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L'Ulisse - LietoColle

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di tutto, va messo però in forte rilievo lřarco temporale del Diario d‟Algeria: che va dal 1940, data<br />

riportata nel titolo di Periferia, testo iniziale di Ragazza d‟Atene, al 1963 dellřora citato Otto<br />

settembre. Ventitre anni, quindi; dato che offre già qualche concreta indicazione sullřintenzione del<br />

libro, non riconducibile alla sola funzione diaristica (come non lo era, globalmente, Frontiera) ma<br />

che, soprattutto, si estende fino al presente, gli anni ř60, dove si situa il punto di vista dellřautore del<br />

nuovo libro. In tale contesto, il ventennale dellřOtto settembre stabilisce un traguardo la cui valenza<br />

è inequivoca: la memoria va ad un crinale storico ed esistenziale ben preciso («Sale macaroni piove<br />

sulla memoria / lo scalpore della solfa ingiuriosa»), di umiliazione e oltraggio, che coincide con un<br />

passaggio traumatico della storia nazionale. È a quel punto che si chiude il libro apertosi nel nome<br />

della «giovinezza» e nellřappello alla vita ed al futuro («E tu mia vita salvati se puoi / serba te<br />

stessa al futuro / passante …»). In modo analogo, i versi del Male d‟Africa portano la data del 1958:<br />

riferimento a sua volta non meramente soggettivo, ma che evoca la guerra di liberazione in corso in<br />

quel paese (richiamata allřinterno della poesia).<br />

La dilatazione della cornice temporale muta in profondità la struttura del secondo libro, agendo in<br />

più direzioni: da una parte, ha una funzione distanziante e oggettivante (rispetto alle zone<br />

pregresse), dallřaltra (e contemporaneamente) di collegamento tra passato e presente. Le «tessere»<br />

sono disposte lungo un asse prolungato, la cui zona estrema è a contatto con un universo<br />

completamente mutato da quello iniziale; ed infatti, qui è la stessa poesia ad essere sensibilmente<br />

diversa, morfologicamente trasformata dalla contaminazione con lřambito romanzesco, nel suo<br />

versante psicologico-soggettivo. Il passaggio è decisivo anche sul piano stilistico-testuale, e<br />

lřinserimento di parti in prosa ne è solo il segno più lampante: fin dai primi versi nel Male d‟Africa,<br />

infatti, al momento memoriale si accompagna un eloquente diramarsi di piani espressivi, e la<br />

presenza di un filtro ironico Ŕ di per sé in attrito con lřimpianto lirico tradizionale - rivela un<br />

distacco che rende palpabile lo sfasamento tra lřio-soldato e lo sguardo che a lui si volge, dopo<br />

molti anni, ben consapevole dellřinsufficiente cognizione degli avvenimenti storici nel momento in<br />

cui essi lo avevano coinvolto. La verità soggettiva dellřesperienza della prigionia non ne è inficiata,<br />

ma è ricompresa in un più vasto contesto, che ha metabolizzato una vicenda collettiva (lřofficina<br />

delle prose narrative, nel dopoguerra, è la sede privilegiata della rivisitazione della propria storia<br />

nella guerra); e non bisogna dimenticare, del resto, che quellřio-soldato dei Frammenti, che viene<br />

meno «sotto il peso delle armi», non è (ancora) il prigioniero dřAfrica: se la sezione si conclude<br />

sullřOtto settembre, nella prima parte del Male le circostanze a cui tornano i ricordi sono quelle che<br />

immediatamente precedono la cattura sul fronte siciliano del 1943. Si tratta insomma di flash-back<br />

che, anche qui con spiccato accento romanzesco, acquistano un significato peculiare proprio per<br />

lřesser posti in serie contigua al finale ignominioso della guerra fascista, con un montaggio che<br />

costituisce una precisa modalità di costruzione del senso, tanto più in quanto esclude il ritorno a<br />

Milano (Via Scarlatti) che dovrà essere, nel libro nuovo, una ripartenza e non un arrivo.<br />

Ma di nuovo va notato, a conferma di un far poesia intimamente complesso, irriducibile tanto a<br />

schemi Ŗideologiciŗ che a generi prestabiliti, che nel Male d‟Africa lřistanza ironica non si svolge<br />

sul piano espressivo secondo una strategia delegittimante o freddamente storicizzante: anche qui ha<br />

luogo una dialettica resa possibile dal nuovo stile di Sereni, ibrido e disponibile a più livelli<br />

discorsivi. La scelta del Ŗframmentoŗ sřinserisce in questo quadro, mosso e articolato, che consente<br />

una pluralità di registri e di affiancare sempre di più alla voce dellřio, non più soggetto univoco ma<br />

anche oggetto di violenza da parte della storia, lřeco di un «noi» formatosi nella comune esperienza<br />

di una guerra vissuta Ŗdal bassoŗ («siamo appiattiti corpi / volti protesi allřalto senza onore»), in<br />

una condizione dřimpotenza e inermità sconosciuta ai «generali» evocati nei Frammenti<br />

(«Dicevano i generali…»). Non per caso il libro si conclude sullřimmagine di «noialtri in cenci»<br />

(L‟otto settembre); ma la stessa dimensione del Ŗnoiŗ, per poter diventare tramite di senso, è<br />

assoggettata ad un confronto con la storia in atto rappresentato nellřunico modo concepibile per<br />

Sereni, cioè tutto calato nellřinteriorità individuale, in strati per definizione soggettivi come il<br />

preconscio ed il sogno. Solo su questo piano può aver luogo la diagnosi del Male: dunque una<br />

rêvérie apre i Frammenti («Ed ecco stranamente simultanee / le ragazze dřun tempo…»), uno stato<br />

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