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hierapolis di frigia fra tarda antichità ed xi - Bretschneider Online

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2007] FARFALLE NELL’EGEO<br />

139<br />

HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO: L’APPORTO DELLO<br />

STUDIO DEGLI SPAZI DOMESTICI NELL’INSULA 104.<br />

Annapaola Zaccaria Ruggiu 1 - Daniela Cottica 2<br />

Abstract<br />

The paper illustrates the results of recent archaeological investigations carri<strong>ed</strong> out in insula 104 at Hierapolis (Phrygia)<br />

by the University of Venice Ca’ Foscari. The insula was occupi<strong>ed</strong> from the Roman to the mid-Byzantine period<br />

and witness<strong>ed</strong> a series of dramatic changes in terms of usage and form of its urban space, primarily devot<strong>ed</strong> to private<br />

dwellings. A systematic chronological analysis of private architecture, decoration and buil<strong>di</strong>ng techniques allows<br />

us to understand and interpret details of urban change as a reflection of mayor economic and cultural changes. Evidence<br />

for cultural transition is also provid<strong>ed</strong> by the chrono-typological and archaeometric analysis of the retriev<strong>ed</strong><br />

ceramics, plott<strong>ed</strong> through time.<br />

1. Introduzione. Architettura, cultura materiale <strong>ed</strong><br />

archeologia del cambiamento<br />

Il presente contributo si propone <strong>di</strong> documentare<br />

in prospettiva <strong>di</strong>acronica le trasformazioni avvenute<br />

a Hierapolis in un arco <strong>di</strong> tempo che comprende<br />

la <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> 3 , il periodo definito come<br />

“Dark Ages” 4 <strong>ed</strong> il me<strong>di</strong>o bizantino. In particolare<br />

la sfera del privato e delle sue manifestazioni è stata<br />

scelta dalle autrici come osservatorio privilegiato<br />

per una definizione dei mutamenti avvenuti nel paesaggio<br />

urbano e nel tessuto socio-economico della<br />

città antica, partendo dal presupposto che l’allestimento<br />

e l’uso degli spazi domestici è anche riflesso<br />

delle scelte, del gusto e del background socio-culturale<br />

<strong>di</strong> chi vi abita, oltre che risultato <strong>di</strong> acquisite<br />

competenze tecnologiche. Muovendo dallo stu<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> aspetti tipici dell’e<strong>di</strong>lizia e dell’architettura privata,<br />

quali l’organizzazione degli spazi domestici,<br />

le tecniche del costruire e le scelte decorative, si è<br />

cercato <strong>di</strong> porre a confronto <strong>di</strong>fferenti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> abitare<br />

e quin<strong>di</strong> generazioni vissute in orizzonti culturali<br />

<strong>di</strong>versi.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o dei dati relativi alla sfera domestica<br />

non si è limitato all’analisi delle forme architettoniche,<br />

ma si sono prese in considerazione anche le<br />

complementari informazioni derivanti dallo stu<strong>di</strong>o<br />

del vasellame d’uso quoti<strong>di</strong>ano, integrato dall’apporto<br />

dei dati archeometrici, dalle analisi sui residui<br />

e dalla quantificazione delle informazioni.<br />

Infatti lo stu<strong>di</strong>o del materiale ceramico offre interessanti<br />

prospettive sia all’analisi del paesaggio<br />

economico antico, sia alla definizione del contesto<br />

socio-culturale e delle sue trasformazioni, fornendo<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente, Università Ca’ Foscari Venezia.<br />

2 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente, Università Ca’ Foscari Venezia.<br />

3 Sul problema della definizione <strong>di</strong> “<strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>” si v<strong>ed</strong>a Clover, Humphreys 1989.<br />

4 In ambito archeologico, il termine è stato utilizzato soprattutto da C. Foss per in<strong>di</strong>care lo stato <strong>di</strong> abbandono nel quale versavano<br />

le città classiche dell’Anatolia <strong>fra</strong> metà VII e metà VIII secolo; cfr. in particolare Foss 1977, p. 469. I “secoli bui” o Dark<br />

Ages, <strong>fra</strong> gli anni settanta e novanta del secolo scorso, erano visti primariamente dalla prospettiva classica e dunque era in<br />

genere accentuato l’aspetto <strong>di</strong> desolazione che sembrava emergere dalla sostanziale mancanza <strong>di</strong> testimonianze archeologiche<br />

relative ad inse<strong>di</strong>amenti post tardoantichi. In realtà l’evidenza archeologica era in molti casi sfuggita all’osservazione degli stu<strong>di</strong>osi<br />

che avevano operato fino ad allora, in parte per la natura sostanzialmente “<strong>di</strong>versa” delle evidenze <strong>di</strong> post metà settimo<br />

secolo rispetto alle prec<strong>ed</strong>enti, e <strong>di</strong> cui i dati dall’insula 104 offrono un tangibile esempio, in parte per gli stessi orientamenti<br />

della ricerca come sottolineato già da J. Russell (Russell 1986). Ben <strong>di</strong>versa è invece la quantità <strong>di</strong> dati oggi a nostra <strong>di</strong>sposizione<br />

grazie alle più recenti attività <strong>di</strong> scavo in Anatolia, spesso mirate proprio ad indagare il periodo <strong>di</strong> transizione <strong>fra</strong> <strong>tarda</strong><br />

<strong>antichità</strong> e me<strong>di</strong>oevo come nei casi <strong>di</strong> Amorion (cfr. Lightfoot 1998a; Id. 1998b), Efeso (dati importanti per questo sito sono<br />

stati presentati da S. Ladstätter in un intervento dal titolo “Spätantike und byzantinische Fundkomplexe aus dem Ve<strong>di</strong>us-Gymnasium<br />

in Ephesos” al First International Symposium on Late Antique, Byzantine, Seljuk and Ottoman Pottery and Tiles in Archaeological<br />

Context, Canakkale, 1-3 giugno 2005), Sagalassos (Poblome et Alii 2005), Limyra (Vroom 2004, in part. p. 306; Ead. 2005) e<br />

Hierapolis (cfr. Arthur 2006; D’Andria, Scardozzi, Spanò 2008).


140<br />

elementi utili a comprendere questioni quali le fonti<br />

<strong>di</strong> approvvigionamento, i meccanismi <strong>di</strong> scambio,<br />

lo sviluppo delle tecnologie, le abitu<strong>di</strong>ni alimentari<br />

e culinarie.<br />

Questi <strong>ed</strong> altri aspetti <strong>di</strong> seguito affrontati rivelano<br />

che a Hierapolis <strong>di</strong> Frigia già a partire dalla<br />

<strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> erano in corso mutamenti sostanziali<br />

e profon<strong>di</strong>. Tali cambiamenti vennero molto probabilmente<br />

solo accelerati dagli effetti <strong>di</strong> un terremoto,<br />

collocabile dopo o durante il regno <strong>di</strong> Eraclio,<br />

che provocò danni gravissimi al tessuto urbano <strong>di</strong><br />

Hierapolis e delle vicine città della valle del Lykos.<br />

Come v<strong>ed</strong>remo, i dati recuperati dagli interventi <strong>di</strong><br />

scavo stratigrafico effettuati in vari punti del sito<br />

nel corso degli ultimi quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> ricerca archeologica,<br />

hanno rivelato “modalità e tempi del<br />

cambiamento” analoghi a quelli ricostruibili per le<br />

abitazioni dell’insula 104 qui analizzate. Il quadro<br />

complessivo che ne emerge necessita ora <strong>di</strong> essere<br />

implementato dallo stu<strong>di</strong>o del territorio, delle sue<br />

risorse e delle modalità <strong>di</strong> occupazione <strong>di</strong> questo<br />

nel tempo: un tema sul quale si auspica possa concentrarsi<br />

la ricerca futura 5 .<br />

2. Il sito 6 e la Missione Archeologica Italiana a<br />

Hierapolis<br />

L’antico sito <strong>di</strong> Hierapolis ( fig. 1), oggi noto con<br />

il nome <strong>di</strong> Pamukkale 7 , è situato su un pianoro<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

travertinico posto a circa 350 metri sul livello del<br />

mare, a strapiombo sulla sottostante vallata formata<br />

dal fiume Lykos (l’attuale Çürüksu), un tributario<br />

del Meandro (Büyük Menderes). Non lontano si<br />

trovano i resti delle città <strong>di</strong> Lao<strong>di</strong>cea 8 , Colosse 9 e<br />

Tripolis, collegate <strong>fra</strong> loro nell’<strong>antichità</strong> da un sistema<br />

viario che metteva in comunicazione i siti della<br />

valle con le regioni circostanti <strong>ed</strong> in particolare con<br />

la costa egea <strong>ed</strong> Efeso ad occidente, con il Golfo <strong>di</strong><br />

Antalya e Perge ad oriente 10 . Il paesaggio naturale<br />

è dominato da colline e rilievi: il Baba Dağ (monte<br />

Salbakos) 11 si staglia ad ovest del Lykos, mentre il<br />

Monte Honaz (l’antico Kadmos) svetta a sud-est 12 .<br />

Non lontana è la catena montuosa della Messogis,<br />

celebrata da Strabone per i vini <strong>di</strong> pregio ivi prodotti<br />

13 : d’altro canto la fertilità e la ricchezza <strong>di</strong> tutta<br />

la regione sono ben testimoniate dalle fonti documentarie<br />

antiche 14 .<br />

Hierapolis/Pamukkale è oggi assai rinomata sia<br />

per il suo patrimonio culturale <strong>ed</strong> archeologico 15 ,<br />

sia per la bellezza <strong>ed</strong> unicità del paesaggio naturale,<br />

costituito da caratteristiche formazioni calcaree<br />

bianche, <strong>di</strong>sposte lungo il pen<strong>di</strong>o che scende verso<br />

la sottostante vallata 16 : si tratta <strong>di</strong> depositi creati<br />

da acque termali calde, a seguito <strong>di</strong> un processo<br />

<strong>di</strong> rapida deposizione e se<strong>di</strong>mentazione, già noto<br />

dalle fonti scritte e tuttora in corso 17 . L’area, inoltre,<br />

è da sempre soggetta ad importanti fenomeni<br />

sismici dovuti alla presenza <strong>di</strong> una faglia tettonica<br />

che attraversa proprio il cuore della città classica e<br />

5 Indagini preliminari in tal senso sono state condotte a Hierapolis nel corso delle ultime campagne <strong>di</strong> lavoro secondo un progetto<br />

promosso dal Direttore della Missione F. D’Andria e condotto da G. Scardozzi.<br />

6 Per una dettagliata descrizione dell’area archeologica si rinvia a D’Andria 2003 (per l’età ellenistico-romana); Arthur 2006<br />

(per l’epoca bizantina e turca); Ritti 2007 e all’Atlante <strong>di</strong> Hierapolis (D’Andria, Scardozzi, Spanò 2008).<br />

7 In turco il nome moderno significa “Castello <strong>di</strong> Cotone”. Il sito è parte della provincia <strong>di</strong> Denizli situata a sud-est <strong>di</strong> Iz-<br />

mir.<br />

8 La città, una fondazione seleucide, è attualmente al centro delle ricerche <strong>di</strong> una Missione archeologica turca, <strong>di</strong>retta da C.<br />

Şimşek, Università <strong>di</strong> Pamukkale.<br />

9 Situata ai pie<strong>di</strong> del monte Kadmos, la città è già menzionata da Erodoto.<br />

10 Hierapolis è menzionata nell’Itinerarium Antonini e nella Tabula Peutingeriana. Cfr. Ramsey 1895, pp. 11-12; Traversari 2000,<br />

pp. 9-14.<br />

11 Sulle cui pen<strong>di</strong>ci si trovava l’antica Trapezopolis.<br />

12 Si tratta <strong>di</strong> una cima vulcanica che raggiunge i 2751 metri <strong>di</strong> altezza.<br />

13 Strabone, Geografia, 13, 4, 14; 14, 1, 15 e 47.<br />

14 Filostrato la definisce: “… …” (Philostratus, , II, 24). La fertilità del sito<br />

è esaltata anche in un epigramma rinvenuto nel cuneo centrale del teatro che recita: “ | | <br />

…” (cfr. CIG, 3909; Ritti 1985, p. 114, no. 1).<br />

15 Hierapolis è inserita dall’UNESCO nell’elenco dei siti patrimonio dell’umanità (D’Andria 2003, p. 31).<br />

16 Le formazioni calcaree assumono una caratteristica conformazione a vasche sovrapposte, da cui deriva l’attuale nome del<br />

sito: Pamukkale ovvero Castello <strong>di</strong> Cotone.<br />

17 Vitruvio, De Architectura, VII, 3; Strabone, Geografia 134, 14. Per una rassegna delle fonti antiche sul tema si rinvia a Ritti<br />

1985, pp. 16-22. Sulle proprietà delle acque termali <strong>di</strong> Hierapolis, che sgorgano da sorgenti naturali sotterranee alla temperatura<br />

<strong>di</strong> 35 gra<strong>di</strong> centigra<strong>di</strong>, e la loro composizione chimica, si v<strong>ed</strong>a Özkul et Alii 2000, pp. 337-339.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

141<br />

fig. 1 - Pianta generale <strong>di</strong> Hierapolis (rielaborazione da F. D’Andria, G. Scardozzi, A. Spanò<br />

2008).


142<br />

bizantina: vari sono i terremoti attestati dalle fonti<br />

documentarie <strong>ed</strong> archeologiche 18 .<br />

Dal 1957 la città antica è oggetto <strong>di</strong> scavi e ricerche<br />

sistematiche da parte <strong>di</strong> una Missione Archeologica<br />

Italiana 19 (MAIER) che da poco ha celebrato<br />

i cinquant’anni <strong>di</strong> attività a Hierapolis. La<br />

missione è attualmente <strong>di</strong>retta da F. D’Andria 20 <strong>ed</strong><br />

è composta da team afferenti a varie istituzioni nazionali<br />

<strong>ed</strong> internazionali 21 . Nelle ultime campagne<br />

<strong>di</strong> lavoro 22 le ricerche sistematiche sono state in<strong>di</strong>rizzate,<br />

<strong>fra</strong> l’altro, all’indagine <strong>di</strong> due importantissimi<br />

complessi monumentali, cuore della vita religiosa<br />

<strong>di</strong> Hierapolis in epoche <strong>di</strong>verse: il Santuario<br />

<strong>di</strong> Apollo 23 <strong>ed</strong> il quartiere cristiano sorto sulla collina<br />

del Martyrion <strong>di</strong> San Filippo 24 . A seguito delle<br />

più recenti scoperte, lo stu<strong>di</strong>o delle trasformazioni<br />

della città <strong>fra</strong> <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> <strong>ed</strong> età bizantina è<br />

<strong>di</strong>venuto una delle priorità della ricerca scientifica<br />

della missione 25 .<br />

In questo filone <strong>di</strong> ricerca della MAIER si inserisce<br />

anche il presente contributo sull’insula 104,<br />

mirato a presentare un esempio specifico <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />

integrato del paesaggio ierapolitano, dove l’analisi<br />

dei dati relativi alle stratigrafie, alle ceramiche<br />

antiche, alle tecniche costruttive <strong>ed</strong> ai sistemi decorativi,<br />

si salda allo stu<strong>di</strong>o dei dati formali planimetrici<br />

<strong>ed</strong> al più generale contesto urbano e stori-<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

co. Le ricerche, nell’ambito dell’architettura privata<br />

a Hierapolis, rappresentano una delle recenti attività<br />

della Missione italiana, che ad iniziare dal 1989<br />

ha promosso, nel complesso generale <strong>di</strong> tutti gli<br />

impegni <strong>di</strong> carattere scientifico, indagini sul campo,<br />

interventi <strong>di</strong> restauro e ricerche mirate ad indagare<br />

lo spazio privato e le trasformazioni della<br />

fruizione del modo <strong>di</strong> abitare. Focalizzate in particolare<br />

sull’insula 104, dove una serie <strong>di</strong> case sono<br />

state portate alla luce, le indagini hanno investito<br />

anche gli apparati decorativi <strong>ed</strong> i reperti della cultura<br />

materiale 26 .<br />

3. Il contesto delle ricerche nell’insula 104: il paesaggio<br />

urbano ierapolitano <strong>fra</strong> romanità, <strong>tarda</strong><br />

<strong>antichità</strong> <strong>ed</strong> età bizantina ( fig. 1) (D.C.)<br />

