap tecnico esistente tra le due flotte<br />
nel 249. Raramente si tiene conto di questi problemi nella descrizione della battaglia di Trapani:<br />
cfr. ad es. BRISSON, Carthage ou Rome?, c<strong>it</strong>., 86: «Claudius crut que son arrogance patricienne<br />
pouva<strong>it</strong> suppléer à ces modestes qual<strong>it</strong>és ... Ce bassin où le consul croya<strong>it</strong> entrer en vainqueur<br />
se changea<strong>it</strong> en une vér<strong>it</strong>able nasse. Claudius donna alors toute la mesure de son incompétence».
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 67<br />
romane 50 . La tecnica utilizzata dai Cartaginesi era sempre la stessa, e si basava<br />
sull'occupazione delle isole Egadi come base di partenza per forzare il blocco.<br />
Polibio lo dice esplic<strong>it</strong>amente quando racconta l'impresa di Annibale, figlio di<br />
Amilcare: «Egli, salpato con diecimila soldati e approdato alle cosiddette Egusse<br />
(év xatç Ka^onirévaiç AiyoÙGoaiç), s<strong>it</strong>uate tra Lilibeo e Cartagine, aspettava il<br />
momento per la navigazione» (44,2). L'isola di Egussa indica l'attuale Favignana,<br />
la più grande e la più meridionale delle tre isole che compongono l'arcipelago<br />
delle Egadi 51 . Riferendosi invece all'impresa del Rodio, Polibio è meno preciso:<br />
«Egli [Annibale Rodio], messa in assetto la propria nave, salpò: e, compiuta la<br />
traversata fino a una delle isole s<strong>it</strong>uate davanti a Lilibeo (icaì ôiapaç eiç riva xrâv<br />
jipó ron AtAußaton Ket|xévcov vfjocov)... entrò nel porto». (1,46,6). È chiaro che<br />
«una delle isole posta davanti a Lilibeo» non può essere che Favignana. Era Favignana,<br />
pertanto, la chiave per «aprire» il blocco romano su Lilibeo.<br />
Ciò è dovuto alle modal<strong>it</strong>à con le quali si poteva attuare un blocco navale<br />
nell'antich<strong>it</strong>à. Le navi assedianti non potevano far altro che rimanere alla fonda<br />
nei pressi dell'imboccatura del porto 52 . La ciurma, a tena, doveva essere rapidamente<br />
radunata in caso di necess<strong>it</strong>à, cioè di forzatura del blocco. Questo tipo<br />
d'intervento era efficace, in rapporto alla navigazione antica, nella maggior parte<br />
dei casi: è ovvio che i tempi di reazione delle navi assedianti non dovevano essere<br />
minimi, ed erano tali da garantire una buona copertura dei bracci di mare più vicini<br />
alla costa, da una parte e dall'altra dell'imboccatura del porto, dove erano alla<br />
fonda le navi assedianti, e dove sarebbero dovute passare le navi che tentavano la<br />
forzatura del blocco, vista la navigazione sotto costa, che imponeva un certo tipo<br />
di rotta e ne escludeva, normalmente, altri. La presenza di un'isola a una distanza<br />
relativamente esigua dalla costa apriva un braccio di mare che gli assedianti<br />
Romani non erano in grado di controllare con efficacia, tanto più che erano dotati<br />
di navi lente. Il lungo assedio romano avrà certamente dato agio agli assedianti<br />
di calcolare con sufficiente approssimazione la capac<strong>it</strong>à di reazione e di chiusura<br />
delle rotte che conducevano al porto di Lilibeo, sulla base della veloc<strong>it</strong>à delle navi<br />
puniche, che i Romani ormai ben conoscevano. Tuttavia Polibio è molto esplic<strong>it</strong>o<br />
50 Secondo L. BASCH, Le musée imaginaire de la marine antique, Athènes 1987, 354, la nave<br />
di Annibale Rodio sarebbe stata di sua proprietà, e diversa dalle altre navi da guerra cartaginesi.<br />
Nulla nel testo di Polibio autorizza queste conclusioni. Al contrario, come spero di aver dimostrato<br />
nel testo, tutte le navi cartaginesi «di seconda generazione» impegnate nella battaglia di Trapani<br />
condividevano gli stessi accorgimenti nel remeggio con quella del Rodio.<br />
51 A. CORRETTI, Favignana (isola), «Bibliografia topografica della colonizzazione greca in<br />
Italia e nelle isole tirreniche» VII, 1989, 418-427. Sulle difficoltà offerte dal passo di Polibio cfr.<br />
M.I. GULLETTA, Navi romane fra gli Specola Lilyb<strong>it</strong>ana e le Aegades Gemìnae? Note per una<br />
ricostruzione topografica della battaglia delle Egadi, in S. TUSA ed., // mare delle Egadi, Storia,<br />
<strong>it</strong>inerari e parchi archeologici subacquei, Palermo 2005, 71-82 e quanto affermato infra.<br />
52 Cfr. POLYB. 1,46, 9.<br />
\
68<br />
TOMMASO GNOLI<br />
al riguardo: le navi puniche impiegate nella forzatura del blocco erano particolarmente<br />
veloci, e la loro veloc<strong>it</strong>à derivava dalla «veloc<strong>it</strong>à del remeggio» (xò xaxoç<br />
xfjç slpsoiaç 46,12). La veloc<strong>it</strong>à era tale da rendere difficilmente intercettabile<br />
una nave che forzasse il blocco provenendo dal largo, e non da una rotta sotto<br />
costa; che impegnasse, cioè, una rotta il più possibile perpendicolare alla linea di<br />
costa, e meno difendibile da parte degli assedianti. Finalmente, dopo molti tentativi,<br />
i Romani riuscirono a ostmire l'imboccatura del porto e a far arenare una<br />
delle navi che oramai impunemente si facevano ogni giomo beffe del blocco. Tale<br />
nave era una quadriremi ed era «diversa per la qual<strong>it</strong>à della costmzione navale»<br />
(xexpiipriç ... ôtacpépoDoa xfi KmaoKenfi xfjç vaujrriyiaç 47,5). Da cosa differiva<br />
la quadriremi catturata a Lilibeo? Naturalmente dalle altre navi puniche, ben note<br />
ai Romani, che, nelle varie naumachie combattute e vinte fino a quel momento,<br />
ne avevano catturate a decine. Navi che appartenevano alla generazione precedente,<br />
le uniche che fossero in quel momento note ai Romani. Questa nov<strong>it</strong>à non<br />
poteva essere altro che qualcosa legato, per così dire, alla «propulsione» delle<br />
nuove navi puniche, qualcosa che garantiva loro una maggiore veloc<strong>it</strong>à.<br />
Lucien Basch ha ipotizzato quale potesse essere questa nov<strong>it</strong>à: un nuovo sistema<br />
di voga, che metteva cinque rematori su ogni remo e garantiva una maggiore<br />
veloc<strong>it</strong>à rispetto al sistema precedente, che era caratterizzato da gmppi di voga<br />
cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da cinque rematori che operavano su due remi ravvicinati e sfalsati in<br />
altezza. Tale nuova disposizione dei rematori era resa possibile da una modificazione<br />
degli apposticci 53 , una sorta di balconate costm<strong>it</strong>e lungo le murate dell'imbarcazione,<br />
che consentivano una maggior larghezza fuori acqua, e, contemporaneamente,<br />
un restringimento della chiglia, con conseguente miglioramento delle<br />
vie d'acqua dello scafo 54 . È molto probabile che, in realtà, l'innovazione ci sia<br />
53 La dimostrazione di questa innovazione è il punto più delicato dell'ipotesi di Basch. Essa si<br />
basa sull'analisi della prora di nave rappresentata su monete emesse a Cartagine a partire da alcuni<br />
anni dopo la fine della guerra, e poi ripetutamente in età annibalica (cfr. p. es. G. B. JENKINS,<br />
R. B. LEWIS, Carthaginian Gold and Electrum Coins, London 1963, pi. 22 n° 461). Per quanto<br />
mi sia sforzato, non sono riusc<strong>it</strong>o a individuare su queste monete le innovazioni immaginate da<br />
Lucien Basch. Resta comunque valida la tesi di fondo - essere cioè le migliorie apportate alle<br />
imbarcazioni puniche legate alla propulsione e introdotte in questa fase della guerra - anche per<br />
le ragioni espresse nel testo, che integrano quelle squis<strong>it</strong>amente tecniche di Basch, ampiamente<br />
riprese nella letteratura tecnica successiva.<br />
54 Sia che l'ipotesi di BASCH, Le musée imaginaire, c<strong>it</strong>., 353-354 sia corretta o no, l'affermazione<br />
