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RIVISTA STORICA DELL'ANTICHITÀ<br />

DIRETTORI<br />

GIOVANNI DRIZZI - GABRIELLA POMA<br />

ANNOXLI/2011<br />

Estratto<br />

PATRON EDITORE<br />

BOLOGNA 2011


TOMMASO GNOLI<br />

LA BATTAGLIA DELLE EGADI.<br />

A PROPOSITO DI RITROVAMENTI RECENTI<br />

Abstract<br />

The discovery of some rams off the Egades Islands, near Trapani, allows a new<br />

reconstruction of the dynamics of the battle which put an end to the First Punic War, in<br />

241 B.C. Of utmost importance is an inscribed Roman ram, the short 4 line inscription<br />

of which matches some information by Polybius 1.59.1-8 about a public voluntary loan<br />

by the higher classes in 243 B.C. in order to set up the fleet of Lutatius Catulus. The<br />

comparison between the trad<strong>it</strong>ion by Zonaras (Cassius Dio) and Polybius shows that the<br />

new Roman fleet was different from the preceding ones: the Roman naval engineers were<br />

able to nil the gap w<strong>it</strong>h their Punic colleagues building ships that were almost identical<br />

to the fast punic quadriremes of Hannibal the Rhodian employed during the siege of<br />

Lilybaeum, as the perfect resemblance of the Roman and the Punic ram clearly shows.<br />

Keywords: First Punic war, rams, fleet, navigation, economy (3rd century B. C.)<br />

L'eccezionale scoperta nei pressi di Trapani di alcuni reperti certamente<br />

relativi agli episodi conclusivi della Prima Guerra Punica consente di ripercorrere<br />

quegli eventi aggiungendo qualche punto fermo, utile a verificare la bontà di<br />

alcune ipotesi finora formulate senza possibil<strong>it</strong>à di conferme. Si tratta, in<br />

particolare, del rinvenimento di tre rostri, di un elmo e di alcune ancore, che<br />

consentono di accertare con sicurezza l'effettiva dinamica della battaglia delle<br />

Egadi. A questi r<strong>it</strong>rovamenti se ne aggiungono altri, noti da qualche anno, ma<br />

finora non adeguatamente valorizzati, provenienti dalle pendici del monte Erice,<br />

uno dei teatri principali degli scontri che posero fine alla guerra nel 241 a.C.<br />

Due dei rostri sopra c<strong>it</strong>ati sono iscr<strong>it</strong>ti, uno (Egadi 1), con un'iscrizione latina<br />

su quattro righe, che ho pubblicato altrove, l'altro (Egadi 3) recante una formula<br />

d'imprecazione contro i nemici in punico. L'ordinata iscrizione latina è un punzone<br />

inteso a garantire la congru<strong>it</strong>à dell'operazione di fusione che aveva prodotto


48<br />

TOMMASO GNOU<br />

l'arma, e, verosimilmente, il peso: «C. Sestio, figlio di Publio, e Q. Salonio, figlio<br />

di Quinto, seviri, hanno effettuato il collaudo del rostro». Che differenza con la<br />

scomposta formula di maledizione incisa disordinatamente sul fendente del rostro<br />

cartaginese 1 !<br />

Non si potrebbe avere dimostrazione migliore e più eloquente della differenza<br />

di mental<strong>it</strong>à che separava quei due popoli che stavano per affrontarsi, quel 10<br />

marzo 241 a.C, ancora per una volta. Come ebbe a scrivere con enfasi partigiana<br />

Jules Michelet:<br />

Non è senza ragione se la memoria delle Guerre Puniche è rimasta cosi popolare e<br />

così viva. Non fu soltanto una lotta per decidere il fato di due c<strong>it</strong>tà o di due imperi; fu una<br />

lotta per decidere quale delle razze, l'indo-germanica o la sem<strong>it</strong>ica, avrebbe dominato il<br />

mondo .... Da una parte, il genio dell'eroismo, dell'arte e della legge; dall'altra, lo spir<strong>it</strong>o<br />

dell'industria, della navigazione e del commercio .... Gli eroi combatterono - senza tregua<br />

- i loro industriosi e perfidi vicini. Erano operai, fabbri, minatori, maghi. Amavano<br />

l'oro, i giardini pensili, i magici palazzi.... Avevano costru<strong>it</strong>o con ambizione t<strong>it</strong>anica torri<br />

che le spade dei guerrieri spezzavano e cancellavano dalla terra 2 .<br />

Poco importa che oggi nessuno sottoscriverebbe più quelle parole figlie di<br />

un'epoca diversa 3 , fatto sta che la portata epocale delle Guerre Puniche vi è solennemente<br />

celebrata. I quasi centovent'anni anni dello scontro mortale tra Roma<br />

e Cartagine, dal 264 al 146 a.C., ebbero proprio nella battaglia al largo delle Egadi<br />

il loro momento decisivo di svolta.<br />

Non è un caso che proprio quelli siano anche gli anni in cui, a parere del<br />

più grande storico antico dell'età repubblicana, Polibio, Roma acquisì l'àôiiptxoç<br />

1 Ho in pubblicazione l'iscrizione su Epigraphica. La pubblicazione completa del rostro Egadi<br />

1, con analisi metallografica, ingegneristica etc. è in fase avanzata, in una monografia a cura della<br />

Soprintendenza del Mare della Sicilia. All'allora Soprintendente, oggi Soprintendente dei Beni<br />

archeologici della Provincia di Trapani, Prof. Sebastiano Tusa, va il mio sincero ringraziamento per<br />

avermi consent<strong>it</strong>o di pubblicare questa importante iscrizione. Questo breve testo consente rilevanti<br />

considerazioni anche su un passo della cena di Trimalchione, nel Satyricon di Petronio, e sulle<br />

fonti della Prima Guerra Punica. A questi temi dedicherò un articolo di prossima pubblicazione<br />

su Eikasmós. Egadi 3 è stato ripescato nel 2010, ed è appena fin<strong>it</strong>a la fase di pul<strong>it</strong>ura. Anch'esso<br />

verrà pubblicato con una monograna appos<strong>it</strong>a dalla Soprintendenza del Mare di Palermo. Il Prof.<br />

Giovanni Garbini sta studiando l'iscrizione punica. Quando non specificato diversamente tutte le<br />

traduzioni di Polibio sono di Manuela Mari, dalla recente edizione per la Biblioteca Universale<br />

Rizzoli, annotata da John Thornton e diretta dal compianto Maestro, Domenico Musti.<br />

2 J. MICHELET, Histoire romaine, Bruxelles 1835, p. 457 della trad, <strong>it</strong>aliana.<br />

3 Sugli aspetti che qui più interessano dell'opera storica di Michelet, cfr. P. VIALLANEK, La<br />

voie ravale. Essai sur l'idée de peuple dans l'oeuvre de Michelet, Paris 1971. Cfr. anche quanto<br />

detto su Michelet in L. LORETO, La grande insurrezione libica contro Cartagine del 241-237 a.C,<br />

Una storia pol<strong>it</strong>ica e mil<strong>it</strong>are, CÉFR 211, Rome 1995, pp. 2-3.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 49<br />

é^ovGÍa, la 'autor<strong>it</strong>à incontestabile' su tutto il Med<strong>it</strong>erraneo 4 . Il confronto con<br />

Cartagine, quindi, da una parte provocò, dall'altra accompagnò la cresc<strong>it</strong>a e lo<br />

sviluppo dell'imperialismo romano.<br />

Recenti posizioni storiografiche hanno in vario modo tentato di ridimensionare<br />

il problema, a lungo dibattuto, delle cause del confl<strong>it</strong>to. Il dibatt<strong>it</strong>o si era<br />

acceso già presso i contemporanei: come in ogni guerra vi fu da parte dei contendenti<br />

il tentativo di scaricare sull'avversario il peso delle responsabil<strong>it</strong>à. Furono<br />

le ragioni del vinc<strong>it</strong>ore del confl<strong>it</strong>to a prevalere su quelle del perdente. Tuttavia,<br />

l'evidente specios<strong>it</strong>à dell'argomentazione polibiana (3,26,5), che negava con<br />

forza valore alla testimonianza di Filino di Agrigento relativamente al trattato<br />

romano-cartaginese firmato forse nel 306 5 , fece proseguire senza sosta fino ai<br />

giorni nostri il dibatt<strong>it</strong>o sulle responsabil<strong>it</strong>à. Oggi si può esser d'accordo sul fatto<br />

che il problema della responsabil<strong>it</strong>à sia tutto sommato secondario. Una guerra<br />

che, senza soluzione di continu<strong>it</strong>à, si protrae per tutta la durata di una generazione,<br />

indica la chiara, piena e convinta partecipazione al confl<strong>it</strong>to di entrambe le<br />

parti. A questo punto l'individuazione delle esatte responsabil<strong>it</strong>à nel casus belli<br />

rientra in quelle che Tucidide aveva chiamato Trpoípáaeic, 'pretesti', non riguarda<br />

certo l'eziologia del confl<strong>it</strong>to. Lo scontro epocale tra civiltà ha sempre sollec<strong>it</strong>ato<br />

spiegazioni fortemente attualizzanti, evidenziando così la portata dell'evento,<br />

come nella sopra riportata c<strong>it</strong>azione di Michelet. Può darsi che la spiegazione<br />

che oggi viene preferibilmente forn<strong>it</strong>a dagli storici, che cioè la ragione principale<br />

del confl<strong>it</strong>to vada ricercata nel confronto oramai sempre più ravvicinato tra due<br />

imperialismi, diversi eppure in concorrenza tra loro, sia frutto di questa nostra<br />

età post-imperialista, e che un domani sembrerà altrettanto sgradevolmente fuori<br />

luogo quanto quella sopra riportata di Jules Michelet.<br />

Segnali di tali insofferenze nei confronti della tesi oggi prevalente si hanno<br />

già ora, in tre recenti e autorevoli monografie. Secondo Dexter Hoyos sia la Prima<br />

sia la Seconda Guerra Punica sono state 'unplanned wars,' frutto pertanto non<br />

di visioni strategiche confl<strong>it</strong>tuali, ma di fraintendimenti, errori, talvolta anche<br />

biechi interessi personali, ma nulla comunque che possa in qualche modo riferirsi<br />

all'imperialismo romano 6 . L'analisi che Bruno Bleckmann ha condotto della<br />

4 J. THORNTON, La conquista del Med<strong>it</strong>erraneo, in G. TRAINA ed., // mondo antico. Voi. V<br />

La res publica e il Med<strong>it</strong>erraneo, Roma 2008, p. 123.<br />

5 S. MAZZARINO, Introduzione alle guerre puniche, Saggi e ricerche 13, Catania 1947, 56-66,<br />

che identifica questo «trattato di Filino», in quello rifer<strong>it</strong>o da Livio 9,43,26. Una recente presa di<br />

posizione contro l'autentic<strong>it</strong>à, generalmente ammessa, del trattato cosiddetto «di Filino», è ora in<br />

L. LORETO, Sui trattati romano-cartaginesi, «Bollettino dell'Ist<strong>it</strong>uto di Dir<strong>it</strong>to Romano». 98-99,<br />

1995, 806-809.<br />

6 B.D. HOYOS, Unplanned wars: the origins of the first and second Punic wars, Untersuchungen<br />

zur antiken L<strong>it</strong>eratur und Geschichte 50, Berlin 1998.


50<br />

TOMMASO GNOLI<br />

nobil<strong>it</strong>as romana durante la Prima Guerra Punica è in larga misura concordante<br />

con la tesi di Hoyos. Secondo lo studioso tedesco il Senato di Roma sarebbe stato<br />

profondamente diviso da odi reciproci e da una concorrenza spietata per l'accesso<br />

alle più alte magistrature 7 . Tutto ciò avrebbe prodotto effetti devastanti anche<br />

sulla condotta della guerra, che altrimenti avrebbe potuto essere più efficace e<br />

breve. Se accettate integralmente, queste due tesi aboliscono completamente la<br />

possibil<strong>it</strong>à di individuare le 'cause profonde' del confl<strong>it</strong>to tra Roma e Cartagine,<br />

semplicemente perché tali cause non esisterebbero. Secondo Hoyos la guerra<br />

sarebbe scoppiata solamente a causa di un accumulo di accidenti, mentre Bleckmann<br />

nega l'esistenza, almeno a Roma, di una 'testa pensante', ovvero di una<br />

classe dirigente concorde nelle grandi linee della pol<strong>it</strong>ica estera, in grado di indirizzare<br />

in maniera univoca gli eventi secondo una determinata visione strategica.<br />

La terza monografia, di Luigi Loreto, è quella più chiaramente «di rottura»,<br />

con una tradizione storiografica unanime, antica e moderna 8 . Secondo la sua formulazione<br />

icastica, i Romani non avrebbero vinto la Prima Guerra Punica, ma, al<br />

più, sarebbero riusc<strong>it</strong>i a non perderla. Tale sorprendente assunto è reso possibile<br />

dal fatto che il piano dell'analisi di Loreto è macrostrategico, e riguarda non tanto<br />

gli aspetti mil<strong>it</strong>ari della vicenda punica, quanto la visione geopol<strong>it</strong>ica e macrostrategica<br />

esistente nella classe dirigente romana negli anni a cavallo della metà<br />

del III secolo a.C. In questa prospettiva i risultati della guerra non sarebbero stati<br />

congruenti con le aspettative e con le esigenze di chi la guerra l'aveva provocata.<br />

Accettando la richiesta di aiuto di Messina nel 264 il Senato di Roma non cercava<br />

una guerra decisiva contro il vecchio alleato di un tempo, Cartagine, ma, al più,<br />

una guerra lim<strong>it</strong>ata, di portata locale, contro la grande, potente e minacciosa vicina<br />

meridionale, Siracusa. Sarebbero stati gli imprevedibili errori commessi dai<br />

consoli del 264, e segnatamente da Appio Claudio Caudex, a provocare Vescalation<br />

mil<strong>it</strong>are che presto divenne inarrestabile 9 . L'errore del Senato, che inev<strong>it</strong>a-<br />

7 B. BLECKMANN, Die römische Nobil<strong>it</strong>ai im Ersten Pimischen Krieg. Untersuchungen zur<br />

aristokratischen Konkurrenz in der Republik, Klio, Be<strong>it</strong>räge zur Alten Geschichte 5, Berlin 2002;<br />

la posizione di Bleckmann non è orginale nell'amb<strong>it</strong>o della storiografia tedesca, risalendo al filone<br />

di studi prosopografici che ebbe in Matthias Gelzer uno dei suoi più raffinati interpreti: cfr. già A.<br />

LlPPOLD, Cónsules: Untersuchungen zur Geschichte des römischen Konsulates von 264 bis 201<br />

v. Chr, Antiqu<strong>it</strong>as. Reihe 1., Abhandlungen zur alten Geschichte, Bonn 1963, seppure con minore<br />

enfasi. In Italia F. CASSOLA, I gruppi pol<strong>it</strong>ici romani nel III secolo a.C, Trieste 1962 ebbe già<br />

modo di indicare la compless<strong>it</strong>à delle posizioni pol<strong>it</strong>iche espresse a Roma dalla nobil<strong>it</strong>as, anche<br />

se non giunse alle conclusioni di Bleckmann.<br />

8 L. LORETO, La grande strategia di Roma nell'età della prima guerra punica (ca. 273 - ca.<br />

229 a.C): L'inizio di un paradosso. Storia pol<strong>it</strong>ica cost<strong>it</strong>uzionale e mil<strong>it</strong>are del mondo antico,<br />

Napoli 2007.<br />

9 Non sfuggiranno i punti di contatto, su questo, tra la ricostruzione di LORETO e quella di<br />

HOYOS, Unplanned wars: the origins of the first and second Punic wars, c<strong>it</strong>. Tuttavia, rispetto a


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 51<br />

bilmente ci fu, fu quello di affidare un eccessivo ruolo ai comandanti mil<strong>it</strong>ari che<br />

si trovavano sul teatro di operazione, ai men-on-the-spot, in termini strategici.<br />

Parallelamente a questa trasformazione della s<strong>it</strong>uazione mil<strong>it</strong>are nel teatro delle<br />

operazioni avvenne a Roma un ulteriore mutamento, profondo ed importante,<br />

che Loreto chiama «rivoluzione macrostrategica del 264» 10 . E fu proprio questa<br />

rivoluzione macrostrategica, errata nei presupposti e incongruente con la precedente<br />

storia di Roma, un<strong>it</strong>amente alla pessima gestione della s<strong>it</strong>uazione di crisi<br />

generatasi all'indomani dello sbarco in Sicilia, la sola causa della guerra punica 11 .<br />

La prospettiva di Loreto è, dal punto di vista metodologico, diametralmente<br />

opposta a quelle di Hoyos o Bleckmann. Mentre infatti per questi ultimi vi sarebbero<br />

una plural<strong>it</strong>à di posizioni pari al numero degli attori della vicenda a Roma<br />

- cioè tutti i protagonisti rifulgerebbero con proprie personal<strong>it</strong>à ben defin<strong>it</strong>e e<br />

determinate, fino a polverizzare gli eventi (e le cause) in una galassia prosopografica<br />

- nella ricostruzione di Loreto le individual<strong>it</strong>à rischiano invece di perdersi.<br />

La cr<strong>it</strong>ica che può muoversi a questa impostazione - che resta tuttavia fertilissima<br />

di indicazioni importanti, quando non realmente rivelatrice - è in effetti proprio<br />

un eccesso di astrazione 12 .<br />

Tutte queste posizioni colgono naturalmente elementi di ver<strong>it</strong>à, eppure tutte<br />

difettano, a parere di chi scrive, per lo stesso motivo: sono visioni unilaterali<br />

del problema. La Prima e la Seconda Guerra Punica sono guerre non pianificate<br />

esattamente come lo sono state tutte le guerre combattute da Roma, almeno fino<br />

a quando non si sono affermati i grandi comandi straordinari pluriennali dell'età<br />

tardo-repubblicana. La struttura stessa delle magistrature romane - collegiali e<br />

annuali - impediva ogni possibil<strong>it</strong>à di vera pianificazione di eventi mil<strong>it</strong>ari che<br />

si annunciavano pluriennali. Non vi poteva essere alcuna certezza sul fatto che il<br />

magistrato che sarebbe subentrato l'anno successivo al comando delle operazioni<br />

avrebbe ag<strong>it</strong>o come si pensava avrebbe ag<strong>it</strong>o il suo predecessore. E con questo<br />

giungiamo a rispondere a Bleckmann. È vero, infatti, che tali certezze non erano<br />

possibili, vista la cost<strong>it</strong>uzione repubblicana, ma è anche vero che le guerre<br />

vennero intraprese in età repubblicana, e furono guerre sempre v<strong>it</strong>toriose, anche<br />

quest'ultimo, Loreto continua a r<strong>it</strong>enere la strategia romana frutto di una visione un<strong>it</strong>aria, nonostante<br />

i singoli errori individuali.<br />

10 LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 9-43.<br />

11 Ibid., 31: «La causa della guerra punica è una sola: la rivoluzione macrostrategica del 264.<br />

La guerra, avvertiamo sub<strong>it</strong>o, però non è la risposta razionale - nel senso di intenzionalmente persegu<strong>it</strong>a<br />

- e immediata a tale percezione ... ma la conseguenza involontaria e non calcolata di essa».<br />

12 Per quanto riguarda il pericolo di astrazione, che Loreto non sempre riesce a ev<strong>it</strong>are, si<br />

vedano alcune pagine della parte III «Quadranti e meccanismi», (pp. 75-169), dove alcune delle<br />

considerazioni geopol<strong>it</strong>iche sono condotte sulla base della cartografia moderna, non sulla percezione<br />

dello spazio geografico che gli antichi possedevano, e della quale occorre tener conto.