Hierapolis venne fondata nel III secolo a.C. probabilmente<br />

ad opera dei Seleuci<strong>di</strong> 27 , tuttavia allo<br />

stato attuale poco è noto sia delle strutture della<br />

città ellenistica, sia <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> prima età imperiale,<br />

a causa <strong>di</strong> un violento terremoto che nel 60 d.C.<br />

danneggiò gravemente il centro urbano 28 . Dunque,<br />

l’impianto indagato archeologicamente risulta essere<br />

principalmente quello relativo alla ricostruzione<br />

avvenuta a partire dall’età flavia 29 , con la realizzazione<br />

della grande plateia monumentale con orien-<br />

18 La così detta faglia <strong>di</strong> Hierapolis attraversa la città antica da nord-ovest a sud-est all’altezza della Chiesa a Pilastri e delle<br />

gran<strong>di</strong> Terme-Ginnasio (cfr. fig. 1), a ca. trecento metri a sud dell’isolato 104. Tra i terremoti storici che coinvolsero Hierapolis<br />

sono attestati quello del 17 d.C., del 60 d.C., del 494 d.C. e del VII sec. d.C.: cfr. Altunel 2000, pp. 303, 311; Guidoboni 1994;<br />

Ritti 1985, pp. 23-28. Per il terremoto attestato archeologicamente nella seconda metà del IV secolo d.C. si v<strong>ed</strong>a D’Andria et<br />

Alii 2006, p. 351; per quello <strong>di</strong> VII secolo d.C. cfr. D’Andria 2003, pp. 39-40. Sulla sismicità dell’area: Altunel 2000, pp. 308-<br />

309; Ozkul et Alii 2000, pp. 333-334; Soysal et Alii 1981.<br />

19 Fondata da P. Verzone; per un quadro d’insieme sulle sue attività <strong>di</strong> ricerca si v<strong>ed</strong>a: Ronchetta 2005; per le indagini <strong>di</strong> Verzone<br />

a Hierapolis in particolare cfr. D’Andria 2005b.<br />

20 Università del Salento-Lecce.<br />

21 Per un quadro generale sulle recenti attività della Missione Archeologica Italiana a Hierapolis (MAIER) si v<strong>ed</strong>a D’Andria<br />

2007.<br />

22 Sui lavori <strong>di</strong> ricerca e l’interpretazione preliminare dei dati si v<strong>ed</strong>a D’Andria 2007.<br />

23 Cfr. D’Andria 2007; Semeraro 2007.<br />

24 Cfr. D’Andria 2007; Scardozzi 2007.<br />

25 A questo scopo sono state utilizzate anche le immagini telerilevate della città riprese dal satellite americano QuickBird, cfr.<br />

Scardozzi 2004.<br />

26 Le ricerche, condotte sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> A. Zaccaria Ruggiu, secondo in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> ricerca sviluppati nell’Università Ca’ Foscari<br />

<strong>di</strong> Venezia, sono state presentate in questi ultimi anni in una serie <strong>di</strong> pubblicazioni, per le quali si rinvia in bibliografia<br />

ai nomi <strong>di</strong> Zaccaria Ruggiu e Cottica.<br />

27 Articolata è la bibliografia sull’attribuzione della fondazione <strong>di</strong> Hierapolis ai <strong>di</strong>nasti pergameni o seleuci<strong>di</strong>; per le più recenti<br />

interpretazioni si rinvia a Ritti 1985, pp. 119-120.<br />

28 Per le evidenze archeologiche relative alle fasi più antiche <strong>di</strong> Hierapolis si rinvia a D’Andria 2001. Per alcune sintesi recenti<br />

sull’urbanistica <strong>di</strong> Hierapolis si v<strong>ed</strong>a: Scardozzi 2006 e Id. 2008.<br />

29 Poche sono le tracce archeologiche riferibili all’età giulio-clau<strong>di</strong>a. Le indagini più recenti sembrano comunque suggerire che<br />

un notevole sforzo e<strong>di</strong>lizio in senso monumentale avesse caratterizzato l’urbanistica <strong>di</strong> Hierapolis già in età augusteo-tiberiana,<br />

quando venne progettato e realizzato il grande polo monumentale pubblico compreso <strong>fra</strong> l’agorà civile (situata nell’area oggi<br />

occupata dalla piscina del Pamukkale Termal) <strong>ed</strong> il Santuario ad Apollo (cfr. D’Andria 2007, pp. 32-33).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

143<br />

tamento N-S, fulcro <strong>di</strong> un impianto regolare <strong>di</strong> vie<br />

<strong>ed</strong> isolati <strong>di</strong> tipo ippodameo 30 rimasto in uso, seppur<br />

con importantissime mo<strong>di</strong>fiche <strong>ed</strong> alterazioni,<br />

fino all’epoca protobizantina ( fig. 1).<br />

Dall’età flavia all’età severiana il centro conobbe<br />

un continuo sviluppo monumentale, interrotto<br />

da un nuovo catastrofico evento sismico collocabile,<br />

su base archeologica, nella seconda metà del IV<br />

secolo 31 . Questo terremoto provocò la <strong>di</strong>struzione<br />

<strong>di</strong> molti dei monumenti e dei complessi pubblici<br />

e privati della Hierapolis romana: l’agorà commerciale,<br />

con le sue stoai e la stoà-basilica, il ninfeo dei<br />

tritoni, le botteghe lungo la plateia <strong>di</strong> Frontino, gli<br />

e<strong>di</strong>fici termali, il Santuario <strong>di</strong> Apollo <strong>ed</strong> il teatro<br />

furono gravemente danneggiati, o ad<strong>di</strong>rittura abbattuti.<br />

Dopo l’evento sismico, l’agorà <strong>di</strong> Hierapolis<br />

venne sfruttata come cava <strong>di</strong> materiale e<strong>di</strong>lizio<br />

e tutto questo settore della città romana restò al <strong>di</strong><br />

fuori delle mura tardo antiche, realizzate <strong>fra</strong> tardo<br />

IV e gli inizi del V secolo d.C. 32 , e venne convertito<br />

in un quartiere artigianale suburbano per la manifattura<br />

<strong>di</strong> laterizi e ceramica 33 .<br />

Proprio gli eventi che accompagnarono il terremoto<br />

<strong>di</strong> IV secolo favorirono, e forse accelerarono,<br />

un sostanziale processo <strong>di</strong> trasformazione urbanistica,<br />

segnato da una nuova <strong>ed</strong> intensa attività<br />

e<strong>di</strong>lizia che doveva comprendere <strong>fra</strong> l’altro la<br />

risistemazione della plateia, la realizzazione della<br />

cinta muraria sopra menzionata, la ristrutturazione<br />

<strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici danneggiati 34 e la costruzione ex novo<br />

<strong>di</strong> al-tri, soprattutto a carattere religioso, quali la<br />

Catt<strong>ed</strong>rale <strong>di</strong> Hierapolis, la Chiesa a Pilastri <strong>ed</strong> il<br />

Marty rion <strong>di</strong> San Filippo, nonché la rifunzionalizzazione<br />

<strong>di</strong> monumenti sopravvissuti al sisma, come<br />

nel caso delle terme a nord dell’agorà convertite in<br />

chiesa cristiana. Un esempio chiarissimo delle tra-<br />

sformazioni urbanistiche avvenute nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>,<br />

ci è restituito dagli scavi attualmente in<br />

corso ad opera del team <strong>di</strong> archeologi dell’Università<br />

<strong>di</strong> Lecce alla guida <strong>di</strong> F. D’Andria e G. Semeraro<br />

nell’area del santuario <strong>di</strong> Apollo, cuore della<br />

città romana. Le indagini recenti hanno rivelato che<br />

il complesso religioso, danneggiato dal sisma, <strong>di</strong>venne<br />

oggetto <strong>di</strong> spoliazioni sistematiche 35 , chiaramente<br />

mirate a privare questo settore della città <strong>di</strong><br />

ogni memoria storica riferibile all’antico culto pagano<br />

36 .<br />

In questo stesso orizzonte cronologico venne<br />

progettato e realizzato il complesso del Martyrion<br />

<strong>di</strong> San Filippo 37 , per il quale gli urbanisti scelsero<br />

un’altura sovrastante l’abitato d’età classica, ovvero<br />

un’area non prec<strong>ed</strong>entemente urbanizzata ma in<br />

parte occupata da una delle necropoli della città romana.<br />

Le recenti indagini hanno evidenziato che la<br />

viabilità programmata in età classica per convergere<br />

nell’area del santuario <strong>di</strong> Apollo, in questa fase<br />

venne alterata in funzione della valorizzazione dei<br />

nuovi e<strong>di</strong>fici e quartieri cristiani 38 . F. D’Andria ha<br />

<strong>di</strong>mostrato come in questo nuovo assetto urbano il<br />

percorso processionale Catt<strong>ed</strong>rale-Martyrion abbia<br />

rivestito un ruolo centrale 39 . Il nuovo percorso riutilizzava<br />

sia l’antica plateia con orientamento nordsud<br />

che in età romana conduceva al Santuario <strong>di</strong><br />

Apollo, sia uno stenopòs 40 con andamento est-ovest<br />

che, evitando l’area del Santuario, ora trasformato<br />

in una cava <strong>di</strong> materiale e<strong>di</strong>lizio, collegava <strong>fra</strong> loro<br />

le Porte Nord e Sud, per poi <strong>di</strong>rigersi verso la Porta<br />

<strong>di</strong> San Filippo. Da questo punto la via processionale<br />

proc<strong>ed</strong>eva oltrepassando un torrente grazie<br />

ad un ponte a blocchi <strong>di</strong> travertino, per giungere<br />

ad un complesso termale ottagonale 41 e quin<strong>di</strong> risalire<br />

il pen<strong>di</strong>o della collina fino al monumentale<br />

30 Si ritiene che la griglia urbana <strong>di</strong> età flavia ricalchi quella antec<strong>ed</strong>ente l’evento sismico del 60 d.C. (D’Andria 2001, pp. 98-<br />

103; Id. 2003, pp. 33-41).<br />

31 D’Andria 2003, p. 37.<br />

32 D’Andria 2003, p. 37.<br />

33 D’Andria 2003, pp. 88-97; D’Andria et Alii 2007, p. 351.<br />

34 Si v<strong>ed</strong>ano in particolare le Terme Gran<strong>di</strong> ( fig. 1) che furono ristrutturate riutilizzando colonne del tempio <strong>di</strong> Apollo <strong>di</strong><br />

età tiberiana: cfr. D’Andria et Alii 2006, p. 351; D’Andria 2007, Fig. 31. Per le recenti indagini all’e<strong>di</strong>ficio termale si rinvia a<br />

Şimşek 2000.<br />

35 D’Andria et Alii 2006, pp. 351-353.<br />

36 Cfr. Semeraro 2007.<br />

37 E<strong>di</strong>ficato alla fine del IV secolo o agli inizi del V d.C. e <strong>di</strong>strutto forse in conseguenza <strong>di</strong> un evento sismico versificatosi verso<br />

la metà del VII secolo. Per una sintesi sull’e<strong>di</strong>ficio cfr. Verzone 1960; D’Andria 2003, pp. 184-190.<br />

38 Cfr. Scardozzi 2007.<br />

39 D’Andria et Alii 2006, pp. 355-358.<br />

40 Si tratta dello stenopòs 13.<br />

41 Lo scavo e lo stu<strong>di</strong>o dell’e<strong>di</strong>ficio sono tuttora in corso, cfr. D’Andria et Alii 2006, p. 355 e Fig. 4.


144<br />

e<strong>di</strong>ficio ottagonale che custo<strong>di</strong>va le spoglie <strong>di</strong> San<br />

Filippo 42 .<br />

In tal modo l’impianto urbano tardoantico, pur<br />

riutilizzando la griglia romana, si presentava come<br />

profondamente rinnovato sia dal punto <strong>di</strong> vista<br />

dell’or<strong>di</strong>ne gerarchico dei percorsi citta<strong>di</strong>ni, non<br />

più convergenti nelle aree pubbliche tra<strong>di</strong>zionali<br />

43 , sia dal punto <strong>di</strong> vista dei contenuti delle realizzazioni<br />

formali, ora tutte ispirate ad esprimere<br />

la religiosità cristiana, i valori della nuova classe<br />

dominante <strong>ed</strong> il crescente potere politico <strong>ed</strong> economico<br />

<strong>di</strong> Chiesa e vescovi. Le nuove arterie urbane<br />

in questa fase vennero a costituire un percorso<br />

“processionale” che non solo collegava <strong>fra</strong> loro le<br />

porte principali della città, ma veniva ad unificare<br />

in un percorso fluido e razionale i quartieri e gli<br />

e<strong>di</strong>fici più rappresentativi della città tardoantica:<br />

la Catt<strong>ed</strong>rale, la Chiesa a Pilastri 44 <strong>ed</strong> il Martyrion,<br />

mettendo al servizio della nuova identità religiosa<br />

i principi <strong>di</strong> progettazione urbana ere<strong>di</strong>tati dall’urbanistica<br />

romana 45 . Nel 535 d.C. Hierapolis <strong>di</strong>venne<br />

metropolis della Phrygia Pacatiana secunda v<strong>ed</strong>endo<br />

così aumentare il proprio prestigio e ruolo<br />

all’interno dell’organizzazione provinciale a <strong>di</strong>scapito<br />

della vicina Lao<strong>di</strong>cea.<br />

Naturalmente, l’intensa attività e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> V e<br />

VI secolo non fu limitata ai soli e<strong>di</strong>fici pubblici ma<br />

interessò anche il settore privato, promuovendo la<br />

trasformazione dei modelli abitativi <strong>di</strong> derivazione<br />

classica in nuove forme del vivere e dell’organizzazione<br />

degli spazi domestici, come testimoniato<br />

dai dati relativi alle case nell’insula 104 oggetto <strong>di</strong><br />

questo scritto (cfr. in<strong>fra</strong> sezione 4).<br />

Gli scavi archeologici condotti in più luoghi della<br />

città hanno evidenziato la presenza <strong>di</strong> imponenti<br />

livelli <strong>di</strong> macerie relative agli e<strong>di</strong>fici della Hierapolis<br />

cristiana e tardoantica: i crolli sigillavano<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

monete coniate durante il regno d’Eraclio fornendo<br />

una possibile data per un evento <strong>di</strong>sastroso <strong>di</strong> vasta<br />

portata. Gli stu<strong>di</strong>osi ritengono concordemente che<br />

si sia trattato <strong>di</strong> un evento naturale <strong>di</strong> tipo tellurico<br />

piuttosto che bellico 46 : tuttavia non si può escludere<br />

che più fattori si siano sovrapposti in un breve<br />

lasso <strong>di</strong> tempo, concorrendo ad innescare ulteriori<br />

processi <strong>di</strong> trasformazione del paesaggio urbano<br />

ben attestati dai dati <strong>di</strong> scavo 47 . Di fatto il VII<br />

secolo rappresentò un momento <strong>di</strong> svolta ra<strong>di</strong>cale<br />

nell’assetto dell’antica città e con tutta probabilità<br />

anche nel territorio circostante.<br />

Per quanto riguarda il periodo successivo le fonti<br />

documentarie non menzionano attacchi arabi nella<br />

valle del Lykos ma dal contesto storico e politico<br />

complessivo è noto che all’inizio dell’VIII secolo<br />

la valle del Meandro ebbe un ruolo strategico nel<br />

conflitto arabo-bizantino per il controllo delle aree<br />

costiere. Allo stato attuale delle ricerche il periodo<br />

compreso <strong>fra</strong> la fine VII e l’VIII secolo rappresenta<br />

ancora un vuoto nella documentazione archeologica<br />

ma proprio in questo periodo si registra,<br />

come v<strong>ed</strong>remo nel caso dell’insula 104, un punto<br />

<strong>di</strong> svolta nel paesaggio urbano e nelle modalità <strong>di</strong><br />

inse<strong>di</strong>amento 48 . Le evidenze archeologiche tornano<br />

ad essere chiare <strong>ed</strong> abbondanti attorno al IX-X secolo<br />

quando i dati a nostra <strong>di</strong>sposizione delineano<br />

un tipo <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento sparso, costituito da piccole<br />

chiese e cappelle con annesse aree cimiteriali<br />

e abitazioni a carattere rurale che si inserivano <strong>fra</strong><br />

le macerie della città tardoantica, riutilizzandole a<br />

scopo e<strong>di</strong>lizio 49 . Il quadro inse<strong>di</strong>ativo v<strong>ed</strong>e un’ulteriore<br />

evoluzione nel corso dell’XI secolo, quando<br />

si registrano tracce <strong>di</strong> abbandono <strong>di</strong> alcuni e<strong>di</strong>fici<br />

me<strong>di</strong>o bizantini e <strong>di</strong> intere aree dell’abitato che<br />

non verranno più rioccupate. I dati sono forse una<br />

possibile conseguenza delle incursioni selgiuchi<strong>di</strong><br />

42 Sulla via processionale cfr. Scardozzi 2004, in particolare pp. 245-247.<br />

43 Agorai, Santuario <strong>di</strong> Apollo e teatro.<br />

44 Entrambi gli e<strong>di</strong>fici si inseriscono perfettamente all’interno delle maglie della griglia romana ancora in uso.<br />

