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DVD<br />

Clerks II ritrova a 12 anni di<br />

distanza i litigiosi & logorroici<br />

commessi Randal e Dante, e<br />

come allora passa una giornata<br />

lavorativa con loro e i comprimari<br />

Jay e Silent Bob (lo<br />

stesso regista Kevin Smith).<br />

Tra i prevedibili dialoghi ultrageek<br />

su Trilogia dell’Anello,<br />

Guerre Stellari e Transformers<br />

e un episodio di “erotismo<br />

intraspecie” (con asino, dentro<br />

un fastfood) che rimarrà<br />

nella storia della comicità<br />

demenziale, i nostri “eroi” si<br />

confrontano con le responsabilità<br />

tipiche dei trentenni.<br />

Molto divertente, tra gli extra,<br />

il segmento dedicato alle riprese<br />

delle scene con l’asino.<br />

Delittuosa la mancanza dei<br />

sottotitoli inglesi: gli sporchissimi,<br />

esilaranti dialoghi originali<br />

di Smith sono tradotti in<br />

italiano (sia nel doppiaggio<br />

che nei sottotitoli) in modo<br />

schizofrenico e spesso inattendibile.<br />

IPSE DIXIT<br />

– “Sono ambasciatore della<br />

polizia a Taiwan, Giappone,<br />

Honk Kong, Cina, dappertutto!”.<br />

Jackie Chan alla conferenza<br />

stampa losangelina in<br />

cui ha promosso il reclutamento<br />

delle forze dell’ordine<br />

(The Los Angeles Police<br />

Department, marzo 2007).<br />

– “Quello che prego e spero<br />

ogni giorno è di andare a<br />

lavorare all’estero”. Riccardo<br />

Scamarcio (Ciak, marzo<br />

2007).<br />

– “Uso un sistema di otto<br />

algoritmi; ce ne sono di sei o<br />

sette, ma sono riuscito a farlo<br />

anche in meno di un minuto”.<br />

Will Smith spiega come<br />

risolve il cubo di Rubik in un<br />

tempo medio di 90 secondi<br />

(Premiere Usa, marzo 2007).<br />

– “So dal principio che, nebbie<br />

a parte, non stiamo facendo<br />

un film di Antonioni”. Colin<br />

Firth dal set del “sandalone”<br />

L’ultima legione (Io Donna, 10<br />

marzo).<br />

U<br />

54 URBAN<br />

FILM<br />

DI SASHA CARNEVALI<br />

SALVATE LEONIDA E<br />

I SUOI 300 SPARTANI<br />

Metafore, significati nascosti,<br />

letture intelligenti? Lasciate<br />

perdere: un “sandalone” è solo<br />

un “sandalone”!<br />

300<br />

Zack Snyder<br />

Racconta Erodoto di Leonida e dei suoi<br />

300 guerrieri spartani che tennero testa<br />

all’infinito esercito persiano di Serse. Lo<br />

racconta anche Frank Miller, colpito da<br />

bambino da questo grande esempio di<br />

idealismo e dignità, nella graphic novel di<br />

culto 300 (Magic Press, 25 euro) ora trasposta,<br />

dopo otto anni di parto lavorativo,<br />

dal regista pubblicitario-televisivo Zack<br />

Snyder (L’alba dei morti viventi). È una<br />

versione stilizzata quanto e forse più del<br />

fumetto: in altre parole visivamente molto<br />

bella e interessante (grazie a un procedimento<br />

digitale detto crushing le immagini<br />

assumono ombreggiature particolarmente<br />

cupe), narrativamente farcita dei cliché più<br />

biechi del “sandalone” di nuovo millennio<br />

(moglie e figlio nel grano da Il gladiatore;<br />

scene nautiche, vestizioni, focoso sesso<br />

coniugale e muscolose chiappe all’aria da<br />

Troy; persiani decadenti e depravati da<br />

Alexander; Troll, Gollum e Jabba-facsimili,<br />

macchine/animali da battaglia da Guerre<br />

Stellari e Il Signore degli Anelli). D’altra<br />

parte Miller e Snyder dichiarano apertamente<br />

di non cercare la credibilità: quando<br />

la Storia diventa Leggenda, si può leggerla<br />

attraverso la lente della mitizzazione senza<br />

fare torto a nessuno (e giustificare così la<br />

presenza di ninja tra le fila del variegato<br />

esercito persiano). 300 è davvero olimpico,<br />

pieno di scene in slo-mo, di mascelle<br />

