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nostro lunedì - Regione Marche - Cultura

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Rientrati in casa, sono preso immediatamente dall’ansia<br />

di verificare se di là, nelle mie stanze, tutto sia<br />

in ordine, ma prima, per salvare le apparenze e per<br />

evitare che mia moglie di qui a mezz’ora ricominci a<br />

chiedermi dove mi sia nascosto, mi metto a osservare<br />

e vagliare la posta arrivata durante la assenza. Buste<br />

gialle o grigie, buste grandi, burocratiche: via.<br />

Non promettono niente di buono. Invece, prima che<br />

dagli altri pacchi consimili, sono attratto da un piccolo<br />

libro ben incartato e legato. Posso giudicare che<br />

non superi le 140 pagine. Difatti il libro, esiguo e prezioso,<br />

è la nuova raccolta di poesie di Giorgio Caproni:<br />

Il muro della terra; e subito lo sfoglio e incomincio<br />

a leggere incurante dell’invito di mia moglie di<br />

aiutarla a disfare le valige: “Almeno la tua”.<br />

“Vengo,” le dico, e invece sono già entrato tutto intero<br />

nel piccolo libro, mi rigiro soddisfatto, finché incontro<br />

la pagina dove sono stampati questi pochi<br />

versi: “Un uomo solo / chiuso nella sua stanza. / Con<br />

tutte le sue ragioni. / Tutti i suoi torti. / Solo una<br />

stanza vuota, / a parlare. Ai morti”. Sono abbastanza<br />

sconvolto da questa lettura; sbattuto, o dovrei dire<br />

schiaffeggiato, da un’ondata di amarezza, di delusione,<br />

di inutilità. Fingo di continuare la lettura o di rileggere<br />

il già letto, in realtà mi agito come se, dentro<br />

di me, il mio io passeggiasse su e giù, in preda a grande<br />

inquietudine, è parlasse ad alta voce. Ma allora,<br />

dico, perché parlo e parlo, scrivo e scrivo, disturbando<br />

il prossimo oltre che me stesso, per dire ciò che<br />

Giorgio ha detto in sei versi? Che senso hanno l’assillo<br />

del mio ricordare, la perdita di ciò che viene chiamata<br />

la realtà? E l’affollarsi dentro la mia mente di<br />

nomi, di voci e di volti…<br />

Ripercorrendo, attraverso la lettura dei testi, l’esperienza<br />

letteraria di Sereni nella sua globalità, a partire<br />

dalle prime prove di Frontiera (1941) fino a quelle,<br />

più ricche di sperimentazione linguistica, di Stella<br />

variabile (1982), si può individuare una costante: la<br />

sua assoluta fedeltà alla naturalezza dell’atto poetico<br />

che si alimenta della geografia esistenziale dello<br />

scrittore (il suo spazio ed il suo tempo) per divenire<br />

segno testimoniale di una storia individuale e collettiva.<br />

ha scritto Ludwig Wittgenstein, in Pensieri diversi<br />

( 1946; cfr. ed. it. Adelphi, Milano 1981):<br />

Come un piccolo pensiero può riempire tutta una vita… Per<br />

scendere nel profondo non è necessario viaggiare molto: sì,<br />

per farlo non devi per questo abbandonare i tuoi soliti e immediati<br />

dintorni. E tale riflessione sembra perfettamente<br />

combaciare con l’attitudine all’insoddisfatta<br />

ricerca e all’approfondimento problematico che<br />

caratterizza la presenza di Sereni nella poesia italiana<br />

del Novecento.<br />

Gli immediati dintorni, pubblicati per la prima volta<br />

nel 1962 presso Il Saggiatore (Milano), nella Biblioteca<br />

delle Silerche, e ripubblicati postumi nel 1983<br />

per la stessa collana, con importanti aggiunte e con<br />

una nota giustificativa della figlia Maria Teresa, è appunto<br />

il titolo volume che, nel suo ritmo di “diario in-<br />

Le pupille buttate qua e là<br />

cosuccia tra le cose<br />

tra i gusci ocra schiusi<br />

e l’arancio bruno dei bassi<br />

e dei fondi.<br />

Farcela.<br />

termittente”, ripercorre il<br />

tragitto compiuto dallo<br />

scrittore nell’elaborare<br />

una poetica che si basa<br />

sulla correlazione dialettica<br />

tra evento vissuto e<br />

motivo di scrittura; (salvo<br />

diversa indicazione,<br />

citeremo dalla edizione<br />

del 1983). Sereni ha<br />

sempre insistito sulla<br />

operatività di tale rapporto,<br />

fino a farne la<br />

condizione necessaria<br />

per la comunicabilità e la<br />

socialità della poesia:<br />

Tanto più sarò palese e comunicativo,<br />

quanto più sarò<br />

stato poeta; tanto più apparterrò<br />

agli altri e tanto più gli<br />

altri si specchieranno in me,<br />

1Altri Editori<br />

quanto più mi verrà fatto di<br />

tener fede alla mia scelta, a<br />

questa giustificazione che ho<br />

dato a me stesso nel mio<br />

passaggio nel mondo (Gli immediati<br />

dintorni, p.28).

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