45 Sulle trasformazioni delle città classiche da pagane a cristiane cfr. Harl 2001; Spieser 2001 (in particolare le sezioni I e<br />

III).<br />

46 Ovvero a conseguenze da riferirsi all’invasione sassanide del 616.<br />

47 Per il terremoto <strong>di</strong> VII si v<strong>ed</strong>ano in particolare: D’Andria 2003, 39-40; Arthur 2006, pp. 17-18 e p. 34.<br />

48 Forse anche Hierapolis vide il costituirsi <strong>di</strong> un centro fortificato nell’area del teatro romano donde provengono strutture,<br />

monete e ceramiche <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>o bizantina, spesso purtroppo decontestualizzate; cfr. Arthur 2006, p. 44. Per evidenze dai<br />

recentissimi scavi stratigrafici nel teatro <strong>di</strong> Hierapolis databili <strong>fra</strong> X <strong>ed</strong> XI secolo si v<strong>ed</strong>a Polito 2007, p. 161. Cittadelle fortificate<br />

impiantate su prec<strong>ed</strong>enti e<strong>di</strong>fici scenici si sono identificate ad Aphro<strong>di</strong>sias, Mileto e Aspendos.<br />

49 Per recenti evidenze databili nel periodo compreso <strong>fra</strong> il X e l’XI secolo si v<strong>ed</strong>ano le case bizantine e le strutture produttive<br />

inse<strong>di</strong>atesi nell’area del cosiddetto “Grande E<strong>di</strong>ficio” (Caggia 2007, in part. Fig. 20; Arthur, Bruno 2007, pp. 511-519), le<br />

strutture identificate nell’area del santuario <strong>di</strong> Apollo (Semeraro 2007, Figg. 4 e 19) e quelle identificate nell’area del Ninfeo<br />

dei Tritoni (Silvestrelli 2007, Fig. 4).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

145<br />

attestate dalle fonti a partire dalla sconfitta delle<br />

forze bizantine a Mantzikurt nel 1071 50 . È interessante<br />

notare che anche in questo caso, come già nella<br />

metà del settimo secolo, significativi mutamenti<br />

nel paesaggio urbano ierapolitano si verificano<br />

non solo in associazione ad un contesto storico caratterizzato<br />

dalla comparsa <strong>di</strong> minacce esterne, ma<br />

anche in concomitanza con un evento sismico documentabile<br />

archeologicamente 51 . Hierapolis, come<br />

abbiamo già avuto modo <strong>di</strong> osservare, è notoriamente<br />

un’area sismica e gli eventi tellurici sono<br />

piuttosto frequenti: tuttavia la concomitanza <strong>di</strong> un<br />

evento sismico particolarmente intenso con un’importante<br />

minaccia dall’esterno può almeno in parte<br />

spiegare improvvise, o marcate, alterazioni nell’assetto<br />

dell’inse<strong>di</strong>amento. Un ulteriore segno <strong>di</strong> cambiamento<br />

nel paesaggio urbano sembra potersi riconoscere<br />

nel nuovo quartiere fortificato costituitosi,<br />

proprio a partire dal tardo XI secolo, all’interno delle<br />

rovine delle Terme Gran<strong>di</strong> (cfr. fig. 1) e rimasto<br />

in uso fino al XIII secolo 52 e all’inse<strong>di</strong>amento dei<br />

Selgiuchi<strong>di</strong> a Hierapolis.<br />

4. Un caso specifico <strong>di</strong> analisi delle trasformazioni<br />

del paesaggio urbano: l’insula 104 (A.Z.R.)<br />

4.1. Le attività <strong>di</strong> scavo e ricerca nella Regio VIII,<br />

Insula 104 ( figg. 2-3)<br />

L’insula 104 <strong>di</strong> Hierapolis <strong>di</strong> Frigia rappresenta,<br />

allo stato attuale delle ricerche e delle indagini archeologiche,<br />

un esempio significativo sia delle trasformazioni<br />

del modo <strong>di</strong> abitare e dell’uso degli<br />

spazi domestici, sia dei mutamenti e degli adattamenti<br />

delle capacità costruttive applicate all’e<strong>di</strong>lizia<br />

privata tra l’età tardo-romana e il periodo bizan-<br />

tino. Questi fenomeni, marcatamente evidenti per<br />

un momento particolare della storia dell’architettura<br />

residenziale <strong>di</strong> questa città, in<strong>di</strong>viduabile tra il<br />

V secolo e i decenni iniziali del VII sec. d.C. ( fig.<br />

2), possono <strong>di</strong> fatto essere seguiti fino al X-XI secolo<br />

( fig. 3).<br />

L’isolato, un rettangolo allungato (73 × 26,5<br />

m.) 53 , evidenziato da quattro stenopoi ortogonali<br />

tra loro, è stato oggetto <strong>di</strong> numerose indagini<br />

stratigrafiche e costituisce un segmento del tessuto<br />

urbanistico regolare ellenistico-romano, conservatosi<br />

pressoché intatto almeno sino agli inizi del<br />

VII secolo d.C. Solamente dopo un evento sismico<br />

<strong>di</strong> proporzioni <strong>di</strong>sastrose per la città, l’insula fu abbandonata;<br />

sopra le macerie, tra l’VIII e il X secolo<br />

si registra una rioccupazione del suolo dapprima<br />

in forma non sistematica e poi, attorno al X secolo,<br />

secondo un’organizzazione più strutturata e stabile,<br />

ma con caratteri più marcatamente rurali piuttosto<br />

che urbani 54 .<br />

Gli scavi, in corso dal 1989, e le ricerche relative<br />

alle case portate alla luce all’interno dell’insula 55 ,<br />

l’informatizzazione dei dati <strong>di</strong> scavo, la registrazione<br />

completa dei reperti e gli stu<strong>di</strong> ormai avanzati<br />

sulle produzioni ceramiche 56 , hanno consentito <strong>di</strong><br />

chiarire alcuni degli aspetti formali e culturali legati<br />

alle trasformazioni succ<strong>ed</strong>utesi nell’area. L’isolato,<br />

situato a nord-ovest del teatro, tra questo <strong>ed</strong> il<br />

complesso agorà civile/Santuario <strong>di</strong> Apollo, era occupato<br />

da una serie <strong>di</strong> abitazioni che si elevavano<br />

su terrazzamenti artificiali <strong>di</strong>sposti da est a ovest<br />

sul pen<strong>di</strong>o che caratterizzava questo settore della<br />

città. Questi in età tardo antica risultano essere stati<br />

realizzati con lo sbancamento dei rilievi rocciosi,<br />

con il loro livellamento e con la costruzione <strong>di</strong><br />

fondazioni che in gran parte risultano appoggiate<br />

<strong>di</strong>rettamente sulla roccia e solo in parte su struttu-<br />

50 In questo periodo le case <strong>di</strong> X secolo dell’insula 104 <strong>di</strong> seguito presentate sembrano essere abbandonate, come pure il<br />

complesso chiesa e cimitero presso il lato orientale dell’agorà cfr. Arthur 2006, pp. 118-125; Arthur, Bruno 2007, pp. 527-<br />

528.<br />

51 In<strong>di</strong>zi per terremoti verificatisi <strong>fra</strong> X e XI secolo vengono dagli scavi nell’area del “Grande E<strong>di</strong>ficio” (cfr. Caggia 2007) e dal<br />

teatro (cfr. Polito 2007, p. 161). Sulla tematica in generale cfr. Arthur 2006, p. 34.<br />

52 Per gli scavi condotti in quest’area si v<strong>ed</strong>a: Verzone 1978, pp. 850-851; Şimşek 1997; Id. 2000.<br />

53 Per una superficie totale <strong>di</strong> 1934 metri quadrati ca.<br />

54 Cfr. in<strong>fra</strong>.<br />

55 Si v<strong>ed</strong>a in particolare Zaccaria Ruggiu 2005, pp. 321-331; D’Andria et Alii 2006, pp. 362-394; Zaccaria Ruggiu 2006a; Ead.<br />

2007. Il progetto <strong>di</strong> ricerca, l’organizzazione degli scavi e degli stu<strong>di</strong> che riguardano l’insula 104 sono sotto la responsabilità <strong>di</strong><br />

chi scrive. Al momento <strong>di</strong> iniziare le indagini archeologiche da parte dell’Università <strong>di</strong> Venezia, era già stata portata alla luce<br />

da altra équipe una serie <strong>di</strong> ambienti <strong>di</strong>sposti lungo lo stenopos 19: si tratta principalmente dei vani A 30, A 29, A 28, A 27 A<br />

26, A 32-33 in fig. 2. Queste attività <strong>di</strong> scavo, prive <strong>di</strong> metodologia stratigrafica, hanno compromesso il deposito archeologico<br />

<strong>di</strong> una vasta area lungo lo stenopos 19 e sullo stenopos stesso che è stato in quelle operazioni totalmente scavato.<br />

56 È in fase <strong>di</strong> ultimazione la pubblicazione delle ceramiche da parte <strong>di</strong> D. Cottica.


146<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

fig. 2 - Pianta generale delle case tardo antiche nell’insula 104, aggiornata alla campagna <strong>di</strong> scavo 2006 (rilievo <strong>di</strong> R. Bortolin, con i<br />

contributi <strong>di</strong> I. F<strong>ed</strong>ele, A. Spanò, C. Bonfanti).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

147<br />

fig. 3 - Pianta delle strutture me<strong>di</strong>o-bizantine nell’insula 104 (rielaborazione grafica <strong>di</strong> I. F<strong>ed</strong>ele).


148<br />

re risalenti ad una più antica fase <strong>di</strong> età imperiale.<br />

Infatti, le attività che portarono alla demolizione<br />

delle strutture <strong>di</strong> età imperiale arrivarono spesso ad<br />

intaccare la sottostante roccia travertinica, tuttora<br />

visibile in alcuni ambienti delle case <strong>di</strong> età protobizantina<br />

57 . Tali operazioni eliminarono quin<strong>di</strong> in<br />

più punti i muri e le pavimentazioni riferibili alle<br />

fasi prec<strong>ed</strong>enti.<br />

Allo stato attuale, le evidenze maggiormente<br />

conservate sono quelle relative alla ricostruzione<br />

post terremoto <strong>di</strong> seconda metà del IV sec. d.C.<br />

Si tratta <strong>di</strong> almeno tre case fino ad oggi messe in<br />

luce: la “Casa dei capitelli ionici” sul terrazzamento<br />

centrale dell’isolato, la “Casa del cortile dorico” su<br />

quello orientale e la “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”<br />

nel settore ovest dell’insula ( fig. 2). Quest’ultima è<br />

stata così denominata a seguito del rinvenimento<br />

<strong>di</strong> un’iscrizione <strong>di</strong>pinta recante il testo in greco della<br />

Preghiera <strong>di</strong> Manasse (tav. XXXVIII a), una delle<br />

O<strong>di</strong> <strong>di</strong> Salomone, testo apocrifo delle Sacre Scritture<br />

58 . Allo stato attuale delle conoscenze, per la<br />

“Casa dei capitelli ionici” non è ancora possibile<br />

in<strong>di</strong>viduare con esattezza la planimetria riferibile<br />

tanto al periodo imperiale quanto alle ristrutturazioni<br />

tardoantiche poiché, in un momento ascrivibile<br />

alla prima metà del VII sec. d.C., questa <strong>di</strong>mora<br />

sembra essere stata sud<strong>di</strong>visa in proprietà <strong>di</strong>fferenti,<br />

con il conseguente scorporamento <strong>di</strong> vari ambienti<br />

attuato con la chiusura <strong>di</strong> alcune delle porte<br />

che mettevano in comunicazione i vani <strong>di</strong> questo<br />

settore dell’insula ( fig. 2).<br />

Anche gli isolati a<strong>di</strong>acenti, a nord e a sud dell’insula<br />

104, orientati in senso est-ovest e <strong>di</strong>slocati sulle<br />

pen<strong>di</strong>ci collinari che delimitano il pianoro sul quale<br />

fu eretta la città, furono presumibilmente realizzati<br />

in modo analogo. Le facciate e gli stipiti delle<br />

porte che si v<strong>ed</strong>ono affiorare dal livello <strong>di</strong> cam-<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

pagna sono infatti simili alle strutture portate alla<br />

luce nell’isolato 104. Dunque l’immagine che doveva<br />

rivelarsi a chi saliva dalla città bassa, ovvero dalla<br />

plateia <strong>di</strong> Frontino, verso il quartiere del teatro,<br />

presentava aree costruite a <strong>di</strong>fferenti quote con una<br />

serie <strong>di</strong> alti e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong>sposti a <strong>di</strong>versi livelli, con case<br />

a più piani. Queste, affacciate verso la valle dell’antico<br />

Lykos e prospettanti sulle vie est-ovest 18 e 19,<br />

erano aperte verso l’esterno con finestre tra loro <strong>di</strong>suguali<br />

ai piani alti. Gli ambienti ai piani superiori<br />

dovevano aprirsi verso occidente, ovvero sul lato<br />

corto dell’isolato, sovrastando l’abitazione posta a<br />

quota più bassa. Questa sistemazione dei complessi<br />

residenziali, organizzata a livelli <strong>di</strong>gradanti verso<br />

occidente, dava così luogo a effetti scenografici <strong>di</strong><br />

quinte teatrali, simili a quelli che caratterizzano le<br />

“Hanghaus” 1 e 2 del quartiere abitativo <strong>di</strong> Efeso<br />

lungo la via dei Coureti 59 .<br />

Gli scavi archeologici operati in <strong>di</strong>fferenti aree<br />

della città antica hanno restituito dati omogenei che<br />

permettono <strong>di</strong> chiarire gli aspetti cronologici relativi<br />

alla durata <strong>di</strong> vita del sito e le cause che presumibilmente<br />

ne hanno determinato la fine. Infatti, le<br />

modalità <strong>di</strong> giacitura degli strati in<strong>di</strong>viduati sopra i<br />

livelli pavimentali presentano analoghe <strong>di</strong>namiche<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione degli alzati, dei piani superiori e delle<br />

coperture dei tetti. Tali caratteristiche <strong>di</strong> omogeneità<br />

e contemporaneità si spiegano ipotizzando un<br />

evento catastrofico esteso a tutta la città che archeologicamente<br />

si può collocare intorno alla metà del<br />

VII secolo, o poco dopo 60 . Nell’insula 104 le monete<br />

rinvenute sui livelli d’uso e il tipo <strong>di</strong> vasellame<br />

proveniente dagli strati a contatto con i pavimenti<br />

tardo antichi sono riferibili, le une al 630-640 e gli<br />

altri ad un periodo collocabile tra la fine del VI e<br />

la metà del VII sec. d.C. 61<br />

In particolare gli strati <strong>di</strong> crollo del peristilio<br />

57 Come nel muro perimetrale ES 90 del kapeleion A 115/116 e nel muro orientale ES 124/162 del vano A 84 (cfr. fig. 2), dove si<br />

v<strong>ed</strong>e chiaramente lo spiccato dei muri <strong>di</strong>rettamente appoggiati per un tratto sul livello roccioso.<br />

