N O T I Z I A R I O D E L C O M U N E D I F O L G A R I A
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Che il legno ci avvolga fisicamente<br />
come brezza e culla di sentimenti<br />
e opportunità è del chiarore di un’identità<br />
ma, che l’essenza del materiale sia<br />
di già, sola, significato estetico diventa<br />
addirittura quasi battaglia, prode. Penso<br />
al mondo dell’arte mai così vicino<br />
come ora al sentimento, anche il più banale,<br />
alla disimpegnata fruizione del disincantato<br />
cittadino; disincantato fin<br />
tanto che il bisogno di materializzazione<br />
dei propri convulsi sentimenti non chiami<br />
in causa la referenzialità dell’oggetto<br />
anche nella più costretta delle forme.<br />
E allora ecco che, senza il disdegno leale<br />
e diretto del legno, si opta per materiali<br />
senza tempo, unidirezionali, da caricare<br />
(sublimandoli) anche della nostra<br />
fobica paura del travaglio e dei lasciti<br />
del nostro passaggio. Ecco perché legno:<br />
quello da accarezzare, odorare e<br />
che muta anche in barba alla nostra supervisione,<br />
previsione disciplinata, ridicola.<br />
Legno che muove sempre, traccia,<br />
mina. E l’opera di tre artisti che di<br />
questi ne hanno fatto il proprio cavallo<br />
di battaglia, i due indigeni (Cirillo e Florian<br />
Grott) in maniera esasperata, di petto,<br />
necessariamente come viscerale incombenza<br />
e rispettivamente il primo nel<br />
segno del preludio di forme assorbenti<br />
la monumentalità di natura, il secondo<br />
scandagliando nel frastuono del diletto<br />
e dell’asperità del materiale, la propria<br />
ricerca. E poi Giovanni Conservo che<br />
ha denunciato tutta la dialettica delle<br />
proprie forme e la cantina dei propri appigli<br />
tematici (che tanto sanno d’inconscio,<br />
di giochi immaginativi), nel legno<br />
plasmato e piegato alla volontà dell’autore,<br />
che da qui si erge per volare. Cirillo<br />
ha estratto i suoi lavori da una foresta<br />
d’immaginazioni, quelle essenziali<br />
che si intravedono come quintessenza<br />
della materia e dell’essere; mai così<br />
coincidenti, necessari in un dialogo muto<br />
e incessante, da divenire roboante. La<br />
Il legno racconta<br />
Mostra di scultura a Maso Spilzi<br />
sacralità rappresa come prodotto percettivo<br />
che non denega ma, stempera fino<br />
a decretarne la scomparsa, il tributo<br />
al dimenarsi dell’uomo nel contrasto o<br />
incontro dell’uomo con la natura. Florian,<br />
che con il padre non condivide che<br />
un porgersi all’estremo corrispondente,<br />
dalla natura prende forza e se ne discosta<br />
quando nella materia varca squarci<br />
di maniera ebbra, urgente. Sono fenditure,<br />
sostenute dal processo inaudito e<br />
sprezzante della motosega che in quel<br />
moto del togliere, del prelevare ingloba<br />
significazioni a livello dell’individualità<br />
dell’artista; la cui opera è un prepotente<br />
resoconto esistenziale. Giovanni<br />
Conservo ha la genialità di chi sa giocare<br />
con la materia e con il mondo tangibile<br />
della storia, della memoria (più a<br />
livello di caos, che consenziente), dei<br />
particolari, dai quali viene da giudicare<br />
una forma sostanziale. “Il legno non necessario”<br />
è un grande contributo teoretico<br />
di un perspicace visitatore, che se ha<br />
teso a sfrondare retoriche e luoghi comuni<br />
sul figlio di un intagliatore dei car-<br />
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retti siciliani, non ha contribuito a sanare<br />
uno scollamento, elastico, tra contenuto<br />
inalienabile e supporto occasionale.<br />
Sempre che, non si voglia constatare<br />
come questo portento di natura che è il<br />
legno sia stato sottoposto ad ogni possibile<br />
arguzia, concretizzazione di presentimenti<br />
da parte dello scultore che rivendica<br />
così in maniera allargata, il<br />
sacro diritto individuale di starsene al<br />
mondo; ecco allora bulloni, viti come<br />
scansioni di un pensiero in costruzione.<br />
Il tutto, non solo per ribadire ma, per<br />
scovare l’intima e prorompente attualità<br />
di questo materiale: scostante e dialettico,<br />
cangiante ed incisivo. Moderno<br />
perché non nega un mutamento, nella<br />
direzione di un progressivo obliarsi, che<br />
è finalità viva del suo linguaggio inaspettato,<br />
non richiesto. Nella sua “corruzione”,<br />
una sapienza senza tempo in<br />
barba al soggiacere e perire conservandosi<br />
dei mezzi che affiancano contemporaneità,<br />
morte delle idee e della “carne”<br />
delle cose.<br />
Annamaria Targher