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Edizione del 25/04/2013 - Corriere

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Sulle pagine <strong>del</strong> Mattino, nel<br />

1986, Nacchettino Aurigemma<br />

pubblicava un ritratto a tutto<br />

tondo di Antonio Maccanico,<br />

confermato dal presidente Cossiga<br />

nell’incarico di segretario<br />

generale <strong>del</strong>la presidenza<br />

<strong>del</strong>la Repubblica. Un ritratto<br />

che poneva l’accento sul rigore<br />

morale <strong>del</strong> servitore <strong>del</strong>lo<br />

Stato, frutto di una formazione<br />

in cui l’antifascismo e la<br />

passione politica erano pane<br />

quotidiano.<br />

U n’ora<br />

dopo la sua elezione<br />

Francesco Cossiga<br />

ha annunciato la<br />

conferma di Antonio Maccanico<br />

nell’incarico di segreteria<br />

generale <strong>del</strong>la Presidenza<br />

<strong>del</strong>la Repubblica, rinviando a<br />

dopo il giuramento la nomina<br />

formale. Una sollecitudine indicativa<br />

che richiama in modo<br />

singolare l’atteggiamento<br />

di Pertini che, sette anni fa,<br />

prima ancora di essere eletto,<br />

aveva perentoriamente invitato<br />

Maccanico, allora segretario<br />

<strong>del</strong>la Camera, a passare<br />

da Montecitorio al Quirinale.<br />

Il mito <strong>del</strong> servitore <strong>del</strong>lo Stato<br />

impareggiabile ed atipico si<br />

rinsalda. Com’è nato? Resta,<br />

in parte, un mistero. Maccanico<br />

è uomo schivo, riservato,<br />

fugge d’istinto dai riflettori<br />

e dai canali facili <strong>del</strong>la pubblicità.<br />

E’ un alto burocrate,<br />

appartiene ad una categoria<br />

che, a torto o a ragione, non<br />

gode certo di popolarità diffusa<br />

nel nostro paese. Eppure,<br />

ormai, rappresenta, nella<br />

grande opinione pubblica,<br />

l’archetipo di quello che dovrebbe<br />

essere un grande fun-<br />

zionario. Un prototipo così<br />

lontano dai pasticci, dai compromessi,<br />

dalle protezioni,<br />

dalle interferenze che segnano,<br />

spingono e distorcono le<br />

carriere nella nostra burocrazia,<br />

da costringere la pubblicistica<br />

a far riferimento per una<br />

definizione <strong>del</strong> personaggio<br />

a mo<strong>del</strong>li anglosassoni. E’<br />

per tutti il grand commis, il<br />

top manager <strong>del</strong>le istituzioni.<br />

Con minor stile, si è usata, per<br />

lui, anche la polverosa definizione<br />

di eminenza grigia, che<br />

poi sta ad indicare quell’impasto<br />

un po’ misterioso e rinascimentale<br />

di consigliere<br />

<strong>del</strong> principe che tira i fili di<br />

uomini e cose, che governa<br />

dall’ombra, che influenza senza<br />

apparire e decide senza firmare.<br />

Lui ha reagito con una<br />

dichiarazione candida: “Io sono<br />

un funzionario all’antica”.<br />

Non c’è falsa modestia nell’autoritratto.<br />

Tutt’altro. C’è<br />

invece la considerazione altissima<br />

ed acuta <strong>del</strong>la funzione<br />

<strong>del</strong>la burocrazia in uno<br />

Stato di diritto. “All’antica”:<br />

un riferimento che nella sua<br />

genericità potrebbe sembrare<br />

ovvio o addirittura casereccio,<br />

ed è, invece, un richiamo a<br />

valori tanto precisi quanto<br />

semplici, che costituiscono da<br />

sempre una sorta du vangelo<br />

laico <strong>del</strong> servitore <strong>del</strong>lo Stato:<br />

l’onestà severa, il rigore, la<br />

lealtà come costume, il senso<br />

<strong>del</strong> dovere, il gusto <strong>del</strong>l’efficienza,<br />

l’imparizalità come<br />

norma di comportamento. Il<br />

mistero Maccanico è tutto nella<br />

circostanza che la testimonianza<br />

di questi valori, da lui<br />

resa in tutta una carriera, sia<br />

diventata un fatto di opinione<br />

pubblica, un mito tranquillamente<br />

accettato. Una riprova<br />

clamorosa, qualche settimana<br />

fa. Quando la grazia concessa<br />

alla terrorista Flora Pirri Ar-<br />

CULTURA & SOCIETA’<br />

Camera ardente, l’omaggio <strong>del</strong> presidente Napolitano<br />

E sono davvero tanti i messaggi di cordoglio che continuano<br />

a giungere in redazione per rendere omaggio<br />

ad Antonio Maccanico, segno <strong>del</strong>la statura altissima<br />

<strong>del</strong> meridionalista irpino. Il sindaco di Morra<br />

De Sanctis, Gerardo Capozza ribadisce come «Con<br />

Antonio Maccanico l'Irpinia perde un pezzo pregiato<br />

<strong>del</strong>la sua argenteria, un protagonista assoluto <strong>del</strong>le<br />