digrignate e dialoghi come “Spartani,<br />

gettate le vostre armi!” – “Persiani, venite<br />

a prenderle!”, di attori che paiono statue<br />

greche, così in forma che si arrossisce solo<br />

a guardarli sullo schermo. Quando è stato<br />

presentato al festival di Berlino i maschi<br />

under 30 sono andati letteralmente in visibilio<br />

(“Your film kicks ass!” ha gridato a più<br />

riprese un eccitato giornalista al regista<br />

in conferenza stampa), mentre una parte<br />

della critica l’ha trovato un film fascista,<br />

un’apologia e/o una critica dell’operato di<br />

Bush in Medio Oriente. Tutte prospettive<br />

forzate secondo gli autori e il protagonista<br />

Gerard Butler (Il Fantasma dell’Opera), che<br />

in pratica ha risposto che chi va a grattare<br />

sotto un film superficiale come questo lo<br />

fa solo per mettersi in mostra e appagare<br />

il proprio ego. Difficile non condividere<br />

questa posizione: 300 è un film di genere<br />

e, se probabilmente resterà a lungo un<br />

classico per 15enni, i pregi per cui verrà<br />

ricordato nel tempo sono soprattutto visivi.<br />

La messa in scena di un paio di episodi<br />

(che non raccontiamo per non anticipare<br />

niente) farà senz’altro scuola e diventerà<br />

un cliché come quelli cui si accennava prima.<br />

Per ora è un pop-corn movie perfetto<br />

per rifarsi gli occhi con lo spettacolo di<br />

Leonida e dei suoi prodi che corrono in<br />

giro in slip di cuoio (Butler, che ha senso<br />

dell’umorismo da vendere, si è definito una<br />

specie di Chippendale); un guilty pleasure<br />

insomma, gay friendly, geek friendly e festa<br />

delle donne friendly. Chissà perché non è<br />

uscito l’8 marzo.<br />

RED ROAD<br />

Andrea Arnold<br />

Jackie sorveglia una degradata<br />

Glasgow attraverso telecamere<br />

di sicurezza sistemate<br />

in vari punti della città. La sua<br />

è una vita grigia, ma sotto la<br />

cenere intravediamo qualcosa<br />

che arde. Quando su uno<br />

schermo riconosce Clyde, uscito<br />

di galera per buona condotta,<br />

lo segue e lo seduce. È la<br />

vendetta a guidarla?<br />

Gran Premio della Giuria a<br />

Cannes e una pioggia di Bafta<br />

(gli Oscar inglesi): il debutto<br />

nel lungometraggio della regista<br />

Andrea Arnold è un thriller<br />

che riesce a essere teso pur<br />

non facendo economia di tempo.<br />

Attori ottimi, camera a mano,<br />

niente musica, una castità<br />

di scrittura che ricorda quella<br />

del Dogma danese: in effetti<br />

Red Road è il primo di tre film<br />

che nascono sotto gli auspici<br />

di un nuovo progetto-manifesto,<br />

Advance Party. I danesi<br />

Lone Scherfig (Italiano per<br />

principianti) e Anders Thomas<br />

Jensen (Dopo il matrimonio:<br />

probabilmente il migliore<br />

sceneggiatore europeo del<br />

momento) hanno creato un<br />

gruppo di personaggi che verranno<br />

interpretati dagli stessi<br />

attori in storie ambientate in<br />

Scozia, sviluppate e dirette<br />

da registi diversi. Aspettiamo<br />

fiduciosi di rivederli.<br />

EPIC MOVIE<br />

Jason Friedberg &<br />

Aaron Seltzer<br />

Quattro orfani trovano un<br />

biglietto d’oro nella cioccolata<br />

Willy: il passaporto<br />

per un’avventura epica. La<br />

prima lo scova al Louvre in<br />

una situazione da Codice da<br />

Vinci; il secondo nella scuola<br />

per mutanti da X-Men dove<br />

è considerato un perdente;<br />

la terza dopo essersi gettata<br />

dall’aereo di Snakes on a plane!;<br />

il quarto nell’orfanotrofio<br />

di Super Nacho. Passando<br />

dalla Fabbrica di Cioccolato,<br />

arriveranno a Gniarnia<br />

per salvare il mondo dalla<br />

Stronza Bianca… Quando un<br />

anno fa era uscito Hot Movie<br />

