hierapolis di frigia fra tarda antichità ed xi - Bretschneider Online

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170 ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31 fig. 8 - Ceramica da fuoco dai livelli di VI - inizi del VII secolo nell’insula 104. a-c) olle da fuoco; d) brocca; e) imbuto; f-g) brocche (disegni di F. Broilo e A. Miotto, foto di D. Cottica).
2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO 171 Le analisi sui residui, quando positive, hanno rivelato che tali anfore contenevano vino 190 : la tipica anfora cosiddetta ierapolitana presenta un corpo ovoide, collo cilindrico ed orlo diritto, a volte leggermente ingrossato, anse a sezione ovale e fondo su basso piede ad anello ed umbelicato (cfr. fig. 4 g-h) 191 . Queste anfore sembrano morfologicamente adatte sopratutto al trasporto a breve distanza, mentre la presenza di forme altamente simili ma con impasti diversi ci permette di intravedere l’esistenza di una rete di scambi regionali a corto/medio raggio, la cui natura non è ancora precisabile nel dettaglio. Forse la lettura e lo studio dei graffiti 192 che spesso ricorrono sulle spalle di questi contenitori aiuteranno a meglio comprendere le dinamiche legate alla produzione e commercializzazione del vino nella Hierapolis tardoantica. È interessante sottolineare come fra i materiali dell’insula 104 vi siano ben poche importazioni riconducibili alle più note produzioni diffuse nei circuiti di scambio del Mediterraneo orientale mentre al contempo sono numerosi gli impasti inediti presenti. Fra le anfore di importazione prevalgono significativamente i contenitori di produzione egeo-orientale e micro-asiatica come nel caso delle LRA 1 ( fig. 4 d), LRA 3 e LRA 4. È inoltre da evidenziare la presenza di un certo numero di anfore morfologicamente affini al tipo Sardis Amphora B ( fig. 4 f) 193 . Fra il vasellame d’importazione si inseriscono anche pochi mortaria, forse di produzione siriana, e numerosi unguentari tardoantichi (cfr. fig. 4 a-c), probabilmente di produzione efesina e micro-asiatica 194 . Purtroppo i dati a nostra disposizione sono principalmente relativi a livelli di distruzione piuttosto che d’uso: dunque indubbiamente riflettono in modo parziale la composizione di merci e derrate che arrivavano al porto di Efeso 195 e ai centri della costa prospicienti il golfo di Antalya, ed in particolare a Perge 196 , con i quali Hierapolis era collegata attraverso un network di vie che univano da un lato il sito alla valle del Meandro e quindi a Tralles (Aydin) e alla costa egea, e che dall’altro, grazie ad una via menzionata nell’Itinerarium Antonini e nella Tabula Peutingeriana collegavano, superando un passaggio montuoso, Sardis a Laodicea passando per Hierapolis. Verso est la regione era inoltre collegata attraverso la Pisidia alla costa panfilica ed all’antica Attaleia (ora Antalya) grazie alla via Laodicea-Side. Tuttavia l’abbondanza di vasellame privo di confronti nell’edito 197 in pressoché tutte le classi ceramiche non può essere ignorato ed il fenomeno sembra evidenziare un paesaggio economico caratterizzato da una vivacità produttiva e da una sinergia di scambi a livello micro-regionale. Anche la gran parte del vasellame acromo in circolazione nella tarda antichità è attribuibile alle manifatture locali/micro-regionali che producevano una ricca serie di brocche ( fig. 7 e), bottiglie, olle da stoccaggio ( fig. 7 d), ciotole, piatti ( fig. 7 b), coperchi ( fig. 7 a, c) e bacili: proprio di questi ultimi sono stati ritrovati ed analizzati anche gli scarti 198 e si sono individuati i bacini di approvvigionamento delle argille 199 . I bacili ierapolitani ( fig. 7 f-g) presentano un caratteristico orlo ingrossato sottolineato da un breve listello spesso decorato con nastri 190 Cfr. Cottica et Alii 2008, p. 116 e Fig. 5. 191 Il tipo rientra in una famiglia morfologica di lunga ed ampia tradizione in Anatolia occidentale, ed è confrontabile con Degeest 2000, Figg. 191-192 che a Sagalassos si rinviene in livelli databili dal IV alla metà del VII secolo (ma è più comune fra V e VI). 192 Attualmente in corso. 193 L’autrice desidera ringraziare M. Rautman per aver esaminato macroscopicamente alcuni campioni di queste anfore. Allo stato attuale gli esemplari ierapolitani non sembrano avere lo stesso impasto degli esemplari rinvenuti a Sardis. 194 Per gli unguentari di Hierapolis cfr. Cottica 1998; Ead. 2000b. Per i rinvenimenti efesini si vedano: Lochner et Alii 2005; Sauer, Ladstätter 2005; Metaxas 2005. 195 Cfr. in particolare Bezeczky 2005. 196 Per i materiali dalle case tardoantiche di Perge si veda: Fırat s.d.; Ead. 2003. 197 Soprattutto dal punto di vista dell’impasto, piuttosto che del confronto morfologico. 198 Gli scavi condotti nell’area dell’agorà hanno portato alla luce alcune fornaci anche per la cottura di vasi cfr. Arthur 2006, pp. 109-110; Mastronuzzi, Melissano 2007, pp. 576-577 e Fig. 2. Chi scrive desidera ringraziare il Direttore della Missione F. D’Andria per aver concesso la possibilità di studiare scarti e frammenti mal cotti dalle fornaci. Per un confronto preliminare fra i dati relativi alle analisi PIXE condotte su campioni ceramici, scarti e frammenti di vasi mal cotti si veda: Cottica et Alii 2006, in particolare Fig. 2. Per i risultati di recenti analisi archeometriche e mineropetrografiche condotte su scarti e prodotti finiti presso i laboratori già menzionati di Varsavia e Berlino si rinvia a Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b. 199 Cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a.
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