istituzioni italiane, un uomo che si è sempre speso<br />

per il Paese in ruoli <strong>del</strong>icati e in funzioni importanti.<br />

Lo voglio ricordare con affetto perché Maccanico<br />

era un signore nell'accezione napoletana <strong>del</strong> termine,<br />

una persona per bene. In un mese la nostra terra<br />

piange due suoi figli, Maccanico e Manganelli, personaggi<br />

di straordinario valore che le hanno reso onore<br />

sul piano nazionale e mondiale».<br />

dizzone stava per diventare una<br />

miccia accesa sugli ultimi<br />

passi <strong>del</strong> settennato di Pertini,<br />

l’intervento di Maccanico<br />

fu perentorio ed immediato.<br />

Una confessione pubblica di<br />

responsabilità, affidata ad un<br />

laconico comunicato <strong>del</strong>l’Ansa:<br />

“Non ho illustrato al Capo<br />

<strong>del</strong>lo Stato, con sufficiente<br />

precisione, tutti gli aspetti <strong>del</strong><br />

caso”. Ebbene, quella dichiarazione<br />

secca, senza sbavature,<br />

ebbe un’eco di diffusione<br />

incredulità. Un po’ tutti i notisti<br />

scrissero che Antonio<br />

Maccanico non poteva aver<br />

commesso, nell’istruire la pratica<br />

e nel riferirne al presidente,<br />

errori di valutazione o<br />

di omissione. Il mito <strong>del</strong> consigliere<br />

prudente ed infallibi-<br />

le, colto ed efficiente, resisteva<br />

anche all’urto <strong>del</strong>la personale<br />

assunzione di responsabilità.<br />

Ci fu chi scrisse di “bel gesto”,<br />

di “ruolo impeccabilmente<br />

recitato”, persino di<br />

“Ultimo sacrificio”, con riferimento<br />

evidente, anche se<br />

sottaciuto, all’amicizia fe<strong>del</strong>e<br />

che lega Maccanico al “suo”<br />

Presidente. Una chiave interpretativa<br />

umanissima, un po’<br />

patetica, che non rende giustizia<br />

al personaggio. Sembra<br />

più vera l’ipotesi che Maccanico<br />

abbia voluto salvare non<br />

un uomo per quanto carissimo<br />

ma l’immagine <strong>del</strong>l’istituzione,<br />

la più alta <strong>del</strong>la Repubblica.<br />

Questa cultura <strong>del</strong> rigore men-<br />

tale, Antonio Maccanico la respirò<br />

da ragazzo, con l’aria<br />

<strong>del</strong>la sua casa avellinese. Il<br />

padre Alfredo: dottore in economia,<br />

direttore di una banca<br />

cooperativa, perse posto e stipendio<br />

quando, incorporato<br />

l’istituto dal Banco di Napoli,<br />

gli chiesero, per la conferma<br />

<strong>del</strong>l’impiego, oltre a laurea ed<br />

esperienza, anche la tessera<br />

<strong>del</strong> Fascio. Lui rifiutò.<br />

La madre Evelina: famiglia<br />

borghese, educazione cattolica,<br />

dolcissima e tenace come<br />

le buone donne <strong>del</strong> Sud. Ritornò<br />

all’insegnamento, dopo<br />

il licenziamento <strong>del</strong> marito. Una<br />

scuola rurale, a Tufo, paesino<br />

<strong>del</strong>la media Irpinia. Il treno,<br />

l’unico, alle cinque <strong>del</strong><br />

mattino: c’è chi ricorda ad Avellino<br />

che spesso donna Evelina<br />

portava con sé il piccolo<br />

Tonino, tre anni, per non<br />

lasciarlo incustodito, nella<br />

grande casa di piazza Libertà.<br />

Due zii materni, Sinibaldo e<br />

Adolfo Tino: forse giganteggiarono<br />

sulla sua infanzia. Avvocati<br />

e giornalisti erano emigrati<br />

a Roma, dopo la laurea<br />

in legge, al Giornale d’Italia<br />

di Bergamini. Antifascisti<br />

senza mezze misure (vulcanico<br />

ed estroverso Sinibaldo,<br />

si favoleggiava ad Avellino ad<br />

Avellino di un suo duello con<br />

Italo Balbo e di una sua denunzia<br />

aperta dei mandanti<br />

<strong>del</strong> <strong>del</strong>itto Matteotti; pessimista<br />

e lucido Adolfo, divenuto<br />

a Milano commercialista principe,<br />

avrebbe steso, nel ‘43, il<br />

famoso “Chi siamo”, il programma<br />

<strong>del</strong> partito d’azione)<br />

i due Tino erano per l’antifascismo<br />

di provincia - ripiegato<br />

e prudente, cospirazioni assidue<br />

e minute nella farmacia<br />

<strong>del</strong> Leone sul corso principale<br />

di Avellino - un punto di riferimento<br />

morale. Per Maccanico<br />

l’esempio, domestico ed<br />

CORRI R<br />

Giovedì <strong>25</strong> aprile <strong>2013</strong><br />

«Io, funzionario all’antica»<br />

Un prezioso ritratto di Maccanico nell’articolo di Nacchettino Aurigemma, pubblicato nel 1986 all’indomani<br />

<strong>del</strong>la conferma come segretario generale <strong>del</strong> Presidente. Così nacque il mito <strong>del</strong> top manager <strong>del</strong>le istituzioni<br />