di HINARD, Histoire romaine, c<strong>it</strong>., 371, che la flotta sarebbe stata costru<strong>it</strong>a almeno in parte<br />
a Cosa, non ha alcun riscontro nelle fonti. Al contrario, l'introduzione di delicate innovazioni<br />
strutturali rende molto più verosimile l'esistenza di cantieri specializzati, accentrati sotto la guida<br />
di esperti arch<strong>it</strong>etti navali, che saranno stati necessariamente in numero esiguo, vista la nov<strong>it</strong>à delle<br />
soluzioni adottate. Mi sembra che tutto deponga a favore dei navalia sul Tevere. Sulle difficoltà<br />
legate al concepimento di nov<strong>it</strong>à costruttive è fondamentale L. BASCH, Construction privée et
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 69<br />
stata, ma fosse diversa da quella immaginata da Basch: Bonino fa rilevare che la<br />
soluzione con cinque rematori su ogni remo sarebbe stata la peggiore, dal punto<br />
di vista dinamico, con una perd<strong>it</strong>a di potenza di circa '/a rispetto al sistema di voga<br />
3 + 2. È per questo che egli preferisce pensare a un sistema 2 + 2 + 1, che, sempre<br />
tram<strong>it</strong>e una modifica sostanziale degli apposticci, avrebbe consent<strong>it</strong>o una potenza<br />
di remeggio molto maggiore 55 .<br />
Questa innovazione, importantissima, non è però sufficiente da sola a spiegare<br />
il successo inisorio con il quale i Cartaginesi riuscivano a eludere il blocco<br />
navale romano, se non integrando questa informazione con l'altra alla quale si<br />
è già accennato: grazie al punto di partenza cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dall'isola di Favignana, i<br />
Cartaginesi giungevano sul porto di Lilibeo inaspettatamente dal punto più distante<br />
dalla costa, seguendo una rotta quasi perpendicolare alla linea di costa.<br />
Non seguivano, cioè, la navigazione costiera tipica del modo di navigare antico,<br />
ma «piombavano» su Lilibeo provenendo dal largo, dopo aver atteso il vento più<br />
adatto, con le vele spiegate, riuscendosi pertanto ad incuneare nel conidoio che<br />
più difficilmente poteva essere controllato dalle navi romane appostate lungo la<br />
costa. Per far questo era necessario avere un eccellente sistema di triangolazione<br />
per calcolare la rotta di modo che essa portasse direttamente e infallibilmente<br />
all'intemo del porto. Un enore di un grado e la rotta avrebbe portato su un altro<br />
punto della costa, in bocca al lupo romano, che attendeva ai lati del porto. È questo<br />
ciò a cui allude Polibio in alcune frasi rese oscure dalla difficoltà di esprimere<br />
in modo efficace questo concetto, senza riconere a tecnicismi eccessivi:<br />
Moltissimo giovava alla sua (di Annibale Rodio) audacia il fatto che, con l'esperienza,<br />
aveva segnato accuratamente il punto di accesso al porto attraverso le secche; fatta la<br />
traversata, infatti, e apparendo in segu<strong>it</strong>o come se venisse dalla parte dell'Italia, teneva di<br />
fronte alla prua la torre posta sul mare, così da coprire tutte le torri della c<strong>it</strong>tà rivolte verso<br />
la Libia; soltanto in questo modo è possibile centrare l'imboccatura del porto, nel punto<br />
di accesso, navigando con vento favorevole 56 .<br />
construction d'état dans l'antiqu<strong>it</strong>é, in E. RlETH ed., Concevoir et construire les navires: de la<br />
trière au picoteaux, Ramonville Saint 1998, 35-36.<br />
55 BONINO, Argomenti di arch<strong>it</strong>ettura navale, c<strong>it</strong>.<br />
56 POLYB. 1,47,1-2: (iéyiaTa ôè auvEßaXXsTO Ttpoç Tf)v roXpav aùron Tò ôià TCöV Ttpoßpaxscov<br />
ëK rfiç épîtsipiaç aKptßwc asarinEiñoOat TòV sïajtXow ÚJtEpápac yàp Kaì (paivopsvoç EJISIT' av<br />
òTTO Tòv Kara rffv 'Ixakiav pspaw EXaiißavE TòV ém Tfjc OaXarrnc núpyov Kara jtpràppav oiktoç<br />
(fl0TË TOîç Ttpoç Ttyv Aißurjv TETpappsvoiç Trupyoïç tfiç Tiok&tûq ÈTcucpocjOsiv ajtaof ôt' où rpÓTiou<br />
povwç SCTî ôuvarov s^ oùpiaç TOû Kara TòV EïOTIXOW OTOparoç EùGTOXEîV. Il significato del brano<br />
è reso complicato dal fatto che Polibio, verosimilmente, non ha cap<strong>it</strong>o in tota la sua fonte. Può<br />
anche darsi che si tratti di una corruttela successiva, frutto di una maldestra interpretazione del<br />
brano. Insensata appare l'allusione alla rotta per l'Italia. Immagino debba intendersi come una rotta<br />
genericamente proveniente da nord, ma si deve tenere presente che la percezione della geografia<br />
della Sicilia presso i geografi antichi era distorta proprio dal fatto che da Lilibeo partiva la rotta
70 TOMMASO GNOLI<br />
La quadriremi catturata a Lilibeo servì da modello quando, nel 243, il Senato<br />
decise di costruire la flotta per affrontare ancora una volta, «pubblicamente», i<br />
Cartaginesi per mare. Tuttavia a Roma non si costruirono quadriremi, ma duecento<br />
quinquiremi, come afferma esplic<strong>it</strong>amente ancora una volta Polibio, «la<br />
cui costmzione condussero sul modello della nave del Rodio» (sTiotiiaavxo xfiv<br />
vaoTiriyiav Tipòc 7tapaÔ8iy|xa xfiv xoù 'Poòiou vañv 59, 8). In che senso, quindi, i<br />
Romani presero a modello delle loro quinquiremi la quadriremi del Rodio? Naturalmente,<br />
nell'unico senso possibile, cioè produssero quinquiremi che si avvalevano<br />
del nuovo sistema di voga, tram<strong>it</strong>e l'applicazione dei nuovi apposticci alle<br />
murate di imbarcazioni che, pertanto, potevano essere più strette nella chiglia,<br />
e quindi più veloci e maneggevoli, non soltanto grazie al migliorato sistema di<br />
propulsione, ma anche per un'ottimizzazione delle vie d'acqua.<br />
Naturalmente non fu un'operazione breve né semplice. Probabilmente la strana<br />
forma della quadriremi catturata avrà richiesto un qualche studio da parte degli<br />
arch<strong>it</strong>etti navali Romani, certo è che l'efficacia delle nuove soluzioni tecniche<br />
adottate a Cartagine apparve in tutta la sua terribile evidenza poco tempo dopo la<br />
cattura dell'imbarcazione del Rodio, durante la battaglia navale di Trapani, dove<br />
risulta con tutta chiarezza lo straordinario gap tecnico esistente tra le due flotte 57 .<br />
Il r<strong>it</strong>rovamento dei tre rostri dal quale ha preso origine questo lavoro ha dimostrato<br />
come sia certamente conetta la notizia, che troviamo sia in Polibio sia in<br />
Zonara, che la nave cartaginese catturata a Lilibeo sia serv<strong>it</strong>a da modello alle imbarcazioni<br />
romane. Dei tre rostri, il primo ad essere stato scoperto, è frutto di un<br />
sequestro dei Carabinieri, che lo hanno prelevato nello studio di un professionista<br />
di Trapani. Si tratta di Egadi 1, del rostro che successivamente, a segu<strong>it</strong>o di un<br />
lungo lavoro di pul<strong>it</strong>ura dalle incrostazioni sottomarine, ha rivelato l'iscrizione<br />
latina riportata all'inizio e che ho pubblicato altrove 58 . Gli altri due rostri, invece,<br />
sono stati r<strong>it</strong>rovati successivamente in s<strong>it</strong>u, sul luogo dove avvenne il grande e<br />
decisivo scontro navale. Il r<strong>it</strong>rovamento di questi ultimi è frutto della felice intuizione<br />
dell'allora Soprintendente del Mare di Palermo, Sebastiano Tusa, che è<br />
riusc<strong>it</strong>o a individuare il braccio di mare dove avvenne lo scontro, in una posizione<br />
molto diversa da quella tradizionalmente r<strong>it</strong>enuta come più probabile 59 . Degli<br />
che portava in Africa, cioè a sud. Polibio si mostra ben consapevole del corretto orientamento<br />
di Lilibeo, che guarda a occidente (1,42,1-6). Mi sembra però che il dato certo da mantenere del<br />
brano sia il fatto che Annibale aveva degli ottimi punti di riferimento elevati a terra, qui defin<strong>it</strong>i<br />
sommariamente pyrgoi, torri, che gli consentivano di calcolare con esattezza la rotta di avvicinamento<br />
