02 il fante 1 marzo 09 int - Associazionetrivenetadelfante.It
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Il Fante d’<strong>It</strong>alia N. 1• 20<strong>09</strong><br />
L’Associazione favorisce anche incontri occasionali<br />
Genericamente si può definire<br />
“associazione” un gruppo di persone<br />
che decidono di dedicarsi, collettivamente,<br />
ad un determinato programma.<br />
II nascere di associazioni di exm<strong>il</strong>itari<br />
data da alcuni secoli. Ma, ai<br />
primordi, più che di ex-m<strong>il</strong>itari si<br />
trattava di ex-combattenti. Lo spirito<br />
che spingeva questi “reduci” a<br />
“fare gruppo” era <strong>il</strong> ritorno nostalgico<br />
a quel periodo eccezionale che<br />
avevano vissuto insieme, giorni, settimane,<br />
mesi ed anni di vita fianco a<br />
fianco, nella buona e cattiva sorte,<br />
affratellati in azioni cruente che li<br />
coprivano di fango, sudore ed anche<br />
sangue. Ritrovarsi ora, diversi per<br />
estrazione ed attività, per sentirsi di<br />
nuovo come fratelli, quasi ancora<br />
dentro quella divisa indossata per<br />
anni. E, come allora, con l’<strong>int</strong>ento<br />
di esaltare l’amore per la Patria e<br />
per la Bandiera. Dedicandosi, oltre<br />
che a coltivare un’antica amicizia, a<br />
svolgere i sacri riti dedicati alla Patria:<br />
manifestazioni, cortei, conferenze,<br />
adunate. Parecchio tempo<br />
dopo queste associazioni si “specializzarono”<br />
e vennero create le Associazioni<br />
d’Arma. Nelle sedi o in occasione<br />
di manifestazioni venivano a<br />
ritrovarsi vecchi compagni d’armi,<br />
di scuola, si facevano nuove amicizie<br />
tra uomini già anziani, che, prima,<br />
avevano, sotto la bustina o l’elmetto,<br />
la chioma nera, bruna o<br />
bionda. Anch’io ritrovai vecchi comm<strong>il</strong>itoni,<br />
abbracciandoli con commozione.<br />
Ma voglio raccontare di un incontro<br />
un po’ particolare.<br />
È un episodio toccante, che rimase<br />
scolpito nella mia mente e nel<br />
mio cuore. L’ho presente come se lo<br />
vivessi ora. Per questo lo racconto al<br />
tempo presente. Siamo ad uno dei<br />
Raduni biennali dell’Associazione<br />
del Fante. Non dico quando e dove,<br />
non si tratta però di uno degli ultimi.<br />
Ci troviamo incolonnati per <strong>il</strong> rituale<br />
corteo. Tutte le Sezioni in f<strong>il</strong>a,<br />
una dopo l’altra. Di fianco a noi la<br />
popolazione assiepata sui marciapiedi.<br />
Ci applaudono, agitano bandierine<br />
tricolore. E, ad un tratto,<br />
aprendosi un varco, viene verso di<br />
noi un uomo, un Fante. Ha <strong>il</strong> fazzo-<br />
letto rosso-blu al collo, in testa la<br />
bustina verdognola; si avvicina e<br />
chiede dov’è <strong>il</strong> Presidente di Genova.<br />
Sono io e mi trovo in testa. Quello<br />
mi raggiunge, mi si avvicina e mi<br />
porge una mano. “Caro Presidente!<br />
Sapesse quanto ho faticato per r<strong>int</strong>racciarla!<br />
Ho letto di lei sul nostro<br />
giornale, lei scrive racconti e ho trovato<br />
<strong>il</strong> suo nome in calce… E mi sono<br />
ricordato di lei… Contavo di vederla<br />
ad un Raduno. Ed oggi ci sono<br />
riuscito. Come sta?”. Io, perplesso,<br />
contemplo quel viso che non mi dice<br />
niente. Ma è un Fante e mi conosce.<br />
Certo, in tempi lontani, ha fatto<br />
parte di un reparto da me comandato.<br />
Ma dove e quando? Stringo la mano<br />
e puntualizzo: “Caro amico, prima<br />
di tutto dammi del tu. Ce lo diamo<br />
tutti, nella nostra Associazione<br />
non si riconoscono né gradi ne ’ subordinazioni.<br />
E, poi, chiariscimi chi<br />
sei. Dove ci trovammo assieme?”.<br />
“Certo che lei non può riconoscermi,<br />