ANTONIO AURIGEMMA<br />

A esprimere profondo dolore per la scomparsa <strong>del</strong>l’ex<br />

ministro anche i due deputati PD Valentina Paris<br />

e Luigi Famiglietti «Perdiamo una personalità<br />

di grande rilievo - dichiara Famiglietti - un uomo<br />

che non solo ha ricoperto con grande competenza<br />

e umiltà ruoli politici di prim'ordine, ma ha anche<br />

presieduto importanti istituzioni culturali e artistiche,<br />

fondamentali per la crescita intellettuale<br />

<strong>del</strong> Paese».<br />

«Con il senatore Maccanico l'Irpinia e l'Italia perdono<br />

uno <strong>del</strong>le figure più eminenti degli ultimi decenni<br />

- spiega Paris - uno statista che ha legato il<br />

suo nome ad alcuni dei passaggi fondamentali <strong>del</strong>la<br />

storia repubblicana, dalla collaborazione con La<br />

Malfa e Pertini fino alla sua partecipazione ai go-<br />

IN UN’INTERVISTA A PANORAMA IL LEADER POLITICO RACCONTAVA PREGI E DIFETTI DEL SUO POPOLO<br />

Maccanico e gli irpini “sotto tiro”<br />

Amava l’Irpinia Antonio Maccanico<br />

e proprio perchè l’amava,<br />

soffriva profondamente<br />

nel vedere la sua provincia<br />

oggetto di vivaci polemiche, troppo<br />

spesso identificata in maniera semplicistica<br />

con corruzione e malaffare.<br />

Quei pregiudizi li aveva avvertiti<br />

con forza il politico irpino quando,<br />

in un’intervista rilasciata a Pino<br />

Buongiorno sulle pagine di Panorama<br />

<strong>del</strong> 22 gennaio 1989, aveva<br />

sottolineato l’errore commesso<br />

da tanti di associare «l’Irpinia solo<br />

con il gruppo che sta attorno a De<br />

Mita. Per le sue tradizioni l’Irpinia<br />

è qualcosa di più e di diverso».<br />

Così come aveva giudicato aspre le<br />

accuse nei confronti degli irpini che<br />

ricoprivano responsabilità di governo<br />

«Questa vicenda <strong>del</strong> dopoterremoto<br />

- chiariva Maccanico - è<br />

stata quasi vissuta come una specie<br />

di sopraffazione degli irpini. In<br />

realtà dal 1980 si sono creati dei<br />

meccanismi legislativi e amministrativi<br />

discutibili ma la responsabilità<br />

è di tutti. A cominciare dal<br />

Parlamento. Non è De Mita che li<br />

ha voluti».<br />

Al giornalista che gli faceva notare<br />

come l’Irpinia a un certo punto fosse<br />

diventata il centro <strong>del</strong> bene e <strong>del</strong><br />

male nazionale aveva spiegato che<br />

“Intanto è irpino da diversi anni il<br />

segretario <strong>del</strong>la Dc, che è il maggior<br />

partito italiano. Insieme con lui ci<br />

sono molti irpini in posizione eminente<br />

anche in Parlamento. E’ sembrato<br />

a un certo punto che ci fosse<br />

una specie di mafia irpina che si fosse<br />

impossessata <strong>del</strong> paese». Replicava<br />

con decisione anche alle parole<br />

di Sandro Pertini che non per-<br />

deva occasione di ricordare al suo<br />

segretario generale le sue origini,<br />

sottolineandone la grande intelligenza<br />

ma punzecchiandolo anche<br />

con sarcasmo sul loro spirito di corpo.<br />

Maccanico non amava parlare<br />

di senso di clan quanto di un forte<br />

senso <strong>del</strong>l’amicizia «Che è cosa -<br />

spiegava - ben diversa dal clan. Non<br />

è che De Mita voglia a tutti i costi al<br />

suo fianco un avellinese o un beneventano.<br />

In lui c’è piuttosto la capacità<br />

di valutare i meriti di ciascuno».<br />

Poichè, ribadiva, «nessuno si<br />

è finora chiesto perchè proprio in<br />

una provincia depressa come l’Irpinia,<br />

a un certo punto la Dc abbia<br />

espresso un gruppo dirigente di una<br />

certa levatura e che ha una posizione<br />

avanzata nello stesso partito.<br />

Perchè, prima di De Mita, c’è<br />

stato Fiorentino Sullo, un leader im-<br />

verni di centrosinistra, con importanti incarichi<br />

ministeriali. Una carriera che testimonia da sola<br />

le grandi doti <strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong> politico avellinese».<br />