prevedemmo che più in<br />

basso di così non si sarebbe<br />

potuti cadere. Epic Movie in<br />

effetti è un po’ meno peggio<br />

del suo predecessore: un<br />

paio di gag fanno ridere (vedi<br />

la presa in giro di programmi<br />

Mtv come Cribs), ma è un<br />

“bene” di consumo deperibile,<br />

che spunta, purula e secca<br />

come i brufoli che si schiacciano<br />

gli attori sullo schermo<br />

(schifo che non fa ridere) e<br />

gli spettatori a cui è diretto,<br />

non appena si ritrovano nella<br />

privacy della loro cameretta.<br />

Non è certo L’aereo più pazzo<br />

del mondo o Una pallottola<br />

spuntata.<br />

IL REGISTA E<br />

Sidney Pollack racconta<br />

Frank Gehry<br />

FRANK GEHRY<br />

CREATORE DI SOGNI<br />

Sidney Pollack<br />

Per il primo documentario<br />

della sua luminosa carriera,<br />

Sidney Pollack (I tre giorni del<br />

condor, The interpreter) ha<br />

scelto di occuparsi di Frank<br />

Gehry. Anzi, è stato l’architetto<br />

a chiedere al suo vecchio<br />

amico di ritrarlo in pellicola:<br />

in molti lo assillavano con<br />

l’idea di dedicargli un film, ma<br />

per Gehry era proprio “l’ignoranza”<br />

in tema di architettura<br />

di Pollack a renderlo il più<br />

qualificato regista sulla piazza.<br />

Per noi significa entrare<br />

nella mente di un grande dei<br />

nostri tempi (lo è comunque<br />

anche per i detrattori che lo<br />

considerano più che altro un<br />

abile venditore di “logo-architettura”),<br />

attraverso il calore<br />

di un amico che può permettersi<br />

di fare domande da<br />

THE ILLUSIONIST<br />

Neil Burger<br />

La bella musica “di mistero e<br />

presagio” di Philip Glass introduce<br />

10 minuti di puro giallo:<br />

Vienna, inizio ’900; in un piccolo<br />

teatro stracolmo di gente,<br />

un uomo dall’aria disperata<br />

sta facendo apparire qualcosa<br />

sul palco; la polizia lo arresta<br />

prima che la magia si compia.<br />

“L’ha fatto di nuovo?” chiede<br />

il principe ereditario al commissario.<br />

“Sì”. “Fate qualcosa,<br />

scavate nel suo passato”. E<br />

qui inizia il flashback che costituisce<br />

tre quarti del film. Chi<br />

è il mago Eisenheim e, come<br />

dicono gli sceneggiatori de<br />

noantri, che je rode? Je rode<br />

che da bambino ha cullato un<br />

sogno d’amore impossibile<br />

con una duchessa coetanea.<br />

Mo’ è tornato a riprendersi<br />

la ragazza, già fidanzata col<br />

cattivo principe che picchia le<br />

donne e medita di prendere<br />

il trono del padre anzitempo.<br />

Non si può dire di più: il film<br />

stesso è un prestigiatore,<br />

abbastanza condiscendente<br />

da svelare i suoi trucchi su un<br />

finale-girandola (avete presente<br />

quando un personaggio è<br />

spaesato e la mdp gli piroetta<br />

intorno?). Edward Norton-<br />

Eisenheim tiene la faccia da<br />

poker tutto il tempo, il commissario-occhio<br />

narratore Paul<br />

Giamatti è quello espressivo.<br />

sempliciotto – quelle che vorremmo<br />

porgli noi – e le valutazioni<br />

dell’analista che segue<br />

Gehry da molti anni e che<br />

l’architetto stesso ha esortato<br />

a partecipare all’opera. I<br />

documentari che si vedono al<br />

cinema sono sempre di buona<br />

qualità, ma difficilmente sono<br />

così gratificanti, e non solo<br />

BORDERTOWN<br />

Gregory Nava<br />

Da anni si consuma una mattanza<br />

di giovani, poverissime<br />

operaie delle fabbriche che<br />

le multinazionali costruiscono<br />

sul confine tra Messico e<br />

Usa. Contro le 450 contate<br />

dalla polizia, per Amnesty<br />

International sono ormai 5mila<br />

le vittime di maniaci occasionali<br />

e serial killer che, soprattutto<br />

a Juarez, sanno di poter<br />

operare in totale impunità. Le<br />

