ANNUARIO 2009 - CAI Sezione di Morbegno
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ligure, a volte in piano, altre<br />
volte in scivolosa <strong>di</strong>scesa<br />
verso i borghi marinari altre<br />
ancora in faticosa salita verso<br />
quelli agricoli. Proprio i centri<br />
abitati sono il valore aggiunto<br />
<strong>di</strong> questa escursione. Anche la<br />
persona non interessata all’arte<br />
e all’architettura, <strong>di</strong>fficilmente<br />
resta in<strong>di</strong>fferente al fascino <strong>di</strong><br />
questi piccoli centri, gonfi <strong>di</strong><br />
storia e <strong>di</strong> bellezza, fatta <strong>di</strong><br />
monumenti ma anche <strong>di</strong> piccole<br />
cose, <strong>di</strong> chiese millenarie e<br />
<strong>di</strong> gatti che dormono sulla<br />
barca colorata tirata in secco.<br />
Ci sono i limoni e il profumo<br />
della focaccia, c’è il rumore<br />
del mare e quello dei gabbiani,<br />
c’è la vecchia che pesta il<br />
basilico nel mortaio <strong>di</strong> marmo<br />
e il marinaio superstite che<br />
rammenda la rete. Ci sono<br />
poi i lati negativi. Ben presto<br />
pren<strong>di</strong>amo coscienza <strong>di</strong> non<br />
essere gli unici a pensare che<br />
sia una gita molto interessante.<br />
Anzi, la pensa così un’umanità<br />
variopinta, fatta <strong>di</strong> persone<br />
in mocassini, che rischiano<br />
l’osso del collo su ognuno dei<br />
<strong>di</strong>ecimila gra<strong>di</strong>ni del percorso,<br />
<strong>di</strong> ciccioni che ci vengono<br />
incontro strafumati, sullo stretto<br />
passaggio a picco sul mare, o<br />
ottuagenarie che procedono a<br />
due all’ora, impedendo con la<br />
loro stampella da trekking il<br />
minimo sorpasso all’esasperata<br />
coda che le segue. Considerando<br />
quin<strong>di</strong> che non siamo soli,<br />
l’accompagnatore (io) chiede<br />
al gruppo che decide <strong>di</strong> fare la<br />
traversata integrale, <strong>di</strong> restare<br />
il più compatto possibile,<br />
non fosse altro per problemi<br />
logistici; va detto infatti che<br />
per percorrere il sentiero occorre<br />
munirsi <strong>di</strong> un prosaico (anche<br />
se comprensibile) biglietto<br />
d’accesso, che smorza un po’<br />
del fascino della traversata;<br />
questo biglietto cumulativo era<br />
nelle mani degli organizzatori<br />
che dovevano esibirlo ad ogni<br />
cancello <strong>di</strong> controllo. Dopo<br />
pochi minuti la comitiva è<br />
sparsa su una lunghezza <strong>di</strong><br />
circa duemila metri lineari.<br />
L’accompagnatore in un primo<br />
momento cerca affannosamente<br />
<strong>di</strong> ricompattare il tutto, poi<br />
esasperato, decide <strong>di</strong> lasciare<br />
ciascuno al proprio destino.<br />
La traversata in realtà è un<br />
concatenamento <strong>di</strong> più sentieri,<br />
raggruppati sotto il nome <strong>di</strong><br />
Sentiero Azzurro, esistenti fin<br />
da epoca me<strong>di</strong>oevale. Il primo<br />
tratto, quello da Rio Maggiore<br />
a Manarola è il famoso Sentiero<br />
dell’Amore. Tutto sommato, a<br />
parte l’innegabile panoramicità<br />
e la sua esposizione sul mare,<br />
non è così fascinoso. Non così<br />
però la devono pensare stuoli <strong>di</strong><br />
conformisti innamorati, che in<br />
ossequio ai dettami <strong>di</strong> Moccia<br />