58 Per questo importante documento della prima età cristiana in Asia Minore che rappresenta la copia quasi identica del testo<br />

conservato nel Co<strong>di</strong>ce Alessandrino del V sec. d.C., si v<strong>ed</strong>a la serie <strong>di</strong> interventi specialistici in D’Andria et Alii 2006 <strong>ed</strong> in<br />

particolare Zaccaria Ruggiu 2006b. Per la “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” si rinvia al contributo <strong>di</strong> Zaccaria Ruggiu in Zaccaria<br />

Ruggiu, Bortolin, Maratini 2008, pp. 101-108.<br />

59 Diversi elementi <strong>di</strong> finestra in travertino, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti altezze (da 0,70 a 1,10 m) e caratterizzati da due piccole semicolonne<br />

alle due estremità, sono stati rivenuti in tutte le case dell’insula; essi fungevano da separatori <strong>di</strong> due o tre luci delle finestre<br />

che apparivano come una sorta <strong>di</strong> bifora, secondo una <strong>di</strong>sposizione che doveva risultare assai simile a quella <strong>di</strong> una tomba a<br />

casa della necropoli settentrionale (tav. XXVI, a). I pilastri delle finestre erano messi in opera sormontati da capitelli in travertino<br />

sopra i quali venivano poi collocati architravi rettilinei.<br />

60 Cfr. D’Andria 2001, p. 113.<br />

61 Nessuna monetazione successiva ad Eraclio è stata rinvenuta negli strati relativi agli ultimi livelli d’uso delle case. Per<br />

quanto riguarda i reperti ceramici <strong>di</strong> queste fasi si v<strong>ed</strong>a Cottica 2006; Ead. 2007a e l’intervento della stessa autrice in questa<br />

s<strong>ed</strong>e in<strong>fra</strong>.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

149<br />

della “Casa dei capitelli ionici” mostrano molto<br />

chiaramente la <strong>di</strong>namica dell’evento sismico, la cui<br />

violenza sollevò verso l’alto le strutture verticali e<br />

le colonne dei due or<strong>di</strong>ni del portico, spezzandole<br />

in due o tre parti e scheggiandone il collarino <strong>di</strong><br />

base. Le colonne si abbatterono nello spazio della<br />

vasca del peristilio, uno spazio vuoto e quin<strong>di</strong><br />

strutturalmente il più debole <strong>di</strong> tutto il complesso,<br />

e i capitelli ionici rinvenuti poco <strong>di</strong>stanti, ciascuno<br />

presso il sommoscapo della colonna caduta,<br />

sono stati tutti recuperati durante l’intervento <strong>di</strong><br />

scavo. La registrazione grafica delle modalità del<br />

crollo ha permesso nel 1992 l’anastilosi del peristilio,<br />

con la ricollocazione in posto <strong>di</strong> tutte le colonne<br />

del primo or<strong>di</strong>ne con relativi capitelli e basi 62<br />

(tav. XXXVI, a).<br />

4.2. Le premesse e<strong>di</strong>lizie e <strong>di</strong> carattere ornamentale:<br />

l’età imperiale ( fig. 2)<br />

Poche tracce delle più antiche attività e<strong>di</strong>lizie<br />

sono riscontrabili nelle case dell’isolato 104, assai<br />

verosimilmente costruite nella prima età imperiale,<br />

in un periodo che non è ancora possibile circoscrivere,<br />

e con planimetrie non precisabili nei dettagli<br />

dal momento che attualmente, come sopra si<br />

è già segnalato, le ricostruzioni <strong>ed</strong> alterazioni <strong>di</strong><br />

V-VI secolo non consentono <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le originarie<br />

strutture prec<strong>ed</strong>enti. Appaiono tuttavia pertinenti<br />

al periodo imperiale alcuni elementi ancora<br />

visibili:<br />

1. La tecnica degli alzati in opera quadrata 63 e forse<br />

anche quella in opera a telaio 64 presenti sia nella<br />

“Casa dei capitelli ionici”, sia nella “Casa del<br />

cortile dorico” (tavv. XXXIII, a; XXXI, b; XXXIV, b).<br />

2. I capitelli ionici in marmo bianco, databili alla<br />

prima metà del II sec. d.C. 65 assai probabilmente<br />

appartengono alla fase <strong>di</strong> età imperiale della<br />

casa stessa e, recuperati dopo il terremoto del IV<br />

secolo, furono messi in opera sulle colonne della<br />

nuova fase tardo antica (tav. XXXVI, a).<br />

3. Il cortile porticato con pavimentazione marmorea<br />

a lastre bianche con fascia marginale nera<br />

del cortile della “Casa del cortile dorico” e le<br />

colonne doriche in calcare su stilobate in marmo<br />

e in pietra scura, del peristilio a tre portici 66<br />

(tav. XXXVI, b). Non si sono recuperati i capitelli,<br />

probabilmente scomparsi a causa dei lavori<br />

<strong>di</strong> asportazione delle macerie della casa tardo<br />

antica intrapresi in età me<strong>di</strong>o bizantina, attuati<br />

al fine <strong>di</strong> preparare l’area per una nuova fase<br />

inse<strong>di</strong>ativa (cfr. in<strong>fra</strong>). I piccoli portici si sviluppavano<br />

sui lati nord, est e sud, ma solo <strong>di</strong> quelli<br />

orientale e settentrionale abbiamo la profon<strong>di</strong>tà<br />

originaria ( fig. 2).<br />

4. Alla <strong>tarda</strong> età imperiale va probabilmente assegnato<br />

su base stilistica il pavimento a mosaico<br />

figurato (tav. XXXVIII, b) della stanza A 26 della<br />

“Casa dei capitelli ionici “ ( fig. 2) 67 .<br />

4.3. La fase monumentale <strong>di</strong> V-VI sec. d.C.: le<br />

strutture<br />

La grande stagione e<strong>di</strong>lizia che caratterizza le<br />

abitazioni che si elevano nell’isolato 104 è il risultato<br />

<strong>di</strong> attività <strong>di</strong> ricostruzione, o <strong>di</strong> costruzione <strong>di</strong><br />

grande portata, resesi necessarie dopo il sisma della<br />

seconda metà del IV sec. d.C. per rendere nuovamente<br />

abitabili le case, ma costituì anche l’occasione<br />

per intervenire nell’organizzazione complessiva<br />

dello spazio residenziale secondo ormai nuove modalità<br />

abitative. Purtroppo, non è possibile valutare<br />

la portata <strong>di</strong> questi interventi e<strong>di</strong>lizi e l’entità delle<br />

mo<strong>di</strong>fiche rispetto alla situazione prec<strong>ed</strong>ente: infatti<br />

le strutture murarie, i livelli pavimentali e le<br />

in<strong>fra</strong>strutture attualmente visibili risalgono per la<br />

quasi totalità all’età proto-bizantina e le soprelevazioni<br />

murarie non risultano <strong>di</strong>fferenti per tecnica<br />

62 Il secondo or<strong>di</strong>ne non è stato ricollocato: le colonne sono depositate nell’area dello scavo, i capitelli nell’Antiquarium all’aperto<br />

del Museo Archeologico <strong>di</strong> Hierapolis-Pamukkale.<br />

63 Ve<strong>di</strong> in<strong>fra</strong> tecnica 5.<br />

64 Ve<strong>di</strong> in<strong>fra</strong> tecnica 2.<br />

65 In occasione del Convegno Internazionale “La scultura romana in Asia Minore” tenutosi a Cavallino (Lecce) nel 2007, sono<br />

state presentate le sculture provenienti dalla “Casa del cortile dorico” <strong>ed</strong> i relativi contesti stratigrafici: cfr. Zaccaria Ruggiu,<br />

Canazza c.s. La cronologia <strong>di</strong> questi pezzi si colloca tra il II e il III sec. d.C. (cfr. in<strong>fra</strong>).<br />

66 Con questo stilobate il lastricato marmoreo è ben connesso.<br />

67 Il mosaico, policromo, comprende due pannelli <strong>di</strong> carattere molto <strong>di</strong>verso l’uno dall’altro: quello più a est, e più lontano<br />

dalla porta <strong>di</strong> ingresso, è organizzato in forme geometriche che racchiudono animali, uccelli e due pancraziasti, mentre quello<br />

più a occidente, vicino all’entrata, presenta un’unica scena figurata che mostra il momento dell’arrivo dell’ambasceria dei<br />

principi greci alla tenda <strong>di</strong> Achille (Il., IX, 165 ss.). Per una prima presentazione della questione cfr. Zaccaria Ruggiu 2007,<br />

pp. 235-244 e Figg. 24-33.


150<br />

dai muri che possono essere identificati come <strong>di</strong><br />

età romana.<br />

Appare palese tuttavia l’intervento <strong>di</strong> restringimento,<br />

o <strong>di</strong> abolizione, dei portici e dei peristili originari<br />

che tra il V e la prima metà del VI secolo sono<br />

oggetto <strong>di</strong> restauri ra<strong>di</strong>cali: nella “Casa dei capitelli<br />

ionici”, viene fortemente ri<strong>di</strong>mensionato il portico<br />

orientale, quello meri<strong>di</strong>onale viene trasformato in<br />

una sala e si separano nettamente gli ambienti <strong>ed</strong><br />

i settori <strong>di</strong> rappresentanza da quelli <strong>di</strong> abitazione e<br />

da quelli utilizzati per le varie attività domestiche<br />

( fig. 2). Nella “Casa del cortile dorico” si elimina<br />

l’assetto porticato dello spazio scoperto, inglobando<br />

le colonne in nuovi muri, trasformando i portici<br />

in vestiboli <strong>di</strong> altre stanze e il peristilio in una piccola<br />

corte interna ( fig. 2 e tav. XXXVI, b).<br />

Infatti una serie <strong>di</strong> interventi ra<strong>di</strong>cali elimina il<br />

peristilio dorico dell’età imperiale e le colonne in<br />

calcare sono obliterate o inserite entro le nuove murature.<br />

I vecchi portici (con tre colonne per il lato<br />

est e due per i lati sud e nord) che circondavano su<br />

tre lati il cortile vengono cancellati e trasformati in<br />

vestiboli <strong>di</strong> accesso alla sala con gli affreschi A 1207<br />

e agli ambienti A 198 e A 176 originariamente in<br />

comunicazione <strong>fra</strong> loro ( fig. 2). Il braccio meri<strong>di</strong>onale<br />

del peristilio viene invece inglobato dal muro<br />

settentrionale della cucina A 119 e <strong>di</strong> esso rimane<br />

solo una traccia nell’impronta circolare dell’imposta<br />

della colonna sullo stilobate e nella colonna più<br />

a est, inserita nel muro settentrionale della cucina<br />

( fig. 2 e tav. XXXVI, b). Sono forse da datare a questo<br />

momento sia la ri-pavimentazione della vasca<br />

del cortile con tavelle quadrate a grande modulo<br />

che si sovrappone alla originaria pavimentazione<br />

a lastre marmoree bianche con bor<strong>di</strong> a fasce nere,<br />

sia i pavimenti del portico nord A 1214, a tavelle<br />

quadrate a piccolo modulo, sia l’opus spicatum della<br />

cucina A 119 ( fig. 2). La costruzione dei muri <strong>di</strong><br />

separazione dei vani costruiti in questa fase attorno<br />

al cortile va associata alla posa in opera dei pavimenti<br />

con i quali sono strutturalmente connessi.<br />

Le murature presentano per lo più la cosiddetta<br />

tecnica mista, in<strong>di</strong>cata <strong>di</strong> seguito come tecnica 1 e<br />

tecnica 3 (tavv. XXXI, a, XXXII, a).<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

Le abitazioni tardoantiche protobizantine dell’insula<br />

si caratterizzano anche per la presenza <strong>di</strong><br />

sale <strong>di</strong> rappresentanza decorate con pitture (tav.<br />

XXXIX, b) e ricche pavimentazioni marmoree (tav.<br />

XXXIX, a); i quartieri abitativi e quelli deputati ad<br />

attività legate alla vita domestica si <strong>di</strong>spongono invece<br />

separatamente dagli ambienti <strong>di</strong> rappresentanza,<br />

mentre la circolazione interna viene delineata<br />

con precisione in ragione <strong>di</strong> funzioni <strong>di</strong>fferenziate.<br />

Al momento della ricostruzione successiva al terremoto<br />

<strong>di</strong> IV secolo, le abitazioni sembrano aver mantenuto<br />

un’articolazione dello spazio ancora <strong>di</strong> tipo<br />

classico, con area scoperta centrale porticata su tutti<br />

i lati come visibile nella “Casa dei capitelli ionici”,<br />

o gravitante su un cortile privo <strong>di</strong> portici come per<br />

la “Casa del cortile dorico”. Le colonne del peristilio<br />

della “Casa dei capitelli ionici” erano in breccia<br />

locale <strong>di</strong> un prevalente caldo colore arancio (tav.<br />

XXXVI, a), mentre basi e capitelli erano in marmo<br />

bianco. Gli architravi dovevano essere in legno perché<br />

nessun elemento, né in marmo né in pietra, è<br />

stato ritrovato, mentre l’or<strong>di</strong>ne superiore era costituito<br />

da colonnine lisce in alabastro fiorito (marmor<br />

hierapolitanum), anch’esso proveniente da cave locali<br />

68 , con piccoli capitelli ionici in marmo bianco 69 .<br />

La “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” si presenta<br />

anomala nel quadro dello sviluppo dell’architettura<br />

privata <strong>di</strong> Hierapolis. Quest’ultima doveva essere<br />

originariamente parte della “Casa dei capitelli<br />

ionici”, dalla quale venne separata probabilmente<br />

nell’ultimo periodo <strong>di</strong> occupazione dell’area (prima<br />

metà del VI sec. d.C. cfr. in<strong>fra</strong>) 70 . Pur non potendo<br />

ancora <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una planimetria completa,<br />

in quanto l’esplorazione stratigrafica è ancora agli<br />

inizi, come abbiamo avuto modo <strong>di</strong> affermare in<br />

altra s<strong>ed</strong>e 71 dal punto <strong>di</strong> vista formale questo e<strong>di</strong>ficio<br />

non si presenta secondo le consuetu<strong>di</strong>ni della<br />

tra<strong>di</strong>zione classica <strong>ed</strong> ellenistica. Infatti la “Casa<br />

dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”, dalla serie <strong>di</strong> stanze messe<br />

in luce in due anni <strong>di</strong> scavi stratigrafici, apparirebbe<br />

caratterizzata da una doppia sequenza <strong>di</strong> vani<br />

<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ( fig. 2) 72 alla cui estremità, a<br />

oriente, si <strong>di</strong>spone la piccola stanza con l’iscrizione<br />

<strong>di</strong>pinta della preghiera <strong>di</strong> Manasse (A 1267 in fig.<br />

68 Lazzarini 2002, p. 253.<br />

69 Il piano superiore si raggiungeva tramite una scala in muratura posta nel braccio settentrionale del peristilio (ES 134). Se<br />

ne è conservato un tratto con cinque gra<strong>di</strong>ni (cfr. tav. XLV, a).<br />

70 Cfr. in<strong>fra</strong>.<br />

71 Cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b e Ead. 2007.<br />

72 Cfr. A 1331 e un altro a ovest <strong>di</strong> questo lungo il lato settentrionale; A 1361 e A 1359 lungo il lato meri<strong>di</strong>onale.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