52 TOMMASO GNOLI<br />

nei casi più difficili. Sempre, anche di fronte a sanguinose sconf<strong>it</strong>te, l'azione del<br />

Senato di Roma ebbe una coesione sufficiente a garantire il successo finale. La<br />

confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à intema evidenziata da Bleckmann è certamente una permanente caratteristica<br />

del Senato di Roma. L'apparente mancanza di confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à - meglio<br />

sarebbe dire attenuazione di confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à - nel precedente periodo (V-IV secolo<br />

a.C.) è dovuta più alla carenza di fonti affidabili che non a un'effettiva concordia<br />

intema al Senato. Ciò che però ha consent<strong>it</strong>o al sistema di operare con un'efficacia<br />

tale da garantire la totale ammirazione di un Polibio, fu proprio la concezione<br />

di 'classe' che la nobil<strong>it</strong>as romana ebbe sempre di sé. Al di là delle differenze pol<strong>it</strong>iche,<br />

della competizione talvolta esasperata per il cursus honorum, dei leg<strong>it</strong>timi<br />

o meno leg<strong>it</strong>timi interessi economici e di clan, nella nobil<strong>it</strong>as romana ha sempre<br />

prevalso, forte, il senso dello Stato, e dell'appartenenza a un gruppo privilegiato,<br />

tendenzialmente chiuso e geloso delle proprie prerogative. È stata questa coesione<br />

di classe - che ha quasi sempre prevalso anche nei momenti più acuti del confronto<br />

durante le sanguinose vicende delle guerre civili - che ha garant<strong>it</strong>o gli es<strong>it</strong>i<br />

di confl<strong>it</strong>ti difficilissimi per Roma, come le due grandi guerre contro Cartagine.<br />

1. La fase finale della Prima Guerra Punica<br />

La Prima Guerra Punica mise di fronte due potenze imperialistiche che eserc<strong>it</strong>avano<br />

un'attiv<strong>it</strong>à espansiva diversa, eppure in forte concorrenza reciproca. Si<br />

sono a lungo enfatizzate le pretese differenze strutturali delle due economie, quella<br />

cartaginese e quella romana, che avrebbero ev<strong>it</strong>ato qualsiasi forma di contrasto<br />

diretto: il dominio cartaginese, basato esclusivamente sullo sfruttamento delle<br />

risorse locali e sulla loro commercializzazione nel Med<strong>it</strong>erraneo tram<strong>it</strong>e il controllo<br />

delle rotte commerciali, non avrebbe, in questa prospettiva, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o una<br />

minaccia per l'imperialismo romano, che, al contrario, mosso dagli interessi di<br />

una classe di grandi proprietari terrieri, si sarebbe piuttosto concentrato sull'acquisizione<br />

di terr<strong>it</strong>ori, atti a ingrandire Vager publicus, e quindi, indirettamente,<br />

le possibil<strong>it</strong>à di accrescimento delle già importanti proprietà agrarie dei più ricchi<br />

tra i grandi proprietari romani. Recenti indagini archeologiche hanno però nuovamente<br />

evidenziato quanto fosse meccanica e unilaterale tale visione, riscoprendo<br />

ver<strong>it</strong>à importanti relative al mondo punico: anche i Cartaginesi, come i Romani,<br />

mangiavano, e anche loro avevano necess<strong>it</strong>à di acquisire terr<strong>it</strong>ori agricoli da poter<br />

sfruttare a fini economici. L'idea di fondaci fenici cost<strong>it</strong>uenti vere e proprie isole<br />

in mari indigeni, all'esterno della madrepatria africana, è fiiorviante ed erronea 13 .<br />

13 Molto importanti in propos<strong>it</strong>o sono i lavori di PETER VAN DOMMELEN: Punic farms and<br />

Carthaginians colonists: surveying Punic rural settlement in the central Med<strong>it</strong>erranean, JRA 2006,


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o dì r<strong>it</strong>rovamenti recenti 53<br />

Le vicende di questa lunghissima guerra sono abbastanza ben note, nel loro<br />

svolgimento generale, ma presentano ancora lati oscurissimi, sui quali non è possibile<br />

farsi un'idea precisa, visto lo stato della nostra documentazione. Quest'ultima<br />

può contare su un numero non esiguo di fonti differenti. Tuttavia è proprio<br />

questa plural<strong>it</strong>à di fonti tra loro spesso inconciliabili sui dettagli, a cost<strong>it</strong>uire un<br />

problema per la ricostruzione puntuale degli eventi. In particolare risulta non<br />

sempre conciliabile con le altre fonti Polibio, che rappresenta per noi il resoconto<br />

migliore, ancorché sintetico 14 , sulla total<strong>it</strong>à del venticinquennio circa che<br />

ci interessa. Le altre fonti, infatti, sono o incomplete 15 , oppure eccessivamente<br />

compendiose 16 , tali da impedire la conoscenza dei dettagli della guerra. Le incongruenze<br />

sono particolarmente gravi anche per l'ultima parte dello scontro, quella<br />

successiva ai grandi disastri navali sub<strong>it</strong>i dai Romani nel 249 a.C.<br />

Secondo Polibio, fu solamente grazie alla «ambizione per il dominio universale».<br />

((piX,OTi|j,ia xcov oÀ,cov: 1,52,4) che caratterizzava la classe dirigente romana,<br />

che si decise a Roma di reagire alla durissima sconf<strong>it</strong>ta sub<strong>it</strong>a presso Trapani da<br />

Publio Claudio Pulcro a opera di Aderbale. Si decise quindi d'inviare una flotta<br />

in soccorso alle truppe di terra impegnate in un pluriennale assedio di Lilibeo per<br />

il tram<strong>it</strong>e dell'altro console del 249, Lucio Giunio Pullo, al comando di una squadra<br />

navale di scorta composta da 60 navi da guerra. Costui scelse Siracusa come<br />

punto per ammassare il maggior numero possibile di navi onerarie e da guerra per<br />

poter svolgere la sua missione con il massimo dell'efficacia, ma invano: mentre<br />

7-28 , di cui si consulterà con prof<strong>it</strong>to anche P. VAN DOMMELEN, Punic persistence: colonialism<br />

and cultural ident<strong>it</strong>ies in Roman Sardinia, in R. LAURENCE e J. BERRY eds., Cultural ident<strong>it</strong>y in<br />

the Roman Empire, London - New York 1998, 25-48, cui va il mer<strong>it</strong>o di aver nuovamente posto<br />

l'accento, a livello internazione, su aspetti dell'economia punica che possono considerarsi ovvi in<br />

Italia, dopo l'alto magistero di Sabatino Moscati. L'espressione volutamente paradossale che ho<br />

impiegato nel testo vuole sottolineare la mancanza di concretezza in chi r<strong>it</strong>iene di poter sostenere<br />

l'esistenza di comun<strong>it</strong>à che, nel mondo antico, potessero effettivamente basare la loro potenza e<br />

prosper<strong>it</strong>à esclusivamente sugli scambi commerciali. Al contrario, i volumi degli scambi non sono<br />

mai stati tali da poter realmente sopperire a un'effettiva debolezza nella produzione agricola in<br />

rapporto alla popolazione. Ciò è stato generalmente riconosciuto nei casi di Roma e di Atene -<br />

entrambe sopperirono alle loro carenze tram<strong>it</strong>e la creazione di un «impero» - ma non a Cartagine,<br />

per la quale si è pensato di poter utilizzare un differente «modello», di c<strong>it</strong>tà e di organizzazione<br />

economica e sociale: cfr. p. es. J.-P. BRISSON, Carthage ou Rome? Paris 1973, 7: «mais, tra<strong>it</strong><br />

propre à la c<strong>it</strong>é punique, aucune paysannerie d'origine phénicienne; les paysans auxquels Carthage<br />

aura affaire ne seront jamais que des indigènes assujettis, les Libyens», e in generale tutto il cap.<br />

I «Des adversaires mal assortis», incentrato su questi concetti.<br />

14<br />

Molto opportuno appare il richiamo su questo punto in Loreto, La grande strategia di<br />

Roma, c<strong>it</strong>., 4-5.<br />

15<br />

Particolarmente grave è lo stato in cui sono giunti i libri XXII-XXIV di Diodoro Siculo,<br />

nonché i Sikeliká di Appiano. Livio, naturalmente, è perduto.<br />

16<br />

Cassio Dione (Zonara), Floro, Orosio, Eutropio.


54<br />

TOMMASO GNOLI<br />

Aderbale, il vinc<strong>it</strong>ore di Trapani, riorganizzava le sue forze, spedendo in patria<br />

un gran numero di prigionieri e attaccando con successo le imbarcazioni romane<br />

che bloccavano Lilibeo, il console mosse da Siracusa con la grande flotta, ma solo<br />

per naufragare miseramente nei pressi di Capo Pachino, messo in difficoltà dalle<br />

manovre di Cartalone e di Aderbale (1,54).<br />

A questo punto la s<strong>it</strong>uazione vide un vero e proprio dominio mar<strong>it</strong>timo cartaginese,<br />

per la prima volta dopo molti anni, e addir<strong>it</strong>tura la possibil<strong>it</strong>à di contendere<br />

a Roma la supremazia terrestre (1,55). Tali speranze vennero però frustrate<br />

da un fortunato colpo di coda del depresso Giunio Pullo, che riuscì a occupare la<br />

somm<strong>it</strong>à del monte Erice, con il tempio di Venere Ericina, e le pendici del monte<br />

dalla parte di Trapani (xfiv ànò Apejictvcov TrpOGßotGiv 1,55,10). Tale azione, come<br />

si vedrà, si rivelerà decisiva nella successiva dinamica degli avvenimenti. Certo è<br />

che nessuno poteva immaginare un es<strong>it</strong>o più favorevole a Cartagine per gli eventi<br />

di quel denso 249 17 .<br />

Si è giustamente rilevato che Polibio compie un errore nel racconto di queste<br />

vicende, definendo Giunio Pullo successore, e non collega, di Publio Claudio<br />

Pulcro. Fu Gaetano De Sanctis a rendere significativo questo enore con la sua<br />

persuasiva spiegazione, che individua il problema nelle fonti segu<strong>it</strong>e dallo storico<br />

di Megalopoli:<br />

lo scr<strong>it</strong>tore [Polibio], che fin qui ha solo inser<strong>it</strong>o talora nello schema annalistico del racconto<br />

fabiano estratti più o meno ampi da Filino, abbandona Fabio quasi del tutto fino<br />

alla spedizione di Lutazio Catulo e riassume dallo storico greco. Il segno estemo di ciò<br />

è nella omissione, d'ora innanzi, dei nomi dei consoli, ai quali due volte viene sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a<br />

la indicazione dell'anno della guerra (41,3. 56,2). Soltanto pel 249 in questo periodo<br />

entrambi i consoli son menzionati, P. Claudio e L. Giunio; ma lo storico dà il secondo<br />

come successore, non come collega del primo (e. 52,6): errore scusabile in un Greco che<br />

lo vide prender dopo l'altro il comando in Sicilia, impossibile ad un Romano che aveva<br />

sott'occhio i fasti consolari 18 .<br />

Tale spiegazione è certamente conetta. Tuttavia non è sufficiente a spiegare<br />

quanto segue, cioè la difform<strong>it</strong>à dei racconti di Polibio e Zonara 19 .<br />

17 LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 64 parla di annus mirabilis per Cartagine.<br />

18 G. DE SANCTIS, Storia dei Romani ULI L'età delle guerre puniche. Il pensiero storico 38,<br />

Torino 1916, 222 dell'ed. del 1967 dalla quale sempre si c<strong>it</strong>erà in segu<strong>it</strong>o.<br />

19 In quanto segue si è deciso di analizzare le due linee narrative, tra loro evidentemente<br />

distinte, presenti in Polibio e in Zonara, il quale, com'è noto, ep<strong>it</strong>oma Cassio Dione. Si sono tralasciati<br />

i frammenti di Diodoro Siculo, il quale segue la stessa tradizione di Polibio, largamente<br />

deb<strong>it</strong>rice nei confronti di Filino di Agrigento, seppure con differenze anche sostanziali, che sono<br />

state molto bene analizzate da DE SANCTIS, SR IUI, c<strong>it</strong>., 225-229 alle considerazioni del quale<br />

nulla di nuovo mi sembra di poter aggiungere. Lo stesso dicasi per le altre fonti minori.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 55<br />

Seguendo Polibio, negli anni dal 249 al 242 i Romani, concentratisi sulla<br />

guena di tena dopo i disastri navali, s'impegnarono a tenere le posizioni guadagnate<br />

dai consoli del 254, A. Afilio Calatino e Cn. Comelio Scipione Asina.<br />

L'eparchia punica in Sicilia praticamente non esisteva più, Agrigento, Cefalù,<br />

Palermo, Solunto, Tindari, Trapani vennero occupate dai Romani, senza che la<br />

tradizione storiografica registri grandi scontri. Dopo la v<strong>it</strong>toriosa difesa di Palermo<br />

da parte di Cecilio Metello nel 250, non sembra che vi siano stati ulteriori<br />

tentativi da parte dei Cartaginesi di rioccupare stabilmente le loro principali piazzeforti.<br />

Quando nel 247 Amilcare Barca sbarcò in Sicilia egli non aveva posizioni<br />

da tenere, ma era completamente libero di agire all'offensiva. Lo fece con grande<br />

astuzia, inaugurando una nuova fase della guena. Per descrivere la s<strong>it</strong>uazione dei<br />

contendenti in questa fase dello scontro Polibio utilizza una metafora sportiva:<br />

Come, infatti, nel caso dei pugili eccellenti sia per valore sia per destrezza, quando,<br />

in competizione per la stessa corona, lottano portandosi colpo su colpo, incessantemente,<br />

non è possibile né ai combattenti né agli spettatori tenere conto o prevedere ciascun attacco<br />

e ciascun colpo, ma si può, dall'energia complessiva degli uomini e dall'impegno<br />

di ciascuno dei due, farsi un'idea sufficientemente chiara sia della loro abil<strong>it</strong>à, sia della<br />

loro forza, nonché del loro coraggio, così è anche per i comandanti di cui ora si parla 20 .<br />

Amilcare occupò due posizioni particolarmente forti, non custod<strong>it</strong>e, ma strategicamente<br />

molto importanti per mettere a repentaglio il controllo romano nella<br />

Sicilia occidentale. Si trattava di due local<strong>it</strong>à lontane tra loro, certamente in comunicazione<br />

con il mare, facilmente difendibili da un numero esiguo di soldati.<br />

Amilcare tenne queste posizioni per diversi anni, non rinunciando mai ad attaccare<br />

da lì perfino il ten<strong>it</strong>orio <strong>it</strong>alico. È mer<strong>it</strong>o di Loreto aver messo bene in evidenza<br />

come quest'attiv<strong>it</strong>à navale di Amilcare, lungi da essere un'appendice alla<br />

sua azione tenestre - cosi la presenta Polibio - fosse in realtà l'azione strategica<br />

principale di Cartagine, perfettamente conforme alla macrostrategia cartaginese<br />

tutta incentrata sul sea-power 2 \<br />

La prima posizione a essere occupata fu xòv èia xr[q EipKxfiç ^eyofrevov TóJIOV,<br />

«il luogo detto 'all'Eircte'», che viene descr<strong>it</strong>to prima «nel terr<strong>it</strong>orio di Palermo».<br />

(Tipòc xfiv Havopimiv), quindi, sub<strong>it</strong>o dopo, «che si trova tra Erice e Palermo, sul<br />

mare», (oc Ksixai [lèv 'EpuKoç Kai Havopixon iiexaÇù jtpoç Ga^axxrj). L'identificazione<br />

del luogo oscilla tra il Monte Pellegrino, sub<strong>it</strong>o a nord-ovest di Palermo, il<br />

Monte Castellaccio, collocato sub<strong>it</strong>o a ovest del Pellegrino, alle spalle dell'Isola<br />

delle Femmine, e il Monte Pecoraro, collocato più a ovest, proprio in prossim<strong>it</strong>à<br />

20 POLYB. 1,57,1-2.<br />

21 LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 57-62.


56 TOMMASO GNOLI<br />

dell'Aeroporto intemazionale di Punta Raisi, che delim<strong>it</strong>a, con il Monte Cofano<br />

all'estrem<strong>it</strong>à opposta, l'ampia insenatura di Castellammare del Golfo.<br />

La recente indagine condotta sull'argomento da B. Dexter Hoyos, pur non<br />

riuscendo a risolvere tutte le contraddizioni della descrizione polibiana, sembra<br />

abbastanza convincente nel perorare la causa del Monte Castellaccio 22 . Particolarmente<br />

efficace mi sembra l'annotazione che, nei pressi del Monte Pellegrino,<br />

non vi sarebbero porti naturali importanti se non Mondello, la cui posizione risulta<br />

però molto difficile da difendere, e il fatto che non sembrano esserci agevoli<br />

discese a mare dalla somm<strong>it</strong>à del monte, mentre, nel caso del Monte Pecoraro, il<br />

Golfo di Carini presenta caratteristiche molto più soddisfacenti 23 .<br />

Qualunque fosse effettivamente il «luogo presso Eircte»., Polibio (1,56,11)<br />

sostiene che di lì i Cartaginesi provocarono a battaglia i Romani «per circa tre<br />

anni». Dal momento che lo sbarco di Amilcare in Sicilia si può collocare con<br />

certezza almeno alla primavera del 247 24 , ne consegue che egli tenne la posizione<br />

dal 247 al 245/4 a.C.<br />

Polibio prosegue quindi la sua nanazione raccontando dell'occupazione della<br />

«c<strong>it</strong>tà degli Ericini» da parte di Amilcare Barca, senza soluzione di continu<strong>it</strong>à.<br />

Dal momento che quest'ultimo episodio è la diretta introduzione alla decisiva<br />

battaglia navale che si svolse al largo delle Egadi, mi riprometto di tornarvi nel §<br />

3. Per ora sia sufficiente rilevare come il silenzio di Polibio su altri eventi che dovettero<br />

nel frattempo accadere altrove, specialmente in Africa, rende di difficile<br />

comprensione anche quanto avvenne in Sicilia: non si capisce, in particolare, perché<br />

i Cartaginesi non abbiano in alcun modo approf<strong>it</strong>tato dell'insperato vantaggio<br />

acquis<strong>it</strong>o sul mare dopo i disastri romani del 249 25 .<br />

22<br />

D. HOYOS, Identifying Hamilcar Barcas Heights of Heirate, «Historia» 50,2001,490-495 .<br />

23<br />

Ciò non toglie che, anche nella ricostruzione di Hoyos, permangano delle difficoltà: una fra<br />

tutte quella che riguarda l'interpretazione di POLYB. 1,56,4: ecm yòp ópoc Trepixopov è^ovEOTTiKÒc<br />

éK xfiç 7tepiKsipévT|ç xrâpaç eiç v\\ioq iicavóv. TOUTOU 5' f) 7tepi|i£Tpoç rfiç avto (rrecpavriç où Xevnei<br />

TMV éKoiTÒv crraôicov, ù(p' ijç ò Tteptexonevoç TOTIOç eößoroc ÚTtápxsi Kai yecopyiicniroç, Ttpoç pèv<br />

ràç neXayiovq jrvoiàç Evxpucoç Ksipevoç, Oavaaincov ôè Oripúov eiç xéXoq &|ioipoç. «È, infatti, un<br />

monte dirupato, che si innalza sul terr<strong>it</strong>orio circostante per un'alt<strong>it</strong>udine notevole. Il perimetro<br />

del suo ciglio superiore non è inferiore ai cento stadi, e sotto di esso la zona circostante è ricca<br />

di pascoli e coltivabile, favorevolmente esposta al soffio dei venti marini, nonché completamente<br />

libera da animali pericolosi». Secondo Hoyos l'espressione úcj)' fjç 6 îiepiexopevoç TOTIOç andrebbe<br />

invece intesa «the s<strong>it</strong>e enclosed by (the crest)», Ibid., 493. Meno significativa è invece la questione<br />

dell'alternativa Monte Castellaccio/Monte Pecoraro.<br />

24<br />

POLYB. 1,56, 2: STOç 5' rjv àtcrcoKaiôéKaTov z& jroÀé|xcp «Era il diciottesimo anno di guerra»<br />