alla costà provenendo dal largo. L'util<strong>it</strong>à di punti di riferimento per la triangolazione della<br />
rotta sarebbe stato molto inferiore nel caso di una navigazione sotto costa.<br />
57<br />
Cfr. il testo c<strong>it</strong>.ato supra n.49.<br />
58<br />
Cfr. supra n. 1.<br />
59<br />
Cfr. infra, il § 3, dedicato alla dinamica dello scontro.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 71<br />
altri due rostri, uno, Egadi 2, è molto danneggiato e non ha conservato alcuna<br />
delle parti che risultano iscr<strong>it</strong>te negli altri due rostri. Egadi 3, invece, ha rivelato<br />
l'esistenza di una breve iscrizione punica, contenente formule di maledizione<br />
contro i nemici. Egadi 1 e Egadi 3 sono talmente simili per forma, qual<strong>it</strong>à di<br />
costmzione, proporzioni etc. che tutti coloro che li hanno visti hanno r<strong>it</strong>enuto<br />
possibile che provenissero dalla medesima officina. Se non si fossero trovate le<br />
iscrizioni nessuno avrebbe potuto pensare di esser di fronte a rostri appartenenti<br />
alle due flotte avversarie!<br />
Non ci può essere prova più evidente dell'altissimo grado di standardizzazione<br />
raggiunto dai due contendenti - in questo caso da Roma - sempre pronti ad<br />
appropriarsi di quanto di buono era stato escog<strong>it</strong>ato dagli avversari. La straordinaria<br />
somiglianza tra i due rostri implica necessariamente una pari somiglianza<br />
delle imbarcazioni alle quali erano connessi.<br />
Dunque, possiamo essere certi che effettivamente, per annullare il vantaggio<br />
consegu<strong>it</strong>o dai Cartaginesi grazie al nuovo metodo di voga, a Roma si decise,<br />
dopo oltre cinque anni di pausa nella lotta sul mare «pubblicamente», di costruire<br />
duecento quinquiremi secondo i nuovi dettami tecnici. La nuova disposizione<br />
dei rematori richiedeva, con ogni probabil<strong>it</strong>à, una lunga fase di eserc<strong>it</strong>azione per<br />
trovare una sincronia nella voga che doveva risultare ignota non solo ai rematori,<br />
ma agli stessi navarchi romani. La notizia di Polibio delle eserc<strong>it</strong>azioni alla voga<br />
condotte a tena prima della partenza della flotta, e poi ancora, minuziosamente,<br />
alle Egadi, in attesa dello scontro, sono tutt'altro che inverosimili, con buona<br />
pace di Gaetano De Sanctis 60 .<br />
Ancora una volta, Polibio è l'unico a darci informazioni importanti al riguardo.<br />
La c<strong>it</strong>azione è molto lunga, ma tutto quanto viene detto in questo luogo è<br />
importante ai nostri fini:<br />
Allo stesso modo i Romani, combattendo disperatamente, benché avessero completamente<br />
rinunciato, ormai da quasi cinque anni, alle operazioni sul mare a causa dei rovesci<br />
sub<strong>it</strong>i e per il fatto che si erano convinti di decidere la guerra con le sole forze di terra,<br />
ora, vedendo che l'impresa non riusciva secondo i loro calcoli, e soprattutto per l'audacia<br />
del comandante cartaginese, decisero per la terza volta di riporre le loro speranze nelle<br />
forze navali, r<strong>it</strong>enendo che solo così, grazie a questa decisione, se avessero posto mano<br />
all'impresa nel modo opportuno, avrebbero potuto dare alla guerra una conclusione pos<strong>it</strong>iva.<br />
E questo, alla fine, fecero. La prima volta, infatti, si erano r<strong>it</strong>irati dal mare cedendo ai<br />
disastri dovuti alla fortuna, la seconda perché sconfìtti nella battaglia navale di Drepana,<br />
e ora facevano questo terzo tentativo, in virtù del quale, essendo riusc<strong>it</strong>i vinc<strong>it</strong>ori e avendo<br />
tagliato fuori le truppe cartaginesi all'Erice dal rifornimento per mare, posero fine a<br />
tutta la guerra. L'impresa fu, essenzialmente, una lotta per la v<strong>it</strong>a. Nell'erario, infatti, non<br />
c'erano più risorse per sostenere quanto si erano proposti: tuttavia, grazie alla generos<strong>it</strong>à<br />
Cr<strong>it</strong>iche in DE SANCTIS, SR III. 1, c<strong>it</strong>., 161.
72 TOMMASO GNOLI '<br />
verso lo stato e alla nobiltà d'animo dei primi c<strong>it</strong>tadini, si trovò ancora quanto serviva per<br />
la sua realizzazione. A seconda della prosper<strong>it</strong>à dei loro patrimoni, infatti, uno per uno,<br />
due a due o tre a tre si impegnavano a fomire una quinquiremi equipaggiata, a condizione<br />
che avrebbero recuperato la spesa, una volta che le operazioni fossero riusc<strong>it</strong>e secondo i<br />
calcoli. In tal modo, essendo state rapidamente approntate duecento navi a cinque ordini<br />
di remi, la cui costruzione condussero sul modello della nave del Rodio, in segu<strong>it</strong>o, eletto<br />
comandante Gaio Lutazio, lo fecero partire all'inizio dell'estate 61 .<br />
Della durata dell'assenza dal mare di una flotta ufficiale romana si è già detto:<br />
è verosimile che la decisione del Senato alla quale allude Polibio fosse stata presa<br />
sul finire del 243, il che porterebbe comunque a un enore di un anno da parte di<br />
Polibio, che ne calcola solo «quasi cinque». 62 L'enfasi posta da Polibio sulla decisione<br />
del Senato è molto forte: essa è introdotta da un breve riassunto delle varie<br />
fasi della guena, e Polibio ricone per ben due volte al raro termine \|/Dxo|j,ax8(û/<br />
\(/DXO|j,axía, «combattimento disperato, all'ultimo respiro» 63 .<br />
Segue ora il punto per noi centrale, nel quale Polibio utilizza termini piuttosto<br />
generici, che hanno prestato il fianco a interpretazioni contrastanti e, probabilmente,<br />
a un enore d'interpretazione di una frase, che solo l'iscrizione incisa<br />
su Egadi 1 consente di coneggere. Dal momento che nelle casse dello stato (év<br />
61 POLYB. 1,59,1-8: ôtà ràç jtoXuxpoviouç sicKpopàç Kaì ôajtavaç. opoicoç ôè 'Pcopaîoi<br />
\|A)Xopaxot)VTËÇ, KaijtEp ETTI GXEôOV fjôr| TIEVTE TCOV Kara QáXaxxav TtpaypáTcov ô^ocxspàjç<br />
àepsaTTiKOTEÇ 5iá TS ràç <strong>it</strong>spuiSTSiaç KUî ôià TO jtsusiaOai ôt' aÛTC&v TQîV TCEÇIKCDV ôuvapscov Kpivsìv<br />
TòV Jtó^spov, TòTE (juvopcûVTSÇ où TtpoxcopoCv aÙTOÎç Toùpyov KUTù TOùç ÊKXoyiapoùç Kai ¡xakiaxa<br />
ôià Tf|v xóX\iav xov TCöV Kapxîlôovicov fiyspovoç, EKpivav Tò rpírov àvTiTtonicaaoai TôV ëV raiç<br />
vaunKaîç ônva|iEaiv èhii5(ùv, ujro>.a|j,ßavovTsc ôià Tfjç èiiivoiaç Taùrriç, si Kaipicoç w\iaivxo Tfjç<br />
sjnßoXijc, |iovcoç âv OùTCOç îiépaç ÈTiiOËÎvai TCO TioXé\uiy crupcpépov. ô Kaì Té^-Oç 67:oÍT|oav. Tò psv<br />
yàp Ttpc&Tov é^Excópriaav Tfjç QákáxxT\q sKjavTsç TOîç EK rfiç TÙxnç cn)|j,7iT(üpaoiv, Tò ôè ôsUTEpov<br />
ÈXaTTraOsvTsç rfj KEçî xà Apéjiava vaupaxiof TòTE ôè rpiniv ETTOIOWTO raúcriv Xì]V E3tißoA,fiv, ôi'<br />
r^ç vucfiaavTËÇ Kaì rà jiEpì TòV "Epwca arpaTÓTTEOa TC5V Kapxnôovicov àTioKXsiaavTEç TTJç Kara<br />
Bá^aTTav xopriyiaç xëhoq ËTréôriKav TOîç O^-OIç. f|v ôè Tfjc EjnßoArjc Tò tikelov v|n)xopaxía. xopriyía<br />
pÈV yàp OÙX ÙTTfjpXE TtpÒC TTIV 3tpOÔË0lV ËV TOÎÇ KOIVOÎÇ, OÙ pflV àXÌA Ôlà Tf)V T(BV JipOËOTMTCOV<br />
àvôpôv sic rà Koivà (piA,on|úav Kaì yswaiÓTriTa TtpocsupsOri Ttpòc Tf)v cruvréX^iav. Kara yàp ràç<br />
TòV ßicov ËÙKaipiaç Ka9' ëva Kaì ôùo Kaì rpEtç úcpíaTavTO Jiapé^siv jcsvifipTi KatripTicpEvriv, sep'<br />
(S Tf|v oajtávrjv Kojuonvrai, Kara X,óyov TWV jipaynarcov TtpoxcoptiaávTcov. x& ôè TOIOùTCO xpóna<br />
raxécoç ETOipacOsvTcov ôiaKoaicov TIXOííOV 3t£VTr|piKrôv, rov ETüoníaavTO Tf|v van7CT|yíav Tipòc Tiapá-<br />
ôsiypa riiv TOû 'Pooíou vañv, psra xavxa arpaniyòv KaTacTf|oavTsç Faïov Auránov E^éjiEpvi/av<br />
àpxopévriç rfiç Ospsiaç.<br />
62 Mi sembrano accettabili le considerazioni di THIEL, A History of the Roman Sea-Power,<br />
c<strong>it</strong>., 302 n. 777, che data al 243 la deliberazione del Senato di ricostruire la flotta, così anche<br />
