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L'Ulisse - LietoColle

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Al di là dellřelemento arcano, la dichiarazione di Magritte non poteva essere maggiormente utile.<br />

Egli lavora non tanto sul codice pittorico (che comunque, ovviamente, utilizza) e cioè sulla fattura<br />

delle immagini che dipinge, quanto sulla loro combinazione, sulla loro sintassi, muovendosi (come)<br />

in un sistema articolato. Del concetto di sistema articolato Magritte dimostra del resto di avere una<br />

buona padronanza:<br />

Non ci sono due cose, o due atti, che possano essere riconosciuti come identici. Ogni atto è<br />

unřinvenzione. Eppure lřintera organizzazione del pensiero e del linguaggio smentisce questa<br />

semplice affermazione di non-identità. Possiamo cogliere lřuniverso solo semplificandolo<br />

con idee di identità per classi, tipi e categorie, e riordinando lřinfinita continuazione di eventi<br />

non-identici in un sistema finito di somiglianze. È nella natura dellřessere che nessun evento<br />

mai si ripeta, ma è nella natura del pensiero che comprendiamo gli eventi solo per le identità<br />

che immaginiamo tra di essi. (10)<br />

Nelle opere del surrealista belga ritorna il rapporto già duchampiano tra rappresentazione e titolo,<br />

che A.M. Hammacher rammenta, pur con una clamorosa amnesia riguardo al celebre precedente:<br />

Magritte fissava di frequente regole nuove a cui i titoli dovevano conformarsi. Si basavano<br />

sulla sua concezione della natura e della funzione del quadro, e sono quindi importanti. I<br />

titoli inoltre, sebbene evocati nei dipinti, sembrano poter esistere separatamente, in modo<br />

parallelo ai dipinti stessi. Il loro carattere, talora provocatorio, consiste in uno strano legame<br />

con lřimmagine dipinta. Lřinteresse profondo di Magritte per i titoli, e soprattutto per il<br />

cambiamento della loro funzione, è, per quanto io sappia, unico. (11)<br />

In tale ambito lřapporto originale di Magritte consiste nel giocare questa relazione anche allřinterno<br />

dellřopera: in alcuni casi le parole si pongono come contenuto figurativo di macchie informi, in altri<br />

come didascalia incongrua di immagini definite. Tutti rapporti di natura logico-linguistica, e non a<br />

caso lřopera di Magritte ha fatto pensare agli studi di Wittgenstein(12).<br />

Per mostrare che tanto la rappresentazione (lřimmagine) di un oggetto quanto la sua<br />

descrizione (il suo nome) non sono lřoggetto ma suoi rimandi referenziali, Magritte non esita Ŕ<br />

forzando qualunque tradizione ekphrastica Ŕ a sostituire la prima con la seconda sulla superficie del<br />

quadro. Quello che ne risulta è un secondo grado di applicazione della lezione di Duchamp: anche<br />

allřinterno del suo sistema la rappresentazione può essere sostituita dalla descrizione. Allo stesso<br />

scopo mostra lřapparente incongruenza tra la rappresentazione realistica di una pipa e la didascalia<br />

«ceci nřest pas une pipe».<br />

Non si deve trascurare il fatto che queste operazioni non siano contenute in un saggio di<br />

filosofia del linguaggio Ŕ e che quando lo sono, come nel caso di Les mots et les images, esso venga<br />

custodito alla Courtesy Gallery Isy Brachot Ŕ ma facciano parte di dipinti, cioè di oggetti estetici. Di<br />

nuovo elementi estranei al codice specifico della disciplina, in questo caso al codice pittorico,<br />

partecipano dellřesteticità dellřopera. Di nuovo ciò che convenzionalmente è, in un dato ambito,<br />

ritenuto extra-estetico assume un valore estetico. Lřestetico va assorbendo in sé la componente<br />

logica, o meglio esibisce la consapevolezza della sua componente logica accanto a quella<br />

intuitiva(13), e a quella sensibile che le è associata.<br />

2. Se dalle circostanze dellřostensione di un oggetto consegue unřaffermazione circa lřidentità di<br />

tale oggetto(14) (tanto Ŗquesto èŗ quanto Ŗquesto non èŗ), tale affermazione deve essere in qualche<br />

modo plausibile e non del tutto arbitraria, come non deve essere arbitraria la ricezione: accettiamo<br />

lřoperazione fatta da Duchamp sullřorinatoio perché alcuni elementi, sřè visto, giustificano, rendono<br />

plausibile e infine credibile tale operazione. Un esempio abbastanza istruttivo intorno alla questione<br />

della plausibilità credo possa venire dalla Prose du Transsibérien et de la petite Jeanne de France<br />

di Blaise Cendrars (1913). Il testo, per quanto sia intitolato Prose e per quanto sia dotato di strutture<br />

tipiche della narrazione, non contiene elementi sufficienti a contrastare la scrittura in versi e in<br />

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