= 248/7 a.C.<br />

25<br />

Una spiegazione a questo interrogativo la offre LORETO, La grande strategia di Roma,<br />

c<strong>it</strong>., 70-74: i Cartaginesi non avrebbero approf<strong>it</strong>tato dei successi del 249 perché avevano già ottenuto<br />

quel che cercavano: il pieno controllo del quadrante navale delle operazioni, considerato<br />

strategicamente l'unico veramente rilevante per Cartagine. Questa spiegazione è persuasiva di


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 57<br />

Al contrario, Zonara, pur nella brev<strong>it</strong>à e superficial<strong>it</strong>à del suo racconto, inserisce<br />

episodi del tutto assenti in Polibio. Di particolare importanza per noi è la<br />

descrizione delle imprese di pirateria sulle coste africane compiute da squadre<br />

navali private:<br />

L'anno successivo [247] i Romani ufficialmente si r<strong>it</strong>irarono dalla guerra per mare, a<br />

motivo dei rovesci e delle spese, ma alcuni individui privati chiesero delle navi a condizione<br />

di restaurarle e di appropriarsi di tutto il bottino depredato; e tra gli altri danni che<br />

essi inflissero al nemico essi salparono verso Ippona, una c<strong>it</strong>tà africana, e li ridussero in<br />

cenere tutte le navi e molti edifici. Gli ab<strong>it</strong>anti misero catene all'imboccatura del porto<br />

e gli invasori si trovarono chiusi, ma riuscirono a salvarsi con furbizia e buona fortuna.<br />

Essi si lanciarono rapidamente contro le catene, e proprio nel momento in cui i rostri<br />

delle navi stavano per impigliarcisi, i membri dell'equipaggio andarono indietro verso la<br />

poppa, e cosi le prue, essendosi allegger<strong>it</strong>e, superarono le catene; poi di nuovo, correndo<br />

verso le prore, le poppe delle navi furono sufficientemente sollevate in aria. Così costoro<br />

effettuarono la loro fuga, e successivamente, presso Palermo, batterono i Cartaginesi con<br />

queste navi 26 .<br />

È lec<strong>it</strong>o r<strong>it</strong>enere che la fonte di Cassio Dione (Zonara) fosse più esplic<strong>it</strong>a sulla<br />

guena corsara messa in piedi da Roma in questo frangente. L'unico appiglio che<br />

resta oggi per la comprensione di questi interessanti eventi è l'opposizione tra gli<br />

avverbi, ôr||j,oaig e i5ig, che introducono questo racconto: vi sarebbe stata una decisione<br />

ufficiale, pubblica, di r<strong>it</strong>irarsi dalle attiv<strong>it</strong>à marinaresche, e nel contempo<br />

un'incentivazione ai privati (forse per lo più sodi navales?) ad intraprendere attiv<strong>it</strong>à<br />

corsare? Zonara è l'unico a parlarcene, in due luoghi, e non è possibile dire di<br />

più al riguardo. Nonostante il fatto che l'episodio riportato, relativo alla fuga da<br />

Ippona, sia del tutto incredibile, non pare vadano messe in dubbio l'esistenza di<br />

attiv<strong>it</strong>à corsare sulle coste libiche. D'altro canto, sembra pure anischiato r<strong>it</strong>enere<br />

che dei privati potessero sfidare più o meno apertamente la rinnovata talassocrazia<br />

cartaginese.<br />

per sé, ma non spiega come mai in quegli anni i Cartaginesi abbiano accettato di buon grado un<br />

ruolo evidentemente subalterno, e lim<strong>it</strong>ato sulla difensiva, e comunque su azioni di disturbo, in<br />

Sicilia. La spiegazione di Loreto, pertanto, va a mio avviso integrata con quanto si sostiene qui.<br />

26 ZON. 8,16 (II 219, 20-220, 6 Dindorf): T& 6' éi;f|ç STSI TOù Oa^axTÍou TcoXenou 8T)noaia<br />

|xèv oi 'Pconaioi ajiécxovTO olà ràç àmxiaç Kai 5ià xà avaMjuara, loia ôé TIVSç vf\ac, ainÎGavTEç,<br />

(SUT' sKEÎvaç pèv àTtoKaTaarnaai, rfiv X^lav ôè oÎKeubaaaôai, âXka TS TOùç JIOàEIIîOUç eKáKcoaav,<br />

Kai èç 'Iroicôva Aißuicfiv Jió^-iv eioTt^euaavTeç Tó TE nXoXa nàvza Kaì TtoXÀà TCOV oùcooourmÓTCOv<br />

Karéjipriaav. TCDV 5' ÈTtixcopicov Tò aTÓ|xa TOû Xipévoç SiaXaßovrcov àtóceaiv, év TiepicTácEi èyévovro,<br />

aoqna 5È Kaì xúxn îtspieyévovm aTtouSfj yap Taîç átóoeai TipoovteoovTSC, ETISí jtpoaá\|/ao9ai<br />

aÙTCôv eps^-ov oí epßoXoi TCöV vt\&v, p8TeöTT|cav sc ràç Ttpúpvac oí TOù TtfoiprópaTOC, Kaì otkcoç<br />

ai jiprôpai KoiKpiaOsioai wiepfípav ràç aÀuasiç, aiSôiç 5' éç ràç Ttpœpaç aÙTcav (ieTa7tri5r|aávT©v<br />

ai 7ipú|j,vai TWV oKa(pc&v eixsTscopíoGriaav. Kaì Ste^éSpapov, Kai liera TOûTO Ttepì Tò návop^ov<br />

vancí KapxtlSoviouç svíicrioav.


58<br />

TOMMASO GNOLI<br />

Certo è che la fonte di Zonara per le vicende navali dell'ultima parte del confl<strong>it</strong>to<br />

era pessima: all'episodio inverosimile 27 sopra riportato fa infatti appendant<br />

il prodigio, nanato successivamente e sempre in contesti nanativi molto distanti<br />

da Polibio, che si sarebbe verificato sub<strong>it</strong>o prima della battaglia delle Egadi, con<br />

le squadre navali disposte in ordine di battaglia. Anche quello, come questo, è<br />

del tutto incredibile, e presuppone uno svolgimento dei fatti incompatibile con la<br />

dinamica oramai accertata del grande scontro navale.<br />

Dopo aver indugiato sull'assedio di Trapani e sui combattimenti che portarono<br />

al controllo dell'isoletta chiamata Pelias, oggi Colombaia, Zonara inserisce<br />

alcune considerazioni che spiegavano proprio nell'annual<strong>it</strong>à dei comandi mil<strong>it</strong>ari<br />

romani la scarsa efficacia delle operazioni mil<strong>it</strong>ari che in quel periodo vennero<br />

intraprese («i comandanti se ne andavano proprio nel momento in cui avevano<br />

appreso l'arte del comando») 28 . Solo a questo punto viene ripreso il discorso dei<br />

privati (iôuaxai) che avevano armato le navi:<br />

i Galli, che combattevano come alleati dei Cartaginesi, e li odiavano, perché i loro padroni<br />

li maltrattavano, cedettero ai Romani per denaro una fortezza che era stata loro affidata.<br />

I Romani accettarono il servizio mercenario dei Galli e di altri tra gli alleati di Cartagine<br />

che si erano rivoltati contro il loro servizio; mai prima di allora essi avevano accettato<br />

stranieri nell'eserc<strong>it</strong>o. Resi euforici da tutto ciò, e inoltre per la devastazione dell'Africa<br />

da parte di privati c<strong>it</strong>tadini che avevano armato delle navi, essi non volevano più disinteressarsi<br />

del mare, e misero insieme di nuovo una flotta 29 .<br />

Secondo Cassio Dione/Zonara, la decisione di ricostruire una flotta sarebbe<br />

intervenuta grazie all'esempio delle fortunate imprese fom<strong>it</strong>e dai privati, e in<br />

concom<strong>it</strong>anza di un evento insperato: il tradimento di un gruppo di mercenari<br />

al servizio di Cartagine. Benché non sia detto in modo esplic<strong>it</strong>o, dovette esservi<br />

27 Non mi sembra che il fatto che FRONTINO, Strat. 1,5,6, attribuisca lo stesso episodio al<br />

console Duellius, che ne sarebbe stato il protagonista nel porto di Siracusa, sia significativo per<br />

il nostro discorso. Né il fatto che F.W. WALBANK, A Historical Commentary on Polybius; vol.<br />

1: Commentary on Books I-VI, Oxford 1957, 108 sia riusc<strong>it</strong>o a trovare un parallelo negli archivi<br />

della Royal Navy aggiunge credibil<strong>it</strong>à al racconto: la chiusura dei porti con catene era pratica<br />

sicurissima e utilizzatissima fino in età moderna (si cfr., a t<strong>it</strong>olo d'esempio, la chiesa di S. Maria<br />

della Catena, s<strong>it</strong>uata all'imboccatura del porto antico di Palermo). DE SANCTIS, SR III, 1, c<strong>it</strong>.,<br />

233. attribuisce l'episodio alla «annalistica recente».<br />

28 ZON. 8,16 (II220, 29-30 DlNDORF): apri ôè Tf)v arparriytav [xavOavovrac rflc âpxfiç STiauov.<br />

29 ZON. 8,16 (II 220, 32-221, 9 DINDORF): Oí Takázm ôè TOîç Kapxnôovioiç crupuaxonvTsç,<br />

Kaì lucowteç aùroùç on KaKrâç perexeipiÇovro ocpaç, (ppoupiou TIVôç


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 59 .<br />

una decisione formale del Senato, che è possibile intrawedere dietro l'anodina<br />

espressione oùicéxt à^ieXeiv xfjç Ga^áocrric TíOSXOV. Tale decisione è esplic<strong>it</strong>amente<br />

testimoniata da Polibio e dall'iscrizione rinvenuta nel nuovo rostro 30 .<br />

Resta tuttavia il fatto che è molto difficile farsi un'idea esatta degli avvenimenti<br />

successivi ai naufragi romani del 249, a parte la guena di posizione impegnata<br />

in Sicilia da Amilcare Barca, sulla quale si diffonde Polibio. Quest'ultimo<br />

non c<strong>it</strong>a in alcun modo le vicende africane, ma è l'unica fonte a fomire dettagli<br />

rilevanti sulla decisione del Senato di riprendere la guena per mare del 243. Tali<br />

dettagli, inoltre, sono perfettamente confermati dall'iscrizione recentemente scoperta.<br />

D'altro canto, Cassio Dione, nella semplificata versione di Zonara, fomisce<br />

elementi importanti sulle operazioni navali degli anni tra il 249 e il 243, ma si<br />

lim<strong>it</strong>a a un oscurissimo accenno per quanto riguarda la decisione del Senato del<br />

243, che solo il confronto con Polibio, e ora con la nuova iscrizione, rende perspicuo.<br />

Non solo, altro elemento di differenza tra Polibio e Cassio Dione/Zonara è<br />

rappresentato dal completo silenzio del primo, nel luogo appropriato, sul tradimento<br />

dei Galli a servizio di Cartagine. È significativo che una delle migliori<br />

e più dettagliate ricostruzioni moderne di quegli avvenimenti, quella forn<strong>it</strong>a da<br />

Gaetano De Sanctis per tram<strong>it</strong>e di un'attentissima e completissima escussione di<br />

tutte le fonti allora disponibili, dimentichi a sua volta l'episodio. Eppure il breve<br />

cenno di Zonara sopra riportato indica che la cessione della fortezza da parte dei<br />

mercenari Galli di Cartagine aveva una certa importanza nell'economia del racconto<br />

dioneo: fu per l'ottimismo susc<strong>it</strong>ato «da tutte queste notizie» - cioè dalla<br />

diserzione dei mercenari Galli e dai successi delle flotte corsare - che il Senato<br />

(non menzionato esplic<strong>it</strong>amente) decise oÙKéxt à^is^eiv xfjç OaAaaaric. Certamente<br />

ha nuociuto all'importanza data dai modemi all'episodio la sciatteria di Zonara<br />

che, nell'ansia di abbreviare il testo dioneo, ha addir<strong>it</strong>tura omesso di indicare la<br />

posizione deiphroiirion consegnato dai Galli ai Romani, rendendo questa vicenda<br />

del tutto inutile alla ricostruzione degli avvenimenti. Eppure, se inquadrata<br />

nell'insieme dello scarno resoconto di Zonara, essa non è inutile. In realtà Polibio<br />

non tace sull'episodio, ma sembra dimenticarsene nel luogo appropriato. Solo<br />

successivamente, parlando nel secondo libro della rivolta dei mercenari di Cartagine,<br />

si soffermerà sull'episodio (2,7,6-11), e allora, come suo sol<strong>it</strong>o, sarà molto<br />

più esplic<strong>it</strong>o, chiaro e utile di Zonara: questa banda di circa 3.000 Galli al servizio<br />

di Cartagine venne dapprima impiegata come parte della guarnigione cartaginese<br />

di Agrigento, nel 261. Lì essi ebbero un molo di rilievo durante i disordini che<br />

si verificarono a causa del mancato pagamento del soldo. Quindi, circa 1.000 di<br />

loro, nel 242, provarono a tradire cedendo la loro piazzaforte ai Romani sul mon-<br />

Cfr. infra § 2.


60 TOMMASO GNOLI<br />

te Erice. Quando videro che questo piano era oramai fall<strong>it</strong>o, passarono senz'altro<br />

al nemico, che li impiegò a guardia del tempio di Venere Ericina, in cima al<br />

monte, ma questa masnada indisciplinata saccheggiò anche l'antico santuario,<br />

cosicché, fin<strong>it</strong>a la guena contro Cartagine, i Romani li espulsero dall'Italia. 800<br />

di loro vennero quindi reclutati dalla popolazione della c<strong>it</strong>tà di Phoinike, in Epiro,<br />

ma tradirono anche loro, consegnandoli agli Illiri. Frattanto altri 2.000, al comando<br />

di Autar<strong>it</strong>o, tomarono in Africa e presero parte al grande ammutinamento dei<br />

mercenari. Molti di loro vennero uccisi in battaglia combattendo contro il loro<br />

comandante di un tempo, Amilcare Barca (2,78,12), e il loro capo Autar<strong>it</strong>o venne<br />

alla fine crocifisso (2,86, 4) 31 .<br />

Possiamo essere quindi certi che il vago accenno di Zonara sia da identificarsi<br />

con il decontestualizzato (dal punto di vista cronologico) racconto polibiano, e<br />

che il luogo del tradimento dei Galli sia stato «all'Erice». Appare anche certo<br />

quanto dice Zonara riguardo all'importanza di questo avvenimento che, per la<br />

prima volta, sembrava sbloccare una s<strong>it</strong>uazione incancren<strong>it</strong>a in una guena di posizione<br />

che sembrava non poter avere una fine prossima. L'enfasi di Zonara appare<br />

del tutto giustificata, mentre è veramente sorprendente il silenzio polibiano<br />

sulla vicenda, nel suo luogo.<br />

A parte le grandi differenze nella qual<strong>it</strong>à delle informazioni che sull'episodio<br />

fomiscono Polibio e Zonara, resta il fatto che Polibio non sottolinea la circostanza<br />

che a Roma «mai prima d'allora si era assoldato un eserc<strong>it</strong>o straniero». (|j,f|Jico<br />

jrpóxepov xpécpovxeç ^eviKÓv). Non c'è da sorprendersi. Per chi scriveva una storia<br />

di Roma negli anni '40 del secondo secolo a.C. l'episodio dei Galli armolati<br />

da Roma poteva sembrare un episodio circoscr<strong>it</strong>to e perfettamente inquadrabile<br />

nell'economia di quella particolarissima fase della guena: nulla che fosse degno<br />

di particolari considerazioni sul piano ist<strong>it</strong>uzionale, nel quale, com'è noto, Roma<br />

era fortemente connotata, sul piano mil<strong>it</strong>are, dal suo eserc<strong>it</strong>o c<strong>it</strong>tadino 32 . Ben diverso<br />

il discorso invece per chi scriveva la sua storia trecento anni dopo, quando<br />

l'impiego di gentes externae nelle file degli ausiliari cominciava a diventare un<br />

uso inquietante, tanto comune che un re straniero poteva dire, dopo aver vinto le<br />

31 L. LORETO, La grande insurrezione lìbica contro Cartagine del 241-237 a.C: Una storia<br />

pol<strong>it</strong>ica e mil<strong>it</strong>are. Collection de l'École française de Rome Rome 1995; J.F. LAZENBY, The First<br />

Punic War, A mil<strong>it</strong>ary history, London 1996, 149-150; A.C. FARISELLI, I mercenari dì Cartagine,<br />

Biblioteca della Rivista di studi punici 1, La Spezia 2002.<br />

32 G. BRIZZI, Il guerriero, l'opl<strong>it</strong>a, il legionario. Gli eserc<strong>it</strong>i nel mondo classico. Universale<br />

Paperbacks 433, Bologna 2002. Ha ragione Loreto, La grande insurrezione libica, c<strong>it</strong>., 4-7; a<br />

rilevare la vera e propria ossessione che Polibio nutriva nei confronti degli eserc<strong>it</strong>i mercenari, ai<br />

quali attribuiva buona parte delle disgrazie che colpivano le monarchie ellenistiche dei suoi tempi,<br />

rendendole mil<strong>it</strong>armente inferiori a Roma. Tuttavia questo accenno all'arruolamento di mercenari<br />

transfughi cartaginesi all'interno dell'eserc<strong>it</strong>o romano non viene ripreso in alcun punto della superst<strong>it</strong>e<br />

opera polibiana, circostanza che autorizza, a mio parere, le conclusioni espresse nel testo.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 61<br />

legioni romane in campo aperto, di aver combattuto «contro un eserc<strong>it</strong>o di Romani,<br />

di Goti e di Germania» 33 .<br />

Credo pertanto che nella sopra riportata frase di Zonara si nasconda un'aggiunta<br />

autonoma di Cassio Dione, che evidentemente, in questo luogo, si lasciava<br />

andare a considerazioni di contenuto moraleggiante, che l'asciutto riassunto del<br />

tardo compilatore non è riusc<strong>it</strong>o del tutto a cancellare. A un'attenta rilettura delle<br />

vicende degli anni dal 249 al 241, cosi come sono state riassunte da Zonara, non<br />

è questa l'unica aggiunta dionea individuabile.<br />

La prima digressione è rappresentata dalla già menzionata annotazione<br />

dell'incapac<strong>it</strong>à dei Romani a condune con efficacia la guena, visti i continui<br />

cambiamenti al vertice imposti dall'ordinamento cost<strong>it</strong>uzionale repubblicano.<br />

Pur rimanendo incerte le fonti di Cassio Dione, è altamente improbabile che una<br />

simile considerazione trovasse posto in un autore di età repubblicana, mentre appare<br />

molto più consona all'ideologia («severiana», seppure m<strong>it</strong>igata da echi filorepubblicani<br />

molto prudenti) di Cassio Dione, così come la possiamo ricostruire<br />

su basi sicure (Dio, libro 52). De Sanctis preferisce pensare a una fonte estranea<br />

al mondo romano, cioè a Filino 34 , ma mi sembra una soluzione poco probabile.<br />