Sulla stessa linea le parole <strong>del</strong> deputato Giancarlo<br />

Giordano che associa nel ricordo Maccanico e<br />

il sindacalista De Feo: «Esprimo sincero cordoglio<br />

per la scomparsa di Franco De Feo e <strong>del</strong> Senatore<br />

Antonio Maccanico, rispettivamente protagonisti<br />

e custodi <strong>del</strong> mondo sindacale e dei massimi livelli<br />

<strong>del</strong>le istituzioni politiche italiane. Con loro va<br />

via un pezzo di Irpinia e di Italia da sempre al fianco<br />

e al servizio dei lavoratori e <strong>del</strong>lo Stato».<br />

Tante anche le autorità che hanno reso omaggio<br />

ad Antonio Maccanico nella camera ardente allestita<br />

a Roma presso l'associazione Civita, in piaz-<br />

portantissimo». Per poi spiegare che<br />

«Avellino è una provincia con grandi<br />

tradizioni culturali laiche. Prima<br />

Francesco De Sanctis, poi il grande<br />

meridionalista Guido Dorso, poi un<br />

intellettuale come Carlo Muscetta.<br />

Sono personaggi che hanno avuto<br />

un enorme peso anche nel mondo<br />

cattolico. Di qui una certa modernità,<br />

una certa visione intellettuale<br />

dei problemi».<br />

Quanto alla intelligenza degli irpini,<br />

chiariva che Pertini aveva anche<br />

offerto una sua personale spiegazione:<br />

«Pertini sosteneva che noi irpini<br />

siamo intelligenti per un fatto<br />

storico specifico: quando i romani<br />

risalirono verso la Gallia, i liguri assaltavano<br />

i loro carri e rubavano tutta<br />

la mercanzia. A un certo punto i<br />

romani persero la pazienza e cominciarono<br />

a fare deportazioni di<br />

massa dei giovani liguri “Sa dove li<br />

deportavano, caro Maccanico? In Irpinia.<br />

E poi sono rimasti lì. Per questa<br />

ragione siete così intelligenti”».<br />

Non amava parlare di qualità tipicamente<br />

irpine «Non mi piacciono<br />

le caratterizzazioni di tipo razziale.<br />

Io mi spiego solo la tenacia, la volontà,<br />

una certa capacità di emergere,<br />

certi valori anche morali, pensando<br />

alla società irpina, che è la<br />

società <strong>del</strong>la montagna, dove le difficoltà<br />

sono maggiori e tutto questo<br />

tempra di più. Di qui alcune qualità:<br />

la serietà, l’impegno nelle cose<br />

che si fanno». Sollecitato ad indicare<br />

i difetti degli irpino o meglio<br />

<strong>del</strong>l’irpino De Mita, aveva spiegato<br />

che «Il difetto principale è quel<br />

confondere spesso le sane tradizioni<br />

con certe manifestazioni di provincia<br />

<strong>del</strong>le quali sarebbe bene liberarsi».<br />

E l’eccessiva astrazione di cui era<br />

spesso accusato il leader di Nusco?<br />

Non la riconosceva certo come una<br />

propria qualità «Io sono diverso,<br />

più pragmatico. Oddio - aveva pre-<br />

17<br />

za Venezia a Roma. Tra i primi ad arrivare il presidente<br />

<strong>del</strong>la Repubblica, Giorgio Napolitano. Poi<br />

Mario Monti, Massimo D'Alema, Gianni Letta,<br />

il leader Udc Pier Ferdinando Casini, Francesco<br />

Rutelli, Nicola Zingaretti a conferma <strong>del</strong> cordoglio<br />

unanime dei diversi schieramenti politici<br />

irresistibile, <strong>del</strong>le virtù civili.<br />

