nostro lunedì - Regione Marche - Cultura
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Gilberto Bagaloni Editore<br />
che viene costretta ad esistere e muoversi come un<br />
essere vivente: nell’epoca dell’artigianato il simulacro-automa<br />
prefigurava il congegno industriale del<br />
futuro. Ma la situazione è rovesciata: nell’epoca<br />
dell’industria l’artigiano Trubbiani fabbrica congegni<br />
che bloccano il movimento. L’immobilità assurda<br />
accresce la loro forza di fascinazione: nella loro<br />
simulata esistenza gli oggetti metallici di Trubbiani<br />
riflettono o assorbono una luce ferma, fredda, innaturale;<br />
fissano un evento che non si compie e s’immobilizza<br />
nel tempo; pongono l’osservatore in una<br />
condizione di non-temporalità, d’angoscia. La drammaturgia<br />
di Trubbiani è tutta nella tecnica arcaica<br />
della scultura, con i suoi procedimenti misteriosi e<br />
vagamente funerei, come il calco e la colata del metallo<br />
nella forma cava, allo stesso modo che la sua<br />
metafisica non è tanto nel significato o nell’allusività<br />
delle invenzioni quanto nel senso originario<br />
della statuaria, che non rappresenta le cose, ma le<br />
sostituisce con un’altra cosa. E nulla più di questa<br />
tecnica metafisica è in contraddizione con il mito<br />
ottimistico del pragmatismo e del dinamismo tecnologico<br />
del <strong>nostro</strong> tempo.<br />
20 roma<br />
1929-1979<br />
orfeo tamburi<br />
La storia di Tamburi è già stata fatta, e se ciò non<br />
fosse avvenuto per terze persone, lo si saprebbe<br />
dalla sua bocca tanto entusiasta egli è, ed espansivo<br />
ed attaccato, con mille ragioni, al suo avventuroso<br />
passato di miseria. Egli per fortuna non ha pudore<br />
di parlarne e tantomeno io di raccontarla.<br />
Nel giro di quegli anni che vanno all’incirca dal 28<br />
al 38 questo ragazzo magro sbarcato da Jesi con un<br />
ombrello di famiglia e una borsa di studio che gli fu<br />
tolta al secondo mese di Roma, per indegnità di<br />
studioso e incomprensione dei doveri comunali,<br />
produsse parecchie centinaia di disegni che ebbero<br />
in una ristretta cerchia di amici continuo successo.<br />
I giornali letterari se ne fregiarono per lunghi anni<br />
mentre Tamburi seguitava a saltare pasti e disegnare.<br />
Scipione aveva acceso coi suoi disegni la prima<br />
scintilla, ed era naturale che a lui andassero le<br />
prime simpatie del giovine Orfeo.<br />
Ma furono simpatie di breve momento<br />
ché nulla c’era di più lontano<br />
da Scipione che la natura<br />
idillica, settecentesca e malinconica,<br />
del <strong>nostro</strong> Tamburi.<br />
Così nacquero i disegni di Roma; i<br />
ponti, le piazze antiche, la tristezza<br />
delle demolizioni, le travature<br />
delle nuove fabbriche. Tamburi<br />
partiva all’avventura della periferia<br />
(dove non ci sono più i lungo<br />
Tevere e i tram sembrano d’un'altra<br />
città), disegnando fino a sera.<br />
Così cresceva la sua gentilezza,<br />
nasceva il suo stile, si formava<br />
lentamente una nuova situazione<br />
poetica, e si maturavano le necessità<br />
della pittura. (...)<br />
renato guttuso