La notizia è collocata immediatamente dopo quella dello scambio di prigionieri<br />

che avrebbe avuto luogo tra Roma e Cartagine, e immediatamente prima del<br />

brano relativo alla rivolta dei mercenari Galli che abbiamo sopra riportato e commentato.<br />

Mi sembra molto più probabile, pertanto, che sia la cr<strong>it</strong>ica alla discontinu<strong>it</strong>à<br />

del comando, sia quella relativa all'annoiamento di transfughi cartaginesi<br />

possano essere considerate come aggiunte autonome di Cassio Dione recep<strong>it</strong>e da<br />

Zonara, e che non fossero presenti nelle fonti più antiche.<br />

Anche la terza notizia che riscontriamo nel solo Zonara può senz'altro essere<br />

attribu<strong>it</strong>a alla penna di Cassio Dione. Si tratta del prodigio che sarebbe avvenuto<br />

sub<strong>it</strong>o prima dello scontro navale al largo delle Egadi: una meteora, apparsa a<br />

sinistra dei Cartaginesi «una volta che le due flotte si erano disposte in ordine di<br />

battaglia», sarebbe caduta sullo schieramento punico 35 .<br />

33 L'espressione è riportata nell'iscrizione commemorativa delle imprese del Gran Re persiano<br />

Säbuhr I, messa in opera attorno al 270 d.C. nella Ka'ba di Zarathustra, in Iran. Il passo fa<br />

riferimento alla battaglia di Misiche, dove venne fer<strong>it</strong>o a morte l'imperatore Gordiano III (244<br />

d.C). Su questo passo attirò l'attenzione S. MAZZARINO, L'Impero romano, Roma-Bari 1973;<br />

cfr. ora A. PIRAS, / Germani nell'iscrizione sassanìde Res gestae divi Saporìs, in A. Zironi ed.,<br />

Wentilseo. I Germani sulle sponde del Mare Nostrum. Atti del Convegno Internazionale di Studi.<br />

Padova, 13-15 ottobre 1999, 2001, 71-82; G. GNOLI, Rostovtzeff, Mazzarino e le Res Gestae Divi<br />

Saporis, «MedAnt». 7, 2004, 181-193.<br />

34 DE SANCTIS, SR III, 1, c<strong>it</strong>., 175 n. 78. cfr. però la contraddizione a p. 231: «Non è per<br />

esempio di Dione ma d'un acuto osservatore contemporaneo l'avvertenza sugli inconvenienti del<br />

mutar generale ogni anno che facevano i Romani».<br />

35 Su questo credo possano nutrirsi pochi dubbi. Cfr. ad es. quanto detto da F. MILLAR, A


62 TOMMASO GNOLI<br />

Riassumendo quanto finora esposto sulle fonti relative agli anni che vanno<br />

dai grandi naufragi romani del 249 alla battaglia delle Egadi del 241, i due filoni<br />

che fanno capo rispettivamente a Polibio e a Zonara/Cassio Dione sono fra loro<br />

indipendenti. Vengono addir<strong>it</strong>tura scelti episodi diversi di questa complicata e<br />

lunghissima guena, cosa che non può stupire, dal momento che in questi anni le<br />

azioni belliche si polverizzano, venendo a mancare una decisa strategia da entrambe<br />

le parti 36 . E tuttavia non ci si può lim<strong>it</strong>are a questo. Zonara sembra seguire<br />

una fonte ben consapevole dello svolgimento delle attiv<strong>it</strong>à belliche da parte di<br />

Cartagine in Africa, a segu<strong>it</strong>o degli sconquassi che la spedizione di Afilio Regolo<br />

vi aveva prodotto nei rapporti tra la c<strong>it</strong>tà dominante e le comun<strong>it</strong>à indigene, mentre<br />

Polibio non si cura affatto di questo. Egli si concentra sugli scontri in Sicilia,<br />

ma, nel far ciò, giunge a pregiudicare la comprensione stessa degli eventi che<br />

gli stanno a cuore. Nonostante questo marcato interesse «africano», di Zonara e<br />

«siciliano», di Polibio, non si può dire che le fonti del primo fossero in qualche<br />

modo filo-cartaginesi. Anzi. Zonara è l'unico che lasci intrawedere con qualche<br />

rapido accenno il dissidio intemo che si era venuto a creare a Roma all'indomani<br />

dei naufragi, con le conseguenti decisioni di r<strong>it</strong>irarsi «pubblicamente» dalla guerra<br />

sul mare, consentendola, però, «privatamente» a chi fosse in grado di armare<br />

le imbarcazioni. Polibio, al contrario, pur nanando con impegno le vicende siciliane,<br />

non fa menzione di nulla di tutto ciò. Tuttavia, come di consueto, quando<br />

egli deciderà di spostare il suo sguardo su Roma e sulle decisioni del Senato, le<br />

sue informazioni saranno dettagliate, precise, e del massimo valore 37 . Il problema<br />

di Polibio, quindi, non è certo rappresentato dalle notizie a sua disposizione o<br />

da mancanza d'informazione, ma, evidentemente, da precise strategie nanative<br />

presenti nelle sue fonti.<br />

Le fonti di Polibio sono state da lungo tempo individuate 38 . Egli utilizza, nel<br />

study of Cassius Dio, Oxford 1964, 77: «Narrative ruled supreme and Dio's comments are mere<br />

adornments to <strong>it</strong>. The same is in part true of the immense number of prodigies and portents which<br />

fill his pages. They could serve a l<strong>it</strong>erary and dramatic aim in forming a prelude to a great event<br />

or, alternatively, light relief and contrasting detail ... he really believed in them ... None the less<br />

<strong>it</strong> would be going much too far to say that divine intervention functions as an altemative type of<br />

historical explanation in his History ... his use of prodigies and portents is harmless and trivial, not<br />

affecting his treatment of events, and hardly deserving the scom which some have poured on <strong>it</strong>».<br />

36 Sulla scelta di raccontare episodi diversi di questa lunghissima guerra cfr. quanto detto molto<br />

giustamente da DE SANCTIS, SR III, I, c<strong>it</strong>., 124 n. 66: «La prima punica fu del resto ricchissima<br />

di combattimenti; e il trovare in una delle fonti menzionato taluno di cui le altre non fanno parola<br />

non deve far meraviglia; ne farebbe, anzi, il contrario».<br />

37 Cfr. quanto si dirà in segu<strong>it</strong>o riguardo al prest<strong>it</strong>o forzoso del 243/2.<br />

38 C. DAVIN, Be<strong>it</strong>räge zur Kr<strong>it</strong>ik der Quellen des ersten punischen Krieges, Grossherzogliches<br />

Gymnasium Fridericianum Schwerin 1889; DE SANCTIS, SR III, 1, c<strong>it</strong>., 218-240., 218: «Due<br />

fonti ebbe innanzi a sé Polibio scrivendo nel primo libro delle sue storie intomo alla prima guerra


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 63<br />

primo libro delle sue Storie, e nel racconto di questi anni in particolare, Fabio<br />

P<strong>it</strong>tore e Filino di Agrigento. Si è discusso a lungo, e si continuerà, per cercare<br />

di attribuire questa o quella notizia all'una o all'altra fonte, ma i dati generali<br />

della costruzione del primo libro delle Storie di Polibio sembrano oramai certi.<br />

In particolare, per quanto riguarda gli eventi che qui ci interessano, si può dire<br />

che a Filino risalgono molti dei dettagli topografici relativi agli scontri combattuti<br />

sull'Eirkte prima, a Palermo, Trapani, Lilibeo e sull'Erice poi, mentre di derivazione<br />

certamente fabiana sono tutte le notizie relative alle decisioni che vennero<br />

intraprese a Roma nel 243/2 a.C. in vista della ricostmzione della flotta da guer-<br />

39<br />

ra .<br />

È naturale che, nel descrivere con la massima fedeltà possibile i luoghi teatro<br />

di questi interminabili e inconcludenti combattimenti Polibio abbia scelto la fonte<br />

che sembrava offrire maggiori garanzie in questo campo, cioè Filino. Se così<br />

fosse, allora è possibile r<strong>it</strong>enere che le notizie relative ai corsari che agivano per<br />

conto di Roma sulle coste africane fossero parte della nanazione di Fabio P<strong>it</strong>tore,<br />

e che Polibio le abbia trascurate, così come ha generalmente trascurato Fabio nel<br />

racconto degli eventi di questi anni.<br />

2.1 rostri, le navi e il prest<strong>it</strong>o del 243/2<br />

Se quindi, come si è visto, è possibile individuare diversi filoni nelle fonti<br />

relative agli anni conclusivi della Prima Guena Punica, c'è un punto importante<br />

sul quale tutte le fonti a nostra disposizione concordano: la flotta che venne<br />

costru<strong>it</strong>a a Roma su iniziativa pubblica nel 243/2 40 fu composta prevalentemente<br />

da quinquiremi, costm<strong>it</strong>e prendendo a modello un'imbarcazione punica, che<br />

punica, e due sole, l'annalista romano Fabio P<strong>it</strong>tore e Filino di Agrigento. Egli avvertì facilmente<br />

la parzial<strong>it</strong>à del primo per Roma, del secondo per Cartagine. Ma, simili i due storici in questo,<br />

pel rimanente Filino, spettatore dei fatti che narrava ... doveva essere assai meglio informato di<br />

Fabio, contemporaneo della seconda punica. Poiché, quando non attingeva a Filino stesso o a<br />

documenti come i Fasti trionfali e le note dei pontefici, Fabio disponeva solo di tradizioni orali<br />

o della narrazione di Nevio, la quale pel suo carattere poetico, non poteva, quanto ai particolari<br />

e alla cronologia, esser molto attendibile».<br />

39 Ibid., 223.<br />

40 Come si vedrà oltre, ci fu una deliberazione ufficiale del Senato. La datazione di tale deliberazione<br />

è incerta, ma sembra molto verosimile r<strong>it</strong>enere che tutte le operazioni connesse alla<br />

decisione, il prest<strong>it</strong>o, la costruzione della fiotta, l'addestramento delle ciurme, il trasferimento<br />

delle imbarcazioni nel teatro di operazioni, infine il lungo addestramento al quale Lutazio Catulo<br />

sottopose le ciurme sul luogo, abbiano necess<strong>it</strong>ato di un certo tempo, tale da rendere plausibile<br />

una datazione all'inverno 243 della deliberazione del Senato; così anche LAZENBY, The First<br />

Punic War, c<strong>it</strong>., 29, 150.


64<br />

TOMMASO GNOLI<br />

era serv<strong>it</strong>a a un certo Annibale, detto Rodio, che l'aveva utilizzata per forzare il<br />

blocco romano stretto attorno a Lilibeo. Su questo punto le differenze riguardano<br />

solamente i dettagli.<br />

Secondo Polibio i Romani per due volte avrebbero copiato le navi dei Cartaginesi<br />

41 . La prima volta lo avrebbero fatto proprio all'inizio della guena, quando si<br />

sarebbero impossessati di una quinquiremi cartaginese che si era arenata durante<br />

le operazioni navali miranti a sventare lo sbarco romano a Messina (1,20,15-16):<br />

Poiché appunto in questa circostanza i Cartaginesi li attaccarono nello stretto e una<br />

loro nave coperta, nello slancio, si spinse avanti, fino ad incagliarsi e cadere nelle mani<br />

dei Romani, essi, allora, usando questa come modello, sulla base di essa costruirono tutta<br />

la flotta, sicché, se ciò non fosse avvenuto, è chiaro che il loro disegno sarebbe stato imped<strong>it</strong>o<br />

del tutto dall'inesperienza 42 .<br />

Si è ben presto riconosciuta la fals<strong>it</strong>à di questa notizia, inser<strong>it</strong>a in un paragrafo<br />

di scarsissimo valore, e che per di più presenta una patente contraddizione<br />

intema 43 . Le motivazioni di questa falsificazione possono ben derivare a Polibio<br />

da Fabio P<strong>it</strong>tore, dal momento che si tratta di un aperto ed entusiastico panegirico<br />

delle capac<strong>it</strong>à e dell'inventiva dei Romani, ma tuttavia dub<strong>it</strong>o che Fabio<br />

41 È possibile che tale tradizione, della duplice cattura di navi cartaginesi utilizzate come<br />

modelli dai Romani, fosse presente anche nella versione di Cassio Dione. Zonara (8,15) infatti,<br />

mostra una confusione tra Annibale Rodio e Annone, che viene così interpretata da DE SANCTIS,<br />

5MII.l,c<strong>it</strong>., 166 n. 58.<br />

42 POLYB. 1,20,15-16: sv cp of) Kaiprà TCöV Kapxnôovicov Kara TòV TiopOpòv éîiavaxOÉVTCûv<br />

aÙTOÎç, Kaì piaç VEòC KaTacppáKTOU olà rfiv Tipoônpiav TipOTtsaouoriç, ràor' ÈiroKsiXaaav ysvéaOat<br />

TOîç 'Pconaioiç ùìio/sipiov, TOóTTI jiapaÔEÎypan xprànsvoi TòTE Tipòc raúrriv ETIOIOöVTO riiv roß<br />

jtavTÒc axökov vaujrriyíav, ràç si nf| TOùTO CTUVéPT) yEVÉaôai, ôfjXov àç ôià riiv àîisipiav sic TS^Oç<br />

av SKmXúOricav Tfjc ETtißoAric.<br />

43 La contraddizione è rappresentata dal fatto che in 1,20,9 i Romani vengono defin<strong>it</strong>i «costruttori<br />

di navi del tutto inesperti nella fabbricazione di quinquiremi, per il fatto che fino ad<br />

allora in Italia nessuno aveva utilizzato mai tali navi», mentre sub<strong>it</strong>o dopo, in 1,20,14, si dice<br />

che «prese a prest<strong>it</strong>o da Tarantini e Locresi, nonché da Eleati e Napoletani, quinquiremi e triremi,<br />

audacemente trasportarono gli uomini su di esse». J.H. THIEL, A History of Roman Sea-Power<br />

before the Second Punic War, Amsterdam 1954, 171-178 si schiera contro la communis opinio,<br />

cercando di difendere il racconto polibiano, che egli fa derivare con sicurezza da Fabio P<strong>it</strong>tore, cfr.<br />

p. 171 - cosa possibile ma non certa. Non mi sembra, tuttavia, che la sua difesa sia persuasiva,<br />

soprattutto quando sostiene che non c'è motivo di dub<strong>it</strong>are delle parole di Polibio quando afferma<br />

(p. 174) che le navi delle c<strong>it</strong>tà magnogreche erano esclusivamente triremi, e non quinquiremi, e che<br />

pertanto i Romani non ne avevano né sarebbero stati in grado di procurarsene senza la fortunata<br />

cattura della nave punica. Polibio, però, come già evidenziato, dopo aver sostenuto questa tesi<br />

(1,20,9) dice esattamente il contrario: 1,20,14: àXkà napa Tapavrivcov Kaì AoKpœv ETI ô' E^Earràv<br />

Kaì NsaìioXraòv CTuyxpriaáiiEvoi 7isvTT|KOVTÓpoi)c Kaì rpuipsiç EJIì TOúTOV TtapaßoXcoc oiEKÓpiaav<br />

TOùç âvôpaç. Non comprendo neanche la difesa di POLYB. 1,20,9 tentata da LORETO, La grande<br />

strategia di Roma, c<strong>it</strong>., 50-51.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 65<br />

avrebbe potuto inconere in una così palesemente assurda pretesa di original<strong>it</strong>à. È<br />

forse dagli ultimi decenni del IV secolo, ma comunque certamente, dai primi del<br />

III, che a Roma veniva coniata moneta di bronzo recante sul rovescio la pma di<br />

una nave da guena 44 . L'ist<strong>it</strong>uzione, ricordata da Livio (9,30,4, cfr. anche 40,18,7;<br />

41,1,2-3), di duoviri navales classis omandae reficiendaeque causa, sono prove<br />

inequivoche della preesistenza di una flotta da guena a Roma, rispetto all'impresa<br />

di Messina. In simili condizioni, sembra strano che uno scr<strong>it</strong>tore romano<br />

potesse ideare una simile invenzione, mentre sembra più probabile attribuire tutto<br />

il paragrafo 20 a Polibio stesso, che r<strong>it</strong>iene in questo modo di essere risal<strong>it</strong>o alle<br />

origini della marineria romana 45 .<br />

A prescindere dal problema della patem<strong>it</strong>à di questa notizia, certo è che essa<br />

è assurda e inverosimile anche dal punto di vista tecnico. Marco Bonino ha esaurientemente<br />

mostrato come i corvi che giganteggiavano sulle prore delle imbarcazioni<br />

la cui costmzione è descr<strong>it</strong>ta da Polibio nei termini che si son visti, sono<br />

del tutto incompatibili con le imbarcazioni di tipo punico che egli dice sarebbero<br />

state il modello per gli arch<strong>it</strong>etti navali romani. In realtà la flotta che sfidò i Cartaginesi<br />

a Milazzo e che diede per la prima volta a Roma la supremazia sui mari<br />

siciliani, dovette essere cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da navi costm<strong>it</strong>e secondo modelli greco-ellenistici,<br />

non punici 46 . Si trattava, cioè, d'imbarcazioni la cui patem<strong>it</strong>à è difficile<br />

stabilire (greco-<strong>it</strong>aliote? Romano-campane?), ma certamente non cartaginesi. La<br />

notizia, inventata da Polibio a maggior gloria di Roma, è falsa 47 .<br />

44 Si tratta dello aes grave libralis del tipo testa di Giano al dr<strong>it</strong>to/prora rostrata al rovescio:<br />

H. A. GRUEBER, Coins of the Roman Republic in the Br<strong>it</strong>ish Museum, I, London 1910, 5-10<br />

n. 1-69; il tipo verrà riprodotto anche sull'agi trientalis, durante la Prima guerra punica, Ibid.<br />

16-26 n. 19-184. Di difficilissima datazione risulta anche un aes signatum, CRAWFORD, Roman<br />

Republican Coinage, tav. C, n. 12/1, che rappresenta D/due polli che beccano per terra con due<br />

stelle al centro/R. due tridenti (o rostri?) affrontati, con due delfini al centro, con datazioni che<br />

oscillano tra il 310 a.C. (L. PEDRONI, Ricerche sulla prima monetazione dì Roma, Napoli 1993)<br />

e il 260-42 (CRAWFORD, RRC, c<strong>it</strong>. 42).<br />

45 Questa stessa convinzione è condivisa da LORETO, La grande strategia dì Roma, c<strong>it</strong>., 2 n. 11.<br />

46 La discussione sui corvi è quanto mai vasta. Io ho consultato con prof<strong>it</strong>to i seguenti lavori:<br />

E. DE SAINT-DENIS, Une machine de guerre mar<strong>it</strong>ime: le corbeau de Duilius, «Latomus» 5, 1946,<br />

359-367, contra J.H. THIEL, Studies on the History of Roman Sea-Power in Republican Times,<br />

Amsterdam 1946,432-447; TmEL, A History of Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 101-128.1 lavori di Bonino<br />

ai quali alludo nel testo sono M. BONINO, Argomenti di arch<strong>it</strong>ettura navale antica. San Giuliano<br />

Terme 2005 e M. BONINO, Navi fenicie e puniche. Temi di archeologia punica 6, Lugano 2009,<br />

41-43. Il testo principale sul quale si discute è naturalmente Polyb. 1,22.<br />

47 Su questo punto non c'è concordia tra gli studiosi. P. es. nel suo eccellente lavoro sulla<br />

marineria cartaginese, l'amico Stefano Medas sembra accettare la notizia polibiana: S. MEDAS, La<br />

marineria cartaginese: le navi, gli uomini, la navigazione, Sardegna archeologica. Scavi e ricerche<br />

2, Sassari 2000, 142: «copiarono probabilmente una pentera con un solo ordine remiero, cioè il<br />

tipo più largo e con il ponte più ampio, quello che avrebbe meglio consent<strong>it</strong>o l'installazione dei<br />

'corvi'», cfr. anche L. BASCH, Le musée imaginaire de la marine antique, Athènes 1987, 353-354.