LAZENBY, The First Punic War, c<strong>it</strong>., 150. Questa prese il mare nella bella stagione del 242 e attese<br />
a lungo i Cartaginesi al largo di Trapani.<br />
63 Cfr. quanto viene detto da F.W. WALBANK, Polybius, Philinus, and the First Punic War,<br />
«The Classical Quarterly». 39, 1945, 6-9 circa la trattazione «tragica» degli eventi nel primo libro<br />
delle Storie di Polibio.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 73<br />
xoîç Kotvotç) non c'erano le risorse necessarie ai propos<strong>it</strong>i, si decise di procedere<br />
ad un prest<strong>it</strong>o tra i c<strong>it</strong>tadini più eminenti, fidando sulla loro generos<strong>it</strong>à verso lo<br />
stato (olà xfiv eiç xà KOIVò qnA,oxi|j,iav). Costoro, consorziandosi, se necessario,<br />
a gmppi di due o tre, in base ai loro patrimoni (Kaxà xàç xôv ßicov eÙKaipiaç),<br />
armarono le quinquiremi, a patto di recuperare la spesa. A questo punto l'ed<strong>it</strong>ore<br />
di Polibio, Büttner-Wobst, mi sembra che interpreti il testo ponendo una virgola<br />
dopo KO[j,toñvxai, considerando quindi il successivo Kaxà ^óyov come rifer<strong>it</strong>o a<br />
ciò che segue, cioè alle vicende che si sarebbero concluse. Si tratterebbe, quindi,<br />
di una variante rispetto al di poco precedente Kaxà xoùç SK^oyicpoúc. Non credo<br />
che, alla luce dell'iscrizione Egadi 1, questa interpretazione sia conetta.<br />
Dalla nostra iscrizione, infatti, risulta che il Senato, per reperire le risorse<br />
necessarie all'allestimento della flotta tram<strong>it</strong>e il prest<strong>it</strong>o rifer<strong>it</strong>o da Polibio, procedette<br />
alla nomina di una commissione di sei membri, che presero l'incarico<br />
con il nome di sex viri. Ne conosciamo due, C. Sestio, figlio di Publio, e Quinto<br />
Salonio, figlio di Quinto. Costoro non possono essere due degli «uomini eminenti»<br />
che, consorziandosi in piccoli gmppi, provvidero ad allestire le navi, dei quali<br />
parla Polibio. Il comp<strong>it</strong>o svolto dai due seviri, infatti, è rifer<strong>it</strong>o esplic<strong>it</strong>amente<br />
al rostro, enbolum probavere 64 . Non solo, ma la posizione stessa dell'iscrizione,<br />
molto piccola - le lettere sono alte appena un centimetro - e posta in avanti<br />
rispetto allo scafo, sotto il pelo dell'acqua, non poteva avere valore commemorativo<br />
sulla total<strong>it</strong>à dell'imbarcazione, ma solamente il valore di un punzone,<br />
volto a garantire la bontà della lega di bronzo utilizzata per la fusione del pezzo,<br />
non diversamente da quanto accade per un punzone di gioielleria. L'esistenza di<br />
tale punzone presuppone l'esistenza di un registro sul quale venivano annotate<br />
le spese, le quant<strong>it</strong>à di materiale, i «donatori» di tali materiali, tanto più che si<br />
era promessa la rest<strong>it</strong>uzione di quanto prestato. Comp<strong>it</strong>o del collegio dei seviri<br />
sarà stato appunto quello di registrare tutto ciò e di garantire con la loro «firma»<br />
il conetto uso delle risorse. Si ricordi, in propos<strong>it</strong>o, che il bronzo veniva normalmente<br />
monetato, e che pertanto la garanzia apposta su questo materiale era una<br />
questione particolarmente delicata.<br />
Il Senato procedette quindi alla creazione di una commissione di sei uomini<br />
per gestire il prest<strong>it</strong>o, che Thiel si avventura a calcolare in tre milioni di denarii 65 .<br />
Circa due anni dopo avrebbe proceduto a creare un'altra commissione, questa<br />
volta composta da dieci uomini, sulla quale siamo un po' meglio informati 66 .<br />
64 Benché sul rostro rimanga solamente enfbolum] \ probavfere, ho mostrato su «Epigraphica»<br />
come mai questa integrazione debba considerasi certa.<br />
65 THIEL, A History of Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 304 n. 783.<br />
66 Si tratta, ovviamente, dei dieci legati inviati dal Senato dopo che i comizi avevano respinto<br />
la pace conclusa da Lutazio Catulo, in segu<strong>it</strong>o alla v<strong>it</strong>toria delle Egadi, nel 241 (POLYB. 1,63,6).
74 TOMMASO GNOLI<br />
Purtroppo s'ignora il rango di questi sedici senatori. A rigore, sarebbe anche possibile<br />
ipotizzare che i seviri del rostro Egadi 1 non fossero senatori, ma mi sembra<br />
ipotesi poco probabile. I gentilizi, Sestio e Salonio, dei due ignoti personaggi,<br />
sono antichi, e attestati a Roma già da molto tempo, ma non sono certo portati<br />
da personaggi di spicco nelle vicende pol<strong>it</strong>iche dell'epoca, l'ultimo Sestio di una<br />
qualche importanza essendo stato L. Sestio Laterano, cos. 366.<br />
Polibio sembra r<strong>it</strong>enere che il prest<strong>it</strong>o fosse volontario, visto il richiamo alla<br />
«generos<strong>it</strong>à verso lo stato» già ricordato. Fu certamente questa forte espressione<br />
polibiana a sollec<strong>it</strong>are una bella pagina di Theodor Mommsen, con il quale polemizzò,<br />
tra gli altri, Gaetano De Sanctis:<br />
Diese Tatsache, daß eine Anzahl Bürger im dreiundzwanzigsten Jahre eines schweren<br />
Krieges zweihundert Linienschiffe m<strong>it</strong> einer Bemannung von 60000 Matrosen freiwillig<br />
dem Staate darboten, steht vielleicht ohne Beispiel da in den Annalen der Geschichte 67 .<br />
Sulla natura del prest<strong>it</strong>o, quindi, l'iscrizione non ci illumina, ma ci conferma<br />
in modo evidente e palese quanto riportato da Polibio: cioè che si trattava non di<br />
una donazione ma di un prest<strong>it</strong>o, e che quanto offerto alla patria sul finire del 243<br />
sarebbe stato rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o alla conclusione del confl<strong>it</strong>to. A questo punto l'espressione<br />
polibiana, che l'ed<strong>it</strong>ore di Polibio, Büttner-Wobst, aveva inteso èty cb xqv<br />
ôaTtdvqv KO|rtoñvxai, Kaxà À,óyov xròv Tcpayiiàxcov îipoxœpqaàvxcov, diventerebbe<br />
molto più perspicua, informativa e meno ridondante letta è(|)' (p xqv ôaiiavqv<br />
KO|iiot)vxat Kaxà A,óyov, xcov Tipayiráxcov npoxopqoávxaiv, con il Kaxà Xóyov rifer<strong>it</strong>o<br />
a quanto precede, e non al gen<strong>it</strong>ivo assoluto conclusivo. Cosa significherebbe<br />
infatti in questo contesto «compiute le imprese secondo i piani»? Polibio non ha<br />
parlato precedentemente di piani, se non, in modo molto generico, dell'intenzione<br />
da parte di Roma di riconquistare l'egemonia mar<strong>it</strong>tima per pone fine alla<br />
guena. In questo caso, allora, l'espressione sarebbe stata analoga a un «secondo<br />
gli auspici» o simili, il che è una forzatura del significato. Rifer<strong>it</strong>o invece a quanto<br />
precede l'espressione indica una rest<strong>it</strong>uzione delle sostanze «in proporzione»<br />
a quanto prestato, che è frase molto meno banale. Una simile lettura del passo<br />
67 TH. MOMMSEN, Römische Geschichte I, Berlin 1856 2 , 507. Curiosamente i modemi hanno<br />
spesso implic<strong>it</strong>amente messo in dubbio la notizia di Polibio, senza alcuna spiegazione, oltre De<br />
Sanctis, parlano di prest<strong>it</strong>o forzoso Y. LE BOHEC, Histoire mil<strong>it</strong>aire des guerres puniques, Monaco<br />
1996, 100. H.H. SCULLARD, Carthage and Rome, in CAH 2 VII. 2, Cambridge 1989, 564<br />
si mostra dubbioso circa la generos<strong>it</strong>à dei ricchi Romani; G. DRIZZI, Storia di Roma, Bologna<br />
1997, 158 e F. HINARD, Histoire romaine, 1. Des origines à Auguste, Paris 2000, 371 non si<br />
esprimono al riguardo. Correttamente LAZENBY, The First Punic War, c<strong>it</strong>., 150 difende il testo<br />
di Polibio e afferma che non esiste prova alcuna che il deb<strong>it</strong>o venisse ripagato con gli interessi<br />
(ma cfr. quanto si dice infra).
