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ANNUARIO 2009 - CAI Sezione di Morbegno

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una stretta fessura.<br />

Fu trattrenuta senza grande<br />

sforzo dai due ragazzi, mentre<br />

Nicola, il nostro «capo», intimò<br />

a tutti <strong>di</strong> fermarsi e <strong>di</strong> non<br />

muoversi per nessun motivo.<br />

Sara era gracile e, senza<br />

particolari manovre, con poche<br />

bracciate <strong>di</strong> corda fu riportata<br />

in pochi minuti in superficie,<br />

ma ne uscì priva <strong>di</strong> coscienza.<br />

«Avrà battuto la testa? Avrà un<br />

trauma cervicale?» Io e Fausto,<br />

al primo anno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in<br />

me<strong>di</strong>cina, fummo coinvolti in<br />

un esame obiettivo sommario:<br />

il respiro era regolare, il polso<br />

pure; con le nostre limitate<br />

nozioni <strong>di</strong> pronto soccorso<br />

ricordo che le tiravamo la<br />

lingua con due mani per<br />

impe<strong>di</strong>rle il soffocamento...<br />

Che fare? Il telefonino era<br />

fantascienza. Nicola incaricò<br />

me ed Ermete, forse considerati<br />

più esperti ed affidabili<br />

(ci conosceva dall’anno<br />

precedente), <strong>di</strong> scendere alla<br />

Marinelli a chiedere aiuto.<br />

Inorgogliti da questo compito<br />

traversammo il ghiacciaio<br />

correndo come forsennati,<br />

inciampando <strong>di</strong> continuo nella<br />

corda che ci legava.<br />

Giunti sulla morena, Ermete,<br />

un pò provato, mi fece<br />

questa proposta: «Ora che<br />

siamo fuori dal ghiacciaio è<br />

inutile scendere entrambi alla<br />

Marinelli, vado solo io, perchè<br />

non me la sento più <strong>di</strong> risalire.<br />

Tu fermati qui, riposati e<br />

aspetta i rinforzi».<br />

L’idea mi parve ragionevole,<br />

per cui mi sdraiai su una<br />

roccia riscaldata dal sole ad<br />

aspettare, non prima <strong>di</strong> aver<br />

<strong>di</strong>panato la corda e pre<strong>di</strong>sposto<br />

no<strong>di</strong> e cor<strong>di</strong>ni per la risalita.<br />

Saranno state le 8 o le 9 del<br />

mattino e, su quella roccia,<br />

rimasi fino a pomeriggio<br />

inoltrato, solo, cercando<br />

inutilmente <strong>di</strong> interpretare<br />

gli eventi <strong>di</strong> cui ero solo<br />

spettatore.<br />

Dalla Marinelli non arrivò mai<br />

nessuno ma, dopo qualche<br />

ora, avvertii l’inconfon<strong>di</strong>bile<br />

rombo dell’elicottero che,<br />

dopo una prolungata sosta al<br />

rifugio, roteò sui ghiacciai e<br />

lentamente raggiunse il luogo<br />

dell’incidente dove si posò,<br />

spegnendo il motore.<br />

Io vedevo chiaramente gli<br />

omini come puntini scuri sulla<br />

neve del passo, ma erano<br />

tutti sempre fermi, a lato<br />

Nella pagina a fianco:<br />

assembramento sull’altopiano<br />

<strong>di</strong> Fellaria nel corso<br />

dell’accantonamento giovanile<br />

del 1972, sul fondo il Pizzo Palù.<br />

Sotto: sulla cresta del Palù.<br />

dell’elicottero, fermo e spento.<br />

«Ma cosa fanno? Ma quanto<br />

tempo ci vuole? Boh!»<br />

Ero interdetto, e ancor più<br />

grande fu ilmio stupore<br />

quando, dopo un interminabile<br />

lasso <strong>di</strong> tempo, vi<strong>di</strong> formarsi<br />

una colonna <strong>di</strong> neri puntini<br />

che lentamente si allontanava<br />

dall’elicottero e scendeva<br />

lungo il ghiacciaio, i primi<br />

trascinando una barella sulla<br />

neve con la malcapitata Sara.<br />

Nel frattempo risuonò <strong>di</strong> nuovo<br />

il rombo dell’elicottero, ma<br />

era un altro, sempre grigioverde<br />

militare, e atterrò alla<br />

Marinelli.<br />

Quando la «truppa», che<br />

ricordava la rtirata <strong>di</strong> Russia,<br />

finalmente mi raggiunse,<br />

tutti si stupirono <strong>di</strong> trovarmi<br />

lì fermo su un sasso, e le<br />

spiegazioni reciproche su<br />

quella strana giornata ci<br />

impegnarono per tutto<br />

l’accidentato tratto morenico<br />

fino alla Marinelli.<br />

Il primo elicottero caricò al<br />

rifugio 3 o 4 soccorritori, forse<br />

guide alpine, <strong>di</strong> cui non ricordo<br />

i nomi. Mentre si avvicinava al<br />

luogo dell’incidente, pare si sia<br />

accesa una spia che segnalava<br />

«incen<strong>di</strong>o a bordo», per cui<br />

il pilota si affrettò ad un<br />

atteraggio <strong>di</strong> emergenza.<br />

I passeggeri, terrorizzati, si<br />

lanciarono dai portelloni nella<br />

neve, ben prima che che la<br />

macchina volante si posasse,<br />

rischiando a loro volta <strong>di</strong><br />

infilarsi in un crepaccio.<br />

Nella concitazione,<br />

l’atterraggio avvenne in leggera<br />

salita, la coda si inclinò e il<br />

rotore posteriore affondò nella<br />

neve, danneggiandosi.<br />

Il pilota scese contrariato<br />

e, con evidente accento<br />

romanesco, chiese ad alta<br />

voce: «Ahò! Ma qua quanno<br />

se scioie sta neve che io devo<br />

decollà..?!»<br />

La povera Sara fu trasportata in<br />

ospedale dal secondo elicottero<br />

militare e, fortunatamente, non<br />

aveva nulla <strong>di</strong> grave.<br />

Nei mesi <strong>di</strong> settembre e ottobre<br />

il campo sportivo <strong>di</strong> Sondrio fu<br />

occupato dalle tende militari,<br />

e l’elicottero danneggiato fu<br />

smontato e trasportato pezzo<br />

per pezzo a valle dalle truppe<br />

alpine.<br />

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