autorità non fanno nemmeno<br />

finta di indagare, insabbiano<br />

alla luce del sole; la stampa<br />

tace, anche perché chi ha provato<br />

a parlarne è stato ucciso.<br />

Fin qui, abbiamo raccontato la<br />

realtà su cui si innesta questo<br />

bruttissimo film di finzione<br />

prodotto e interpretato da<br />

Jennifer Lopez, e a cui diamo<br />

uno, anziché solo un cappello<br />

da asino, per onorare la morale,<br />

qui necessaria, del “purché<br />

se ne parli” (al momento il film<br />

non ha un distributore in alcuna<br />

nazione americana):<br />

J. Lo che fa la giornalista con<br />

la sahariana, che smette di tingersi<br />

i capelli per riabbracciare<br />

le sue origini latine e meglio<br />

salvare le operaie messicane…<br />

ci siamo capiti? Se non<br />

fosse per come offende la cronaca,<br />

Bordertown sarebbe un<br />

capolavoro assoluto del kitsch<br />

e dell’umorismo involontario.<br />

per l’umorismo e la capacità<br />

di Pollack di modularne la<br />

durata in modo sempre avvincente:<br />

qui ci viene regalata<br />

l’occasione di vedere il genio<br />

al lavoro, di scoprire che<br />

quando pensa un edificio lo<br />

fa tagliando, piegando, attaccando<br />

con del nastro adesivo<br />

pezzi di bristol come un bambino<br />

che crea una scultura di<br />

carta. Gehry affida poi con<br />

gratitudine ai suoi collaboratori<br />

più giovani i calcoli strutturali<br />

che ne garantiscono la<br />

sicurezza e la stabilità: non<br />

riesce a usare il computer, ma<br />

riconosce che senza i programmi<br />

di ultima generazione<br />

non potrebbe permettersi<br />

tanta libertà creativa.<br />

PREMIÈRE<br />

Su Cult le voci di Asia<br />

e Africa<br />

Questo mese la proposta<br />

dei documentari di Cult (Sky<br />

142) viaggia sul filo rosso<br />

delle “invasioni barbariche”,<br />

ovvero del rimescolio di popoli<br />

e culture determinato dal<br />

capitalismo globale. Mentre<br />

il vortice della ricchezza gira<br />

e risucchia dentro di sé i<br />

paesi più poveri, gli abitanti<br />

di Asia e Africa conoscono il<br />

primo gradino del benessere,<br />

se così si vuol chiamare un<br />

pasto assicurato da un lavoro<br />

alienante. “Se non ti piace<br />

cercatene un altro; tanto se<br />

non lo fai tu ci penserà il tuo<br />

vicino”, ribatte la madre di un<br />

giovane indiano che detesta<br />

il suo impiego in un call center:<br />

o così o pomì. +9122:<br />

Call center Bombay (il 9 aprile<br />

alle 21) osserva sei ragazzi<br />

che di giorno dormono e di<br />

notte telefonano negli Usa da<br />

uno stanzone illuminato al<br />

neon; tutti vedono gli States<br />

come il paese del Bengodi e<br />

si sottopongono bovinamente<br />

alle lezioni di “americanità”<br />

(accento e filosofia di vita)<br />

imposte dai datori di lavoro.<br />

China Blue (16 aprile alle<br />

21), girato clandestinamente,<br />

ci farà guardare con occhi<br />

diversi i nostri bei pantaloni,<br />

molto probabilmente cuciti in<br />

Asia da gente tenuta in stato<br />

di para-schiavitù. Il pianista<br />

di Bagdad (23 aprile alle 21)<br />

attende con il più celebre<br />

interprete iracheno un visto<br />

salva-vita per gli Stati Uniti.<br />

Il ciclo si chiude il 30 aprile,<br />

a partire dalle 21, con gli<br />

ottimi Mamma please call<br />

me (come fa una famiglia<br />

filippina sparsa per il mondo<br />

a tenersi in contatto?) e Via<br />

dell’Esquilino (delle lezioni di<br />

italiano per immigrati ci fanno<br />

intravedere i loro sogni e<br />

la loro prospettiva sui nostri<br />

costumi).<br />

U URBAN<br />

ON LINE<br />

LA CITTÀ A PORTATA<br />

DI MOUSE. www.urbanmagazine.it<br />

URBAN 55

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