nostro lunedì - Regione Marche - Cultura
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Con le dita sporche di grasso Rodrigo disegnò sulla coperta<br />
le sbarre di una prigione.<br />
Avrei voluto farlo a pranzo, sulla tovaglia: se ci fosse<br />
stata una tovaglia. Ma da quando era morto il nonno,<br />
Rosa non apparecchiava la tavola.<br />
Avevo dovuto contorcerla sul piatto una dozzina di minuti,<br />
prima che si spezzasse: e il grasso aveva dipinto<br />
le dita. L’ala che tenevo in mano era un osso pulito: e<br />
io stavo masticando.<br />
Tra le conseguenze della distrazione dovevo aver cercato<br />
un rimorso. E per un attimo, forse, avevo lottato<br />
con qualcosa di fastidioso. Con l’asciugamano non<br />
avevo lottato: era troppo sporco.<br />
Il pranzo era stato il funerale dell’oca e la festa di Rosa.<br />
La sera prima, Rosa aveva detto allo zio: “O si ammazza<br />
l’oca o domani partite.” Un’occasione unica. Ma lo<br />
zio aveva ucciso l’oca con uno sbadiglio, mentre io cercavo<br />
di ricordare quanti mesi erano passati da quando<br />
avevo cominciato a difenderla. M’imbrogliai nel conto.<br />
49<br />
stra, la tela tocca la sabbia e vi si piega lasciando una<br />
Sono in piedi sulla spiaggia che è molto bagnata; sto<br />
a gambe larghe, proteso sul ginocchio destro. Sento<br />
e vedo la mia maglia celeste, il suo colore che si riflette<br />
in diversi punti, in alto e in basso, davanti a me,<br />
di fianco e di dietro, in un margine lanoso e chiaro<br />
per tutta l’umidità che si dilata. I miei calzoni sono<br />
larghi sulla scarpa, bagnati fino alle tasche: se per<br />
guardare mi protendo ancora di più sulla gamba de-<br />
striscia. L’assassino è stato qui questa notte, mentre<br />
riprendeva fiato. Anche adesso il tempo si versa dalla<br />
stessa oscurità: adesso l’alba tocca in terra gli oggetti<br />
che affiorano sepolti a metà, in fretta, e poi gira<br />
sopra la costa, verso l’interno, che ha il cielo più alto<br />
del mare, per andare a imbiancarsi. Io so che non è<br />
accaduto altro che qualche giuoco e mi tengo a questa<br />
coscienza; ma senza staccarmene posso fingere<br />
che un delitto di squartamento sia avvenuto questa<br />
notte, mentre dormivo a cento metri, ignaro, nella<br />
casa con le finestre diritte, con le fessure e la calcina<br />
impressionate dal fuoco dell’assassinio.<br />
Da principio la scena persisteva nell’indulgenza che<br />
mettevo nel vedermi ignaro e abbandonato, offeso<br />
mentre gustavo un sonno appiccicoso, dai limiti corrotti<br />
fino alla mostruosità; poi vinceva lo scenario oggettivo,<br />
la presenza di un assassino dalla testa luminosa<br />
e cento metri dalle mie finestre, su quella spiaggia;<br />
il contatto che avevo con lui attraverso la sabbia<br />
intrisa dal suo furore: la spiaggia sempre più scura,<br />
un tratto arrossato che taglia le rive, che appare forse<br />
solo a me, che mi stringo nell’imbuto del mio pensiero<br />
dentro l’umidore della mattina.<br />
Che dire di te amico mio<br />
tremula farfalla e sparviero<br />
se non che bellezza ti apre ferite<br />
con la mano rovente di un dio?