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SENT. N. 34/2001 - La Privata Repubblica

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Si osservava, ancora, che i riferimenti a un coinvolgimento del Gelli<br />

nella strage di Bologna, espresso nella lettera anonima in termini<br />

generici, non concretavano il reato di calunnia, ma rivelavano il fine<br />

propostosi con l'invio dello scritto anonimo al giudice istruttore. In quel<br />

periodo il nome di Gelli era già comparso nell'inchiesta sulla strage di<br />

Bologna, e, indipendentemente dalle varie notizie in base alle quali la P2<br />

risultava invischiata nelle trame più losche degli ultimi anni, era emerso<br />

un preciso collegamento - in base a un appunto relativo a un<br />

appuntamento con il Maestro venerabile della citata Loggia e il Prof.<br />

Semerari - tra tali personaggi, il secondo dei quali era già inquisito<br />

nell'istruttoria condotta dall'Ufficio Istruzione del tribunale di Bologna in<br />

relazione al gravissimo episodio del 2 agosto 1980.<br />

Per il vero, secondo quanto riferito dal Cap. Pandolfi, che all'epoca<br />

coordinava le attività di polizia giudiziaria relative alla citata attività<br />

istruttoria, sulla quale si addensavano numerosi ed efficaci tentativi di<br />

depistaggio, il Mannucci Benincasa era da lui contattato, anche in virtù<br />

di pregressi rapporti di collaborazione, proprio allo scopo di ottenere dal<br />

direttore del Centro Sismi di Firenze, che, in quanto vicino all'epicentro<br />

del potere del Gelli, disponeva di un privilegiato punto di osservazione,<br />

notizie su tale personaggio che potessero rivelarsi utili per le indagini.<br />

In realtà, la presenza del Mannucci Benincasa sul fronte delle indagini<br />

relative alla suddetta strage, al di fuori di qualsiasi criterio di competenza<br />

o di qualche autorizzazione dei suoi superiori al riguardo, era stata<br />

constatata, come stigmatizzato in più parti dell'impugnata decisione, sin<br />

dai primi giorni dell'agosto del 1980.<br />

<strong>La</strong> Corte d'Assise di Bologna, anche allo scopo di verificare la ricorrenza<br />

o meno della contestata circostanza aggravante del fine di cui all'art. 1<br />

della L. n. 15 del 1980, approfondiva, attraverso l'esame del contesto<br />

storico e giudiziario in cui le vicende in esame erano maturate, la figura<br />

del Mannucci Benincasa, i suoi rapporti con elementi piduisti e<br />

dell'estrema destra, i reali scopi delle sue denunce - in forma anonima -<br />

nei confronti del Gelli, cui si associavano comportamenti, sul piano<br />

istituzionale, di vera e propria copertura.<br />

Tale verifica veniva condotta anche alla stregua della ferma posizione del- l’imputato<br />

che, direttore del Centro SISMI di Firenze dal 1971 al 1991, aveva sostenuto di aver<br />

condotto una solitaria battaglia nei confronti del Gelli, e di aver fatto ricorso alla<br />

forma anonima nelle proprie denunce (compresa quella relativa all'omicidio del<br />

giornalista Mino Pecorelli, fatta al Procuratore della <strong>Repubblica</strong> di Roma), in quanto<br />

tutti i propri superiori, dal Santovito al Maletti, risultavano appartenenti alla loggia<br />

massonica P2, al cui vertice si trovava proprio il Gelli.<br />

Preliminarmente la Corte risolveva positivamente il quesito circa la prova della<br />

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