SENT. N. 34/2001 - La Privata Repubblica
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quel senso.<br />
Si riteneva, pertanto, che il Mannucci Benincasa, non nuovo a operazioni di<br />
provocazione e a un'attività di copertura dei rapporti tra il sistema di potere gelliano e<br />
la destra eversiva, fino a favorire l'allontanamento dall'Italia di un terrorista<br />
neofascista, avesse compiuto un'attività diretta ad assicurare l'impunità agli autori di<br />
un gravissimo delitto di chiara matrice eversiva, con l'ovvia conseguenza di<br />
consentire l'eventuale perpetuarsi dell'attività terroristica da parte dei medesimi<br />
individui cui si garantiva protezione, nonché di occultare i rapporti tra l'ambiente<br />
neofascista e stragista su cui gli inquirenti stavano lavorando, alcuni settori<br />
importanti dei Servizi Segreti e il sistema di potere gelliano, eludendo così la<br />
possibilità di individuare, oltre agli esecutori materiali di quella strage, eventuali<br />
concorrenti morali e, dunque, di raggiungere un livello più alto di responsabilità in<br />
attività destabilizzanti e anticostituzionali.<br />
Conseguenza ulteriore di tale attività di depistaggio, di portata parimenti eversi- va, era individuata<br />
nell'impatto sulla compagine sociale, inevitabilmente sconcertata "dai continui fallimenti, dalle<br />
repentine sterzate dei filoni d'indagine, dai vicoli ciechi in cui l'inquinamento probatorio portava<br />
gli inquirenti così creando, in definitiva, una<br />
sensazione di insicurezza e di totale sfiducia nelle capacità delle istituzioni<br />
democra-tiche di reagire di fronte ad aggressioni di efferata portata<br />
criminale".<br />
Tale depistaggio, del resto, si allineava a una lunga serie di attività analoghe, emerse<br />
nel corso di indagini e di inchieste parlamentari, realizzate nel corso degli anni dal<br />
SID prima e dal SISMI dopo, nel quale operavano, ad altissimi livelli, personaggi<br />
legati alla P2 e in ottimi rapporti con l'imputato Mannucci Benincasa.<br />
Veniva a questo punto affrontato il tema del movente perseguito e, al riguardo, si<br />
criticava l'ipotesi, fatta propria anche dal P.M., secondo cui le accuse al Gelli si<br />
sarebbero inserite nella più vasta strategia volta a realizzare la sostituzione di<br />
quest'ultimo,al vertice della Loggia P2, con Francesco Pazienza: a tale proposito si<br />
osservava, in primo luogo, che non era emerso alcun contatto fra costui e il Mannucci<br />
Benincasa, ed inoltre che la discordanza delle date (il Gelli era stato accusato dal<br />
Procuratore della <strong>Repubblica</strong> di Roma quale responsabile dell'omicidio del<br />
giornalista Mino Pecorelli già nel 1979, cioè in periodo anteriore a una costante e<br />
proficua collaborazione con il Pazienza, che non lasciava neppure intravedere una<br />
lotta di successione) contrastava decisamente tale ipotesi.<br />
Riteneva pertanto la Corte che il movente della condotta del Mannucci Benincasa<br />
fosse da individuare nell'oltranzismo filo atlantico ed anticomunista del medesimo,<br />
che, se in un primo momento lo aveva portato, pur diffidandone, a proteggere il Gelli,<br />
proprio perché costui era considerato garante della tutela di quelle forze le quali,<br />
anche in forma non convenzionale, combattevano il pericolo della vittoria delle<br />
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