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GIGI E LE SUE TRE MOGLI<br />
Spaparanzato su di una comodissima seggiolona di vimini all’ombra della<br />
veranda del bungalow fatto di canne ed erbe palustri, alla maniera indigena, mi<br />
rilassavo ammirando le acque calme dell’Oceano Indiano e le onde docili disfarsi<br />
mansamente sulla bianchissima rena della spiaggetta incastonata tra il mare e la<br />
foresta mentre piú lontano la lunga striscia dell’onda spumosa frangendosi sulla<br />
scogliera corallina indicava l’inizio del mare aperto.<br />
Ci trovavamo nell’isola di Bali, volontariamente sperduti in una insenatura<br />
incantevole, che si poteva raggiungere solamente via mare, a meno di non voler<br />
assoggettarsi ad un paio di giornate di duro cammino inerpicandosi su e giú tra<br />
montagne impervie e valli scoscese.<br />
Alvina, a pochi metri da me, completamente nuda, si trastullava tormentando<br />
con una lunga canna di bambú un incauto granchio che era venuto fin lí a curiosare,<br />
forse per rendersi conto di chi fossero quegli sconosciuti che da qualche giorno<br />
turbavano la tranquilla solitudine di quell’angolo di paradiso.<br />
Io non ero nudo, indossavo uno slip, ne avrei fatto volentieri a meno, ma dovevo<br />
nascondere i miei attributi per proteggere l’innocenza di Kaiká, la servetta balinese<br />
che avevamo portato con noi per darci una mano a mantenere pulita la capanna e<br />
cucinare, sebbene che fosse innocente non ci avrei messo un dito sul fuoco, e tanto<br />
meno la mano.<br />
Adolescente, la pelle di un incredibile bronzo dorato, indossava un sarong dal disegno<br />
vivace che la copriva dalla cintola in giú, lasciando allo scoperto l’ombelico e due<br />
mirabili seni in fiore, che al camminare della loro padroncina si mantenevano fermi<br />
come fatti di alabastro.<br />
In quel momento Kaiká si avvicinava, portando un bicchierone colmo di una mistura<br />
di acqua di cocco e di un fortissimo liquore dall’aroma inconfondibile, ottenuto dagli<br />
indigeni facendo fermentare la linfa di una palma nana. Aveva addolcito quella<br />
miscela esplosiva con succo di canna e l’aveva completata con ghiaccio triturato. Un<br />
piccolo frigorifero nel quale il freddo, in apparente controsenso, veniva ottenuto a<br />
mezzo del calore di una fiammella, ce ne forniva ogni giorno una certa quantitá<br />
sufficiente comunque se usata con parsimonia.<br />
-Grazie, Kaiká.- le dissi non riuscendo a distogliere lo sguardo dai due splendidi<br />
capolavori in miniatura. Alvina mi osservava sorridendo, non era gelosa, sapeva<br />
molto bene, per esperienza personale, che le minorenni non mi fanno gola e me ne<br />
tengo lontano.<br />
Ci trovavamo sulla spiaggetta da poco piú di una settimana. Una vita primitiva,<br />
alla Robinson Crusoé, tanto per intenderci, il ghiaccio era l’unico lusso, oltre<br />
naturalmente alle provviste che giorno sí e giorno no un indigeno ci portava dal piú<br />
vicino villaggio, dopo di aver remato un paio di ore su di una minuscola barchetta,<br />
che non riusciró mai a capire come non affondasse, cosí come navigava col bordo<br />
letteralmente a pelo d’acqua.<br />
Giornate deliziose passate nel piú dolce dei far niente al punto da non aver