151<br />

2), appartata e separata rispetto alla sequenza degli<br />

altri ambienti 73 . Tuttavia, pur segnalando l’impossibilità<br />

<strong>di</strong> fornire interpretazioni e letture definitive<br />

tanto dell’articolazione planimetrica e della funzione<br />

d’uso degli ambienti, quanto del significato del<br />

testo <strong>di</strong>pinto (tav. XXXVIII, a) in questo complesso<br />

architettonico, si possono segnalare alcuni dati che<br />

sembrano suggerire un’interpretazione che inserisce<br />

il complesso nel quadro dell’architettura privata:<br />

– L’aspetto delle tecniche costruttive impiegate, tipiche<br />

dell’architettura privata ierapolitana 74 ,<br />

– l’inserimento <strong>di</strong> questo “e<strong>di</strong>ficio” entro un’insula<br />

a carattere residenziale,<br />

– la mancanza allo stato attuale delle ricerche <strong>di</strong><br />

elementi certi sulla presenza <strong>di</strong> una cappella, <strong>di</strong><br />

una chiesa o <strong>di</strong> un luogo canonico <strong>di</strong> funzione<br />

analoga 75 .<br />

4.3.1. Le tecniche e<strong>di</strong>lizie <strong>di</strong> V-VI secolo<br />

Le tecniche e<strong>di</strong>lizie databili tra V e VI secolo<br />

nelle case dell’insula non sono riconducibili ad un<br />

solo tipo, anzi la straor<strong>di</strong>naria varietà dei meto<strong>di</strong><br />

costruttivi impiegati rende particolarmente <strong>di</strong>fficile<br />

in<strong>di</strong>viduare delle tipologie precise e delle sequenze<br />

cronologiche coerenti, dal momento che sembrerebbe<br />

frequente l’attestazione <strong>di</strong> un contemporaneo<br />

impiego degli stessi materiali (calcare locale<br />

o travertino, più o meno compatto), omogenei per<br />

<strong>di</strong>mensioni e per forme durante lunghi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

attività, <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tecniche in uno stesso muro, oltre<br />

che delle m<strong>ed</strong>esime tipologie strutturali in fasi<br />

cronologiche <strong>di</strong>fferenti. È <strong>di</strong>ffuso l’uso <strong>di</strong> mattoni<br />

o <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> tegole <strong>di</strong>sposti a corsi sovrapposti<br />

più o meno regolarmente sia nelle strutture<br />

<strong>di</strong> V secolo, dove appaiono alternati a corsi <strong>di</strong><br />

travertino (tecnica 1, tav. XXXI, a) 76 , sia in quelle<br />

probabilmente più tarde (forse <strong>di</strong> pieno VI secolo)<br />

77 (tecnica 3, tavv. XXXII, a; XXXIV, a), in cui la<br />

presenza dei laterizi è <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa apparecchiatura,<br />

sia nelle tamponature tarde <strong>di</strong> vani e porte 78 (tecnica<br />

4, tav. XXXII, b) 79 .<br />

Tuttavia nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> si possono identificare<br />

alcune tecniche pr<strong>ed</strong>ominanti che sono riconducibili<br />

in parte alla tecnica 1, rappresentata da<br />

un’opera mista <strong>di</strong> corsi regolari <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e<br />

e piccole <strong>di</strong>mensioni alternati a corsi <strong>di</strong> due/quattro<br />

allineamenti <strong>di</strong> laterizi (mattoni o tavelle <strong>fra</strong>mmentate)<br />

e in parte alla tecnica cosiddetta a telaio (tecnica<br />

2, tav. XXXI, b) 80 , <strong>di</strong> vasta <strong>di</strong>ffusione in <strong>di</strong>verse<br />

aree dell’impero e <strong>di</strong> lunga sopravvivenza, com’è<br />

attestato dai muri pertinenti alle case-bottega della<br />

via <strong>di</strong> Frontino 81 e come in<strong>di</strong>cano alcune strutture<br />

perimetrali dell’insula 104.<br />

Queste strutture sono realizzate con parallelepipe<strong>di</strong><br />

verticali posti a <strong>di</strong>stanze non uguali, ma regolari,<br />

collegati da blocchi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni approntati<br />

in allineamenti piuttosto regolari allettati<br />

con malta povera, mista ad argilla cruda, utilizzando<br />

il calcare locale (tav. XXXI, a, b). Ma non sempre<br />

si assiste ad una uniformità e regolarità tanto negli<br />

allineamenti quanto nei tagli dei blocchi lapidei e<br />

nel tipo e spessore delle malte: si v<strong>ed</strong>a ad esempio<br />

la tecnica 6 (tav. XXXIII, b) variante della tecnica 2<br />

(tav. XXVII, a) 82 . Lo stesso materiale fu utilizzato<br />

per erigere i muri in opera quadrata che v<strong>ed</strong>e alli-<br />

73 In essa non potevano essere presenti più <strong>di</strong> una/due persone alla volta in quanto il testo, apocrifo delle Sacre Scritture,<br />

una preghiera <strong>di</strong> carattere penitenziale, poteva essere letto solo con la porta chiusa e con l’unica finestra chiusa girando su<br />

se stessi per poter leggere le tre righe <strong>di</strong>pinte su tutte le quattro pareti. La preghiera, infatti, si presenta lacunosa <strong>di</strong> tutte le<br />

parti terminali delle tre righe proprio in corrispondenza della porta e della finestra e perciò doveva completarsi sulle superfici<br />

delle chiusure lignee sia della porta che della finestra. A conferma della posizione quasi nascosta, celata all’esterno (nessuna<br />

apertura è visibile dalla strada, né dalle altre stanze prima <strong>di</strong> arrivare davanti alla porta), contribuisce il rinvenimento<br />

all’interno dell’ambiente e sopra il pavimento, <strong>di</strong> due serrature in ferro e in bronzo, complete <strong>di</strong> chiave. Cfr. Zaccaria Ruggiu<br />

2006a, Zaccaria Ruggiu 2006b.<br />

74 Si v<strong>ed</strong>a più avanti la presentazione delle tecniche e<strong>di</strong>lizie.<br />

75 Mentre sembrerebbe esistere una sala con funzione <strong>di</strong> biblioteca, dotata <strong>di</strong> tre nicchie-arma<strong>di</strong>o (A 1361 in fig. 2).<br />

76 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio i muri ES 9, ES 48, ES 5 alternati a corsi <strong>di</strong> travertino nella “Casa dei capitelli ionici” <strong>ed</strong> ES 190 nella<br />

“Casa del cortile dorico” ( fig. 2).<br />

77 Come per i muri ES 1200 e ES 1205 nella Casa del cortile dorico in fig. 2.<br />

78 Come ad esempio in ES 1218 o in ES 48 in fig. 2.<br />

79 L’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> alcune specifiche tecniche e<strong>di</strong>lizie deve intendersi come un’in<strong>di</strong>cazione provvisoria, in quanto si sta proc<strong>ed</strong>endo<br />

allo stu<strong>di</strong>o sistematico delle strutture murarie delle case dell’insula e delle <strong>di</strong>verse fasi e<strong>di</strong>lizie <strong>di</strong> queste.<br />

80 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio in fig. 2 il muro sud ES 4, il muro orientale ES 90 e alcuni muri interni della “Casa dei capitelli ionici”<br />

(ES 51, ES 192) che sembrerebbero risalire ad un periodo pre-terremoto <strong>di</strong> fine IV secolo.<br />

81 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007.<br />

82 Cfr. tavv. XXXIII, b; XXXI, b rispettivamente.


152<br />

neamenti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> pressoché quadrati<br />

accostati a secco (tecnica 5, tav. XXXIII, a; tav.<br />

XXXIV, b parte destra). In questa fase si usano blocchi<br />

<strong>di</strong> calcare <strong>di</strong>sposti regolarmente in corsi orizzontali,<br />

con zeppe <strong>di</strong> taglio più piccolo, anche <strong>di</strong><br />

laterizio. L’impiego esclusivo del laterizio negli alzati<br />

è cosa eccezionale (tecnica 4): lo si osserva ad<br />

esempio nella struttura ES 62 che occlude le luci<br />

dell’intercolumnio meri<strong>di</strong>onale del peristilio ionico<br />

(tav. XXXII, b) e nel muro W della stanza dell’iscrizione<br />

<strong>di</strong>pinta.<br />

Anche per la costruzione dei vani-porta, sono<br />

utilizzati gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> <strong>di</strong> calcare, sovrapposti<br />

orizzontalmente per innalzare gli stipiti (tav.<br />

XLIV, a) 83 . Infine, il riutilizzo dei marmi negli alzati<br />

non è molto frequente nelle strutture tardo antiche.<br />

Spora<strong>di</strong>ci <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> colonne in calcare e<br />

in marmo <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni vennero usati in<br />

alcuni muri della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” 84 e<br />

della “Casa dei capitelli ionici” 85 , mentre il riciclaggio<br />

è ben attestato nelle pavimentazioni marmoree,<br />

ove si notano crustae <strong>di</strong> reimpiego recanti iscrizioni,<br />

elementi <strong>di</strong> cornici e lastre modanate 86 . Come v<strong>ed</strong>remo<br />

in seguito, più frequente fu invece il riuso<br />

del marmo antico nelle strutture della case <strong>di</strong> età<br />

me<strong>di</strong>o-bizantina sia negli alzati sia nelle pavimen-<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

tazioni, dove si ritrovano insieme <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> lastre<br />

marmoree, tavelle in terracotta e argilla cruda<br />

spalmata a formare i piani d’uso (cfr. tav. XLVII, b).<br />

4.3.2. Le pavimentazioni<br />

Tra il V e gli inizi del VII secolo erano in uso<br />

sostanzialmente quattro tipi <strong>di</strong> pavimentazione:<br />

1) Il tipo più <strong>di</strong>ffuso è il pavimento in tavelle<br />

quadrate <strong>di</strong> terracotta, presenti in due <strong>di</strong>fferenti<br />

misure, <strong>di</strong> taglio piccolo 87 e <strong>di</strong> taglio grande (tav.<br />

XXXVII, b; tav. XXXVI, b rispettivamente) 88 . Tali<br />

pavimentazioni sono associate alle trasformazioni<br />

e<strong>di</strong>lizie <strong>di</strong> cui furono oggetto la “Casa del cortile<br />

dorico” 89 e la “Casa dei capitelli ionici”: in particolare<br />

la messa in opera del pavimento in tavelle<br />

<strong>di</strong> terracotta dell’ambiente A 165 90 si colloca dopo<br />

il 512-517 d.C. 91 , mentre nella stanza A 26 il pavimento<br />

a tavelle <strong>di</strong> piccolo taglio, che ricopriva un<br />

più antico pavimento a mosaico ( fig. 2) 92 , può essere<br />

assegnato all’età giustinianea o post giustinianea<br />

93 .<br />

2) Abbastanza <strong>di</strong>ffusa è la pavimentazione in<br />

opus spicatum, formata da <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> tegole <strong>di</strong><br />

cui viene utilizzato il bordo più rilevato, che ven-<br />

83 In alcuni casi un unico lastrone <strong>di</strong> calcare fungeva da stipite, come nell’esempio della porta tra il peristilio e la stanza A 84<br />

della “Casa dei capitelli ionici”; in alternativa vennero impiegati gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> in calcare messi in opera in verticale<br />

come elementi <strong>di</strong> base per costruire il vano-porta. L’utilizzazione <strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> ben squadrati <strong>di</strong> travertino connessi a<br />

secco in orizzontale, o con un sottile strato <strong>di</strong> malta mista ad argilla cruda per allettamento, è presente anche in due pilastri,<br />

che dovevano sostenere la travatura per la pavimentazione del piano superiore in<strong>di</strong>viduabile sopra il kapeleion bizantino, un<br />

esercizio privato destinato al pubblico con funzione <strong>di</strong> ristorante che secondo un’ipotesi altrove formulata, occupava il settore<br />

meri<strong>di</strong>onale della “Casa del cortile dorico” (cfr. fig. 2 e tav. XLIII, b). I due pilastri marcavano la separazione tra due zone<br />

che presentavano livelli pavimentali a quote <strong>di</strong>fferenti: A 116 e A 115, separati da un gra<strong>di</strong>no e sono probabile traccia <strong>di</strong> un<br />

arcone che sovrastava la linea <strong>di</strong> passaggio tra le due parti della sala.<br />

84 Cfr. ES 1266 in fig. 2.<br />

85 Cfr. ES 75 in fig. 2.<br />

86 Come testimonia l’opus sectile della stanza A 195 ( fig. 2). Per dettagli cfr. Cottica 2005b, p. 96 e Tav. XL c-e.<br />

87 Si v<strong>ed</strong>ano in fig. 2 le pavimentazioni nella parte a quota più bassa della sala degli affreschi A 1207, nel vestibolo <strong>di</strong> questa<br />

A 1214, nella sala a due livelli del kapeleion A 115/116, nel cubicolo A 1201 della “Casa del cortile dorico”; nell’ingresso<br />

dallo stenopos 19, A 113, nella stanza A 26 della “Casa dei capitelli ionici”, nella stanza A 1267 della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”.<br />

88 Presenti nella sala cd. Biblioteca A 1361 della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”, nel cubicolo A 165 della “Casa del cortile dorico”;<br />

si trovano anche negli ambienti A 28, A 29 e A 30 pertinenti alla “Casa dei capitelli ionici” e nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1305 (cfr.<br />

fig. 2).<br />

89 Cfr. supra.<br />

90 Questo pavimento non è illustrato nella pianta in fig. 2.<br />

91 Il vespaio sottostante infatti conteneva, <strong>fra</strong> l’altro, una moneta <strong>di</strong> Anastasio.<br />

92 Per una prima presentazione <strong>di</strong> questo mosaico, che è costituito da due pannelli, uno con animali e pancraziasti entro esagoni,<br />

l’altro con una scena dell’Iliade, IX, 165 ss. cfr. Zaccaria Ruggiu 2007.<br />

93 Infatti, in occasione <strong>di</strong> un saggio praticato nel 2002 sotto la pavimentazione, entro l’argilla cruda usata per l’allettamento<br />

delle lastre <strong>di</strong> terracotta, è stato ritrovato un tesoretto <strong>di</strong> 58 monete <strong>di</strong> bronzo datate tra il IV secolo e l’età <strong>di</strong> Giustiniano, che<br />

si pone quin<strong>di</strong> come terminus post quem per l’obliterazione del sottostante mosaico pavimentale e la costruzione del pavimento<br />

in tavelle <strong>di</strong> terracotta.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

153<br />

gono messi in opera in modo da formare lunghe fasce<br />

con motivo a spina <strong>di</strong> pesce o quadrati <strong>di</strong>sposti<br />

a losanga. L’opus spicatum costituisce il pavimento<br />

della stanza A 198 ( fig. 2) della “Casa del cortile<br />

dorico”, nella quale forma anche la pavimentazione<br />

della cucina A 119. Nella “Casa dei capitelli ionici”<br />

è presente in quattro casi: nella stanza A 79 94 ,<br />

nel pavimento dei portici del peristilio A 181, nel<br />

settore occidentale del pavimento della stanza A<br />

26 ( fig. 2) e infine nella stanza A 194 95 (tav. XL, a),<br />

in seguito scorporata dalla “Casa dei capitelli ionici”<br />

(cfr. in<strong>fra</strong>).<br />

Questi pavimenti sono in fase con alcune strutture<br />

murarie alle quali si connettono e con le quali<br />

costituiscono un saldo riferimento cronologico. In<br />

particolare, nella “Casa dei capitelli ionici” si osserva<br />

che la costruzione del muro ES 69-60, e quin<strong>di</strong><br />

della stanza A 79 e della sala <strong>di</strong> rappresentanza con<br />

opus sectile A 50, è ben connessa con le pavimentazioni<br />

in opus spicatum del portico settentrionale,<br />

occidentale e orientale i cui motivi geometrici in<br />

forma <strong>di</strong> cornici si concludono con molta precisione<br />

ai pie<strong>di</strong> delle strutture murarie ES 69/60, 132,<br />

126, 191, 62 e si inseriscono coerentemente entro<br />

l’area dei portici. Inoltre, la trasformazione dell’originale<br />

peristilio con quattro portici in uno spazio a<br />

due portici, con una sala chiusa al posto del portico<br />

meri<strong>di</strong>onale, v<strong>ed</strong>e l’immorsatura del muro che<br />

ingloba le colonne del portico meri<strong>di</strong>onale con il<br />

muro 60, cancellando così quasi totalmente le <strong>di</strong>mensioni<br />

e i volumi originari del portico orientale,<br />

ridotto in questo modo a uno spazio inutilizzato e<br />

non percorribile, ma mantenendo l’aspetto prestigioso<br />

del vecchio peristilio con le sue colonne pur<br />

sempre visibili.<br />

3) Di pregio doveva essere l’applicazione dell’opus<br />

sectile (tav. XXXIX, a), usato in tre occasioni:<br />

negli ambienti <strong>di</strong> rappresentanza e <strong>di</strong> prestigio della<br />