66<br />

TOMMASO GNOLI<br />

Non conosciamo la fortuna che i corvi ebbero durante la lunga guena contro<br />

Cartagine. Polibio li nomina un'altra volta soltanto (1,27,12 nell'amb<strong>it</strong>o della<br />

battaglia di Capo Ecnomo) 48 , e sembra certo che essi non ebbero un molo di rilievo<br />

in altre grandi battaglie navali. Tuttavia il resoconto polibiano di due distinti<br />

episodi durante la guena chiarisce il gap tecnico esistente tra le navi puniche<br />

e quelle romane. Si tratta della forzatura del blocco navale romano di Lilibeo<br />

da parte dei Cartaginesi e della immediatamente successiva dinamica dell'unica<br />

grande sconf<strong>it</strong>ta navale sub<strong>it</strong>a da Roma durante la guena, nei pressi di Trapani.<br />

, In entrambi gli episodi viene fatto rilevare l'impaccio nella manovra e la lentezza<br />

generale delle navi romane rispetto ai vascelli cartaginesi 49 . A Trapani sarà l'incapac<strong>it</strong>à<br />

di girare su se stesse per uscire dal porto nel quale si erano avventurate<br />

le navi romane a generare il gravissimo disastro.<br />

In particolare però è utile il resoconto dettagliato delle imprese della flotta<br />

punica per scardinare il blocco navale romano di Lilibeo per poter meglio comprendere<br />

la dinamica del successivo scontro delle Egadi.<br />

Secondo Polibio il blocco navale stretto da Roma attorno a Lilibeo venne<br />

forzato dai Cartaginesi diverse volte. Dapprima fu Annibale, figlio di Amilcare, a<br />

forzare con un'intera flotta il blocco navale (1,44), quindi, ripetutamente, un altro<br />

Annibale, detto Rodio, e qualificato come xtç àvfip TCOV évÔoÇcov, «uno dei notabili<br />

(46,4)», riuscì a superare con un'unica nave il blocco portato da ben dieci navi<br />

48 La battaglia è descr<strong>it</strong>ta con molta attenzione ai dettagli da POLYB. 1,26-28, che accenna<br />

ai rostri solamente una volta. THIEL, A History of Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 212-223 esprime molte<br />

riserve di carattere tecnico riguardo alla descrizione polibiana, e alla strategia decisa dai consoli<br />

romani, di portare con sé le navi da carico, che avrebbero rallentato e impacciato la manovra delle<br />

navi da guerra. Lasciando da parte le considerazioni più tecniche, sulle quali mi è impossibile<br />

pronunciarmi, la tattica romana diventa perfettamente comprensibile se Marco Attilio Regolo e<br />

Lucio Manlio Vulsone Longo, i due consoli, fossero stati consapevoli della maggiore lentezza delle<br />

navi da guerra romane, oltre a tutto appesant<strong>it</strong>e dai corvi, e avessero impostato lo scontro non<br />

sull'agil<strong>it</strong>à e le qual<strong>it</strong>à nautiche delle imbarcazioni, bensì sulla compattezza dello schieramento,<br />

raccolto attorno alle navi da carico, che è esattamente quanto dichiara Polibio, seppure con qualche<br />

oscur<strong>it</strong>à. Certo, questa ricostruzione contrasta con la convinzione di Thiel che i Romani si sarebbero<br />

dotati di imbarcazioni di qual<strong>it</strong>à nautiche pari a quelle puniche. D'altro canto, la lentezza delle<br />

imbarcazioni romane rispetto a quelle cartaginesi è esplic<strong>it</strong>amente ricordata da Polibio in questo<br />

frangente (1,26,10: TOùç ôè jtoX^píonc TaxuvouTsiv, cfr. anche 27,5; 27,11).<br />

49 Cfr. in particolare POLYB. 1,51,3-4, descrivendo la battaglia di Trapani: «sempre più prevalevano<br />

i Cartaginesi, poiché, considerando il combattimento nel suo insieme, godevano di molti<br />

vantaggi. Erano, infatti, molto superiori nella veloc<strong>it</strong>à di navigazione per le differenze costruttive<br />

(olà Tf|v ôiacpopàv rfiç vawniyiaç) e per la capac<strong>it</strong>à degli equipaggi (trad. M. Mari, con modifiche)».<br />

Non si potrebbe avere dichiarazione più esplic<strong>it</strong>a del gap tecnico esistente tra le due flotte<br />

nel 249. Raramente si tiene conto di questi problemi nella descrizione della battaglia di Trapani:<br />

cfr. ad es. BRISSON, Carthage ou Rome?, c<strong>it</strong>., 86: «Claudius crut que son arrogance patricienne<br />

pouva<strong>it</strong> suppléer à ces modestes qual<strong>it</strong>és ... Ce bassin où le consul croya<strong>it</strong> entrer en vainqueur<br />

se changea<strong>it</strong> en une vér<strong>it</strong>able nasse. Claudius donna alors toute la mesure de son incompétence».


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 67<br />

romane 50 . La tecnica utilizzata dai Cartaginesi era sempre la stessa, e si basava<br />

sull'occupazione delle isole Egadi come base di partenza per forzare il blocco.<br />

Polibio lo dice esplic<strong>it</strong>amente quando racconta l'impresa di Annibale, figlio di<br />

Amilcare: «Egli, salpato con diecimila soldati e approdato alle cosiddette Egusse<br />

(év xatç Ka^onirévaiç AiyoÙGoaiç), s<strong>it</strong>uate tra Lilibeo e Cartagine, aspettava il<br />

momento per la navigazione» (44,2). L'isola di Egussa indica l'attuale Favignana,<br />

la più grande e la più meridionale delle tre isole che compongono l'arcipelago<br />

delle Egadi 51 . Riferendosi invece all'impresa del Rodio, Polibio è meno preciso:<br />

«Egli [Annibale Rodio], messa in assetto la propria nave, salpò: e, compiuta la<br />

traversata fino a una delle isole s<strong>it</strong>uate davanti a Lilibeo (icaì ôiapaç eiç riva xrâv<br />

jipó ron AtAußaton Ket|xévcov vfjocov)... entrò nel porto». (1,46,6). È chiaro che<br />

«una delle isole posta davanti a Lilibeo» non può essere che Favignana. Era Favignana,<br />

pertanto, la chiave per «aprire» il blocco romano su Lilibeo.<br />

Ciò è dovuto alle modal<strong>it</strong>à con le quali si poteva attuare un blocco navale<br />

nell'antich<strong>it</strong>à. Le navi assedianti non potevano far altro che rimanere alla fonda<br />

nei pressi dell'imboccatura del porto 52 . La ciurma, a tena, doveva essere rapidamente<br />

radunata in caso di necess<strong>it</strong>à, cioè di forzatura del blocco. Questo tipo<br />

d'intervento era efficace, in rapporto alla navigazione antica, nella maggior parte<br />

dei casi: è ovvio che i tempi di reazione delle navi assedianti non dovevano essere<br />

minimi, ed erano tali da garantire una buona copertura dei bracci di mare più vicini<br />

alla costa, da una parte e dall'altra dell'imboccatura del porto, dove erano alla<br />

fonda le navi assedianti, e dove sarebbero dovute passare le navi che tentavano la<br />

forzatura del blocco, vista la navigazione sotto costa, che imponeva un certo tipo<br />

di rotta e ne escludeva, normalmente, altri. La presenza di un'isola a una distanza<br />

relativamente esigua dalla costa apriva un braccio di mare che gli assedianti<br />

Romani non erano in grado di controllare con efficacia, tanto più che erano dotati<br />

di navi lente. Il lungo assedio romano avrà certamente dato agio agli assedianti<br />

di calcolare con sufficiente approssimazione la capac<strong>it</strong>à di reazione e di chiusura<br />

delle rotte che conducevano al porto di Lilibeo, sulla base della veloc<strong>it</strong>à delle navi<br />

puniche, che i Romani ormai ben conoscevano. Tuttavia Polibio è molto esplic<strong>it</strong>o<br />

50 Secondo L. BASCH, Le musée imaginaire de la marine antique, Athènes 1987, 354, la nave<br />

di Annibale Rodio sarebbe stata di sua proprietà, e diversa dalle altre navi da guerra cartaginesi.<br />

Nulla nel testo di Polibio autorizza queste conclusioni. Al contrario, come spero di aver dimostrato<br />

nel testo, tutte le navi cartaginesi «di seconda generazione» impegnate nella battaglia di Trapani<br />

condividevano gli stessi accorgimenti nel remeggio con quella del Rodio.<br />

51 A. CORRETTI, Favignana (isola), «Bibliografia topografica della colonizzazione greca in<br />

Italia e nelle isole tirreniche» VII, 1989, 418-427. Sulle difficoltà offerte dal passo di Polibio cfr.<br />

M.I. GULLETTA, Navi romane fra gli Specola Lilyb<strong>it</strong>ana e le Aegades Gemìnae? Note per una<br />

ricostruzione topografica della battaglia delle Egadi, in S. TUSA ed., // mare delle Egadi, Storia,<br />

<strong>it</strong>inerari e parchi archeologici subacquei, Palermo 2005, 71-82 e quanto affermato infra.<br />

52 Cfr. POLYB. 1,46, 9.<br />

\


68<br />

TOMMASO GNOLI<br />

al riguardo: le navi puniche impiegate nella forzatura del blocco erano particolarmente<br />

veloci, e la loro veloc<strong>it</strong>à derivava dalla «veloc<strong>it</strong>à del remeggio» (xò xaxoç<br />

xfjç slpsoiaç 46,12). La veloc<strong>it</strong>à era tale da rendere difficilmente intercettabile<br />

una nave che forzasse il blocco provenendo dal largo, e non da una rotta sotto<br />

costa; che impegnasse, cioè, una rotta il più possibile perpendicolare alla linea di<br />

costa, e meno difendibile da parte degli assedianti. Finalmente, dopo molti tentativi,<br />

i Romani riuscirono a ostmire l'imboccatura del porto e a far arenare una<br />

delle navi che oramai impunemente si facevano ogni giomo beffe del blocco. Tale<br />

nave era una quadriremi ed era «diversa per la qual<strong>it</strong>à della costmzione navale»<br />

(xexpiipriç ... ôtacpépoDoa xfi KmaoKenfi xfjç vaujrriyiaç 47,5). Da cosa differiva<br />

la quadriremi catturata a Lilibeo? Naturalmente dalle altre navi puniche, ben note<br />

ai Romani, che, nelle varie naumachie combattute e vinte fino a quel momento,<br />

ne avevano catturate a decine. Navi che appartenevano alla generazione precedente,<br />

le uniche che fossero in quel momento note ai Romani. Questa nov<strong>it</strong>à non<br />

poteva essere altro che qualcosa legato, per così dire, alla «propulsione» delle<br />

nuove navi puniche, qualcosa che garantiva loro una maggiore veloc<strong>it</strong>à.<br />

Lucien Basch ha ipotizzato quale potesse essere questa nov<strong>it</strong>à: un nuovo sistema<br />

di voga, che metteva cinque rematori su ogni remo e garantiva una maggiore<br />

veloc<strong>it</strong>à rispetto al sistema precedente, che era caratterizzato da gmppi di voga<br />

cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da cinque rematori che operavano su due remi ravvicinati e sfalsati in<br />

altezza. Tale nuova disposizione dei rematori era resa possibile da una modificazione<br />

degli apposticci 53 , una sorta di balconate costm<strong>it</strong>e lungo le murate dell'imbarcazione,<br />

che consentivano una maggior larghezza fuori acqua, e, contemporaneamente,<br />

un restringimento della chiglia, con conseguente miglioramento delle<br />

vie d'acqua dello scafo 54 . È molto probabile che, in realtà, l'innovazione ci sia<br />

53 La dimostrazione di questa innovazione è il punto più delicato dell'ipotesi di Basch. Essa si<br />

basa sull'analisi della prora di nave rappresentata su monete emesse a Cartagine a partire da alcuni<br />

anni dopo la fine della guerra, e poi ripetutamente in età annibalica (cfr. p. es. G. B. JENKINS,<br />

R. B. LEWIS, Carthaginian Gold and Electrum Coins, London 1963, pi. 22 n° 461). Per quanto<br />

mi sia sforzato, non sono riusc<strong>it</strong>o a individuare su queste monete le innovazioni immaginate da<br />

Lucien Basch. Resta comunque valida la tesi di fondo - essere cioè le migliorie apportate alle<br />

imbarcazioni puniche legate alla propulsione e introdotte in questa fase della guerra - anche per<br />

le ragioni espresse nel testo, che integrano quelle squis<strong>it</strong>amente tecniche di Basch, ampiamente<br />

riprese nella letteratura tecnica successiva.<br />

54 Sia che l'ipotesi di BASCH, Le musée imaginaire, c<strong>it</strong>., 353-354 sia corretta o no, l'affermazione<br />

di HINARD, Histoire romaine, c<strong>it</strong>., 371, che la flotta sarebbe stata costru<strong>it</strong>a almeno in parte<br />

a Cosa, non ha alcun riscontro nelle fonti. Al contrario, l'introduzione di delicate innovazioni<br />

strutturali rende molto più verosimile l'esistenza di cantieri specializzati, accentrati sotto la guida<br />

di esperti arch<strong>it</strong>etti navali, che saranno stati necessariamente in numero esiguo, vista la nov<strong>it</strong>à delle<br />

soluzioni adottate. Mi sembra che tutto deponga a favore dei navalia sul Tevere. Sulle difficoltà<br />

legate al concepimento di nov<strong>it</strong>à costruttive è fondamentale L. BASCH, Construction privée et


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 69<br />

stata, ma fosse diversa da quella immaginata da Basch: Bonino fa rilevare che la<br />

soluzione con cinque rematori su ogni remo sarebbe stata la peggiore, dal punto<br />

di vista dinamico, con una perd<strong>it</strong>a di potenza di circa '/a rispetto al sistema di voga<br />

3 + 2. È per questo che egli preferisce pensare a un sistema 2 + 2 + 1, che, sempre<br />

tram<strong>it</strong>e una modifica sostanziale degli apposticci, avrebbe consent<strong>it</strong>o una potenza<br />

di remeggio molto maggiore 55 .<br />

Questa innovazione, importantissima, non è però sufficiente da sola a spiegare<br />

il successo inisorio con il quale i Cartaginesi riuscivano a eludere il blocco<br />

navale romano, se non integrando questa informazione con l'altra alla quale si<br />

è già accennato: grazie al punto di partenza cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dall'isola di Favignana, i<br />

Cartaginesi giungevano sul porto di Lilibeo inaspettatamente dal punto più distante<br />

dalla costa, seguendo una rotta quasi perpendicolare alla linea di costa.<br />

Non seguivano, cioè, la navigazione costiera tipica del modo di navigare antico,<br />

ma «piombavano» su Lilibeo provenendo dal largo, dopo aver atteso il vento più<br />

adatto, con le vele spiegate, riuscendosi pertanto ad incuneare nel conidoio che<br />

più difficilmente poteva essere controllato dalle navi romane appostate lungo la<br />

costa. Per far questo era necessario avere un eccellente sistema di triangolazione<br />

per calcolare la rotta di modo che essa portasse direttamente e infallibilmente<br />

all'intemo del porto. Un enore di un grado e la rotta avrebbe portato su un altro<br />

punto della costa, in bocca al lupo romano, che attendeva ai lati del porto. È questo<br />

ciò a cui allude Polibio in alcune frasi rese oscure dalla difficoltà di esprimere<br />

in modo efficace questo concetto, senza riconere a tecnicismi eccessivi:<br />

Moltissimo giovava alla sua (di Annibale Rodio) audacia il fatto che, con l'esperienza,<br />

aveva segnato accuratamente il punto di accesso al porto attraverso le secche; fatta la<br />

traversata, infatti, e apparendo in segu<strong>it</strong>o come se venisse dalla parte dell'Italia, teneva di<br />

fronte alla prua la torre posta sul mare, così da coprire tutte le torri della c<strong>it</strong>tà rivolte verso<br />

la Libia; soltanto in questo modo è possibile centrare l'imboccatura del porto, nel punto<br />

di accesso, navigando con vento favorevole 56 .<br />

construction d'état dans l'antiqu<strong>it</strong>é, in E. RlETH ed., Concevoir et construire les navires: de la<br />

trière au picoteaux, Ramonville Saint 1998, 35-36.<br />

55 BONINO, Argomenti di arch<strong>it</strong>ettura navale, c<strong>it</strong>.<br />

56 POLYB. 1,47,1-2: (iéyiaTa ôè auvEßaXXsTO Ttpoç Tf)v roXpav aùron Tò ôià TCöV Ttpoßpaxscov<br />

ëK rfiç épîtsipiaç aKptßwc asarinEiñoOat TòV sïajtXow ÚJtEpápac yàp Kaì (paivopsvoç EJISIT' av<br />

òTTO Tòv Kara rffv 'Ixakiav pspaw EXaiißavE TòV ém Tfjc OaXarrnc núpyov Kara jtpràppav oiktoç<br />

(fl0TË TOîç Ttpoç Ttyv Aißurjv TETpappsvoiç Trupyoïç tfiç Tiok&tûq ÈTcucpocjOsiv ajtaof ôt' où rpÓTiou<br />

povwç SCTî ôuvarov s^ oùpiaç TOû Kara TòV EïOTIXOW OTOparoç EùGTOXEîV. Il significato del brano<br />

è reso complicato dal fatto che Polibio, verosimilmente, non ha cap<strong>it</strong>o in tota la sua fonte. Può<br />

anche darsi che si tratti di una corruttela successiva, frutto di una maldestra interpretazione del<br />

brano. Insensata appare l'allusione alla rotta per l'Italia. Immagino debba intendersi come una rotta<br />

genericamente proveniente da nord, ma si deve tenere presente che la percezione della geografia<br />

della Sicilia presso i geografi antichi era distorta proprio dal fatto che da Lilibeo partiva la rotta


70 TOMMASO GNOLI<br />

La quadriremi catturata a Lilibeo servì da modello quando, nel 243, il Senato<br />

decise di costruire la flotta per affrontare ancora una volta, «pubblicamente», i<br />

Cartaginesi per mare. Tuttavia a Roma non si costruirono quadriremi, ma duecento<br />

quinquiremi, come afferma esplic<strong>it</strong>amente ancora una volta Polibio, «la<br />

cui costmzione condussero sul modello della nave del Rodio» (sTiotiiaavxo xfiv<br />

vaoTiriyiav Tipòc 7tapaÔ8iy|xa xfiv xoù 'Poòiou vañv 59, 8). In che senso, quindi, i<br />

Romani presero a modello delle loro quinquiremi la quadriremi del Rodio? Naturalmente,<br />

nell'unico senso possibile, cioè produssero quinquiremi che si avvalevano<br />

del nuovo sistema di voga, tram<strong>it</strong>e l'applicazione dei nuovi apposticci alle<br />

murate di imbarcazioni che, pertanto, potevano essere più strette nella chiglia,<br />

e quindi più veloci e maneggevoli, non soltanto grazie al migliorato sistema di<br />

propulsione, ma anche per un'ottimizzazione delle vie d'acqua.<br />

Naturalmente non fu un'operazione breve né semplice. Probabilmente la strana<br />

forma della quadriremi catturata avrà richiesto un qualche studio da parte degli<br />

arch<strong>it</strong>etti navali Romani, certo è che l'efficacia delle nuove soluzioni tecniche<br />

adottate a Cartagine apparve in tutta la sua terribile evidenza poco tempo dopo la<br />

cattura dell'imbarcazione del Rodio, durante la battaglia navale di Trapani, dove<br />

risulta con tutta chiarezza lo straordinario gap tecnico esistente tra le due flotte 57 .<br />

