SENT. N. 34/2001 - La Privata Repubblica
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stesso CAUCHI e la mancanza di qualsiasi riscontro agli atti del Centro, dei contatti<br />
stessi, benché il CAUCHI fosse già noto al Servizio come elemento dell’eversione di<br />
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destra - si ricorda che l'ordine di cattura emesso nei confronti di Augusto CAUCHI il<br />
26.1.75 seguiva immediatamente i gravi fatti che, nei giorni precedenti, avevano<br />
preceduto e accompagnato l'arresto di Mario TUTI. Quei fatti, per loro natura e per lo<br />
scalpore suscitato, avevano certamente sollecitato la massima attenzione dei Servizi,<br />
e di quelli toscani in particolare. L'assunto dell'imputato di aver ignorato l'esistenza<br />
dell'ordine di cattura, allorché, il 26 o 27 gennaio '75, CAUCHI - già informato per<br />
altra via del provvedimento restrittivo emesso nei suoi confronti (sul punto sono<br />
chiari-ficatrici le dichiarazioni di VINCIGUERRA) - lo contattò da una cabina<br />
telefonica della stazione ferroviaria di Milano, immediatamente prima di espatriare, è,<br />
già di per sé, scarsamente plausibile: è difficilmente pensabile che il provvedimento<br />
restrittivo non fosse, in quel momento, la maggior preoccupazione del CAUCHI, e<br />
che a tale preoccupazione fosse estraneo il suo interesse per il Capocentro di Firenze.<br />
D'altra parte la telefonata - della quale ha dettagliatamente parlato Vincenzo<br />
VINCIGUERRA, riferendo quanto appreso da CAUCHI durante la loro comune<br />
permanenza in Spagna -consente - per il contesto cronologico e la qualità<br />
dell'interlocutore - di individuare proprio nell'imputato l'interlocutore di Augusto<br />
CAUCHI. Che, poi, il contenuto della telefonata sia stato quello indicato da<br />
VINCIGUERRA, piuttosto che quello voluto dall'imputato, è plausibile.<br />
Per quanto riguarda le imputazioni, per omissioni, abusi e rivelazioni di segreti<br />
d'ufficio, sub Al e Bl, è vero che l'imputato relazionò sui suoi rapporti con Augusto<br />
CAUCHI solo molto tempo dopo i fatti; è vero anche che egli si interessò attivamente<br />
della strage di Bologna, fin dal giorno stesso del gravissimo fatto, senza avvertire i<br />
superiori e il suo omologo bolognese, con il quale sarebbe stato ovvio invece - e non<br />
per mere ragioni di cortesia - instaurare una sollecita collaborazione; ed è altresì vero<br />
che l'imputato indusse il Consulente tecnico SPAMPINATO a rivelargli la<br />
composizione dell’esplosivo usato per confezionare l'ordigno deflagrato nella<br />
stazione di Bologna il 2 agosto '80, comunicandola poi a SANTOVITO, che egli ben<br />
conosceva come "gelliano" e "piduista", sicché non poteva ignorare - anche nella<br />
soggettiva e personale visione dei fatti che egli stesso rivendica - il cattivo uso che<br />
poteva essere fatto di quelle informazioni illegittimamente acquisite. Le spiegazioni<br />
di tali suoi comportamenti, fornite dall'imputato, non sono persuasive; né una certa<br />
"ambiguità" connaturale alla sua "professione", può giustificare palesi sconfinamenti<br />
nella illegalità.<br />
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Visti gli artt. 152, primo comma, e 523 c.p.p.<br />
P.Q.M.