“Casa dei capitelli ionici” A 181, A 50 e A 195 e<br />

nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1239. In questi vani è associato a pitture<br />

(nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1239), a zoccolature in marmo<br />

(in A 181, A 195, A 1239, A 50) e a stucchi (in A<br />

195) 96 . Nelle due sale A 50 e A 195 l’organizzazio-<br />

ne del motivo è del tutto analoga, anche se la forma<br />

dei vani e le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> queste variano: più<br />

tendente al quadrato la sala A 195 rispetto alla A<br />

50. Una pavimentazione in lastre <strong>di</strong> marmo bianco<br />

era invece presente anche nel cortile A 1258, su<br />

cui si apre l’es<strong>ed</strong>ra A 1239. Il cortile era decorato<br />

da un bacino <strong>di</strong> fontana anch’esso in marmo (tav.<br />

XXXV, b). La questione della <strong>di</strong>ffusione dei sectilia a<br />

pannelli geometrici tanto negli e<strong>di</strong>fici pubblici (specialmente<br />

chiese e basiliche), quanto nelle abitazioni<br />

private, connessa col sorgere <strong>di</strong> una classe <strong>di</strong>rigente<br />

<strong>di</strong> ispirazione cristiana, è stato affrontato in<br />

un recente stu<strong>di</strong>o 97 , mentre il problema cronologico<br />

si prospetta assai controverso a causa dell’assenza<br />

<strong>di</strong> significativi dati dai vari contesti archeologici. È<br />

possibile tuttavia in<strong>di</strong>viduare tra la metà del V e<br />

la metà del VI secolo il periodo <strong>di</strong> costruzione dei<br />

nostri esemplari ierapolitani.<br />

Alla “Casa dei capitelli ionici” va assegnata anche<br />

la pavimentazione in opus sectile con crustae <strong>di</strong><br />

risulta del piccolo cortile A 55 ( fig. 2). Nella vasca<br />

<strong>di</strong> questo, l’opus sectile, conservato solo per una porzione<br />

ridotta, è piuttosto grossolano, formato da<br />

materiale <strong>di</strong> reimpiego, in pessime con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

conservazione. I dati <strong>di</strong> scavo permettono <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare<br />

cronologicamente questa pavimentazione<br />

dalle altre e <strong>di</strong> ipotizzare la formazione <strong>di</strong> questo<br />

spazio, che è stato usato come spazio <strong>di</strong> servizio o<br />

cucina 98 , nel momento finale d’uso della casa nella<br />

prima metà del VII secolo.<br />

4) Infine, meno frequente è la pavimentazione in<br />

argilla cruda, a volte mescolata con calce, spalmata<br />

sul livello originario <strong>di</strong> roccia, come quella attestata<br />

nei vani <strong>di</strong> uso utilitaristico della “Casa del cortile<br />

dorico” A 176 (tav. XLI, a), in A 54 e, nella “Casa<br />

dei capitelli ionici”, nella stanza A 84, nel piccolo<br />

portico <strong>di</strong>sposto a squadra in A 55, usato come<br />

cucina, e nello spazio A 151 utilizzato anche come<br />

latrina (tav. XLI, b).<br />

Da questa breve rassegna è evidente che i due<br />

<strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> pavimentazioni in laterizio 99 non caratterizzano<br />

ambienti con funzioni <strong>di</strong>verse: infat-<br />

94 Caratterizzata da un lungo se<strong>di</strong>le alto cm 40, in muratura, con piano d’appoggio in tavelle <strong>di</strong> terracotta.<br />

95 Questa pavimentazione non è riportata nella pianta in fig. 2.<br />

96 Per tutti questi sectilia si rinvia alla presentazione dettagliata in Cottica 2005b.<br />

97 Cottica 2005b, in part. pp. 100-103.<br />

98 La presenza <strong>di</strong> un bancone e <strong>di</strong> una fossa per rifiuti ha fatto ipotizzare l’utilizzo come cucina <strong>di</strong> questo cortile, nel quale<br />

una colonna alla congiunzione dei due bracci est e nord fungeva da perno per la copertura dei due bracci del peristilio.<br />

99 A tavelle quadrate e in opus spicatum.


154<br />

ti in entrambi i casi si tratta <strong>di</strong> pavimenti messi<br />

in opera in vani <strong>di</strong> uso domestico e utilitaristico.<br />

Possiamo comunque precisare che nelle stanze con<br />

funzione domestica, o nei vani <strong>di</strong> intensa fruizione<br />

come il kapeleion A 115/116 (cfr. fig. 2), si preferisce<br />

l’uso delle tavelle in terracotta 100 . In genere,<br />

negli spazi <strong>di</strong> tipo utilitaristico o <strong>di</strong> uso costante<br />

come cucine 101 , depositi 102 e vani <strong>di</strong> passaggio parzialmente<br />

aperti 103 , vengono usate pavimentazioni<br />

più elaborate come l’opus spicatum, oppure assolutamente<br />

semplici come il battuto in argilla cruda e<br />

calce 104 . Tuttavia si può osservare che il maggiore<br />

impegno tecnico e l’esigenza <strong>di</strong> una maggiore abilità<br />

<strong>di</strong>segnativa e <strong>di</strong> una più controllata regolarità<br />

d’esecuzione delle pavimentazioni in opus spicatum,<br />

presuppongono anche capacità professionali maggiori<br />

e un costo superiore <strong>di</strong> queste rispetto ai pavimenti<br />

in tavelle e quin<strong>di</strong> un uso destinato a funzioni<br />

domestiche più selezionate.<br />

4.3.3. Piani superiori<br />

Le case dell’insula sono caratterizzate dalla presenza<br />

<strong>di</strong> un piano superiore, attestato nella “Casa<br />

dei capitelli ionici” sia da una scala in muratura<br />

nel braccio settentrionale del peristilio A 181 (tav.<br />

XLV, a), sia dal rinvenimento del secondo or<strong>di</strong>ne<br />

del peristilio stesso. Non sappiamo quanto si estendesse<br />

questo piano, tuttavia è possibile pensare che<br />

coprisse almeno le stanze <strong>di</strong>sposte attorno al peristilio<br />

e che in questi ambienti trovasse articolazione<br />

piena l’esigenza più privata e personale della<br />

famiglia, con le stanze per dormire e per le attività<br />

domestiche, poiché al piano terreno si trovano le<br />

sale <strong>di</strong> rappresentanza insieme a quelle con funzione<br />

strettamente utilitaristica (depositi, cucine, latrine).<br />

Inoltre, negli strati <strong>di</strong> crollo <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi ambienti<br />

sono state recuperate numerose tavelle in terracotta<br />

riferibili ad un piano pavimentale superiore.<br />

È soltanto ipotizzabile invece l’esistenza <strong>di</strong> un<br />

secondo piano per la “Casa del cortile dorico”,<br />

mancando qualsiasi elemento probante; ma l’esten-<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

sione per tutto il piano terra degli spazi <strong>di</strong> rappresentanza<br />

(cfr. A 1207 in fig. 2) e <strong>di</strong> quelli lavorativi<br />

(cucina, depositi e ristorante/kapeleion), congiuntamente<br />

all’assenza al piano terra <strong>di</strong> spazi destinati<br />

alla vita quoti<strong>di</strong>ana, o per alloggiare le persone<br />

deputate alle attività lavorative, rendono plausibile<br />

l’ipotesi <strong>di</strong> un piano superiore anche in questa abitazione,<br />

forse raggiungibile con scale in legno e per<br />

questo non testimoniate dai dati archeologici.<br />

Per la “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” non è stata<br />

ancora in<strong>di</strong>viduata alcuna scala, tuttavia gli strati<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione sui livelli pavimentali hanno restituito<br />

numerose tavelle quadrate <strong>di</strong> piccolo modulo<br />

rendendo certa la presenza <strong>di</strong> un piano superiore, e<br />

consentendo la ricostruzione dell’intera pavimentazione<br />

sia dell’ambiente sopra la stanza <strong>di</strong> Manasse<br />

(A 1267), sia <strong>di</strong> quello sopra la cosiddetta Biblioteca<br />

(A1361).<br />

4.3.4. I sistemi decorativi delle case <strong>di</strong> V-VI secolo<br />

Delle pitture ad affresco che decoravano le pareti<br />

delle abitazioni <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo sono<br />

rimasti alcuni esempi in situ 105 e molti lacerti rinvenuti<br />

in crollo all’interno dei vani. L’apparato<br />

decorativo più straor<strong>di</strong>nario e meglio conservato<br />

proviene dalla sala A 1207 della “Casa del cortile<br />

dorico” (tav. XXXIX, b), una sala probabilmente da<br />

banchetti, con accesso <strong>di</strong>retto dallo stenopos 18, oltre<br />

che dall’interno dell’abitazione, me<strong>di</strong>ante una porta<br />

che nell’ultimo periodo della casa è stata chiusa<br />

(tav. XXVIII, a). Si tratta <strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong> colonne<br />

scanalate su basi attiche e plinti quadrati, <strong>di</strong>pinte<br />

come un trompe l’öil privo <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà spaziale,<br />

addossate a pareti decorate con pannelli <strong>di</strong><br />

finti marmi policromi, bordati da cornici <strong>di</strong> marmi<br />

a colori contrastanti 106 . Prevale la scelta <strong>di</strong> rappresentare<br />

il marmo prezioso locale: l’alabastro fiorito,<br />

o onice <strong>di</strong> Pamukkale.<br />

Al centro delle pareti est e nord, le meglio conservate,<br />

si evidenzia un emblema <strong>di</strong> forma <strong>di</strong>versa<br />

in ciascuna delle due pareti: sulla parete lunga set-<br />

100 Si v<strong>ed</strong>ano i cubicula A 1201 e A 165 in tavelle a piccolo modulo nella “Casa del cortile dorico” e la stanza A 26 in tavelle a<br />

piccolo modulo nella “Casa dei capitelli ionici”, in fig. 2.<br />

101 A 119 nella “Casa del cortile dorico” in fig. 2.<br />

102 A 198 nella “Casa del cortile dorico” in fig. 2.<br />

103 Come nel caso dei portici del peristilio della “Casa dei capitelli ionici” in fig. 2.<br />

104 Come nel vano con latrina A 151 nella “Casa dei capitelli ionici” e la stanza A 176 nella “Casa del cortile dorico” (cfr. fig.<br />

2; tav. XXXV, a).<br />

105 In realtà pochi, se si considera l’estensione della “Casa dei capitelli ionici”.<br />

106 Per alcune immagini a colori <strong>di</strong> questi affreschi si v<strong>ed</strong>a Zaccaria Ruggiu 2007, Figg. 10-18.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

155<br />

tentrionale una losanga allungata, bordata da una<br />

cornice a “cani correnti” racchiude un <strong>di</strong>sco, mentre<br />

sulla parete corta orientale un pannello a losanga<br />

che contiene un pannello quadrato sorretto da delfini,<br />

con elementi <strong>di</strong> paesaggio, appena percepibili<br />

in una campitura verde. In un altro pannello che riproduce<br />

l’onice sono <strong>di</strong>pinte due piccole scene figurate<br />

realizzate con lo stesso colore che caratterizza le<br />

venature dell’onice: una rappresenta una danzatrice<br />

che suona una siringa, l’altra una coppia in atteggiamento<br />

erotico 107 . Pannelli <strong>di</strong> marmi venati sono<br />

<strong>di</strong>sposti tra una base e l’altra delle colonne. Solo le<br />

colonne della parete settentrionale sono avvolte da<br />

un velo trasparente, reso con sottili pennellate oblique<br />

a zig-zag <strong>di</strong> colore rosso. Gli stipiti delle porte<br />

sono decorati <strong>di</strong>versamente e anche se rimangono<br />

scarse tracce <strong>di</strong> questa pittura, sembra che la porta<br />

verso il cortile fosse incorniciata da stipiti a griglie<br />

ver<strong>di</strong> e la porta verso la strada da girali vegetali.<br />

Il soffitto della sala, da una prima analisi dei<br />

molti <strong>fra</strong>mmenti provenienti dallo strato <strong>di</strong> crollo,<br />

doveva essere <strong>di</strong>pinto con motivi floreali. La stessa<br />

articolazione <strong>di</strong> serie <strong>di</strong> colonne su sfondo <strong>di</strong> pannelli<br />

in finto marmo, ma in scala minore, compare<br />

su due pareti dell’es<strong>ed</strong>ra A 1239 della “Casa dei Capitelli<br />

ionici”, in precario stato <strong>di</strong> conservazione 108 .<br />

Le pitture sono associate in un caso a un pavimento<br />

in opus sectile (nell’ex<strong>ed</strong>ra A 1239) e nella sala<br />

<strong>di</strong> rappresentanza A 1207 ad un pavimento in tavelle<br />

quadrate <strong>di</strong> terracotta <strong>di</strong> piccolo modulo nel<br />

settore occidentale della sala, situato ad un livello<br />

più basso del settore orientale pavimentato invece<br />

in opus spicatum. Pavimenti e pitture sono coevi per<br />

una serie <strong>di</strong> ragioni <strong>di</strong> tipo stratigrafico. Lo scavo<br />

della sala con le pitture A 1207 ha anche restituito<br />

due sculture in marmo bianco che costituiscono<br />

il sostegno <strong>di</strong> trapezai, una piccola statua <strong>di</strong> Dioniso<br />

ebbro, privo della testa, sostenuto da un satiro<br />

mingens 109 , <strong>di</strong> cui è conservata parte del busto<br />

e delle gambe e da un satirello <strong>di</strong> cui rimangono<br />

solo i pie<strong>di</strong> e una piccola statua <strong>di</strong> Attis del tipo<br />

tristis 110 . Allo stato attuale si ritiene che questi oggetti,<br />

databili in un periodo che oscilla <strong>fra</strong> il II <strong>ed</strong><br />

il tardo III sec. d.C. non potessero far parte dell’arr<strong>ed</strong>o<br />

originario della casa ma fossero stati portati<br />

in quest’ambiente nella fase finale d’uso dell’insula,<br />

quando l’intero quartiere era ormai in stato <strong>di</strong><br />

abbandono <strong>ed</strong> utilizzato come cava per l’asporto <strong>di</strong><br />

materiale e<strong>di</strong>lizio <strong>di</strong> pregio e come area <strong>di</strong> calcinazione<br />

