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L'Ulisse - LietoColle

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del bar vicino. Se dalla notte sorgeva il dubbio dello<br />

etmisfero cangiante e sproporzionato, allora richiedevo<br />

5 aiuto. Se nellřinferno delle ore notturne richiamo a me<br />

gli angioli e le protettrici che salpavano per sponde<br />

molto più dirette delle mie, se dalle lacrime che sgorgavano<br />

diramavo missili e pedate inconscie agli amici che mal<br />

tenevano le loro parti di soldati amorosi, se dalle finezze<br />

10 del mio spirito nascevano battaglie e contraddizioni, -<br />

allora moriva in me la noia, scombinava lřallegria il mio<br />

malanno insoddisfatto; continuava lřaria fine e le canzoni<br />

attorno attorno svolgevano attività febbrili, cantonate<br />

disperse, ultime lacrime di cristo che non si muoveva per<br />

15 sì picciol cosa, piccola parte della notte nella mia prigionia.<br />

(VV197)<br />

Nel passaggio da una sezione allřaltra la metrica subisce un mutamento in direzione della chiusura,<br />

dunque. Ci si accorge presto che, insieme, ciò che caratterizza Variazioni è un andamento logicosintattico<br />

che Poesie non conosce, e che ne rende i testi più vicini a quelli realizzati in altri periodi<br />

(stando alle date apposte dallřautrice(17)), come La libellula (1958), e più vicini alla parallela<br />

produzione di testi «privati»(18), diversi almeno nellřintenzione. Rinvio altrove per un tentativo di<br />

interpretazione complessiva dei dispositivi formali di Variazioni(19), limitandomi qui a dire che mi<br />

pare esservi una precisa convergenza fra il periodo rosselliano più tipico, esemplificato in VV197, e<br />

lo spazio metrico, teorizzato richiamando quali ideali formali la prosa e il sonetto(20), in maniera<br />

ambigua ma non del tutto incongrua se lřuna è luogo dellřorganizzazione razionale del reale e<br />

lřaltro è caratterizzato, per tradizione e per struttura, da una inclinazione sillogistica. Convergenza<br />

che profila la strumentazione di un soggetto, mnesticamente incapace(21), alle prese con la<br />

ricostruzione della propria storia personale (e con essa della propria identità) per via appunto logica,<br />

oscillando fra narrazione e ipotesi(22), e finendo ad armeggiare con paralogismi.<br />

Rimanendo alla chiusura metrica, una simile tendenza non era certo una novità tra gli anni<br />

Cinquanta e lřinizio degli anni Sessanta. Amelia Rosselli poteva in tal senso essere incoraggiata da<br />

illustri esempi come quelli di Raymond Queneau, di Sylvia Plath e, in Italia, del Pasolini delle<br />

Ceneri di Gramsci, per dire. E anche laddove venivano puntate le accuse di dérèglement si<br />

manifestava lřinclinazione verso una forma poetica regolare o per lo meno allusiva di una certa<br />

regolarità: Giuliani, Porta, Balestrini impiegano volentieri distici, terzine, quartine o sestine. Una<br />

volontà di recuperare qualche elemento di ordine logico sembra spingere su questa strada, cercando<br />

di maneggiare un materiale che si offre, almeno a prima vista, in regime di disordine. La soluzione<br />

in questi casi non è solamente isostichica, ma intende operare anche allřinterno del singolo verso<br />

sostituendo lřormai obsoleto vers libre con la cosiddetta metrica colica(23). Amelia Rosselli<br />

penserà ad una regolamentazione la cui estraneità risulta palese, ma la ricerca di una forma chiusa<br />

che Ŗtengaŗ un materiale poetico dalla tendenza informale, è di fatto qualcosa che accomuna le<br />

diverse esperienze di ricerca poetica del periodo.<br />

Si legge in Spazi metrici:<br />

Nello scrivere sino ad allora la mia complessità o completezza riguardo alla realtà era stata<br />

soggettivamente limitata: la realtà era mia, non anche degli altri: scrivevo versi liberi.<br />

In effetti nellřinterrompere il verso anche lungo ad una qualsiasi parola, io isolavo la frase,<br />

rendendola significativa e forte, e isolavo la parola, rendendole la sua idealità, ma scindevo<br />

il mio corso di pensiero in strati ineguali e in significati sconnessi. Lřidea non era più nel<br />

poema intero [...], ma si straziava in scalinate lente, e rintracciabile era soltanto in fine, o da<br />

nessuna parte. Lřaspetto grafico del poema influenzava lřimpressione logica più che non il<br />

mezzo o veicolo del mio pensiero cioè la parola o la frase o il periodo.<br />

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