Il r<strong>it</strong>rovamento dei tre rostri dal quale ha preso origine questo lavoro ha dimostrato<br />

come sia certamente conetta la notizia, che troviamo sia in Polibio sia in<br />

Zonara, che la nave cartaginese catturata a Lilibeo sia serv<strong>it</strong>a da modello alle imbarcazioni<br />

romane. Dei tre rostri, il primo ad essere stato scoperto, è frutto di un<br />

sequestro dei Carabinieri, che lo hanno prelevato nello studio di un professionista<br />

di Trapani. Si tratta di Egadi 1, del rostro che successivamente, a segu<strong>it</strong>o di un<br />

lungo lavoro di pul<strong>it</strong>ura dalle incrostazioni sottomarine, ha rivelato l'iscrizione<br />

latina riportata all'inizio e che ho pubblicato altrove 58 . Gli altri due rostri, invece,<br />

sono stati r<strong>it</strong>rovati successivamente in s<strong>it</strong>u, sul luogo dove avvenne il grande e<br />

decisivo scontro navale. Il r<strong>it</strong>rovamento di questi ultimi è frutto della felice intuizione<br />

dell'allora Soprintendente del Mare di Palermo, Sebastiano Tusa, che è<br />

riusc<strong>it</strong>o a individuare il braccio di mare dove avvenne lo scontro, in una posizione<br />

molto diversa da quella tradizionalmente r<strong>it</strong>enuta come più probabile 59 . Degli<br />

che portava in Africa, cioè a sud. Polibio si mostra ben consapevole del corretto orientamento<br />

di Lilibeo, che guarda a occidente (1,42,1-6). Mi sembra però che il dato certo da mantenere del<br />

brano sia il fatto che Annibale aveva degli ottimi punti di riferimento elevati a terra, qui defin<strong>it</strong>i<br />

sommariamente pyrgoi, torri, che gli consentivano di calcolare con esattezza la rotta di avvicinamento<br />

alla costà provenendo dal largo. L'util<strong>it</strong>à di punti di riferimento per la triangolazione della<br />

rotta sarebbe stato molto inferiore nel caso di una navigazione sotto costa.<br />

57<br />

Cfr. il testo c<strong>it</strong>.ato supra n.49.<br />

58<br />

Cfr. supra n. 1.<br />

59<br />

Cfr. infra, il § 3, dedicato alla dinamica dello scontro.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 71<br />

altri due rostri, uno, Egadi 2, è molto danneggiato e non ha conservato alcuna<br />

delle parti che risultano iscr<strong>it</strong>te negli altri due rostri. Egadi 3, invece, ha rivelato<br />

l'esistenza di una breve iscrizione punica, contenente formule di maledizione<br />

contro i nemici. Egadi 1 e Egadi 3 sono talmente simili per forma, qual<strong>it</strong>à di<br />

costmzione, proporzioni etc. che tutti coloro che li hanno visti hanno r<strong>it</strong>enuto<br />

possibile che provenissero dalla medesima officina. Se non si fossero trovate le<br />

iscrizioni nessuno avrebbe potuto pensare di esser di fronte a rostri appartenenti<br />

alle due flotte avversarie!<br />

Non ci può essere prova più evidente dell'altissimo grado di standardizzazione<br />

raggiunto dai due contendenti - in questo caso da Roma - sempre pronti ad<br />

appropriarsi di quanto di buono era stato escog<strong>it</strong>ato dagli avversari. La straordinaria<br />

somiglianza tra i due rostri implica necessariamente una pari somiglianza<br />

delle imbarcazioni alle quali erano connessi.<br />

Dunque, possiamo essere certi che effettivamente, per annullare il vantaggio<br />

consegu<strong>it</strong>o dai Cartaginesi grazie al nuovo metodo di voga, a Roma si decise,<br />

dopo oltre cinque anni di pausa nella lotta sul mare «pubblicamente», di costruire<br />

duecento quinquiremi secondo i nuovi dettami tecnici. La nuova disposizione<br />

dei rematori richiedeva, con ogni probabil<strong>it</strong>à, una lunga fase di eserc<strong>it</strong>azione per<br />

trovare una sincronia nella voga che doveva risultare ignota non solo ai rematori,<br />

ma agli stessi navarchi romani. La notizia di Polibio delle eserc<strong>it</strong>azioni alla voga<br />

condotte a tena prima della partenza della flotta, e poi ancora, minuziosamente,<br />

alle Egadi, in attesa dello scontro, sono tutt'altro che inverosimili, con buona<br />

pace di Gaetano De Sanctis 60 .<br />

Ancora una volta, Polibio è l'unico a darci informazioni importanti al riguardo.<br />

La c<strong>it</strong>azione è molto lunga, ma tutto quanto viene detto in questo luogo è<br />

importante ai nostri fini:<br />

Allo stesso modo i Romani, combattendo disperatamente, benché avessero completamente<br />

rinunciato, ormai da quasi cinque anni, alle operazioni sul mare a causa dei rovesci<br />

sub<strong>it</strong>i e per il fatto che si erano convinti di decidere la guerra con le sole forze di terra,<br />

ora, vedendo che l'impresa non riusciva secondo i loro calcoli, e soprattutto per l'audacia<br />

del comandante cartaginese, decisero per la terza volta di riporre le loro speranze nelle<br />

forze navali, r<strong>it</strong>enendo che solo così, grazie a questa decisione, se avessero posto mano<br />

all'impresa nel modo opportuno, avrebbero potuto dare alla guerra una conclusione pos<strong>it</strong>iva.<br />

E questo, alla fine, fecero. La prima volta, infatti, si erano r<strong>it</strong>irati dal mare cedendo ai<br />

disastri dovuti alla fortuna, la seconda perché sconfìtti nella battaglia navale di Drepana,<br />

e ora facevano questo terzo tentativo, in virtù del quale, essendo riusc<strong>it</strong>i vinc<strong>it</strong>ori e avendo<br />

tagliato fuori le truppe cartaginesi all'Erice dal rifornimento per mare, posero fine a<br />

tutta la guerra. L'impresa fu, essenzialmente, una lotta per la v<strong>it</strong>a. Nell'erario, infatti, non<br />

c'erano più risorse per sostenere quanto si erano proposti: tuttavia, grazie alla generos<strong>it</strong>à<br />

Cr<strong>it</strong>iche in DE SANCTIS, SR III. 1, c<strong>it</strong>., 161.


72 TOMMASO GNOLI '<br />

verso lo stato e alla nobiltà d'animo dei primi c<strong>it</strong>tadini, si trovò ancora quanto serviva per<br />

la sua realizzazione. A seconda della prosper<strong>it</strong>à dei loro patrimoni, infatti, uno per uno,<br />

due a due o tre a tre si impegnavano a fomire una quinquiremi equipaggiata, a condizione<br />

che avrebbero recuperato la spesa, una volta che le operazioni fossero riusc<strong>it</strong>e secondo i<br />

calcoli. In tal modo, essendo state rapidamente approntate duecento navi a cinque ordini<br />

di remi, la cui costruzione condussero sul modello della nave del Rodio, in segu<strong>it</strong>o, eletto<br />

comandante Gaio Lutazio, lo fecero partire all'inizio dell'estate 61 .<br />

Della durata dell'assenza dal mare di una flotta ufficiale romana si è già detto:<br />

è verosimile che la decisione del Senato alla quale allude Polibio fosse stata presa<br />

sul finire del 243, il che porterebbe comunque a un enore di un anno da parte di<br />

Polibio, che ne calcola solo «quasi cinque». 62 L'enfasi posta da Polibio sulla decisione<br />

del Senato è molto forte: essa è introdotta da un breve riassunto delle varie<br />

fasi della guena, e Polibio ricone per ben due volte al raro termine \|/Dxo|j,ax8(û/<br />

\(/DXO|j,axía, «combattimento disperato, all'ultimo respiro» 63 .<br />

Segue ora il punto per noi centrale, nel quale Polibio utilizza termini piuttosto<br />

generici, che hanno prestato il fianco a interpretazioni contrastanti e, probabilmente,<br />

a un enore d'interpretazione di una frase, che solo l'iscrizione incisa<br />

su Egadi 1 consente di coneggere. Dal momento che nelle casse dello stato (év<br />

61 POLYB. 1,59,1-8: ôtà ràç jtoXuxpoviouç sicKpopàç Kaì ôajtavaç. opoicoç ôè 'Pcopaîoi<br />

\|A)Xopaxot)VTËÇ, KaijtEp ETTI GXEôOV fjôr| TIEVTE TCOV Kara QáXaxxav TtpaypáTcov ô^ocxspàjç<br />

àepsaTTiKOTEÇ 5iá TS ràç <strong>it</strong>spuiSTSiaç KUî ôià TO jtsusiaOai ôt' aÛTC&v TQîV TCEÇIKCDV ôuvapscov Kpivsìv<br />

TòV Jtó^spov, TòTE (juvopcûVTSÇ où TtpoxcopoCv aÙTOÎç Toùpyov KUTù TOùç ÊKXoyiapoùç Kai ¡xakiaxa<br />

ôià Tf|v xóX\iav xov TCöV Kapxîlôovicov fiyspovoç, EKpivav Tò rpírov àvTiTtonicaaoai TôV ëV raiç<br />

vaunKaîç ônva|iEaiv èhii5(ùv, ujro>.a|j,ßavovTsc ôià Tfjç èiiivoiaç Taùrriç, si Kaipicoç w\iaivxo Tfjç<br />

sjnßoXijc, |iovcoç âv OùTCOç îiépaç ÈTiiOËÎvai TCO TioXé\uiy crupcpépov. ô Kaì Té^-Oç 67:oÍT|oav. Tò psv<br />

yàp Ttpc&Tov é^Excópriaav Tfjç QákáxxT\q sKjavTsç TOîç EK rfiç TÙxnç cn)|j,7iT(üpaoiv, Tò ôè ôsUTEpov<br />

ÈXaTTraOsvTsç rfj KEçî xà Apéjiava vaupaxiof TòTE ôè rpiniv ETTOIOWTO raúcriv Xì]V E3tißoA,fiv, ôi'<br />

r^ç vucfiaavTËÇ Kaì rà jiEpì TòV "Epwca arpaTÓTTEOa TC5V Kapxnôovicov àTioKXsiaavTEç TTJç Kara<br />

Bá^aTTav xopriyiaç xëhoq ËTréôriKav TOîç O^-OIç. f|v ôè Tfjc EjnßoArjc Tò tikelov v|n)xopaxía. xopriyía<br />

pÈV yàp OÙX ÙTTfjpXE TtpÒC TTIV 3tpOÔË0lV ËV TOÎÇ KOIVOÎÇ, OÙ pflV àXÌA Ôlà Tf)V T(BV JipOËOTMTCOV<br />

àvôpôv sic rà Koivà (piA,on|úav Kaì yswaiÓTriTa TtpocsupsOri Ttpòc Tf)v cruvréX^iav. Kara yàp ràç<br />

TòV ßicov ËÙKaipiaç Ka9' ëva Kaì ôùo Kaì rpEtç úcpíaTavTO Jiapé^siv jcsvifipTi KatripTicpEvriv, sep'<br />

(S Tf|v oajtávrjv Kojuonvrai, Kara X,óyov TWV jipaynarcov TtpoxcoptiaávTcov. x& ôè TOIOùTCO xpóna<br />

raxécoç ETOipacOsvTcov ôiaKoaicov TIXOííOV 3t£VTr|piKrôv, rov ETüoníaavTO Tf|v van7CT|yíav Tipòc Tiapá-<br />

ôsiypa riiv TOû 'Pooíou vañv, psra xavxa arpaniyòv KaTacTf|oavTsç Faïov Auránov E^éjiEpvi/av<br />

àpxopévriç rfiç Ospsiaç.<br />

62 Mi sembrano accettabili le considerazioni di THIEL, A History of the Roman Sea-Power,<br />

c<strong>it</strong>., 302 n. 777, che data al 243 la deliberazione del Senato di ricostruire la flotta, così anche<br />

LAZENBY, The First Punic War, c<strong>it</strong>., 150. Questa prese il mare nella bella stagione del 242 e attese<br />

a lungo i Cartaginesi al largo di Trapani.<br />

63 Cfr. quanto viene detto da F.W. WALBANK, Polybius, Philinus, and the First Punic War,<br />

«The Classical Quarterly». 39, 1945, 6-9 circa la trattazione «tragica» degli eventi nel primo libro<br />

delle Storie di Polibio.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 73<br />

xoîç Kotvotç) non c'erano le risorse necessarie ai propos<strong>it</strong>i, si decise di procedere<br />

ad un prest<strong>it</strong>o tra i c<strong>it</strong>tadini più eminenti, fidando sulla loro generos<strong>it</strong>à verso lo<br />

stato (olà xfiv eiç xà KOIVò qnA,oxi|j,iav). Costoro, consorziandosi, se necessario,<br />

a gmppi di due o tre, in base ai loro patrimoni (Kaxà xàç xôv ßicov eÙKaipiaç),<br />

armarono le quinquiremi, a patto di recuperare la spesa. A questo punto l'ed<strong>it</strong>ore<br />

di Polibio, Büttner-Wobst, mi sembra che interpreti il testo ponendo una virgola<br />

dopo KO[j,toñvxai, considerando quindi il successivo Kaxà ^óyov come rifer<strong>it</strong>o a<br />

ciò che segue, cioè alle vicende che si sarebbero concluse. Si tratterebbe, quindi,<br />

di una variante rispetto al di poco precedente Kaxà xoùç SK^oyicpoúc. Non credo<br />

che, alla luce dell'iscrizione Egadi 1, questa interpretazione sia conetta.<br />

Dalla nostra iscrizione, infatti, risulta che il Senato, per reperire le risorse<br />

necessarie all'allestimento della flotta tram<strong>it</strong>e il prest<strong>it</strong>o rifer<strong>it</strong>o da Polibio, procedette<br />

alla nomina di una commissione di sei membri, che presero l'incarico<br />

con il nome di sex viri. Ne conosciamo due, C. Sestio, figlio di Publio, e Quinto<br />

Salonio, figlio di Quinto. Costoro non possono essere due degli «uomini eminenti»<br />

che, consorziandosi in piccoli gmppi, provvidero ad allestire le navi, dei quali<br />

parla Polibio. Il comp<strong>it</strong>o svolto dai due seviri, infatti, è rifer<strong>it</strong>o esplic<strong>it</strong>amente<br />

al rostro, enbolum probavere 64 . Non solo, ma la posizione stessa dell'iscrizione,<br />

molto piccola - le lettere sono alte appena un centimetro - e posta in avanti<br />

rispetto allo scafo, sotto il pelo dell'acqua, non poteva avere valore commemorativo<br />

sulla total<strong>it</strong>à dell'imbarcazione, ma solamente il valore di un punzone,<br />

volto a garantire la bontà della lega di bronzo utilizzata per la fusione del pezzo,<br />

non diversamente da quanto accade per un punzone di gioielleria. L'esistenza di<br />

tale punzone presuppone l'esistenza di un registro sul quale venivano annotate<br />

le spese, le quant<strong>it</strong>à di materiale, i «donatori» di tali materiali, tanto più che si<br />

era promessa la rest<strong>it</strong>uzione di quanto prestato. Comp<strong>it</strong>o del collegio dei seviri<br />

sarà stato appunto quello di registrare tutto ciò e di garantire con la loro «firma»<br />

il conetto uso delle risorse. Si ricordi, in propos<strong>it</strong>o, che il bronzo veniva normalmente<br />

monetato, e che pertanto la garanzia apposta su questo materiale era una<br />

questione particolarmente delicata.<br />

Il Senato procedette quindi alla creazione di una commissione di sei uomini<br />

per gestire il prest<strong>it</strong>o, che Thiel si avventura a calcolare in tre milioni di denarii 65 .<br />

Circa due anni dopo avrebbe proceduto a creare un'altra commissione, questa<br />

volta composta da dieci uomini, sulla quale siamo un po' meglio informati 66 .<br />

64 Benché sul rostro rimanga solamente enfbolum] \ probavfere, ho mostrato su «Epigraphica»<br />

come mai questa integrazione debba considerasi certa.<br />

65 THIEL, A History of Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 304 n. 783.<br />

66 Si tratta, ovviamente, dei dieci legati inviati dal Senato dopo che i comizi avevano respinto<br />

la pace conclusa da Lutazio Catulo, in segu<strong>it</strong>o alla v<strong>it</strong>toria delle Egadi, nel 241 (POLYB. 1,63,6).


74 TOMMASO GNOLI<br />

Purtroppo s'ignora il rango di questi sedici senatori. A rigore, sarebbe anche possibile<br />

ipotizzare che i seviri del rostro Egadi 1 non fossero senatori, ma mi sembra<br />

ipotesi poco probabile. I gentilizi, Sestio e Salonio, dei due ignoti personaggi,<br />

sono antichi, e attestati a Roma già da molto tempo, ma non sono certo portati<br />

da personaggi di spicco nelle vicende pol<strong>it</strong>iche dell'epoca, l'ultimo Sestio di una<br />

qualche importanza essendo stato L. Sestio Laterano, cos. 366.<br />

Polibio sembra r<strong>it</strong>enere che il prest<strong>it</strong>o fosse volontario, visto il richiamo alla<br />

«generos<strong>it</strong>à verso lo stato» già ricordato. Fu certamente questa forte espressione<br />

polibiana a sollec<strong>it</strong>are una bella pagina di Theodor Mommsen, con il quale polemizzò,<br />

tra gli altri, Gaetano De Sanctis:<br />

Diese Tatsache, daß eine Anzahl Bürger im dreiundzwanzigsten Jahre eines schweren<br />

Krieges zweihundert Linienschiffe m<strong>it</strong> einer Bemannung von 60000 Matrosen freiwillig<br />

dem Staate darboten, steht vielleicht ohne Beispiel da in den Annalen der Geschichte 67 .<br />

Sulla natura del prest<strong>it</strong>o, quindi, l'iscrizione non ci illumina, ma ci conferma<br />

in modo evidente e palese quanto riportato da Polibio: cioè che si trattava non di<br />

una donazione ma di un prest<strong>it</strong>o, e che quanto offerto alla patria sul finire del 243<br />

sarebbe stato rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o alla conclusione del confl<strong>it</strong>to. A questo punto l'espressione<br />

polibiana, che l'ed<strong>it</strong>ore di Polibio, Büttner-Wobst, aveva inteso èty cb xqv<br />

ôaTtdvqv KO|rtoñvxai, Kaxà À,óyov xròv Tcpayiiàxcov îipoxœpqaàvxcov, diventerebbe<br />

molto più perspicua, informativa e meno ridondante letta è(|)' (p xqv ôaiiavqv<br />

KO|iiot)vxat Kaxà A,óyov, xcov Tipayiráxcov npoxopqoávxaiv, con il Kaxà Xóyov rifer<strong>it</strong>o<br />

a quanto precede, e non al gen<strong>it</strong>ivo assoluto conclusivo. Cosa significherebbe<br />

infatti in questo contesto «compiute le imprese secondo i piani»? Polibio non ha<br />

parlato precedentemente di piani, se non, in modo molto generico, dell'intenzione<br />

da parte di Roma di riconquistare l'egemonia mar<strong>it</strong>tima per pone fine alla<br />

guena. In questo caso, allora, l'espressione sarebbe stata analoga a un «secondo<br />

gli auspici» o simili, il che è una forzatura del significato. Rifer<strong>it</strong>o invece a quanto<br />

precede l'espressione indica una rest<strong>it</strong>uzione delle sostanze «in proporzione»<br />

a quanto prestato, che è frase molto meno banale. Una simile lettura del passo<br />

67 TH. MOMMSEN, Römische Geschichte I, Berlin 1856 2 , 507. Curiosamente i modemi hanno<br />

spesso implic<strong>it</strong>amente messo in dubbio la notizia di Polibio, senza alcuna spiegazione, oltre De<br />

Sanctis, parlano di prest<strong>it</strong>o forzoso Y. LE BOHEC, Histoire mil<strong>it</strong>aire des guerres puniques, Monaco<br />

1996, 100. H.H. SCULLARD, Carthage and Rome, in CAH 2 VII. 2, Cambridge 1989, 564<br />

si mostra dubbioso circa la generos<strong>it</strong>à dei ricchi Romani; G. DRIZZI, Storia di Roma, Bologna<br />

1997, 158 e F. HINARD, Histoire romaine, 1. Des origines à Auguste, Paris 2000, 371 non si<br />

esprimono al riguardo. Correttamente LAZENBY, The First Punic War, c<strong>it</strong>., 150 difende il testo<br />

di Polibio e afferma che non esiste prova alcuna che il deb<strong>it</strong>o venisse ripagato con gli interessi<br />

(ma cfr. quanto si dice infra).