<strong>di</strong> marmi e deposito (temporaneo) <strong>di</strong> materiali<br />

pronti per essere riutilizzati 111 .<br />

4.3.5. L’approvvigionamento idrico e gli spazi <strong>di</strong><br />

servizio<br />

L’in<strong>di</strong>viduazione delle condutture <strong>di</strong> adduzione<br />

dell’acqua nelle case investe una ricerca che è<br />

soltanto agli inizi e che richi<strong>ed</strong>e interventi stratigrafici<br />

sotto i livelli pavimentali; gli scavi per ora<br />

hanno evidenziato alcune realtà che sembrano riferibili<br />

solo all’ultima fase <strong>di</strong> vita nell’area agli inizi<br />

del VII secolo, quando le case erano già in stato <strong>di</strong><br />

degrado e parziale abbandono. Negli ambienti <strong>di</strong><br />

accesso alle case si è accertato che le tubazioni fittili<br />

della rete idrica citta<strong>di</strong>na, poste in opera sotto<br />

alcune delle soglie indagate dell’insula, erano interrotte<br />

e non continuavano all’interno delle abitazioni:<br />

questo è evidente nell’ingresso A 54 della “Casa<br />

del cortile dorico” dallo stenopos 19, e nell’ambiente<br />

A 151 che si apre sullo stenopos 18 della “Casa dei<br />

capitelli ionici”. In questo grande vano, erano alloggiati<br />

tre gran<strong>di</strong> pithoi parzialmente interrati entro<br />

il livello pavimentale in battuto <strong>di</strong> calce e argilla<br />

cruda. In quest’ambiente <strong>di</strong> lavoro che poss<strong>ed</strong>eva<br />

anche un bancone in muratura lungo la parete est,<br />

i pithoi potevano sopperire alla necessità <strong>di</strong> acqua<br />

della casa costituendo delle riserve idriche, forse in<br />

attesa del ripristino delle tubazioni dell’acqu<strong>ed</strong>otto,<br />

alcuni elementi delle quali erano presenti sopra il<br />

bancone al momento dello scavo 112 (tav. XLI, b).<br />

107 Queste pitture sono state pubblicate in Zaccaria Ruggiu 2005 e Ead. 2007.<br />

108 Dal momento della scoperta, avvenuta nel 2001 una serie <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> restauro durati alcuni anni, hanno consentito la<br />

pulizia e il consolidamento <strong>di</strong> queste eccezionali testimonianze della presenza <strong>di</strong> ateliers <strong>di</strong> pittori a Hierapolis e della <strong>di</strong>ffusione<br />

<strong>di</strong> un gusto per la decorazione riproducente architetture, che per ora si conosceva in Turchia in abitazioni <strong>di</strong> Efeso e in<br />

Europa in chiese della Bulgaria. Tutte le pitture sono in situ.<br />

109 Cfr. Zaccaria Ruggiu 2007, Fig. 6.<br />

110 Cfr. Zaccaria Ruggiu 2007, Fig. 7.<br />

111 Sulle sculture provenienti dall’insula 104, e sulle problematiche relative alla loro datazione e significato all’interno del contesto<br />

<strong>di</strong> rinvenimento, si v<strong>ed</strong>a Zaccaria Ruggiu, Canazza, c.s.<br />

112 Ai due lati <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> questi pithoi, due blocchi <strong>di</strong> travertino servivano presumibilmente per sostenere una struttura lignea<br />

che permetteva il prelievo dell’acqua (o <strong>di</strong> sostanze-derrate necessarie alla vita della casa).


156<br />

Elementi <strong>di</strong> tubi in terracotta sono stati recuperati<br />

impilati entro un vano (A 1268) ricavato<br />

dall’ex<strong>ed</strong>ra A 1239 nell’ultima fase d’uso, mentre<br />

due tubazioni fittili collocate verticalmente <strong>di</strong>etro<br />

la fontana del cortile della “Casa dei capitelli ionici”<br />

A 1258, erano la parte emergente del sistema<br />

necessario all’adduzione dell’acqua nella casa,<br />

al momento della sua ricostruzione nel V sec. d.C.<br />

Questa, immessa entro le tubazioni, si riversava<br />

in un piccolo bacino rivestito <strong>di</strong> lastrine <strong>di</strong> marmo<br />

(tav. XXXV, b) e da questo ad un grande bacino<br />

rettangolare in marmo.<br />

La questione dell’approvvigionamento dell’acqua<br />

nella fase finale d’uso <strong>di</strong> questo isolato nel VII<br />

secolo d.C. doveva costituire un grave problema: i<br />

dati <strong>di</strong> scavo sembrano attestare che poco prima<br />

della <strong>di</strong>struzione delle case fossero in corso lavori<br />

<strong>di</strong> sistemazione dell’acqu<strong>ed</strong>otto, come testimoniano<br />

i numerosi elementi fittili accuratamente accatastati<br />

nella “Casa dei capitelli ionici” e le tubazioni interrotte<br />

nel punto <strong>di</strong> ramificazione delle stesse dagli<br />

stenopoi entro le abitazioni. In alcune parti delle<br />

case si era invece già provv<strong>ed</strong>uto all’allacciamento<br />

a nuove condutture, collegate alla rete idrica citta<strong>di</strong>na<br />

che correva nell’invaso stradale dello stenopos<br />

18 e della strada D ( fig. 2) e che fu risistemata in<br />

<strong>di</strong>verse occasioni e in tempi <strong>di</strong>fferenti, come testimoniato<br />

dai saggi sulle due vie 113 . È il caso del tratto<br />

<strong>di</strong> tubazioni in<strong>di</strong>viduato entro l’ambiente A 198<br />

e che passa sotto il muro perimetrale est ES 90, per<br />

porre in opera il quale è stato tagliato <strong>ed</strong> eliminato<br />

il tratto corrispondente <strong>di</strong> pavimentazione in opus<br />

spicatum (cfr. fig. 2).<br />

Anche l’eliminazione delle acque pluviali, o la<br />

loro conservazione, costituiva un importante problema<br />

da risolvere, per la vita, la salute e l’igiene<br />

degli abitanti. Nel cortile dorico un tubo in terracotta<br />

<strong>di</strong> ca. 10 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro nel lato settentrionale<br />

della pavimentazione in tavelle rappresenta lo scarico<br />

del troppo-pieno della vasca, e nel cortile ionico<br />

una canalizzazione sotterranea coperta da lastre<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

<strong>di</strong> pietra calcarea porta le acque reflue verso l’ingresso<br />

A 27 e l’uscita sullo stenopos 19 114 .<br />

Per quanto riguarda la presenza <strong>di</strong> cucine, ne è<br />

attestata l’esistenza sia nella “Casa del cortile dorico”,<br />

dove l’ambiente A 119 è dotato <strong>di</strong> un banco a L<br />

prossimo all’uscita verso il cortile A 142 in modo da<br />

facilitare la fuoriuscita dei fumi 115 , sia nella “Casa<br />

dei capitelli ionici”, tanto nell’ambiente con latrina<br />

A 151, quanto nel cortile A 55 ( fig. 2). Quest’ultimo<br />

è dotato <strong>di</strong> una colonna su alta base marmorea<br />

nell’angolo nord-est, così da formare un doppio<br />

piccolo portico sotto il quale si <strong>di</strong>spone un bancone<br />

in muratura <strong>di</strong> forma rettangolare. A lato <strong>di</strong> questo<br />

è stata rinvenuta una fossa per rifiuti, scavata<br />

nel livello pavimentale in roccia, e uno scarico per<br />

acque reflue è stato aperto a sinistra del bancone<br />

posto a ridosso del muro nord del cortile. La tubazione<br />

attraversa lo spessore del muro ES 161 e viene<br />

immessa entro la sala A 195 il cui pavimento in<br />

opus sectile è stato rotto per alloggiare la tubazione<br />

fittile 116 . L’opus sectile venne grossolanamente sostituito<br />

con pezzi <strong>di</strong> recupero. È possibile supporre<br />

che tale intervento rappresenti una delle ultime<br />

attività e<strong>di</strong>lizie operate nelle case prima del terremoto<br />

dell’età <strong>di</strong> Eraclio.<br />

Nella “Casa del cortile dorico” è stato portato<br />

alla luce un altro allestimento per cucinare, situato<br />

nel vano A 198, utilizzato come deposito nella<br />

fase <strong>di</strong> inizi VII secolo, e collocato a sinistra della<br />

porta <strong>di</strong> entrata, sotto una finestra. Si tratta <strong>di</strong><br />

un fornello doppio, formato da lastre <strong>di</strong> terracotta<br />

appoggiate sul pavimento, con alzate e separatore<br />

in tavelle poste <strong>di</strong> taglio (tav. XXXVII, a), nel<br />

quale sono stati rinvenuti <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> un’olla da<br />

fuoco. Altro vasellame da cucina recuperato nelle<br />

vicinanze era probabilmente <strong>di</strong>sposto sopra una<br />

mensola in legno, rinvenuta carbonizzata nello strato<br />

<strong>di</strong> crollo. Questo fornello e gli utensili ritrovati<br />

suggeriscono che nella sua fase finale d’uso l’ambiente<br />

fosse destinato allo stoccaggio <strong>di</strong> derrate <strong>ed</strong><br />

anche alla preparazione e cottura <strong>di</strong> cibi destinati<br />

113 Diversi sistemi <strong>di</strong> tubazioni fittili <strong>di</strong>sposti in senso nord-sud e a più livelli sono stati rinvenuti negli scavi della strada D,<br />

in un momento in cui il basolato stradale era già stato asportato. Le tubazioni dell’acqu<strong>ed</strong>otto romano erano interrate lungo<br />

i due lati delle strade della città e così è avvenuto anche per quelle in<strong>di</strong>viduate nello stenopos 18, mentre nello stenopos D le<br />

tubazioni si estendono nello spazio stesso della strada.<br />

114 Nelle campagne <strong>di</strong> scavo 2003-2004 sono stati operati interventi <strong>di</strong> indagine strumentale elettromagnetica da parte <strong>di</strong> geofisici<br />

dell’Università <strong>di</strong> Bari e <strong>di</strong> Lecce allo scopo <strong>di</strong> segnalare la presenza <strong>di</strong> condutture e <strong>di</strong> cisterne sotterranee, senza risultati<br />

apprezzabili.<br />

115 Una serie <strong>di</strong> dati archeologici conferma l’ipotesi della funzione d’uso: da quest’area vengono anche numerose olle da fuoco<br />

in crollo <strong>ed</strong> altro vasellame da cucina.<br />

116 Per questa si v<strong>ed</strong>a fig. 2 e Cottica 2004, Fig. 4.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

157<br />

alla casa <strong>ed</strong> alla vita <strong>di</strong> un custode che si presume<br />

che qui vivesse 117 .<br />

Per ciò che riguarda le latrine, se ne è accertata<br />

la presenza solo nella “Casa dei capitelli ionici”<br />

dove lo spazio A 151, era organizzato come<br />

ambiente <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> servizio alla vita domestica,<br />

perché oltre ai tre gran<strong>di</strong> pithoi già menzionati, conteneva<br />

un piano d’appoggio in muratura a nord e<br />

un bancone in muratura lungo il muro orientale,<br />

sul quale erano stati appoggiati elementi fittili <strong>di</strong><br />

tubazioni per l’acqua. Lungo il muro perimetrale<br />

nord si <strong>di</strong>sponeva inoltre una spessa lastra <strong>di</strong> pietra<br />

con tre fori tipici delle latrine, appoggiata su<br />

spallette in muratura, anteriormente aperta e posta<br />

vicino alla porta <strong>di</strong> ingresso dallo stenopos 18 (tav.<br />

XXXV, a). Sulla parte anteriore a terra erano collocate<br />

tre tavelle <strong>di</strong> terracotta e una rozza apertura verso<br />

l’esterno perforava il muro perimetrale, collegando<br />

lo scarico domestico con la cloaca della strada<br />

pubblica me<strong>di</strong>ante mattoni <strong>di</strong> risulta posti <strong>di</strong> taglio<br />

a formare una canaletta, sotto il livello in terra della<br />

via, che in questo tratto manca del basolato.<br />

La grossolana tecnica <strong>di</strong> costruzione che interrompe<br />

la regolarità del selciato stradale e alcuni<br />

piccoli unguentari in vetro 118 ritrovati nel condotto<br />

<strong>di</strong> scarico, collocano verso la metà ca. del VII secolo<br />

l’ultima fase <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> questo sistema <strong>di</strong> evacuazione<br />

delle acque nere 119 . Uno strato <strong>di</strong> carboni<br />

e ceneri sulla superficie del livello pavimentale <strong>di</strong><br />

A 151 (un battuto <strong>di</strong> calce e argilla cruda nell’area<br />

antistante alla latrina, in argilla in quella restante),<br />

fa ipotizzare la presenza <strong>di</strong> un tavolato ligneo attorno<br />

ad essa, bruciato nel momento del crollo in<br />

seguito al terremoto del VII secolo. Dalla “Casa del<br />

cortile dorico” invece nessuna struttura analoga è<br />

stata portata alla luce.<br />

4.4. Il momento finale delle case protobizantine:<br />

il VII secolo<br />

È questo l’ultimo periodo <strong>di</strong> vita delle case del-<br />

l’isolato 104, durante il quale si assiste ad un’ulteriore<br />

rifunzionalizzazione degli spazi alla quale<br />

abbiamo già in parte accennato, percepibile in particolare<br />

nella “Casa del cortile dorico”. Qui, tra la<br />

fine del VI e la prima metà del VII secolo nuovi<br />

muri e separazioni interne attestano un mutamento<br />

significativo dell’uso degli ambienti domestici:<br />

viene chiusa la porta <strong>di</strong> comunicazione della sala<br />

affrescata A 1207 con l’esterno (tav. XXVIII, a) 120 , si<br />

chiude anche il passaggio, già prec<strong>ed</strong>entemente ristretto,<br />

tra i due vani/depositi A 176 e A 198 (tav.<br />

XXVII, b), si costruisce un bancone in muratura in<br />

A 198 e un piccolo doppio focolare a terra (cfr. supra<br />

e tav. XXXVII, a). Infine, in questa stessa casa,<br />

viene eretto un setto murario obliquo nello spazio<br />

antistante i due depositi (tavv. XXVI, b; XXVII, a),<br />

tra questi e il cortile, per separare nettamente la<br />

circolazione tra il settore est <strong>ed</strong> ovest della casa<br />

( fig. 2). Il deposito A 176 viene così pre<strong>di</strong>sposto in<br />

funzione soprattutto della cucina A 119, mentre gli<br />

ambienti più a nord gravitano attorno e in <strong>di</strong>rezione<br />

della sala A 1207: la chiusura della porta sullo<br />

stenopos 18 avviene contemporaneamente a questo<br />

intervento in quanto è in conseguenza alla sua realizzazione<br />

che si mo<strong>di</strong>fica l’intero percorso interno<br />

della casa, in ragione delle mutate funzioni <strong>di</strong><br />

alcuni importanti ambienti quali la sala affrescata<br />

A 1207 e i vani A 115/116 che, sulla base dei dati<br />

<strong>di</strong> scavo, sembrano essere stati trasformati in aree<br />

<strong>di</strong> lavorazione (cfr. poco oltre).<br />

Dobbiamo probabilmente attribuire a questo<br />

momento una fase <strong>di</strong> regressione economica e <strong>di</strong><br />

cambiamenti sociali, che si riflettono anche sul<br />

modo <strong>di</strong> abitare e sulla funzione mutata <strong>di</strong> molti<br />

spazi delle case. Anche nella “Casa dei capitelli ionici”<br />

alcune porte vengono murate e certi ambienti<br />

vengono esclusi dalla circolazione (es. A 195, A<br />

28, A 29 in fig. 2), anche il passaggio dal cortile A<br />

55 agli ambienti ad ovest viene chiuso e parte della<br />

“Casa dei capitelli ionici” viene scorporata, venduta<br />

o affittata ad altri. A questo settore, in<strong>di</strong>pen-<br />

117 Per la funzione del vano e per i ritrovamenti che rafforzano questa interpretazione si v<strong>ed</strong>a Zaccaria Ruggiu 2005; Ead.<br />

2006a.<br />

118 Simili ad altri rinvenuti sui livelli pavimentali della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” e che sono riferibili al momento finale<br />

dell’abitazione, poco prima del terremoto dell’età <strong>di</strong> Eraclio: cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b, p. 372, Figg. 17a e 17b.<br />

119 Altre indagini stratigrafiche ci permetteranno <strong>di</strong> conoscere il momento in cui la latrina fu realizzata e quello al quale invece<br />

va attribuito il suo grossolano collegamento con gli scarichi stradali, in un momento in cui l’acqua della rete urbana non<br />

era più fruibile, poiché nessuna tubazione fittile è collegata alla latrina e proprio sotto la soglia della porta <strong>di</strong> uscita <strong>di</strong> A 151<br />

verso la strada se ne è rinvenuto un tratto privo <strong>di</strong> continuità con l’interno della casa.<br />

120 La tamponatura, piuttosto rozza, non si presenta intonacata, <strong>ed</strong> è realizzata con blocchi in travertino <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa taglia.


