ANNUARIO 2009 - CAI Sezione di Morbegno
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Il <strong>CAI</strong> al mare<br />
le CINQUE TERRE<br />
<strong>di</strong> Alessandro Caligari<br />
Quando arrivo in piazza ci sono<br />
già molte persone, nonostante<br />
sia piuttosto presto. Festanti ma<br />
non troppo, causa levataccia,<br />
aspettano il profilarsi della<br />
sagoma inconfon<strong>di</strong>bile del<br />
grosso scatolone che li porterà<br />
fino in riviera. Puntuale arriva il<br />
bus, su cui mi saetto cercando<br />
<strong>di</strong> trovare il posto più adatto<br />
per tornare a riappisolarmi.<br />
Già prima <strong>di</strong> Delebio perdo<br />
conoscenza, per risvegliarmi<br />
su un’autostrada inaspettata;<br />
dal panorama e dai cartelli<br />
stradali capisco <strong>di</strong> essere sulla<br />
Milano-Bologna e non sulla<br />
prevista Milano-Genova. E’<br />
singolare che l’organizzatore<br />
(cioè io) non sappia la strada<br />
da percorrere. Vengo a sapere<br />
che gli ammutinati dell’autobus,<br />
cioè l’autista ed il suo ex (ma<br />
ancora influente) <strong>di</strong>rigente<br />
hanno deciso che sarebbe stato<br />
più saggio fare la Cisa, piuttosto<br />
che la tortuosa A7. Mi adeguo,<br />
torno al mio loculo e guardo<br />
con crescente preoccupazione<br />
le lancette dell’orologio,<br />
che girano più veloci delle<br />
ruote del bus, e le nuvole<br />
in agguato sull’Appennino,<br />
a cui ci stiamo avvicinando.<br />
La nostra meta è la Liguria,<br />
e più precisamente le Cinque<br />
Terre, che avremmo deciso <strong>di</strong><br />
percorrere integralmente, da<br />
levante a ponente. All’uscita<br />
autostradale, scopriamo<br />
che una corsa ciclistica si<br />
sta svolgendo proprio sulla<br />
strada che dovrebbe portarci<br />
a Rio Maggiore.<br />
Sacramentando,<br />
l’autista prende<br />
una stra<strong>di</strong>na<br />
infame che aggira<br />
i pedalanti,<br />
si arrampica<br />
sul crinale, per<br />
precipitarci su<br />
Monterosso, cioè<br />
quella che avrebbe dovuto<br />
essere la nostra meta finale.<br />
Non contento, il <strong>di</strong>o cattivo<br />
delle gite domenicali, ci<br />
parcheggia su uno spoglio<br />
piazzale in riva al mare, dove<br />
organizza, appena si spegne il<br />
motore del bus, un comitato <strong>di</strong><br />
benvenuto a base <strong>di</strong> raffiche<br />
<strong>di</strong> vento forza venti e acqua<br />
a secchiate. La maggior parte<br />
delle gente ignora o fa finta <strong>di</strong><br />
non sentire gli inviti a scendere,<br />
restia a lasciare il tepore del<br />
se<strong>di</strong>le-cuccia, che dopo quasi<br />
cinque ore <strong>di</strong> pullman si è<br />
conformato dell’anatomia del<br />
suo occupante, per essere presa<br />
a sberle dalla pioggia. Dopo un<br />
po’ comunque ci si ritrova tutti<br />
alla stazione, con il caparbio<br />
intendo <strong>di</strong> portarci, via treno, a<br />
Rio Maggiore e rimettere la gita<br />
nei binari giusti. Dopo la breve<br />
trasferta ferroviaria, finalmente<br />
cominciamo a camminare.<br />
Per fortuna non piove più.<br />
Potenzialmente questa gita, un<br />
classico nel suo genere, è molto<br />
bella. E’ un percorso su sentieri<br />
molto panoramici, a volte a<br />
picco sul mare, a volte nel<br />
verde del terrazzato entroterra<br />
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