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 75<br />

polibiano, infine, consentirebbe di rispondere alla domanda posta da molti dei<br />

commentatori modemi: il prest<strong>it</strong>o sarebbe stato rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o con gli interessi? La<br />

risposta sarebbe certamente pos<strong>it</strong>iva: il Kaxà Xóyov infatti indicherebbe non la<br />

rest<strong>it</strong>uzione di una certa somma fissa, pari a quanto versato, ma una somma da<br />

versare «in proporzione». Tale proporzione non poteva essere altro che il frutto<br />

dei due fattori: il cap<strong>it</strong>ale anticipato e il tempo per il quale era stato prestato, che<br />

non poteva certo essere determinato in anticipo 68 .<br />

Il prest<strong>it</strong>o del 243, pertanto, fu un prest<strong>it</strong>o che venne richiesto dal Senato<br />

di Roma ai più ricchi tra i c<strong>it</strong>tadini. Non possiamo essere certi su questo punto,<br />

ma è possibile che tale prest<strong>it</strong>o fosse su base volontaria, dal momento che la<br />

rest<strong>it</strong>uzione prevedeva il pagamento da parte dello stato anche degli interessi.<br />

Non è possibile conoscere il tasso di questi interessi, ma sta di fatto che non ci<br />

furono particolari difficoltà ad armare duecento quinquiremi costm<strong>it</strong>e secondo<br />

i più modemi ed evoluti cr<strong>it</strong>eri di arch<strong>it</strong>ettura navale. Per la registrazione delle<br />

somme prestate, per il calcolo degli interessi sulla base dei tassi predisposti, per la<br />

garanzia del conetto utilizzo delle risorse e per il collaudo delle armi che vennero<br />

costm<strong>it</strong>e si procedette alla creazione di un'appos<strong>it</strong>a commissione di sei uomini.<br />

3. La battaglia<br />

Dopo una lunga fase in cui la guena sembrava oramai risolversi rapidamente<br />

a favore di Roma, due momenti estremamente negativi per l'Urbe misero nuovamente<br />

in equilibrio i destini del confl<strong>it</strong>to. La lunga serie di v<strong>it</strong>torie romane che<br />

aveva caratterizzato lo svolgimento della guena sul suolo e sulle acque di Sicilia<br />

sembrava oramai quasi del tutto vanificata dai disastri navali del 249: la sconf<strong>it</strong>ta<br />

sub<strong>it</strong>a dal console P Claudio Pulcro al largo di Trapani, e il naufragio della flotta<br />

dell'altro console, L. Giunio Pullo, nei pressi di Camarina. A partire dal 249<br />

Roma non ha più la supremazia navale, mentre Cartagine non sfrutta il momento<br />

favorevole, perché duramente impegnata in patria contro le popolazioni indigene.<br />

Le vicende avvenute al largo di Lilibeo e di Trapani avevano impietosamente<br />

mostrato il vantaggio tecnico che gli arch<strong>it</strong>etti navali Cartaginesi erano riusc<strong>it</strong>i<br />

a conseguire sui loro colleghi Romani. Come conseguenza di questo gap, lo si è<br />

visto, a Roma viene presa la decisione di r<strong>it</strong>irarsi dal mare, affidandosi alle teme-<br />

68 THIEL, A History of the Roman Sea-Power, c<strong>it</strong>., 303 ipotizza la rest<strong>it</strong>uzione degli interessi,<br />

cfr. anche N. BAGNALE, The Punic Wars, Rome, Carthage and the Struggle for the Med<strong>it</strong>erranean,<br />

Pimlicol999, 95. Ev<strong>it</strong>a di prendere posizione sul punto H. H. SCULLARD, Carthage and Rome, in<br />

CAH 1 VII. 2, Cambridge 1989, 564.


76<br />

TOMMASO GNOLI<br />

rarie imprese di corsari che agivano per proprio conto, mentre nel frattempo ci si<br />

concentra nella guena di tena in Sicilia.<br />

Qui, però, le cose non andavano bene per Roma: Amilcare aveva occupato<br />

una posizione molto forte tra Palermo e Trapani, donde, grazie al completo dominio<br />

dei mari ottenuto nel 249, poteva minacciare impunemente le coste <strong>it</strong>aliane,<br />

ed essere rifom<strong>it</strong>o dalla madrepatria in tutta sicurezza. Fu molto probabilmente<br />

per dare un po' di respiro alle guamigioni puniche chiuse in Lilibeo e a Trapani<br />

oramai da diversi anni che egli decise, nel 247/6, di spostare la sua base di operazioni<br />

in una local<strong>it</strong>à molto più vicina a quest'ultimo importante porto. Con<br />

un'operazione a sorpresa della quale s'ignora tutto egli s'impossessò di quella<br />

che Polibio chiama la nóXiq 'EpuKÍvcov, «la c<strong>it</strong>tà degli Ericini», l'attuale Valderice.<br />

L'identificazione di questa local<strong>it</strong>à è certa. Riferendo infatti delle iniziative<br />

prese dal console Lucio Giunio Pullo dopo il naufragio del 249, Polibio spiega:<br />

L'Erice è un monte presso il mare di Sicilia, sulla costa s<strong>it</strong>a dalla parte dell'Italia, tra<br />

Drepana e Panormo, più vicino e anzi confinante con Drepana, in altezza di gran lunga<br />

superiore agli altri monti della Sicilia, eccetto l'Etna. Proprio sulla sua somm<strong>it</strong>à, che è<br />

piana, si trova il santuario di Afrod<strong>it</strong>e Ericina, che è, a giudizio di tutti, il più insigne dei<br />

santuari della Sicilia per la ricchezza e per la magnificenza sotto tutti gli altri punti di<br />

vista. Avendo, dunque, stanziato una guamigione sulla somm<strong>it</strong>à del monte, e allo stesso<br />

modo una anche sull'accesso dalla parte di Drepana, sorvegliava con grande attenzione<br />

entrambi i luoghi, e in particolare quello della sal<strong>it</strong>a, convinto che così avrebbe tenuto<br />

sotto controllo senza problemi sia la c<strong>it</strong>tà, sia la montagna nel suo insieme 69 .<br />

L'accesso dalla parte di Trapani è la zona dell'attuale Ospedale civile di Trapani/Erice,<br />

nel quartiere di Casa Santa. È il lato della montagna dal quale si inerpicano<br />

la Strada Statale 187 e la funivia: il lato di sud-ovest, quello che guarda<br />

verso Trapani. Giunio Pullo divise la sua guamigione tra lì e la somm<strong>it</strong>à del<br />

monte, tra la zona dell'Ospedale civile e il centro storico di Erice.<br />

Descrivendo la nuova posizione che Amilcare andò ad occupare dopo il 245<br />

Polibio dice:<br />

Amilcare, infatti, mentre i Romani sorvegliavano l'Erice sia sulla somm<strong>it</strong>à sia alla<br />

base, come abbiamo detto, occupò la c<strong>it</strong>tà degli Ericini, che si trovava tra la somm<strong>it</strong>à e gli<br />

uomini accampati alla base del monte. Ne conseguiva che quei Romani che occupavano<br />

69 POLYB. 1,55,7-9: ó ô' "EpuÇ ëOTI \ièv opoç Ttapà QáXaxxav rfiç ZuceXiaq èv xf\ napà xf\v<br />

Ixakiav KEipévri iiXeupà pETa^ù Apsiiávaiv Kaì Havoppou, pàXlov ô' öpopov Kai cruvajrtov npoç<br />

xà Apénava, psyÉOEt ôè Ttapà jioW) ôtacpépov TCOV Kara Tf|V SIKEWOV opœv KXr\v xr\q AÏTvrjç.<br />

TOúTOU ô' ëTI' aÙTfjç pÈv Tfjç Kopuipfjç, ofiariç ËJiiTtÉôou, KsÎTai Tò rfiç AcppoôÎTriç rfiç 'EpuKÎvriç<br />

íspóv, öjisp opoA,oyoupév(Dç síiupavéaTaTÓv ëOTI X& TE TZXOòXCù Kaì rfl ^.ouifl TcpocTaaia TCöV<br />

Kara riiv XiKsXiav ispcöv f) ôè nóXiq im' aùriìv riyv Kopucpfiv TÉraKTai, Ttávu paKpàv Ëxouaa Kai<br />

jipoaávTr) roxvTaxóOEV rifv avaßaaiv.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 77<br />

la somm<strong>it</strong>à sopportassero rischiosamente e affrontassero il pericolo di venire assediati, e<br />

che invece, incredibilmente, i Cartaginesi resistessero, benché i nemici sopraggiungessero<br />

da tutte le parti e i rifornimenti non fossero facilmente trasportati fino a loro, dato che<br />

erano collegati al mare in un solo punto e attraverso un unico accesso.<br />

La topografia del luogo non ammette incertezze. I Cartaginesi bloccarono i<br />

Romani inserendosi in una local<strong>it</strong>à intermedia tra il quartiere di Casa Santa e la<br />

somm<strong>it</strong>à del monte di Erice. Questa local<strong>it</strong>à deve essere individuata in base ai<br />

seguenti requis<strong>it</strong>i:<br />

1. Una dimensione accettabile, giacché l'eserc<strong>it</strong>o di Amilcare assommava a<br />

circa 10.000 uomini<br />

2. Rifornimento idrico<br />

3. Una posizione atta a bloccare quanto meno uno degli accessi alla somm<strong>it</strong>à<br />

del monte, in modo da far sentire «assediati» i difensori del santuario<br />

4. Essere ad un'altezza intermedia tra la base del monte e la sua somm<strong>it</strong>à<br />

5. Avere un accesso al mare difendibile soprattutto dal lato di Trapani, dove<br />

era accampato il grosso dell'eserc<strong>it</strong>o Romano.<br />

Questa local<strong>it</strong>à non può essere, appunto, che nei pressi dell'attuale comune di<br />

Valderice. Da lì era possibile accedere al mare nei pressi di Tonnara di Bonagia,<br />

un luogo che presenta una discreta possibil<strong>it</strong>à di approdo. Numerose indagini<br />

archeologiche tese a individuare i resti delle fortificazioni puniche e romane sulle<br />

pendici del Monte Erice hanno oramai individuato con sufficiente certezza nel<br />

s<strong>it</strong>o di case Cosenza - San Matteo, immediatamente sopra l'approdo della Tonnara<br />

vecchia di Bonagia 71 , il campo principale cartaginese, mentre il promontorio<br />

dell'Eg<strong>it</strong>allo, nominato da Polibio e da Diodoro, principale base di operazione<br />

dei Romani, è da riconoscersi sull'altro versante del monte, verso Trapani, esattamente<br />

nel s<strong>it</strong>o della Fortezza del Calderaro e del Pizzo Argenteria 72 .<br />

L'accesso alla local<strong>it</strong>à di Tonnara di Bonagia è reso facilmente difendibile<br />

70 POLYB. 1,58,2-3: ó yàp Apöxac, TCöV Tcopalcöv TòV TîpuKa TtipoúvTcov ETIí TE Tfjc Kopixpfjç<br />

Kaì Ttapà riiv piÇav, KaSáTCEp sìnopEV, KaTsXaßsTO riiv TIóX-IV TCöV 'EpuKÍvcov, TîTIç fjv pEra^ù rfiç<br />

TS Kopucpfiç Kai TCOV îtpoç Tfï px(,x\ oTpaTOTisôsuoavTfflv. ÈÇ on crwsßaivE iiapaßoX.coc pÈv wiopsvEiv<br />

Kaì ÔiaKlVÔUVEUElV TloA-lOpKOUpEVOUC TOÙÇ TTIV KOpUÇTlV KOTÈXOVTaÇ TCOV 'PcûpaÎWV, ÙTlÎaTCOÇ ÔÈ TOÙÇ<br />

Kapxnôovionç úVTéXEIV, TCOV TE TtoXspicov navTaxoÖEV TipoaKEipÉvcov Kai TCöV xopriyicöv où paôiaiç<br />

aÙTOÎç TiapaKopiÇopÉvcov, àç àv rfiç OaMrTriç Ka6' ëva TóHOV Kaì píav npocroôov àvTSxopévoic.<br />

71 L'identificazione dell'approdo di Amilcare con la Tonnara di Bonagia è già data per certa da<br />

DE SANCTIS, SR III, I, c<strong>it</strong>., 179, per il resto un po' sommario su questa precisa fase della guerra.<br />

72 Per le indagini archeologiche sul Monte Erice cfr. l'ampia sintesi in A. FILIPPI, Le fortificazioni<br />

mil<strong>it</strong>ari sul monte Erice durante la prima guerra punica, in S. TUSA ed., // mare delle<br />

Egadi, c<strong>it</strong>., 83-94, con discussione di tutta la bibliografia precedente. L'accampamento cartaginese<br />

a case Cosenza - San Matteo è da considerarsi certo: da lì proviene una moneta cartaginese del<br />

tipo d. testa di Ninfa, r. cavallino, rinvenuta nel 1927 e attualmente al Museo Pepoli di Trapani<br />

(inv. n. 5558).


78<br />

TOMMASO GNOLI<br />

dal lato di Trapani dalla mole scoscesa della montagna di Erice, che in local<strong>it</strong>à<br />

Crocefissello si protende quasi a picco sul mare. Una piccola guamigione Cartaginese<br />

ben disposta poteva agevolmente bloccare eventuali tentativi di attacco<br />

provenienti dal grosso dell'eserc<strong>it</strong>o romano accampato presso Casa Santa. Quanto<br />

precede non è una ricerca emd<strong>it</strong>a fine a se stessa. Walbank, il massimo commentatore<br />

di Polibio, pensava che i Cartaginesi avessero bloccato Erice sul lato<br />

di Trapani, nei pressi dell'attuale quartiere di San Giuliano 73 .<br />

Se così fosse, il luogo di accampamento dei Cartaginesi - così come il già<br />

c<strong>it</strong>ato unico punto di approdo che consenti loro di tenere la posizione per due anni<br />

- sarebbe da ricercare a ovest del monte Erice, mentre secondo la ricostmzione<br />

sopra esposta, il punto di approdo dei Cartaginesi dovrebbe essere cercato a est<br />

della montagna, nei pressi di Tonnara di Bonagia.<br />

La conetta individuazione dell'obiettivo della flotta cartaginese comandata<br />

da Annone (il lato nord-est del monte Erice, e non quello meridionale, verso Trapani)<br />

che doveva portare i sospirati rinforzi all'eserc<strong>it</strong>o di Amilcare, è importante<br />

per tentare di ricostruire la dinamica dello scontro navale che decise la guena. Si<br />

conosce, infatti, il punto di partenza della flotta cartaginese: l'isola di Marettimo<br />

(l'isola «Sacra» di Polibio) 74 , ma si ignorava con sicurezza il punto di approdo<br />

previsto della flotta di Annone. Come scrisse Sebastiano Tusa:<br />

L'evanescenza del possibile teatro delle operazioni era ancora più difficile da identificare<br />

poiché gli studi e le fonti da cui essi scaturivano erano vaghi circa la localizzazione<br />

della meta dei cartaginesi, indicata genericamente in Drepanum, mentre era certo che il<br />

s<strong>it</strong>o fortificato dai Punici fosse il monte Erice. Non era chiaro se l'approdo prescelto fosse<br />

nell'attuale area portuale di Trapani o in un imprecisato punto della costa settentrionale<br />

che va dal capoluogo trapanese verso Nord 75 .<br />

Se si deve intendere, come mi sembra certo, che la meta di Annone fosse<br />

l'area della Tonnara di Bonagia, sub<strong>it</strong>o a nord-ovest del monte Erice, allora risulterà<br />

evidente che la rotta più verosimile segu<strong>it</strong>a dalla flotta cartaginese sarà passata<br />

a nord di Levanzo e non tra quest'isola e la prospiciente Favignana, dove la<br />

tradizione locale era sol<strong>it</strong>a collocare lo scontro navale. Secondo i pescatori di Favignana,<br />

infatti, la splendida baia collocata all'estrem<strong>it</strong>à nord-orientale dell'isola<br />

di Favignana, Cala Rossa, dovrebbe il suo nome al sangue dei Cartaginesi che<br />

73 WALBANK, A Historical Commentary on Polybius; vol. 1: Commentary on Books I-VI, c<strong>it</strong>.<br />

74 A. CORRETTI, Marettimo (isola), «Bibliografia topografica della colonizzazione greca in<br />

Italia e nelle isole tirrenich». IX, 1991, 357-359.<br />

75 S. TUSA, Sintesi storico-archeologica e potenzial<strong>it</strong>à della ricerca, in S. TUSA ed., // mare<br />

delle Egadi, c<strong>it</strong>., 64.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 79<br />

l'avrebbero colorata in quel fatidico 10 marzo 241 76 . Una simile evenienza potrebbe<br />

essersi verificata solamente ipotizzando una rotta Marettimo - Trapani che<br />

passasse in mezzo alle isole di Favignana e Levanzo. Tale rotta sarebbe di gran<br />

lunga la più breve, se l'obiettivo dei Cartaginesi fosse stato il porto di Trapani, ma<br />

avrebbe esposto la flotta punica a gravissimi pericoli, dal momento che i Romani<br />

controllavano l'isola di Favignana.<br />

Oggi sappiamo che la flotta di Lutazio Catulo ha atteso Annone al riparo<br />

dell'isola di Levanzo, protetta dall'alta e ripida scogliera che si protende verso<br />

Capo Grosso, l'estrem<strong>it</strong>à settentrionale dell'isola, e che lo scontro avvenne a circa<br />

8 km (4,3 miglia marine) a N-NW di Capo Grosso. I rostri e l'elmo testimoniano<br />

il luogo dello scontro, mentre una grande quant<strong>it</strong>à di ancore in piombo sono<br />

state rinvenute negli anni passati dai pescatori lungo la costa orientale dell'isola<br />

di Levanzo, lungo l'impraticabile scogliera orientale di Capo Grosso 77 .<br />

Tale ricostmzione, oltre che comprovata dai r<strong>it</strong>rovamenti, è perfettamente<br />

congmente con il racconto di Polibio:<br />

[Annone], salpato e sbarcato all'isola chiamata Sacra, faceva di tutto per portarsi<br />

all'Elice senza che i nemici se ne accorgessero, per sbarcare i rifomimenti, alleggerire le<br />

navi e cosi, una volta presi con sé come soldati di marina quei mercenari che risultavano<br />

idonei e con loro Barca, scontrarsi con i nemici 78 .<br />

A cosa può riferirsi l'espressione XaGròv ôtaKO^iaOfjvat «venir trasportato di<br />

nascosto», se non a una rotta la più lontana possibile da Favignana? Una flotta<br />

cartaginese come avrebbe potuto passare «di nascosto» tra Favignana e Levanzo?<br />

Prosegue Polibio:<br />

Lutazio, che seppe dell'arrivo di Annone e dei suoi e intuì il loro progetto, prese<br />

76 La data è rifer<strong>it</strong>a da EUTROPIO 2,27,2 e ha un che di convenzionale. Vi sono in realtà non<br />

pochi problemi connessi sia alla data in sé, sia alla rispondenza tra i calendari. Vi è comunque<br />

generale accordo tra gli studiosi a mantenere una data molto alta rispetto alla data di inizio della<br />

navigazione mercantile nel Med<strong>it</strong>erraneo, che - com'è noto - veniva interrotta nei mesi invernali.<br />

È pertanto possibile continuare a utilizzare l'unica data che la tradizione antica ha riportato per<br />

l'evento, cioè appunto il 10 marzo.<br />

77 IBID., 63: «Chi va alle Egadi e si ferma a parlare con pescatori e con subacquei locali,<br />

dopo aver vinto un'iniziale diffidenza, ascolterà una storia che è ormai leggenda. Sentirà parlare<br />

del rinvenimento di centinaia di ancore in piombo nei pressi dell'orlata continentale di Levanzo,<br />

nel tratto di mare compreso tra punta Altarella e Capo Grosso, purtroppo allora decontestualizzate<br />

e fuse per ricavarne piombo da reti».<br />

78 POLYB. 1,60,3: ôç àvaxOsìc KUì Karàpaç ÈTtì TIìV 'Ispàv Katarupsvriv vfjaov EöTIEUOE TOùç<br />

Tio^Epionç XaOròv ôiaKopiaOfivai Tipòc TòV "Epwca Kaì ràç pÈv àyopàç àTioOÉaOai Kaì Kotxpioai<br />

ràç vaûç, TipooXaßcöv ô' STiißarac èK TCöV piaOocpopcov TOùç ëHITTIôEîOUç Kai BápKav PET' aÙTwv,<br />

OùTCOç auppicrysiv TOîç ÙTisvavriotc.