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 75<br />
polibiano, infine, consentirebbe di rispondere alla domanda posta da molti dei<br />
commentatori modemi: il prest<strong>it</strong>o sarebbe stato rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o con gli interessi? La<br />
risposta sarebbe certamente pos<strong>it</strong>iva: il Kaxà Xóyov infatti indicherebbe non la<br />
rest<strong>it</strong>uzione di una certa somma fissa, pari a quanto versato, ma una somma da<br />
versare «in proporzione». Tale proporzione non poteva essere altro che il frutto<br />
dei due fattori: il cap<strong>it</strong>ale anticipato e il tempo per il quale era stato prestato, che<br />
non poteva certo essere determinato in anticipo 68 .<br />
Il prest<strong>it</strong>o del 243, pertanto, fu un prest<strong>it</strong>o che venne richiesto dal Senato<br />
di Roma ai più ricchi tra i c<strong>it</strong>tadini. Non possiamo essere certi su questo punto,<br />
ma è possibile che tale prest<strong>it</strong>o fosse su base volontaria, dal momento che la<br />
rest<strong>it</strong>uzione prevedeva il pagamento da parte dello stato anche degli interessi.<br />
Non è possibile conoscere il tasso di questi interessi, ma sta di fatto che non ci<br />
furono particolari difficoltà ad armare duecento quinquiremi costm<strong>it</strong>e secondo<br />
i più modemi ed evoluti cr<strong>it</strong>eri di arch<strong>it</strong>ettura navale. Per la registrazione delle<br />
somme prestate, per il calcolo degli interessi sulla base dei tassi predisposti, per la<br />
garanzia del conetto utilizzo delle risorse e per il collaudo delle armi che vennero<br />
costm<strong>it</strong>e si procedette alla creazione di un'appos<strong>it</strong>a commissione di sei uomini.<br />
3. La battaglia<br />
Dopo una lunga fase in cui la guena sembrava oramai risolversi rapidamente<br />
a favore di Roma, due momenti estremamente negativi per l'Urbe misero nuovamente<br />
in equilibrio i destini del confl<strong>it</strong>to. La lunga serie di v<strong>it</strong>torie romane che<br />
aveva caratterizzato lo svolgimento della guena sul suolo e sulle acque di Sicilia<br />
sembrava oramai quasi del tutto vanificata dai disastri navali del 249: la sconf<strong>it</strong>ta<br />
sub<strong>it</strong>a dal console P Claudio Pulcro al largo di Trapani, e il naufragio della flotta<br />
dell'altro console, L. Giunio Pullo, nei pressi di Camarina. A partire dal 249<br />
Roma non ha più la supremazia navale, mentre Cartagine non sfrutta il momento<br />
favorevole, perché duramente impegnata in patria contro le popolazioni indigene.<br />
Le vicende avvenute al largo di Lilibeo e di Trapani avevano impietosamente<br />
mostrato il vantaggio tecnico che gli arch<strong>it</strong>etti navali Cartaginesi erano riusc<strong>it</strong>i<br />
a conseguire sui loro colleghi Romani. Come conseguenza di questo gap, lo si è<br />
visto, a Roma viene presa la decisione di r<strong>it</strong>irarsi dal mare, affidandosi alle teme-<br />
68 THIEL, A History of the Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 303 ipotizza la rest<strong>it</strong>uzione degli interessi,<br />
cfr. anche N. BAGNALE, The Punic Wars, Rome, Carthage and the Struggle for the Med<strong>it</strong>erranean,<br />
Pimlicol999, 95. Ev<strong>it</strong>a di prendere posizione sul punto H. H. SCULLARD, Carthage and Rome, in<br />
CAH 1 VII. 2, Cambridge 1989, 564.
76<br />
TOMMASO GNOLI<br />
rarie imprese di corsari che agivano per proprio conto, mentre nel frattempo ci si<br />
concentra nella guena di tena in Sicilia.<br />
Qui, però, le cose non andavano bene per Roma: Amilcare aveva occupato<br />
una posizione molto forte tra Palermo e Trapani, donde, grazie al completo dominio<br />
dei mari ottenuto nel 249, poteva minacciare impunemente le coste <strong>it</strong>aliane,<br />
ed essere rifom<strong>it</strong>o dalla madrepatria in tutta sicurezza. Fu molto probabilmente<br />
per dare un po' di respiro alle guamigioni puniche chiuse in Lilibeo e a Trapani<br />
oramai da diversi anni che egli decise, nel 247/6, di spostare la sua base di operazioni<br />
in una local<strong>it</strong>à molto più vicina a quest'ultimo importante porto. Con<br />
un'operazione a sorpresa della quale s'ignora tutto egli s'impossessò di quella<br />
che Polibio chiama la nóXiq 'EpuKÍvcov, «la c<strong>it</strong>tà degli Ericini», l'attuale Valderice.<br />
L'identificazione di questa local<strong>it</strong>à è certa. Riferendo infatti delle iniziative<br />
prese dal console Lucio Giunio Pullo dopo il naufragio del 249, Polibio spiega:<br />
L'Erice è un monte presso il mare di Sicilia, sulla costa s<strong>it</strong>a dalla parte dell'Italia, tra<br />
Drepana e Panormo, più vicino e anzi confinante con Drepana, in altezza di gran lunga<br />
superiore agli altri monti della Sicilia, eccetto l'Etna. Proprio sulla sua somm<strong>it</strong>à, che è<br />
piana, si trova il santuario di Afrod<strong>it</strong>e Ericina, che è, a giudizio di tutti, il più insigne dei<br />
santuari della Sicilia per la ricchezza e per la magnificenza sotto tutti gli altri punti di<br />
vista. Avendo, dunque, stanziato una guamigione sulla somm<strong>it</strong>à del monte, e allo stesso<br />
modo una anche sull'accesso dalla parte di Drepana, sorvegliava con grande attenzione<br />
entrambi i luoghi, e in particolare quello della sal<strong>it</strong>a, convinto che così avrebbe tenuto<br />
sotto controllo senza problemi sia la c<strong>it</strong>tà, sia la montagna nel suo insieme 69 .<br />
L'accesso dalla parte di Trapani è la zona dell'attuale Ospedale civile di Trapani/Erice,<br />
nel quartiere di Casa Santa. È il lato della montagna dal quale si inerpicano<br />
la Strada Statale 187 e la funivia: il lato di sud-ovest, quello che guarda<br />
verso Trapani. Giunio Pullo divise la sua guamigione tra lì e la somm<strong>it</strong>à del<br />
monte, tra la zona dell'Ospedale civile e il centro storico di Erice.<br />
Descrivendo la nuova posizione che Amilcare andò ad occupare dopo il 245<br />
Polibio dice:<br />
Amilcare, infatti, mentre i Romani sorvegliavano l'Erice sia sulla somm<strong>it</strong>à sia alla<br />
base, come abbiamo detto, occupò la c<strong>it</strong>tà degli Ericini, che si trovava tra la somm<strong>it</strong>à e gli<br />
uomini accampati alla base del monte. Ne conseguiva che quei Romani che occupavano<br />
69 POLYB. 1,55,7-9: ó ô' "EpuÇ ëOTI \ièv opoç Ttapà QáXaxxav rfiç ZuceXiaq èv xf\ napà xf\v<br />
Ixakiav KEipévri iiXeupà pETa^ù Apsiiávaiv Kaì Havoppou, pàXlov ô' öpopov Kai cruvajrtov npoç<br />
xà Apénava, psyÉOEt ôè Ttapà jioW) ôtacpépov TCOV Kara Tf|V SIKEWOV opœv KXr\v xr\q AÏTvrjç.<br />
TOúTOU ô' ëTI' aÙTfjç pÈv Tfjç Kopuipfjç, ofiariç ËJiiTtÉôou, KsÎTai Tò rfiç AcppoôÎTriç rfiç 'EpuKÎvriç<br />
íspóv, öjisp opoA,oyoupév(Dç síiupavéaTaTÓv ëOTI X& TE TZXOòXCù Kaì rfl ^.ouifl TcpocTaaia TCöV<br />
Kara riiv XiKsXiav ispcöv f) ôè nóXiq im' aùriìv riyv Kopucpfiv TÉraKTai, Ttávu paKpàv Ëxouaa Kai<br />
jipoaávTr) roxvTaxóOEV rifv avaßaaiv.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 77<br />
la somm<strong>it</strong>à sopportassero rischiosamente e affrontassero il pericolo di venire assediati, e<br />
che invece, incredibilmente, i Cartaginesi resistessero, benché i nemici sopraggiungessero<br />
da tutte le parti e i rifornimenti non fossero facilmente trasportati fino a loro, dato che<br />
erano collegati al mare in un solo punto e attraverso un unico accesso.<br />
La topografia del luogo non ammette incertezze. I Cartaginesi bloccarono i<br />
Romani inserendosi in una local<strong>it</strong>à intermedia tra il quartiere di Casa Santa e la<br />
somm<strong>it</strong>à del monte di Erice. Questa local<strong>it</strong>à deve essere individuata in base ai<br />
seguenti requis<strong>it</strong>i:<br />
1. Una dimensione accettabile, giacché l'eserc<strong>it</strong>o di Amilcare assommava a<br />
circa 10.000 uomini<br />
2. Rifornimento idrico<br />
3. Una posizione atta a bloccare quanto meno uno degli accessi alla somm<strong>it</strong>à<br />
del monte, in modo da far sentire «assediati» i difensori del santuario<br />
4. Essere ad un'altezza intermedia tra la base del monte e la sua somm<strong>it</strong>à<br />
5. Avere un accesso al mare difendibile soprattutto dal lato di Trapani, dove<br />
era accampato il grosso dell'eserc<strong>it</strong>o Romano.<br />
Questa local<strong>it</strong>à non può essere, appunto, che nei pressi dell'attuale comune di<br />
Valderice. Da lì era possibile accedere al mare nei pressi di Tonnara di Bonagia,<br />
un luogo che presenta una discreta possibil<strong>it</strong>à di approdo. Numerose indagini<br />
archeologiche tese a individuare i resti delle fortificazioni puniche e romane sulle<br />
pendici del Monte Erice hanno oramai individuato con sufficiente certezza nel<br />
s<strong>it</strong>o di case Cosenza - San Matteo, immediatamente sopra l'approdo della Tonnara<br />
vecchia di Bonagia 71 , il campo principale cartaginese, mentre il promontorio<br />
dell'Eg<strong>it</strong>allo, nominato da Polibio e da Diodoro, principale base di operazione<br />
dei Romani, è da riconoscersi sull'altro versante del monte, verso Trapani, esattamente<br />
nel s<strong>it</strong>o della Fortezza del Calderaro e del Pizzo Argenteria 72 .<br />
L'accesso alla local<strong>it</strong>à di Tonnara di Bonagia è reso facilmente difendibile<br />
70 POLYB. 1,58,2-3: ó yàp Apöxac, TCöV Tcopalcöv TòV TîpuKa TtipoúvTcov ETIí TE Tfjc Kopixpfjç<br />
Kaì Ttapà riiv piÇav, KaSáTCEp sìnopEV, KaTsXaßsTO riiv TIóX-IV TCöV 'EpuKÍvcov, TîTIç fjv pEra^ù rfiç<br />
TS Kopucpfiç Kai TCOV îtpoç Tfï px(,x\ oTpaTOTisôsuoavTfflv. ÈÇ on crwsßaivE iiapaßoX.coc pÈv wiopsvEiv<br />
Kaì ÔiaKlVÔUVEUElV TloA-lOpKOUpEVOUC TOÙÇ TTIV KOpUÇTlV KOTÈXOVTaÇ TCOV 'PcûpaÎWV, ÙTlÎaTCOÇ ÔÈ TOÙÇ<br />
Kapxnôovionç úVTéXEIV, TCOV TE TtoXspicov navTaxoÖEV TipoaKEipÉvcov Kai TCöV xopriyicöv où paôiaiç<br />
aÙTOÎç TiapaKopiÇopÉvcov, àç àv rfiç OaMrTriç Ka6' ëva TóHOV Kaì píav npocroôov àvTSxopévoic.<br />
71 L'identificazione dell'approdo di Amilcare con la Tonnara di Bonagia è già data per certa da<br />
DE SANCTIS, SR III, I, c<strong>it</strong>., 179, per il resto un po' sommario su questa precisa fase della guerra.<br />
72 Per le indagini archeologiche sul Monte Erice cfr. l'ampia sintesi in A. FILIPPI, Le fortificazioni<br />
mil<strong>it</strong>ari sul monte Erice durante la prima guerra punica, in S. TUSA ed., // mare delle<br />
Egadi, c<strong>it</strong>., 83-94, con discussione di tutta la bibliografia precedente. L'accampamento cartaginese<br />
a case Cosenza - San Matteo è da considerarsi certo: da lì proviene una moneta cartaginese del<br />
tipo d. testa di Ninfa, r. cavallino, rinvenuta nel 1927 e attualmente al Museo Pepoli di Trapani<br />
(inv. n. 5558).