vengono qui ad appendere<br />
grappoli <strong>di</strong> lucchetti, venduti a<br />
caro prezzo da scaltri e attenti<br />
tenutari <strong>di</strong> chioschetti pensili.<br />
Pochi sanno che in realtà questo<br />
sentiero, realizzato tra le due<br />
guerre mon<strong>di</strong>ali, fu scavato<br />
nella roccia per costruire alcuni<br />
depositi <strong>di</strong> esplosivo, lontano<br />
dai centri abitati. Lasciata<br />
Manarola, il percorso prosegue<br />
tranquillo fino alle trentatrè<br />
rampe della Scala Lardarina,<br />
che salgono a Corniglia. Dei<br />
cinque borghi è quello più<br />
alto sul mare, a conferma della<br />
sua vocazione agricola più<br />
che marinaresca. Mi accorgo<br />
che non è molto presto, così<br />
affretto il passo e, mangiando<br />
in corsa, ogni tanto raggiungo<br />
e supero brandelli <strong>di</strong> quello che<br />
doveva essere il compattissimo<br />
gruppo, per portarmi poi alla<br />
testa del serpentone. Il mio<br />
scopo è quello <strong>di</strong> riunire tutti<br />
a Vernazza, che a mio parere è<br />
il borgo più interessante. Patria<br />
<strong>di</strong> corsari (cioè legalmente<br />
autorizzati alla guerra <strong>di</strong> corsa,<br />
non come i pirati che parimenti<br />
uccidevano e saccheggiavano<br />
ma senza patente!) Vernazza è<br />
stata nel tempo un’orgogliosa<br />
e fasti<strong>di</strong>osa spina nel fianco<br />
della potente Genova, e la sua<br />
architettura testimonia questi<br />
suoi fasti. Merita sicuramente<br />
una visita la chiesa goticoligure<br />
<strong>di</strong> Santa Margherita<br />
d’Antiochia, a picco sul mare.<br />
Lasciata Vernazza si torna a<br />
salire, in mezzo alle vigne<br />
dove si produce lo Sciacchetrà,<br />
laboriosamente terrazzate e<br />
modernamente attrezzate con<br />
spirali <strong>di</strong> cremagliere su cui<br />
corrono carrelli che portano<br />
l’uva alla raccolta. Dopo<br />
un’ora <strong>di</strong> cammino comincia a<br />
profilarsi Monterosso, con la<br />
conseguente promessa <strong>di</strong> un bel<br />
bagno finale. Inconsciamente<br />
tutti affrettano il passo, e più<br />
<strong>di</strong> uno, me compreso, finisce<br />
per volare sugli interminabili<br />
ed infangati gra<strong>di</strong>ni che<br />
scendono al mare. La spiaggia<br />
comunque ormai e lì, con<br />
un’acqua trasparentissima che ci<br />
chiama per il bagno dell’ultimo<br />
giorno d’estate. Ci fermiamo un<br />
po’, cercando ossi <strong>di</strong> seppia e<br />
godendoci il mare, galleggianti<br />
come “inutile maceria”.<br />
Incre<strong>di</strong>bilmente quasi tutti<br />
convergono all’appuntamento<br />
delle 18,30 presso la stazione<br />
<strong>di</strong> Monterosso, dove pren<strong>di</strong>amo<br />
un treno che ci porta alla<br />
successiva Levanto, più<br />
abbordabile dall’ingombrante<br />
bus, che ci aspetta quin<strong>di</strong> sul<br />
piazzale. Da qui ripartiamo,<br />
questa volta via Genova,<br />
per tornare a casa. Arrivati<br />
nell’interland milanese mi<br />
rimetto l’i-pod, guardo fuori<br />
l’interminabile sequenza <strong>di</strong><br />
capannoni e perdo nuovamente<br />
conoscenza. Quando mi<br />
risveglio, le tristi e sfavillanti<br />
luci dell’Iperal mi <strong>di</strong>cono che<br />
ormai siamo ritornati in Valle,<br />
ma quasi non percepisco lo<br />
stacco.<br />
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