Poi la scuola, severa. La licenza<br />

liceale al Colletta (tutti<br />

otto, nove in Storia <strong>del</strong>l’Arte,<br />

dieci in educazione fisica:<br />

Maccanico correva i cento e i<br />

duecento). Concorso vinto per<br />

l’ammissione dalla Normale<br />

di Pisa, insieme a tre amici di<br />

corso: Antonio La Penna, tra<br />

i maggiori latinisti <strong>del</strong>la nostra<br />

cultura; Dante Della Terza,<br />

che oggi insegna letterature<br />

romanze ad Harvard; Attilio<br />

Marinari, preside <strong>del</strong> Mamiani.<br />

Laurea col massimo dei voti.<br />

Il ritorno ad Avellino. Il tuffo<br />

nella politica: un mese e mezzo<br />

di galera l’aveva scontato,<br />

qualche anno prima nel ‘43,<br />

per un volantinaggio improvvisato<br />

contro la guerra continua<br />

<strong>del</strong> maresciallo Badoglio.<br />

Nel 1946 l’antifascismo era diventato<br />

volontà di ricostruzione,<br />

affascinante tentativo<br />

di tutti gli spiriti liberi di fondare<br />

l’ordine nuovo <strong>del</strong>le istituzioni<br />

e dei rapporti civili.<br />

Antonio Maccanico, forse, sarebbe<br />

rimasto tra la sua gente.<br />

Ma frequentava lo studio<br />

di Guido Dorso, un avvocato<br />

sottilissimo, insidiato dal mal<br />

di cuore, che aveva speso una<br />

vita per reinterpretare in<br />

modo nuovo la questione meridionale.<br />

Fu lui guardando<br />

lontano, al di là <strong>del</strong>le finestre<br />

e dei grandi platani <strong>del</strong> viale,<br />

a dirgli una sera: “Devi andartene.<br />

Qui c’è poco da fare.<br />

Per Avellino, per questi poveri<br />

paesi si può fare qualcosa<br />

solo stando fuori”. Cominciò<br />

allora, senza dubbio, la grande<br />

carriera di Antonio Maccanico.<br />

Il pessimismo lucido <strong>del</strong><br />

grande meridionalista gli aveva<br />

indicato la strada per diventare<br />

il più importante e il<br />

più moderno dei funzionari<br />

“all’antica”.<br />

cisato - a essere sinceri fino in fondo,<br />

una specie di esprit de geometrie,<br />

di cartesiana memoria, gli irpini<br />

ce l’hanno tutti».<br />

E a chi parlava <strong>del</strong> clientelismo come<br />

secolare male d’Irpinia, precisava<br />

che “comportarsi come un uomo<br />

di clientela è una necessità proprio<br />

meridionale. Guido Dorso sosteneva<br />

che i partiti organizzati avrebbero<br />

cambiato questo costume,<br />

che, a suo parere, era alimentato dal<br />

collegio uninominale, terreno di coltura<br />

<strong>del</strong> trasformismo. In realtà si è<br />

visto che non è stato così. Il problema<br />

è di sviluppo civile. Se si andasse<br />

avanti con l’industrializzazione<br />

queste cose si ridurrebbero.<br />

Ma è una cosa che riguarda solo l’Irpinia?<br />

Perchè in Abruzzo non è la<br />

stessa cosa?». E alla domanda se<br />

fosse orgoglioso di essere irpino, rispondeva<br />

con l’arguzia che lo contraddistingueva,<br />

di esserlo, certo<br />

«Ma non è che ci sto a pensare tutte<br />

le notti. Per dirla con Benedetto<br />

Croce mi sento più figlio <strong>del</strong> tempo<br />

che figlio <strong>del</strong> luogo».

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