78<br />
TOMMASO GNOLI<br />
dal lato di Trapani dalla mole scoscesa della montagna di Erice, che in local<strong>it</strong>à<br />
Crocefissello si protende quasi a picco sul mare. Una piccola guamigione Cartaginese<br />
ben disposta poteva agevolmente bloccare eventuali tentativi di attacco<br />
provenienti dal grosso dell'eserc<strong>it</strong>o romano accampato presso Casa Santa. Quanto<br />
precede non è una ricerca emd<strong>it</strong>a fine a se stessa. Walbank, il massimo commentatore<br />
di Polibio, pensava che i Cartaginesi avessero bloccato Erice sul lato<br />
di Trapani, nei pressi dell'attuale quartiere di San Giuliano 73 .<br />
Se così fosse, il luogo di accampamento dei Cartaginesi - così come il già<br />
c<strong>it</strong>ato unico punto di approdo che consenti loro di tenere la posizione per due anni<br />
- sarebbe da ricercare a ovest del monte Erice, mentre secondo la ricostmzione<br />
sopra esposta, il punto di approdo dei Cartaginesi dovrebbe essere cercato a est<br />
della montagna, nei pressi di Tonnara di Bonagia.<br />
La conetta individuazione dell'obiettivo della flotta cartaginese comandata<br />
da Annone (il lato nord-est del monte Erice, e non quello meridionale, verso Trapani)<br />
che doveva portare i sospirati rinforzi all'eserc<strong>it</strong>o di Amilcare, è importante<br />
per tentare di ricostruire la dinamica dello scontro navale che decise la guena. Si<br />
conosce, infatti, il punto di partenza della flotta cartaginese: l'isola di Marettimo<br />
(l'isola «Sacra» di Polibio) 74 , ma si ignorava con sicurezza il punto di approdo<br />
previsto della flotta di Annone. Come scrisse Sebastiano Tusa:<br />
L'evanescenza del possibile teatro delle operazioni era ancora più difficile da identificare<br />
poiché gli studi e le fonti da cui essi scaturivano erano vaghi circa la localizzazione<br />
della meta dei cartaginesi, indicata genericamente in Drepanum, mentre era certo che il<br />
s<strong>it</strong>o fortificato dai Punici fosse il monte Erice. Non era chiaro se l'approdo prescelto fosse<br />
nell'attuale area portuale di Trapani o in un imprecisato punto della costa settentrionale<br />
che va dal capoluogo trapanese verso Nord 75 .<br />
Se si deve intendere, come mi sembra certo, che la meta di Annone fosse<br />
l'area della Tonnara di Bonagia, sub<strong>it</strong>o a nord-ovest del monte Erice, allora risulterà<br />
evidente che la rotta più verosimile segu<strong>it</strong>a dalla flotta cartaginese sarà passata<br />
a nord di Levanzo e non tra quest'isola e la prospiciente Favignana, dove la<br />
tradizione locale era sol<strong>it</strong>a collocare lo scontro navale. Secondo i pescatori di Favignana,<br />
infatti, la splendida baia collocata all'estrem<strong>it</strong>à nord-orientale dell'isola<br />
di Favignana, Cala Rossa, dovrebbe il suo nome al sangue dei Cartaginesi che<br />
73 WALBANK, A Historical Commentary on Polybius; vol. 1: Commentary on Books I-VI, c<strong>it</strong>.<br />
74 A. CORRETTI, Marettimo (isola), «Bibliografia topografica della colonizzazione greca in<br />
Italia e nelle isole tirrenich». IX, 1991, 357-359.<br />
75 S. TUSA, Sintesi storico-archeologica e potenzial<strong>it</strong>à della ricerca, in S. TUSA ed., // mare<br />
delle Egadi, c<strong>it</strong>., 64.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 79<br />
l'avrebbero colorata in quel fatidico 10 marzo 241 76 . Una simile evenienza potrebbe<br />
essersi verificata solamente ipotizzando una rotta Marettimo - Trapani che<br />
passasse in mezzo alle isole di Favignana e Levanzo. Tale rotta sarebbe di gran<br />
lunga la più breve, se l'obiettivo dei Cartaginesi fosse stato il porto di Trapani, ma<br />
avrebbe esposto la flotta punica a gravissimi pericoli, dal momento che i Romani<br />
controllavano l'isola di Favignana.<br />
Oggi sappiamo che la flotta di Lutazio Catulo ha atteso Annone al riparo<br />
dell'isola di Levanzo, protetta dall'alta e ripida scogliera che si protende verso<br />
Capo Grosso, l'estrem<strong>it</strong>à settentrionale dell'isola, e che lo scontro avvenne a circa<br />
8 km (4,3 miglia marine) a N-NW di Capo Grosso. I rostri e l'elmo testimoniano<br />
il luogo dello scontro, mentre una grande quant<strong>it</strong>à di ancore in piombo sono<br />
state rinvenute negli anni passati dai pescatori lungo la costa orientale dell'isola<br />
di Levanzo, lungo l'impraticabile scogliera orientale di Capo Grosso 77 .<br />
Tale ricostmzione, oltre che comprovata dai r<strong>it</strong>rovamenti, è perfettamente<br />
congmente con il racconto di Polibio:<br />
[Annone], salpato e sbarcato all'isola chiamata Sacra, faceva di tutto per portarsi<br />
all'Elice senza che i nemici se ne accorgessero, per sbarcare i rifomimenti, alleggerire le<br />
navi e cosi, una volta presi con sé come soldati di marina quei mercenari che risultavano<br />
idonei e con loro Barca, scontrarsi con i nemici 78 .<br />
A cosa può riferirsi l'espressione XaGròv ôtaKO^iaOfjvat «venir trasportato di<br />
nascosto», se non a una rotta la più lontana possibile da Favignana? Una flotta<br />
cartaginese come avrebbe potuto passare «di nascosto» tra Favignana e Levanzo?<br />
Prosegue Polibio:<br />
Lutazio, che seppe dell'arrivo di Annone e dei suoi e intuì il loro progetto, prese<br />
76 La data è rifer<strong>it</strong>a da EUTROPIO 2,27,2 e ha un che di convenzionale. Vi sono in realtà non<br />
pochi problemi connessi sia alla data in sé, sia alla rispondenza tra i calendari. Vi è comunque<br />
generale accordo tra gli studiosi a mantenere una data molto alta rispetto alla data di inizio della<br />
navigazione mercantile nel Med<strong>it</strong>erraneo, che - com'è noto - veniva interrotta nei mesi invernali.<br />
È pertanto possibile continuare a utilizzare l'unica data che la tradizione antica ha riportato per<br />
l'evento, cioè appunto il 10 marzo.<br />
77 IBID., 63: «Chi va alle Egadi e si ferma a parlare con pescatori e con subacquei locali,<br />
dopo aver vinto un'iniziale diffidenza, ascolterà una storia che è ormai leggenda. Sentirà parlare<br />
del rinvenimento di centinaia di ancore in piombo nei pressi dell'orlata continentale di Levanzo,<br />
nel tratto di mare compreso tra punta Altarella e Capo Grosso, purtroppo allora decontestualizzate<br />
e fuse per ricavarne piombo da reti».<br />
78 POLYB. 1,60,3: ôç àvaxOsìc KUì Karàpaç ÈTtì TIìV 'Ispàv Katarupsvriv vfjaov EöTIEUOE TOùç<br />
Tio^Epionç XaOròv ôiaKopiaOfivai Tipòc TòV "Epwca Kaì ràç pÈv àyopàç àTioOÉaOai Kaì Kotxpioai<br />
ràç vaûç, TipooXaßcöv ô' STiißarac èK TCöV piaOocpopcov TOùç ëHITTIôEîOUç Kai BápKav PET' aÙTwv,<br />
OùTCOç auppicrysiv TOîç ÙTisvavriotc.