io ero un semplice soldato e<br />
da poco al Reparto, lei un Ufficiale.<br />
Ma è giusto darci del tu. Dove ci siamo<br />
incontrati? Chiarisco subito, non<br />
puoi avere dimenticato. Anno 1940,<br />
fronte occidentale in giugno. Giorno<br />
23, dopo un assalto comandato da te<br />
ad un fortino (<strong>il</strong> Razet), lo prendemmo<br />
nella notte dello stesso giorno.<br />
Ma, la mattina dopo, <strong>il</strong> nemico lo<br />
bombardò e dovemmo sgombrare<br />
andando più avanti. Successe che,<br />
sotto le granate e le bombe di mortai,<br />
i reparti si sgretolarono. Chi<br />
fuggì a valle, chi retrocedette. Noi,<br />
che eravamo la punta più avanzata,<br />
ad un certo momento ci rifugiammo<br />
in una trentina sotto un roccione. E<br />
là sostammo sino a metà pomeriggio,<br />
aspettando rinforzi che non<br />
vennero e senza sapere che fare.<br />
C’erano quattro Ufficiali con noi,<br />
ma nessuno si decideva a prendere<br />
una iniziativa. Però, come <strong>il</strong> nemico<br />
iniziò a circondarci, sparando raffiche<br />
nei macchioni per stanarci, <strong>il</strong><br />
più giovane degli Ufficiali si fece<br />
sentire: “Che aspettiamo r<strong>int</strong>anati<br />
in questo buco? Bisogna fare qualcosa<br />
prima che cada una bomba. E se<br />
quelli arrivano cosa facciamo?”.<br />
“Combatteremo!” proclamò <strong>il</strong> più<br />
alto in grado, un Capitano. “Belle<br />
parole” gli rispose sprezzantemente<br />
l’altro, ignorando la sua posizione di<br />
subordinato. “Siamo quattro gatti e<br />
privi di armi automatiche. Solo fuc<strong>il</strong>i<br />
e poche cartucce. Quindi o ci arrendiamo<br />
o ci massacrano. Non mi<br />
piace l’idea di morire per difendere<br />
questa roccia che, in sostanza, non<br />
dice un bel niente. Abbiamo pure<br />
delle responsab<strong>il</strong>ità verso questi soldati<br />
che attendono nostri ordini”. “E<br />
che vorresti fare?” chiese uno degli<br />
altri due, un Tenente. “Una sortita!<br />
Saltiamo fuori e cerchiamo di raggiungere<br />
i nostri, in basso, per questo<br />
versante di destra molto ripido<br />
e, se vogliono fermarci, bombe a<br />
mano e baionetta. Dobbiamo sfondare”.<br />
“Sante parole” mi dissi, guardando<br />
gli altri soldati. La vinse quel<br />
Sottotenente, che eri tu, caro Presidente.<br />
Partimmo di corsa, come forsennati.<br />
Scendemmo a valle incontro<br />
alle pattuglie nemiche, aprendoci<br />
la strada combattendo. La maggioranza<br />
però giunse alla meta, al<br />
riparo, dove erano i nostri. Quella<br />
sera fummo avviati nelle retrovie. E<br />
quando potemmo, alla fine, concederci<br />
un poco di riposo, alcuni di<br />
noi, i più devoti religiosi, proposero<br />
di elevare al cielo un coro di preghiere<br />
per lo scampato pericolo.<br />
Uno aggiunse anche un ringraziamento<br />
per “quel nostro ufficiale<br />
che, con una iniziativa giudiziosa, ci<br />
ha salvato…”. Lo facemmo, caro<br />
Presidente, e oggi ti ho ritrovato per<br />
ringraziarti ancora”.<br />
Ho ascoltato, commosso, quella<br />
rievocazione che ben ricordavo. E<br />
mi venne alla mente che, proprio<br />
quella sera, mentre ripiegavamo, un<br />
soldato di quelli che erano stati<br />
“lassù”, passando accanto, mi aveva<br />
detto: “Se non era per te, Signor Tenente,<br />
ora saremmo tutti morti”.<br />
Non posso che allargare le braccia e<br />
buttarle al collo del mio <strong>int</strong>erlocutore.<br />
Lui ansima per la commozione,<br />
io ricaccio le lacrime che mi vengono<br />
agli occhi e ringrazio l’Associazione<br />
che mi ha permesso di vivere<br />
questo favoloso momento.<br />
Elio Rosi<br />
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