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MEDICINA NUCLEARE MEDICINA NUCLEARE - AIMN

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Può essere utile in questi casi “contare i toraci” per far capire grosso modo il livello di esposizione?<br />

Non credo, perché lo scenario culturale in cui cade questa comunicazione è assai complesso; quando si<br />

parla di radiazioni il “pensiero magico”, sostenuto da scarsa cultura scientifica, fa capolino: le<br />

radiazioni non si vedono, non hanno colore, non puzzano, ma fanno male! A partire dalla seconda<br />

metà del novecento (da Hiroshima alla Talidomide) è emerso un contesto storico- sociale di sfiducia<br />

nella scienza. Ciononostante il bisogno di salute cresce in modo esponenziale nelle società<br />

industrializzate e con esso cresce l’aggressività in presenza di possibili danni iatrogeni.<br />

Che fare di fronte alla domanda: mi verrà il cancro perché ho fatto la scintigrafia? La risposta non può<br />

essere in “milliSievert”, ma nemmeno in “toraci”; è, a mio parere corretto presentare in modo semplice<br />

e obiettivo i rischi legati alle radiazioni ionizzanti confrontandoli con altri tipi di rischio legati al nostro<br />

stile di vita, avendo in mente (Galli docet) che per 1 mSv di esposizione aumenta la probabilità di<br />

indurre un cancro in 50 persone/1 milione e che il rischio connesso a tale esposizione è pari a quello<br />

legato al fumo di 75 sigarette o a percorrere 2500 miglia in automobile.<br />

Ma che cosa dobbiamo scrivere sul modulo di consenso informato? Qui la questione è più delicata, e<br />

dal momento che “scripta manent”, ritengo opportuno esprimere per iscritto la dose prevista in<br />

milliSievert sulla base dei Livelli Diagnostici di Riferimento. In ogni caso l’obiettivo non è la firma a<br />

un modulo per scarico di responsabilità quanto una comunicazione efficace da cui risulti che ci stiamo<br />

prendendo cura della persona e che il migliore aiuto è una corretta diagnosi, ricca di informazioni<br />

prognostiche.<br />

Per quanto riguarda la comunicazione “in contradditorio” con colleghi e gruppi di opinione contrari<br />

all’uso delle radiazioni ionizzanti è estremamente importante non cedere alla “vis polemica”, anche se<br />

a volte si è tirati per i capelli dalla retorica di chi mostra bambini sorridenti e percepisce il futuro come<br />

una minaccia, parla di “fuoco amico” per descrivere l’esposizione dei lavoratori, attribuisce alle<br />

metodiche di “imaging” colori di pericolosità e il nomignolo di “4 sorelle” (come le famigerate 7<br />

sorelle delle compagnie petrolifere). Artifizi retorici di questo tipo ostacolano la comunicazione e<br />

rendono difficile il reciproco e doveroso ascolto. L’eccessivo uso della divulgazione scientifica sui<br />

“mass-media” può essere altrettanto pericoloso laddove chi riesce ad avere accesso alle pagine dei<br />

maggiori quotidiani o delle trasmissioni televisivi non si rende conto che rischia di diventare un<br />

personaggio “mediatico”, che può senza accorgersene passare con disinvoltura dal “talk show” al<br />

“reality” del momento.<br />

In questo contesto se si riuscisse, garbatamente, a chiarire che il modello “linear no threshold” su cui è<br />

costruita la cultura della sicurezza nella radioesposizione non è vangelo, ma può essere discussa e<br />

ridiscussa e magari superata da una “soglia pratica” intorno ai 200 mSv, come suggerito<br />

dall’Academie des Sciences de France, non sarebbe male.<br />

• L’aspetto positivo da cogliere in tutto questo ricco dibattito epistolare è che la comunità mediconucleare<br />

italiana è pronta a far valere il suo peso nella “clinical governance”. La sostenibilità ecologica<br />

delle nostre metodiche e la dosimetria interna della terapia medico nucleare sono sfide da raccogliere<br />

per mostrare, a tutti i livelli, che l’ appropriatezza è nel nostro DNA, perché da troppo tempo siamo<br />

costretti a giustificare la nostra esistenza giustificando i nostri esami. Questo “background” culturale<br />

specifico della Medicina Nucleare potrebbe essere la base per le interazioni con il resto dell’area<br />

radiologica, e potremmo avere in questo un ruolo-guida, coniugando governo clinico e “technology<br />

assessment”, anche perché obiettivamente meno condizionati dall’industria rispetto ad altri specialisti<br />

della stessa area.<br />

Perdonatemi in conclusione un ultimo latinismo.<br />

Horror vacui: possiamo esser certi che ciò che non facciamo noi ora lo farà qualcun altro al posto<br />

nostro<br />

Riccardo Schiavo<br />

<strong>AIMN</strong> - Notiziario elettronico di Medicina Nucleare ed Imaging Molecolare, Anno III, n 3 , 2007 pag. 26/77

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