80 TOMMASO GNOLI '<br />
con sé dall'eserc<strong>it</strong>o di terra gli uomini migliori e navigò verso l'isola di Egussa, s<strong>it</strong>uata<br />
davanti a Lilibeo 79 .<br />
L'espressione di Polibio, l'unica fonte che nomini un qualche particolare geografico<br />
rifer<strong>it</strong>o allo scontro, è stata r<strong>it</strong>enuta inequivoca fin da De Sanctis 80 . Ha<br />
tuttavia ragione Gulletta ad affermare che «l'identificazione dell'Aigussa polibiana<br />
con l'attuale Favignana.... è oggi molto meno scontata di quanto la letteratura<br />
storica sulle guene puniche abbia mai lasciato intendere». Secondo la studiosa,<br />
infatti<br />
se la «Aigussa di fronte a Lilibeo» fosse da intendersi la «Aigussa quella che è davanti<br />
a Lilibeo», l'esigenza di un tale chiarimento topografico, da parte della fonte di Polibio,<br />
non si spiegherebbe se non con la necess<strong>it</strong>à di indicare non la più grande e la più nota delle<br />
isole, quella che dà il nome all'arcipelago (Favignana), bensì la sua gemella, l'Aigussa<br />
più piccola, la Phorbantia di Tolomeo, quella Levanzo legata all'antico ricordo di mari<br />
tempestosi lungo le rotte rodie e fenicie verso il Tirreno 81 .<br />
È senz'altro possibile intendere l'espressione polibiana come una precisazione<br />
topografica, una determinazione per designare con precisione una delle isole<br />
dell'arcipelago, che, come sappiamo da Silio Italico (6,684-5), era noto anche col<br />
nome di Aegates geminae. Resta il fatto che questa spiegazione va proprio in senso<br />
contrario a quello che Gulletta vuol dimostrare - trattarsi qui di Levanzo anziché<br />
di Favignana. Navigare Jipòc Tf|V AlyoÙGGav vfjoov ifiv Tipo TOù AiXußaion<br />
Ketp-évq (cioè a differenza dell'altra Aigussa, che non giace innanzi a Lilibeo, a<br />
sud) indicherebbe il fatto che la flotta romana si recò nella più meridionale delle<br />
isole Egadi, quella posta sulla rotta per Lilibeo/Marsala, quindi nell'isola di Favignana<br />
82 . Se Gulletta, come credo, ha ragione nelle sue conclusioni - trattarsi<br />
quindi di Levanzo e non di Favignana ~, si deve invece intendere il participio sì in<br />
79<br />
POLYB. 1,60,4: ôè Ammioç CTUVEîç riiv Tiapouoiav TCOV Tispì TòV Äwcova Kaì ouÀXoyioapevoç<br />
riiv ÈTiivoiav aÙTCov, avaXaßov ùTIò TOù TIëÇOù arpaTsúparoc TOùç àpioTouç âvôpaç ETiXsuas Ttpòc<br />
riiv Aiyoùoaav vpoov TTIV Tipo TOù AtXußaiou KEipÉvriv.<br />
80<br />
DE SANCTIS, SR III, I, c<strong>it</strong>., 183 n. 93: «Di Egussa parla qui il solo Polibio: sulla identificazione<br />
con Favignana, essendo Tipo TOù A<strong>it</strong>oßatou KstpÉvri, non corre dubbio», segue DE SANCTIS<br />
CORRETTI, Favignana (isola), c<strong>it</strong>.<br />
81<br />
GULLETTA, Navi romane fra gli Specola Lilyb<strong>it</strong>ana e le Aegades Geminae?, in TUSA ed.,<br />
// mare delle Egadi, c<strong>it</strong>., 73- 74.<br />
82<br />
A meno, naturalmente, di non voler intendere che dietro il toponimo 'Lilibeo' potesse celarsi<br />
il nome punico di Erice, secondo un'ipotesi autorevole (G. NENCI, Pentatlo ed i capi Lilibeo<br />
e Pachino in Pausania, «Annali della Scuola Normale di Pisa» s. III, 18, 1988, 317-323 ), ma<br />
estremamente improbabile per quanto riguarda questo specifico passo: non risulta che Polibio abbia<br />
mai confuso altrove Erice e Lilibeo; poche righe prima egli si esprime anzi molto chiaramente circa<br />
le intenzioni di Annone, il quale EOTIEUôE TOùç TioXspiouç AxxÖcöv ôiaKoptaOfivai Tipòc TòV "Epwca.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 81<br />
posizione attributiva, ma dando al singolare xfiv Aiyoñoaav vfjoov un valore più<br />
generale di 'arcipelago delle Egadi'. In questo caso la determinazione 'davanti<br />
a Lilibeo' sarebbe da intendersi molto banalmente come una semplice designazione<br />
geografica per illustrare la posizione di tutto l'arcipelago, e non di una sua<br />
isola specifica, ad un pubblico di lettori vasto e ignaro dei luoghi 83 .<br />
Resta da spiegare come mai i Cartaginesi siano caduti nell'imboscata tesa<br />
loro da Lutazio. Il modus operandi di Annone era quello consueto già utilizzato<br />
per rifomire la guamigione di Lilibeo, che, come ora Amilcare all'Elice,<br />
subiva il blocco navale romano 84 . Questa volta, però, Roma fece tesoro delle<br />
precedenti esperienze: Lutazio non si accontentò di effettuare il blocco dei due<br />
approdi. Trapani e la Tonnara Bonagia, perché era chiaro che il controllo di Favignana<br />
e delle Egadi avrebbe reso tale blocco inefficace, come era avvenuto<br />
per Lilibeo, o comunque molto difficile. Certo, Lutazio poteva ora contare su<br />
una flotta cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da navi veloci, uguali, in quanto a remeggio, alle «nuove»<br />
imbarcazioni puniche sperimentate alcuni anni prima a Lilibeo e a Trapani, ma<br />
occoneva comunque qualcosa che desse alla flotta romana un vantaggio tattico<br />
decisivo. Da qui l'occupazione di Favignana, che era stata la base d'appoggio<br />
indispensabile per Annibale Rodio. Perché la forzatura del blocco potesse aver<br />
successo, infatti, era necessario che le navi puniche attendessero al largo il vento<br />
propizio indispensabile per dar loro quella veloc<strong>it</strong>à di navigazione che i soli remi<br />
non potevano garantire loro. Polibio in due luoghi insiste esplic<strong>it</strong>amente su questo<br />
punto cap<strong>it</strong>ale 85 . L'attesa doveva avvenire in un posto abbastanza vicino alla<br />
costa, perché una navigazione troppo lunga, iniziata con venti favorevoli, poteva<br />
non finire allo stesso modo.<br />
I Cartaginesi non potevano ignorare che Favignana, e la vicina e importuosa<br />
Levanzo, non erano più a loro disposizione per tentare l'impresa di forzare il<br />
blocco navale romano nuovamente cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>osi dopo l'anivo della flotta di Lutazio<br />
Catulo da Roma. Questo costrinse l'ammiraglio cartaginese Annone a scegliere<br />
l'unica base di partenza possibile per tentare un'impresa che si rivelava<br />
più difficile del precedente sblocco di Lilibeo: Marettimo, la più lontana delle<br />
isole dell'arcipelago (60,3). Le navi cartaginesi approdarono lì, e in quella piccola<br />
isola lontana attesero le condizioni meteorologiche necessarie all'impresa.<br />
83 Non credo sia indicativo il fatto che a 1,44,2 Polibio utilizzi il plurale (KaOopptcQslç èv<br />
raîç KaXoupEvaic Alyoùcoatç) per designare l'arcipelago in un'espressione quasi del tutto analoga<br />
a quella qui evidenziata. Mi sembra che questa difficoltà sia molto inferiore alle aporie che<br />
emergono dalla spiegazione di Gulletta (a meno di non intendere che la fonte di Polibio desse<br />
delle indicazioni geografiche errate sulla dinamica dello scontro).<br />
84 Cf. supra, § 2.<br />
85 POLYB. 1,44,2-3 in riferimento a Lilibeo (forzatura del blocco da parte di Annibale, figlio<br />
di Amilcare); 46,6 (forzatura del blocco da parte di Annibale Rodio).
