nostro lunedì - Regione Marche - Cultura

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C’è stato un tempo
in cui l’amore bisbigliava.
Ti dicevo: è come se fossimo
attratti da qualcosa.
Noi e voi, insieme alle cose,
attratti da qualcosa
che forse è amore. Come
il filo che annaspa
nella matassa incolore.
Attratti, attratti. Il tuo gilè,
il maglione, la lista
dei miei tanti abecedari,
la bambola che passa dentro
Dite. Eternamente mossi
in un gorgo, nel mormorio
dei mascherati.
Il poeta è un imbecille amato da Dio. Qualche volta ti
vien fatto di chiederti perché tanta gente s’affanna,
si tormenta, fatica, combatte.
Ti chiedi la ragione delle cose, il perché del filo d’erba,
il destino delle bestie, il motivo che muove gli uomini
e le stelle. Pensi la strada che passa davanti alle
case. la campana che va per le case, le case distanti.
Allora vedi che il lutto è dovunque e la miseria è
grande. Lo scarabeo che si affatica su per la costa,
solo col suo sterco, è il dannato di Dante; il filo d’erba
che piega su se stesso e il dolore che vince, l’agnello
che bela è l’innocente che paga per tutti,
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la foglia
che si stacca è l’amore che muore, il vento che
spira è la morte che ti soffia sulla groppa, e il mare,
quel mare senza sonni, senza requie, questo tuo meraviglioso
mare sempre in tormento, non è che un
pianto. Ma tu cosa credi? pensi che la caccia sia fatta
d’altro? È fatta di attesa, di speranza di agguato.
Una canna che si rompe è una porta che si spalanca,
un mistero che si schiude.
T’immagini una belva e non è che un maiale che grufolando
cerca di che mordere per ingrassare. Una sera
stavo per sparare a due innamorati fra il grano.
La mia caccia è fatta così: confondere gli uomini con
l’ombre, gli amanti e le bestie; commiserare il tutto.
El mat
En stava mai ferm in t’un post
scuntent de tut e de tuti.
Girava sa la bicicleta vechia
tra la cità e la campagna
com un mòscul.
Da fiulin era genial,
i capei sparpaiati,
nascosti sota el bret:
a giagia tel prat verd
a guardà pr’aria
el cant di pàser.
La màder j diceva: “Fèrmet
un po’! me gira la testa”. Lu
rideva sa la boca storta, un po’
perchè en capiva (o
faceva fenta).