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L'Ulisse - LietoColle

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contenuto cioè la debolezza del pensiero, il gioco scoperto della tesi; e non tanto le cadute<br />

sintattiche quanto i sintagmi da elzeviro, da prosa rondista […] Un articolo di Eliot su Milton mi ha<br />

chiarito qualche idea. Il mio macheronico mi ha fatta nausea; ho tagliato interi sterpi di versi, ho<br />

fuso insieme più strofe. […] Nell'insieme ho rinunciato a molto prosastico Ŕ e molto a malincuore,<br />

poiché si tratta in questo senso, di un ennesimo fallimento Ŕ in favore del poetico»(16).<br />

Il faticoso travaglio creativo, mai giunto a una forma definitiva, testimonia quella che<br />

possiamo definire Ŗfunzione Eliotŗ nella pratica compositiva e di revisione dell'Italiano è ladro.<br />

Eliot si era espresso su Milton, per la seconda volta nel 1947, e da quel saggio, in cui paiono<br />

condensati i principi formali a cui Pasolini guarda per il suo poema, vale la pena di citare più<br />

diffusamente: «nella letteratura, non più che in tutte le altre cose dell'esistenza, non si può vivere in<br />

uno stato di rivoluzione permanente. Se ogni generazione di poeti si assumesse il compito di portare<br />

il linguaggio poetico allo stesso grado d'attualità della lingua parlata, la poesia mancherebbe a uno<br />

dei suoi doveri più importanti; in quanto essa deve aiutare non solo a raffinare la lingua dell'epoca,<br />

ma a impedire che questa muti tropo rapidamente. Uno sviluppo troppo rapido della lingua<br />

comporterebbe un progressivo deterioramento, e questo è attualmente il nostro pericolo. Se la futura<br />

poesia di questo secolo seguirà quella linea di sviluppo che, riesaminando il cammino compiuto<br />

nella poesia degli ultimi tre secoli, a me pare giusta, essa scoprirà nuove e più complesse<br />

espressioni nell'ambito di un linguaggio ormai stabilito. In questa ricerca molto potrebbe imparare<br />

dalla prolungata struttura del verso di Milton, potrebbe anche evitare il pericolo d'un asservimento<br />

alla lingua parlata e al gergo corrente. Potrebbe imparare che la musica del verso è fortissima nella<br />

poesia che ha un preciso significato espresso con parole appropriate. I poeti potrebbero essere<br />

indotti ad ammettere che una conoscenza della propria letteratura, e insieme della letteratura e della<br />

struttura grammaticale di altre lingue, è una parte preziosissima del corredo d'un poeta. E ho già<br />

suggerito che potrebbero dedicare un certo studio a Milton, come al più grande maestro inglese,<br />

fuori del teatro, di libertà entro la forma»(17). Per il suo poema Pasolini sembra accogliere anzitutto<br />

il suggerimento di esclusività del codice, perfettamente inscrivibile nel classicismo modernista di<br />

Eliot, senza tuttavia tenere conto del fatto che il «pericolo di asservimento» era senz'altro pertinente<br />

nell'ambito della letteratura inglese, molto meno nel contesto di quella italiana dove, com'è noto, la<br />

poesia non era ancora approdata a esiti di aderenza mimetica al parlato: forse un pretesto per tentare<br />

di riassestare le proprie scelte in direzione, appunto, della lingua letteraria e di quella che nel diario<br />

definisce «lingua-musica»(18).<br />

Occorre quindi osservare la struttura del poema, tenendo conto di questa spia eliotiana per<br />

verificare cosa è accaduto alla tessitura stilistica di questi versi, così provati da continui<br />

rimaneggiamenti e ripensamenti. Lo sperimentalismo dellřItaliano è ladro è per certi aspetti<br />

ecclettico. Sul piano formale, colpisce anzitutto lřadozione (specie nella Redazione Falqui) di quella<br />

rarissima terzina lirica in novenari(19), che va a unirsi alle lasse di versi canonici di diversa misura<br />

e di versi liberi di varia estensione non rimati di cui si compone il poema. Sul piano linguistico poi,<br />

l'ampia geografia dialettale plurilingue si configura nella strana mescolanza di elementi popolari,<br />

marcati diastraticamente, con lessemi appartenenti alla tradizione letteraria o comunque disusati,<br />

con fonti lessicografiche e con veri e propri intertesti letterari, di cui peraltro Pasolini, talvolta, si<br />

preoccupa di riportare in nota anche il riferimento bibliografico: da Euripide («ite, thoai Lyssas<br />

kunes, / itřeis oros»), alle lettere di Santa Caterina, al Libro de li exempli, sulla base del quale<br />

modella alcuni versi in veneziano antico («e le ysle si muove dal so logo il sole / si oscura e viene<br />

negro de caligine»), ai versi in italiano antico che ricalcano una formula di una confessione umbra<br />

dell'XI sec. («Alla prima alba / io me accuso de lo genitore et de la / genitrice mia, křilli / me<br />

puosero in ista istoria hora»)(20). Da notare che, mentre The waste Land è fittamente abitata da<br />

intertesti della grande tradizione europea, quasi a disegnare l'unità linguistica del Sacro Romano<br />

Impero, vista la scelta di codici che appartengono, appunto, alla tradizione (quali il latino, l'italiano,<br />

il tedesco, il francese, l'inglese), nell'Italiano è ladro la scelta intertestuale, ad eccezione del greco<br />

di Euripide, riporta prevalentemente alla tradizione popolare e quindi all'utilizzo di codici marcati<br />

diastraticamente (i dialetti della fascia settentrionale e l'italiano popolare). Per contro, per quanto<br />

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