82 TOMMASO GNOLI '<br />
Quest'ultima si presentava sì più difficile, vista la presenza romana a Favignana/<br />
Levanzo, ma certamente non impossibile. I Cartaginesi pensavano di conoscere<br />
perfettamente la veloc<strong>it</strong>à e le capac<strong>it</strong>à nautiche delle quinquiremi romane e potevano<br />
pertanto calcolare con una certa precisione una rotta che permettesse loro<br />
di giungere, «di nascosto» dalla flotta romana, all'Erice. Si trattava di disegnare<br />
una rotta che descrivesse una sorta di semicerchio, passando al largo a nord di<br />
Levanzo, la più settentrionale delle Egadi; quindi, poggiando a babordo, puntare<br />
verso la Tonnara di Bonagia, dove era accampato Amilcare. In questa operazione<br />
sarebbero stati guidati con assoluta certezza dall'alta mole del monte Erice, sicurissimo<br />
punto che avrebbe consent<strong>it</strong>o di triangolare la rotta con grande facil<strong>it</strong>à<br />
e precisione, fatto che escludeva la possibil<strong>it</strong>à della navigazione notturna, nonostante<br />
la necess<strong>it</strong>à della segretezza. L'ampiezza della curva era determinata dalla<br />
forza del vento favorevole che Annone avrebbe avuto alle spalle. Come si vede,<br />
non si trattava di un piano impossibile, anzi. Annone poteva leg<strong>it</strong>timamente pensare<br />
di avere un buon margine di sicurezza, dal momento che non era prevedibile<br />
che una flotta delle dimensioni di quella di Lutazio, con duecento quinquiremi,<br />
potesse rimanere ormeggiata a lungo a Levanzo. Era lec<strong>it</strong>o pensare che la base<br />
della flotta fosse a Favignana, cosa che avrebbe ulteriormente aumentato i tempi<br />
di reazione romani.<br />
Le cose andarono in maniera del tutto diversa: fu molto probabilmente un capolavoro<br />
della intelligence romana quello di riuscire a dissimulare perfettamente<br />
i piani di Lutazio Catulo. Costui fece attraccare la flotta al riparo di Capo Grosso,<br />
la punta più settentrionale dell'isola di Levanzo, evidentemente perché aveva<br />
perfettamente intu<strong>it</strong>o che la flotta cartaginese si sarebbe diretta all'Elice, e non a<br />
Trapani 86 . Anche questo però non basterebbe a spiegare il successo dell'operazione.<br />
Le navi romane non avrebbero potuto rimanere a lungo in quella posizione.<br />
La costa davanti a Capo Grosso è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da una ripida scogliera, utilissima a<br />
nascondere le navi per l'imboscata, ma del tutto priva di ripari, e di acqua dolce<br />
per gli equipaggi. I Romani sapevano perfettamente quale sarebbe stato il giomo<br />
scelto da Annone. Molto verosimilmente lo sapevano per aver studiato con attenzione<br />
il modus operandi di Annibale Rodio. Verificate le condizioni meteorologiche<br />
ottimali per tentare l'impresa, con il vento da ovest che avrebbe sospinto<br />
86 Questo è un punto cr<strong>it</strong>ico della ricostruzione. Come poteva sapere Lutazio Catulo qual'era<br />
l'obiettivo della flotta di soccorso punica? Gli eserc<strong>it</strong>i cartaginesi in zona erano addir<strong>it</strong>tura tre. Oltre<br />
a Amilcare vi erano infatti le guamigioni di Trapani e di Lilibeo. Tutti e tre erano raggiungibili da<br />
Marettimo, ma naturalmente questo avrebbe richiesto rotte del tutto diverse, che circumnavigavano<br />
a nord o a sud le due isole Favignana/Levanzo. L'unica soluzione per il rebus è pensare a una<br />
«soffiata» che aveva messo Lutazio sulla buona strada. Per il ruolo della intelligence, ma in un<br />
senso più ampio di quello puntuale qui utilizzato, cfr. LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>.,<br />
123-135, in particolare 129-130 per l'episodio che qui ci interessa.
La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 83<br />
la flotta cartaginese a tutta veloc<strong>it</strong>à verso l'Erice, i Romani salparono le ancore<br />
di buon mattino da Favignana per la vicina Levanzo (60,6). Lì si ancorarono, in<br />
attesa che le vedette poste in cima a Pizzo Monaco, un mammellone alto circa m<br />
300 slm., dessero il segnale 87 .<br />
A questo punto i calcoli Cartaginesi non potevano più essere efficaci: le navi<br />
romane erano considerevolmente più veloci di quanto l'esperienza aveva insegnato,<br />
ma Annone non poteva saperlo. Confidando nella bontà del piano e nel<br />
vento a favore, un libeccio che Polibio definisce cpopóv, Kaxappéovxa e XanTipóv,<br />
ha continuato a fare rotta verso le pendici settentrionali del monte Erice, non<br />
cambiando una virgola di quanto immaginato a tavolino. In mancanza di binocoli,<br />
di radar e di precisi stmmenti di triangolazione era impossibile rilevare la<br />
veloc<strong>it</strong>à di navigazione della flotta romana. Le battaglie navali dell'antich<strong>it</strong>à dovevano<br />
assomigliare a frenetiche guene al rallentatore. Passavano ore prima che<br />
le vele avvistate all'orizzonte acquistassero consistenza nei dettagli e anivassero<br />
finalmente a tiro. Nel frattempo solo l'estenuante fatica dei muscoli dei rematori,<br />
che bmciano nello sforzo di ridune quel tempo d'attesa. Quando Annone capì<br />
che il piano era fall<strong>it</strong>o e non c'era più alcuna possibil<strong>it</strong>à di sfuggire all'imboscata<br />
tesagli da Lutazio Catulo era oramai troppo tardi 88 . Le imbarcazioni cartaginesi<br />
avranno cercato di assumere una qualche disposizione difensiva, ma il vantaggio<br />
romano a quel punto era tale da rendere impossibile ogni seria resistenza. Oltre a<br />
tutto le navi erano a ranghi ridotti, per far posto alle provviste necessarie all'eserc<strong>it</strong>o<br />
punico in Sicilia, e contavano di rifomirsi di soldati proprio all'Erice 89 .<br />
Se si accetta questa ricostruzione degli eventi, credo ci siano tutti i dati utili<br />
per rispondere ad alcuni ques<strong>it</strong>i che hanno da lungo tempo affaticato gli studiosi<br />
della marineria antica. Qual'era la veloc<strong>it</strong>à di una quinquiremi in assetto da guerra,<br />
sottoposta al massimo sforzo dell'equipaggio? Si conosce il punto di partenza<br />
delle due flotte, il punto d'anivo previsto della flotta cartaginese, il braccio di<br />
87 È assolutamente ovvio pensare alla presenza di vedette romane poste in cima a Pizzo<br />
Monaco, la punta più alta di Levanzo e al Monte Santa Caterina, la punta più alta di Favignana.<br />
Si tratta di somm<strong>it</strong>à di circa 300 m di altezza slm. che, di fatto, impedivano ogni possibil<strong>it</strong>à alla<br />
flotta cartaginese che partiva da Marettimo, di passare inosservata, volendo approdare a Tonnara<br />
Bonagia o a Lilibeo. Il raggio di osservazione delle vedette doveva aggirarsi attorno alle 20 miglia<br />
nautiche (circa 40 km) a nord e a sud dell'arcipelago (devo questa osservazione al collega Stefano<br />
Medas, che ringrazio), fatto che esclude la possibil<strong>it</strong>à della sorpresa e obbliga a pensare che la<br />
rotta fosse pensata per passare fuori dalla portata prevista degli intercettori romani (lo scontro<br />
avvenne, è bene ricordarlo, a 4 miglia a NW di Capo Grosso).<br />
88 La flotta cartaginese aveva oltre a tutto il vento alle spalle, cosa che rendeva difficilissima<br />
una conversione a U. Tale conversione fu resa possibile, ed ebbe successo, solamente nel pomeriggio,<br />
quando il vento cambiò direzione.<br />
89 Tutto questo contraddice quanto rifer<strong>it</strong>o brevemente da Zonara/Cassio Dione, e l'incredibile<br />
racconto del prodigio, su cui si è detto supra, p. 61.
84 TOMMASO GNOLI '<br />
mare in cui questa venne intercettata dalle quinquiremi romane. In negativo è<br />
possibile anche dedune quale fosse la diversa veloc<strong>it</strong>à delle quinquiremi romane<br />
precedenti le innovazioni cartaginesi, dal momento che la rotta di Annone era<br />
studiata proprio per ev<strong>it</strong>are queste navi, che si r<strong>it</strong>enevano fuori portata.<br />
Simili calcoli, con il pesante uso della matematica e della geometria che comportano,<br />
nonché della conoscenza pratica delle tecniche della navigazione antica,<br />
sono del tutto al di là delle mie competenze 90 . Ad altri il comp<strong>it</strong>o di calcolare questi<br />
dati, che si annunciano in grado di ampliare non di poco le nostre conoscenze<br />
del modo di navigare degli Antichi.<br />
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90 Si troveranno questi calcoli in un contributo recentemente presentato ad un convegno<br />
tenuto ad Heidelberg nel 2011 da Sebastiano Tusa, che ringrazio per avermelo anticipato, con la<br />
sua équipe: S. TUSA, J. ROYAL, C. A. BUCCELLATO, S. ZANGARA, Rams, warships and sea-battles<br />
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