80 TOMMASO GNOLI '<br />

con sé dall'eserc<strong>it</strong>o di terra gli uomini migliori e navigò verso l'isola di Egussa, s<strong>it</strong>uata<br />

davanti a Lilibeo 79 .<br />

L'espressione di Polibio, l'unica fonte che nomini un qualche particolare geografico<br />

rifer<strong>it</strong>o allo scontro, è stata r<strong>it</strong>enuta inequivoca fin da De Sanctis 80 . Ha<br />

tuttavia ragione Gulletta ad affermare che «l'identificazione dell'Aigussa polibiana<br />

con l'attuale Favignana.... è oggi molto meno scontata di quanto la letteratura<br />

storica sulle guene puniche abbia mai lasciato intendere». Secondo la studiosa,<br />

infatti<br />

se la «Aigussa di fronte a Lilibeo» fosse da intendersi la «Aigussa quella che è davanti<br />

a Lilibeo», l'esigenza di un tale chiarimento topografico, da parte della fonte di Polibio,<br />

non si spiegherebbe se non con la necess<strong>it</strong>à di indicare non la più grande e la più nota delle<br />

isole, quella che dà il nome all'arcipelago (Favignana), bensì la sua gemella, l'Aigussa<br />

più piccola, la Phorbantia di Tolomeo, quella Levanzo legata all'antico ricordo di mari<br />

tempestosi lungo le rotte rodie e fenicie verso il Tirreno 81 .<br />

È senz'altro possibile intendere l'espressione polibiana come una precisazione<br />

topografica, una determinazione per designare con precisione una delle isole<br />

dell'arcipelago, che, come sappiamo da Silio Italico (6,684-5), era noto anche col<br />

nome di Aegates geminae. Resta il fatto che questa spiegazione va proprio in senso<br />

contrario a quello che Gulletta vuol dimostrare - trattarsi qui di Levanzo anziché<br />

di Favignana. Navigare Jipòc Tf|V AlyoÙGGav vfjoov ifiv Tipo TOù AiXußaion<br />

Ketp-évq (cioè a differenza dell'altra Aigussa, che non giace innanzi a Lilibeo, a<br />

sud) indicherebbe il fatto che la flotta romana si recò nella più meridionale delle<br />

isole Egadi, quella posta sulla rotta per Lilibeo/Marsala, quindi nell'isola di Favignana<br />

82 . Se Gulletta, come credo, ha ragione nelle sue conclusioni - trattarsi<br />

quindi di Levanzo e non di Favignana ~, si deve invece intendere il participio sì in<br />

79<br />

POLYB. 1,60,4: ôè Ammioç CTUVEîç riiv Tiapouoiav TCOV Tispì TòV Äwcova Kaì ouÀXoyioapevoç<br />

riiv ÈTiivoiav aÙTCov, avaXaßov ùTIò TOù TIëÇOù arpaTsúparoc TOùç àpioTouç âvôpaç ETiXsuas Ttpòc<br />

riiv Aiyoùoaav vpoov TTIV Tipo TOù AtXußaiou KEipÉvriv.<br />

80<br />

DE SANCTIS, SR III, I, c<strong>it</strong>., 183 n. 93: «Di Egussa parla qui il solo Polibio: sulla identificazione<br />

con Favignana, essendo Tipo TOù A<strong>it</strong>oßatou KstpÉvri, non corre dubbio», segue DE SANCTIS<br />

CORRETTI, Favignana (isola), c<strong>it</strong>.<br />

81<br />

GULLETTA, Navi romane fra gli Specola Lilyb<strong>it</strong>ana e le Aegades Geminae?, in TUSA ed.,<br />

// mare delle Egadi, c<strong>it</strong>., 73- 74.<br />

82<br />

A meno, naturalmente, di non voler intendere che dietro il toponimo 'Lilibeo' potesse celarsi<br />

il nome punico di Erice, secondo un'ipotesi autorevole (G. NENCI, Pentatlo ed i capi Lilibeo<br />

e Pachino in Pausania, «Annali della Scuola Normale di Pisa» s. III, 18, 1988, 317-323 ), ma<br />

estremamente improbabile per quanto riguarda questo specifico passo: non risulta che Polibio abbia<br />

mai confuso altrove Erice e Lilibeo; poche righe prima egli si esprime anzi molto chiaramente circa<br />

le intenzioni di Annone, il quale EOTIEUôE TOùç TioXspiouç AxxÖcöv ôiaKoptaOfivai Tipòc TòV "Epwca.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 81<br />

posizione attributiva, ma dando al singolare xfiv Aiyoñoaav vfjoov un valore più<br />

generale di 'arcipelago delle Egadi'. In questo caso la determinazione 'davanti<br />

a Lilibeo' sarebbe da intendersi molto banalmente come una semplice designazione<br />

geografica per illustrare la posizione di tutto l'arcipelago, e non di una sua<br />

isola specifica, ad un pubblico di lettori vasto e ignaro dei luoghi 83 .<br />

Resta da spiegare come mai i Cartaginesi siano caduti nell'imboscata tesa<br />

loro da Lutazio. Il modus operandi di Annone era quello consueto già utilizzato<br />

per rifomire la guamigione di Lilibeo, che, come ora Amilcare all'Elice,<br />

subiva il blocco navale romano 84 . Questa volta, però, Roma fece tesoro delle<br />

precedenti esperienze: Lutazio non si accontentò di effettuare il blocco dei due<br />

approdi. Trapani e la Tonnara Bonagia, perché era chiaro che il controllo di Favignana<br />

e delle Egadi avrebbe reso tale blocco inefficace, come era avvenuto<br />

per Lilibeo, o comunque molto difficile. Certo, Lutazio poteva ora contare su<br />

una flotta cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da navi veloci, uguali, in quanto a remeggio, alle «nuove»<br />

imbarcazioni puniche sperimentate alcuni anni prima a Lilibeo e a Trapani, ma<br />

occoneva comunque qualcosa che desse alla flotta romana un vantaggio tattico<br />

decisivo. Da qui l'occupazione di Favignana, che era stata la base d'appoggio<br />

indispensabile per Annibale Rodio. Perché la forzatura del blocco potesse aver<br />

successo, infatti, era necessario che le navi puniche attendessero al largo il vento<br />

propizio indispensabile per dar loro quella veloc<strong>it</strong>à di navigazione che i soli remi<br />

non potevano garantire loro. Polibio in due luoghi insiste esplic<strong>it</strong>amente su questo<br />

punto cap<strong>it</strong>ale 85 . L'attesa doveva avvenire in un posto abbastanza vicino alla<br />

costa, perché una navigazione troppo lunga, iniziata con venti favorevoli, poteva<br />

non finire allo stesso modo.<br />

I Cartaginesi non potevano ignorare che Favignana, e la vicina e importuosa<br />

Levanzo, non erano più a loro disposizione per tentare l'impresa di forzare il<br />

blocco navale romano nuovamente cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>osi dopo l'anivo della flotta di Lutazio<br />

Catulo da Roma. Questo costrinse l'ammiraglio cartaginese Annone a scegliere<br />

l'unica base di partenza possibile per tentare un'impresa che si rivelava<br />

più difficile del precedente sblocco di Lilibeo: Marettimo, la più lontana delle<br />

isole dell'arcipelago (60,3). Le navi cartaginesi approdarono lì, e in quella piccola<br />

isola lontana attesero le condizioni meteorologiche necessarie all'impresa.<br />

83 Non credo sia indicativo il fatto che a 1,44,2 Polibio utilizzi il plurale (KaOopptcQslç èv<br />

raîç KaXoupEvaic Alyoùcoatç) per designare l'arcipelago in un'espressione quasi del tutto analoga<br />

a quella qui evidenziata. Mi sembra che questa difficoltà sia molto inferiore alle aporie che<br />

emergono dalla spiegazione di Gulletta (a meno di non intendere che la fonte di Polibio desse<br />

delle indicazioni geografiche errate sulla dinamica dello scontro).<br />

84 Cf. supra, § 2.<br />

85 POLYB. 1,44,2-3 in riferimento a Lilibeo (forzatura del blocco da parte di Annibale, figlio<br />

di Amilcare); 46,6 (forzatura del blocco da parte di Annibale Rodio).


82 TOMMASO GNOLI '<br />

Quest'ultima si presentava sì più difficile, vista la presenza romana a Favignana/<br />

Levanzo, ma certamente non impossibile. I Cartaginesi pensavano di conoscere<br />

perfettamente la veloc<strong>it</strong>à e le capac<strong>it</strong>à nautiche delle quinquiremi romane e potevano<br />

pertanto calcolare con una certa precisione una rotta che permettesse loro<br />

di giungere, «di nascosto» dalla flotta romana, all'Erice. Si trattava di disegnare<br />

una rotta che descrivesse una sorta di semicerchio, passando al largo a nord di<br />

Levanzo, la più settentrionale delle Egadi; quindi, poggiando a babordo, puntare<br />

verso la Tonnara di Bonagia, dove era accampato Amilcare. In questa operazione<br />

sarebbero stati guidati con assoluta certezza dall'alta mole del monte Erice, sicurissimo<br />

punto che avrebbe consent<strong>it</strong>o di triangolare la rotta con grande facil<strong>it</strong>à<br />

e precisione, fatto che escludeva la possibil<strong>it</strong>à della navigazione notturna, nonostante<br />

la necess<strong>it</strong>à della segretezza. L'ampiezza della curva era determinata dalla<br />

forza del vento favorevole che Annone avrebbe avuto alle spalle. Come si vede,<br />

non si trattava di un piano impossibile, anzi. Annone poteva leg<strong>it</strong>timamente pensare<br />

di avere un buon margine di sicurezza, dal momento che non era prevedibile<br />

che una flotta delle dimensioni di quella di Lutazio, con duecento quinquiremi,<br />

potesse rimanere ormeggiata a lungo a Levanzo. Era lec<strong>it</strong>o pensare che la base<br />

della flotta fosse a Favignana, cosa che avrebbe ulteriormente aumentato i tempi<br />

di reazione romani.<br />

Le cose andarono in maniera del tutto diversa: fu molto probabilmente un capolavoro<br />

della intelligence romana quello di riuscire a dissimulare perfettamente<br />

i piani di Lutazio Catulo. Costui fece attraccare la flotta al riparo di Capo Grosso,<br />

la punta più settentrionale dell'isola di Levanzo, evidentemente perché aveva<br />

perfettamente intu<strong>it</strong>o che la flotta cartaginese si sarebbe diretta all'Elice, e non a<br />

Trapani 86 . Anche questo però non basterebbe a spiegare il successo dell'operazione.<br />

Le navi romane non avrebbero potuto rimanere a lungo in quella posizione.<br />

La costa davanti a Capo Grosso è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da una ripida scogliera, utilissima a<br />

nascondere le navi per l'imboscata, ma del tutto priva di ripari, e di acqua dolce<br />

per gli equipaggi. I Romani sapevano perfettamente quale sarebbe stato il giomo<br />

scelto da Annone. Molto verosimilmente lo sapevano per aver studiato con attenzione<br />

il modus operandi di Annibale Rodio. Verificate le condizioni meteorologiche<br />

ottimali per tentare l'impresa, con il vento da ovest che avrebbe sospinto<br />

86 Questo è un punto cr<strong>it</strong>ico della ricostruzione. Come poteva sapere Lutazio Catulo qual'era<br />

l'obiettivo della flotta di soccorso punica? Gli eserc<strong>it</strong>i cartaginesi in zona erano addir<strong>it</strong>tura tre. Oltre<br />

a Amilcare vi erano infatti le guamigioni di Trapani e di Lilibeo. Tutti e tre erano raggiungibili da<br />

Marettimo, ma naturalmente questo avrebbe richiesto rotte del tutto diverse, che circumnavigavano<br />

a nord o a sud le due isole Favignana/Levanzo. L'unica soluzione per il rebus è pensare a una<br />

«soffiata» che aveva messo Lutazio sulla buona strada. Per il ruolo della intelligence, ma in un<br />

senso più ampio di quello puntuale qui utilizzato, cfr. LORETO, La grande strategia di Roma, c<strong>it</strong>.,<br />

123-135, in particolare 129-130 per l'episodio che qui ci interessa.


La battaglia delle Egadi. A propos<strong>it</strong>o di r<strong>it</strong>rovamenti recenti 83<br />

la flotta cartaginese a tutta veloc<strong>it</strong>à verso l'Erice, i Romani salparono le ancore<br />

di buon mattino da Favignana per la vicina Levanzo (60,6). Lì si ancorarono, in<br />

attesa che le vedette poste in cima a Pizzo Monaco, un mammellone alto circa m<br />

300 slm., dessero il segnale 87 .<br />

A questo punto i calcoli Cartaginesi non potevano più essere efficaci: le navi<br />

romane erano considerevolmente più veloci di quanto l'esperienza aveva insegnato,<br />

ma Annone non poteva saperlo. Confidando nella bontà del piano e nel<br />

vento a favore, un libeccio che Polibio definisce cpopóv, Kaxappéovxa e XanTipóv,<br />

ha continuato a fare rotta verso le pendici settentrionali del monte Erice, non<br />

cambiando una virgola di quanto immaginato a tavolino. In mancanza di binocoli,<br />

di radar e di precisi stmmenti di triangolazione era impossibile rilevare la<br />

veloc<strong>it</strong>à di navigazione della flotta romana. Le battaglie navali dell'antich<strong>it</strong>à dovevano<br />

assomigliare a frenetiche guene al rallentatore. Passavano ore prima che<br />

le vele avvistate all'orizzonte acquistassero consistenza nei dettagli e anivassero<br />

finalmente a tiro. Nel frattempo solo l'estenuante fatica dei muscoli dei rematori,<br />

che bmciano nello sforzo di ridune quel tempo d'attesa. Quando Annone capì<br />

che il piano era fall<strong>it</strong>o e non c'era più alcuna possibil<strong>it</strong>à di sfuggire all'imboscata<br />

tesagli da Lutazio Catulo era oramai troppo tardi 88 . Le imbarcazioni cartaginesi<br />

avranno cercato di assumere una qualche disposizione difensiva, ma il vantaggio<br />

romano a quel punto era tale da rendere impossibile ogni seria resistenza. Oltre a<br />

tutto le navi erano a ranghi ridotti, per far posto alle provviste necessarie all'eserc<strong>it</strong>o<br />

punico in Sicilia, e contavano di rifomirsi di soldati proprio all'Erice 89 .<br />

Se si accetta questa ricostruzione degli eventi, credo ci siano tutti i dati utili<br />

per rispondere ad alcuni ques<strong>it</strong>i che hanno da lungo tempo affaticato gli studiosi<br />

della marineria antica. Qual'era la veloc<strong>it</strong>à di una quinquiremi in assetto da guerra,<br />

sottoposta al massimo sforzo dell'equipaggio? Si conosce il punto di partenza<br />

delle due flotte, il punto d'anivo previsto della flotta cartaginese, il braccio di<br />

87 È assolutamente ovvio pensare alla presenza di vedette romane poste in cima a Pizzo<br />

Monaco, la punta più alta di Levanzo e al Monte Santa Caterina, la punta più alta di Favignana.<br />

Si tratta di somm<strong>it</strong>à di circa 300 m di altezza slm. che, di fatto, impedivano ogni possibil<strong>it</strong>à alla<br />

flotta cartaginese che partiva da Marettimo, di passare inosservata, volendo approdare a Tonnara<br />

Bonagia o a Lilibeo. Il raggio di osservazione delle vedette doveva aggirarsi attorno alle 20 miglia<br />

nautiche (circa 40 km) a nord e a sud dell'arcipelago (devo questa osservazione al collega Stefano<br />

Medas, che ringrazio), fatto che esclude la possibil<strong>it</strong>à della sorpresa e obbliga a pensare che la<br />

rotta fosse pensata per passare fuori dalla portata prevista degli intercettori romani (lo scontro<br />

avvenne, è bene ricordarlo, a 4 miglia a NW di Capo Grosso).<br />

88 La flotta cartaginese aveva oltre a tutto il vento alle spalle, cosa che rendeva difficilissima<br />

una conversione a U. Tale conversione fu resa possibile, ed ebbe successo, solamente nel pomeriggio,<br />

quando il vento cambiò direzione.<br />

89 Tutto questo contraddice quanto rifer<strong>it</strong>o brevemente da Zonara/Cassio Dione, e l'incredibile<br />

racconto del prodigio, su cui si è detto supra, p. 61.


84 TOMMASO GNOLI '<br />

mare in cui questa venne intercettata dalle quinquiremi romane. In negativo è<br />

possibile anche dedune quale fosse la diversa veloc<strong>it</strong>à delle quinquiremi romane<br />

precedenti le innovazioni cartaginesi, dal momento che la rotta di Annone era<br />

studiata proprio per ev<strong>it</strong>are queste navi, che si r<strong>it</strong>enevano fuori portata.<br />

Simili calcoli, con il pesante uso della matematica e della geometria che comportano,<br />

nonché della conoscenza pratica delle tecniche della navigazione antica,<br />

sono del tutto al di là delle mie competenze 90 . Ad altri il comp<strong>it</strong>o di calcolare questi<br />

dati, che si annunciano in grado di ampliare non di poco le nostre conoscenze<br />

del modo di navigare degli Antichi.<br />

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90 Si troveranno questi calcoli in un contributo recentemente presentato ad un convegno<br />

tenuto ad Heidelberg nel 2011 da Sebastiano Tusa, che ringrazio per avermelo anticipato, con la<br />

sua équipe: S. TUSA, J. ROYAL, C. A. BUCCELLATO, S. ZANGARA, Rams, warships and sea-battles<br />

in Sicily according to new archaeological evidences, in stampa.


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