158<br />

dente dalla “Casa dei capitelli ionici” nell’ultimo<br />

periodo <strong>di</strong> vita dell’insula, si entrava dall’ingresso<br />

A 1268 dallo stenopos 18.<br />

Infine, i dati <strong>di</strong> scavo hanno <strong>di</strong>mostrato che<br />

nell’ultima fase <strong>di</strong> vita dell’isolato la maggioranza<br />

dei vani della “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” e della<br />

“Casa dei capitelli ionici” fu soggetta a spoliazione<br />

<strong>di</strong> ogni apparato decorativo e suppellettile 121 .<br />

Di contro la “Casa del cortile dorico” mostra invece<br />

evidenza <strong>di</strong> utilizzo, seppure con mutamenti<br />

rispetto ai tempi della sua fase monumentale, fino<br />

al terremoto <strong>di</strong> metà VII secolo. Fra le numerose attestazioni<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente uso <strong>di</strong> questa casa rispetto<br />

al momento <strong>di</strong> ricostruzione tra V e inizi VI secolo,<br />

dobbiamo annoverare anche la presenza sui livelli<br />

pavimentali della sala con gli affreschi A 1207<br />

(zona orientale) e del deposito A 176 <strong>di</strong> una crosta<br />

<strong>di</strong> calce bianca, non uniformemente <strong>di</strong>stesa su tutta<br />

la superficie, ma sufficiente a suggerire un’utilizzazione<br />

<strong>di</strong> tipo artigianale <strong>di</strong> parte degli spazi<br />

domestici.<br />

Il rinvenimento <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> calce, <strong>di</strong> matrici in<br />

stucco 122 , <strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> marmo e <strong>di</strong> sculture in marmo<br />

mutilate (cfr. supra) nella sala A 1207 insieme a<br />

vasellame da cucina e non da mensa, contribuiscono<br />

ad avvalorare l’ipotesi che l’abitazione avesse<br />

cambiato proprietario o che comunque avesse subito<br />

trasformazioni d’uso sostanziali. Alcune stanze<br />

vennero rifunzionalizzate e destinate allo stoccaggio<br />

<strong>di</strong> generi alimentari ma anche alla macinazione<br />

<strong>di</strong> marmi per l’e<strong>di</strong>lizia. Dobbiamo sottolineare un<br />

aspetto importante connesso con la presenza dei<br />

vani-deposito: questi annessi avevano un ruolo rilevante<br />

dal punto <strong>di</strong> vista economico per il proprietario<br />

e per questo erano ben custo<strong>di</strong>ti, come attestano<br />

serrature, chiavi, ganci <strong>ed</strong> elementi <strong>di</strong> catene<br />

rinvenute presso le soglie <strong>di</strong> A 198 e A 176.<br />

Infine, attorno alla metà del VII secolo, o poco<br />

dopo, un violento terremoto provocò la <strong>di</strong>struzione<br />

<strong>di</strong> vari e<strong>di</strong>fici della città 123 e nell’insula 104 causò<br />

il crollo dei piani alti, dei tetti con le coperture<br />

in tegole e coppi e <strong>di</strong> parte delle strutture murarie<br />

dei piani terreni. L’alto strato <strong>di</strong> argilla giallastra<br />

che ingloba i materiali laterizi sia dei tetti che<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

delle pavimentazioni in tavelle dei piani superiori,<br />

sembra collegabile con il sistema <strong>di</strong> costruzione<br />

degli elevati. Come abbiamo visto 124 , sappiamo che<br />

le case avevano un piano superiore, tuttavia negli<br />

strati <strong>di</strong> crollo mancano tutti quegli elementi in pietra<br />

riferibili all’alzato delle abitazioni, a causa dei<br />

lavori <strong>di</strong> livellamento delle rovine e del riutilizzo<br />

dei materiali da costruzione affioranti operati in età<br />

me<strong>di</strong>o bizantina (cfr. in<strong>fra</strong>). Era invece abbondantissima<br />

l’argilla giallastra che inglobava le strutture<br />

murarie del piano terra, le tegole e i coppi del tetto,<br />

le tavelle dei pavimenti del piano superiore. È<br />

possibile allora supporre che nella Hierapolis tardoantica<br />

l’e<strong>di</strong>lizia privata si avvalesse della tecnica<br />

<strong>di</strong> costruzione degli alzati in pisè, ovvero in cassoni<br />

lignei in cui veniva costipata l’argilla cruda impastata<br />

con paglia, fino a completo consolidamento<br />

<strong>di</strong> questa. In seguito si proc<strong>ed</strong>eva a intonacare<br />

la facciata esterna, secondo un sistema ancora oggi<br />

in vigore nei villaggi delle colline circostanti Hierapolis.<br />

I tratti murari relativi al piano terra, fino<br />

all’attacco delle pavimentazioni del primo piano,<br />

erano invece realizzati con le tecniche e<strong>di</strong>lizie che<br />

v<strong>ed</strong>ono prevalentemente l’uso dei blocchi squadrati<br />

in travertino, legati con malta grigia o con argilla<br />

e malta (tecnica 6, tav. XXXIII, b), oppure con l’alternanza<br />

<strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> blocchi <strong>di</strong> travertino e corsi <strong>di</strong><br />

laterizi (tecnica 1 e 3, cfr. tavv. XXXI, a; XXXII, a;<br />

XXXIV, a, b).<br />

4.5. La ruralizzazione degli spazi urbani: tardo<br />

VII/VIII-X secolo<br />

Dagli scavi del 2004 si è presentata una situazione<br />

stratigrafica particolarmente interessante per<br />

questa parte della città che non aveva mai evidenziato<br />

la presenza <strong>di</strong> attività dopo il terremoto <strong>di</strong> VII<br />

secolo e prima della rioccupazione stabile dell’area<br />

attestata nel X secolo (cfr. in<strong>fra</strong>). I nuovi dati <strong>di</strong> scavo<br />

hanno infatti <strong>di</strong>mostrato che l’area in corrispondenza<br />

dell’ambiente della così detta Biblioteca della<br />

“Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta” (A 1361) era stata<br />

rioccupata non molto tempo dopo il terremoto <strong>di</strong><br />

VII, sistemando la superficie ondulata del terreno<br />

121 È questo il caso ad esempio della così detta biblioteca A 1361 e della sala A 1331 nella “Casa dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta”, delle<br />

sale A 50, A 195 e A 26 della “Casa dei capitelli ionici” che al momento della <strong>di</strong>struzione erano già vuote da suppellettili e<br />

prive delle originarie decorazioni parietali marmoree.<br />

122 In A 115.<br />

123 Cfr. D’Andria 2003, pp. 39-40; D’Andria et Alii 2006, p. 358; Arthur 2006, p. 17.<br />

124 Cfr. supra.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

159<br />

e le macerie relative ai crolli, senza tuttavia regolarizzarle<br />

perfettamente. Nell’angolo nord-orientale<br />

della Biblioteca fu ricavato un piccolo e<strong>di</strong>ficio che<br />

riutilizzava quanto emergeva dei vecchi alzati al <strong>di</strong><br />

sopra delle macerie che in questo punto costituivano<br />

cumuli e avvallamenti che i nuovi abitanti non<br />

mo<strong>di</strong>ficano, inse<strong>di</strong>andosi praticamente tra le rovine<br />

(tav. XLII, b). Il nuovo spazio ottenuto inserendosi<br />

entro gli antichi muri riadattati, con un livello pavimentale<br />

in argilla, venne utilizzato come deposito<br />

<strong>di</strong> cumuli <strong>di</strong> paglia o fieno. Lo scavo microstratigrafico<br />

ha dato risultati straor<strong>di</strong>nari, evidenziando<br />

una serie <strong>di</strong> stratificazioni <strong>di</strong> argilla combusta e <strong>di</strong><br />

cenere che documentano una successione <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>,<br />

l’ultimo dei quali, attestato da uno spesso strato<br />

<strong>di</strong> ceneri prive <strong>di</strong> carboni, rappresenta il momento<br />

finale dell’utilizzo <strong>di</strong> quest’area quale fienile collocabile,<br />

sulla base della sequenza stratigrafica, dopo<br />

un primo crollo strutturale delle case tardo antiche<br />

e prima della rioccupazione stabile dell’area sicuramente<br />

documentabile almeno per la seconda metà<br />

del X secolo 125 .<br />

Le analisi paleobotaniche 126 dei campioni <strong>di</strong> cenere<br />

confermano la presenza <strong>di</strong> ingenti quantità <strong>di</strong><br />

paglia o fieno, mentre il forte annerimento delle pareti<br />

e l’alterazione dei laterizi dei muri rivelano le<br />

<strong>di</strong>mensioni dell’incen<strong>di</strong>o avvenuto in situ. In seguito<br />

a questo fatto, o a causa <strong>di</strong> un nuovo terremoto,<br />

tra VIII e IX secolo gli alzati ancora stanti c<strong>ed</strong>ettero,<br />

formando uno strato <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione intaccato<br />

poi da successivi interventi fino alle attività <strong>di</strong><br />

sistemazione <strong>di</strong> tutta l’area, realizzati per costruire<br />

un nuovo inse<strong>di</strong>amento a carattere stabile sicuramente<br />

esistente, sulla base dei reperti numismatici,<br />

nel X secolo.<br />

4.6. Continuità e <strong>fra</strong>ttura: l’area in età me<strong>di</strong>o bizantina<br />

(IX-XI sec. d.C.)<br />

Ingenti lavori <strong>di</strong> spianamento dei cumuli <strong>di</strong> macerie<br />

con asportazione delle parti più emergenti <strong>di</strong><br />

queste, livellamento e trasporto <strong>di</strong> rovine e detriti,<br />

prepararono l’area ad ospitare nuovamente costruzioni<br />

<strong>ed</strong> abitazioni. Dell’antica città si mantenne<br />

l’orientamento e la <strong>di</strong>sposizione delle costruzioni e<br />

si e<strong>di</strong>ficò rialzando i muri che affioravano. Blocchi<br />

<strong>di</strong> travertino abbastanza squadrati furono prelevati<br />

dalle macerie sottostanti e posti in opera con malta<br />

grigia. Si sono in<strong>di</strong>viduati almeno due nuclei abitativi<br />

e <strong>di</strong>verse strutture isolate all’interno dell’insula<br />

prive <strong>di</strong> connessioni precise e <strong>di</strong> livelli pavimentali.<br />

I due nuclei, separati da spazi non e<strong>di</strong>ficati, sono<br />

<strong>di</strong>sposti uno ai margini orientali dell’isolato, l’altro<br />

più in basso verso occidente ( fig. 3). L’articolazione<br />

complessiva delle case si mostra <strong>di</strong> tipo rettangolare<br />

allungato, formata da serie <strong>di</strong> stanze allineate<br />

comunicanti tra loro. La forma delle case è chiusa,<br />

compatta, priva <strong>di</strong> spazi scoperti centrali, le abitazione<br />

sono affiancate o unite per i lati corti e poste<br />

a margine <strong>di</strong> un’area scoperta.<br />

Le strutture <strong>di</strong> questa fase sono dotate <strong>di</strong> soli<strong>di</strong><br />

muri costruiti con una buona tecnica e<strong>di</strong>lizia,<br />

ma privi <strong>di</strong> fondazioni (cfr. tav. XLVI, a). Solo in<br />

un caso è attestata con certezza la presenza <strong>di</strong> piani<br />

superiori, essendosi messa in luce parte <strong>di</strong> una<br />

scala (tav. XLIX). Gli spazi esterni in<strong>di</strong>viduati, per<br />

settori non estesi dell’area occupata dalle abitazioni,<br />

assumono l’aspetto <strong>di</strong> cortili mentre stra<strong>di</strong>ne<br />

costituite da battuti <strong>di</strong> pietra e argilla permettono<br />

<strong>di</strong> acc<strong>ed</strong>ere a questo nuovo quartiere: una strada<br />

dall’andamento non rettilineo corre in senso estovest,<br />

mentre un’altra con andamento nord-sud è<br />

stata localizzata nel settore sud-orientale <strong>di</strong> questo<br />

insieme <strong>di</strong> abitazioni (cfr. fig. 3). La massicciata della<br />

strada est-ovest è costituita da pietrame, pezzi<br />

<strong>di</strong> laterizi e dalla superficie d’uso affiorano anche<br />

blocchi delle costruzioni tardoantiche sottostanti.<br />

Una scala <strong>di</strong> cinque gra<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong>sposta obliquamente<br />

tra i muri perimetrali dell’insula 104 e della 105<br />

attraverso la strada D, rappresenta il collegamento<br />

tra il villaggio costruito sopra l’insula 104 e altre<br />

abitazioni, non ancora in<strong>di</strong>viduate dagli scavi,<br />

erette probabilmente sopra l’area della 105 più a<br />

est, in modo da superare i <strong>di</strong>slivelli interni all’area<br />

dell’abitato. In questa nuova sistemazione dell’area<br />

è <strong>di</strong> grande interesse la presenza <strong>di</strong> spazi scoperti<br />

non molto estesi, apparentemente <strong>di</strong>sposti sul lato<br />

lungo delle abitazioni: questi potevano corrispondere<br />

a cortili comuni a più case secondo uno schema<br />

già attestato in Anatolia occidentale 127 e nella<br />

stessa Hierapolis 128 .<br />

Come fossero approntati gli alzati e come si pre-<br />

125 Cfr. in<strong>fra</strong> e Zaccaria Ruggiu 2006b, pp. 383-389.<br />

126 Le analisi sono state condotte da G. Fiorentino presso il laboratorio <strong>di</strong> Archeobotanica dell’Università <strong>di</strong> Lecce.<br />

127 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio le abitazioni bizantine in<strong>di</strong>viduate a Pergamo: Rheidt 1990.<br />

128 Arthur 2006, pp. 111-114.


160<br />

sentassero pareti e facciate non è facilmente ricostruibile<br />

poiché gli strati <strong>di</strong> crollo delle abitazioni,<br />

molto superficiali rispetto al livello <strong>di</strong> campagna attuale,<br />

hanno restituito poco materiale e<strong>di</strong>lizio per lo<br />

più costituito da piccoli blocchi <strong>di</strong> travertino e <strong>fra</strong>mmenti<br />

minuti <strong>di</strong> tegole. Possiamo pensare ad alzati<br />

in terra pressata, seccata e poi intonacata, co me<br />

per le abitazioni <strong>di</strong> età proto-bizantina, con alcune<br />

riserve relative al fatto che in questo caso è assente<br />

quell’ingente strato <strong>di</strong> argilla giallastra che connotava<br />

invece i crolli delle costruzioni <strong>di</strong> V-VII secolo.<br />

La rioccupazione dell’area è caratterizzata da<br />

imponenti lavori <strong>di</strong> spostamento e spianamento<br />

delle macerie delle case abbattute dal terremoto <strong>di</strong><br />

VII secolo 129 , per approntare l’area per i nuovi inse<strong>di</strong>amenti<br />

130 e preparare un vasto spazio adatto a<br />

nuove costruzioni abitative. I cumuli <strong>di</strong> materiali<br />

e<strong>di</strong>lizi e la terra vennero spostati e spianati, molte<br />

fosse piene <strong>di</strong> pietrame, ceneri e terra in<strong>di</strong>viduate<br />

nell’area dell’insula sono da leggere come frutto <strong>di</strong><br />

attività <strong>di</strong> seppellimento <strong>di</strong> macerie, o <strong>di</strong> prelievo <strong>di</strong><br />

blocchi da usare nelle nuove costruzioni. Non tutta<br />

l’area dell’isolato fu sistemata in questo modo; furono<br />

lasciate a vista ampie zone <strong>di</strong> macerie, come<br />

abbiamo verificato per un settore dell’area a nord<br />

della casa (o case 131 ) occidentale; qui molti gran<strong>di</strong><br />

blocchi affioravano senza peraltro intralciare i passaggi,<br />

come si è documentato per la strada est-ovest<br />

vicina alla casa orientale e per lo spazio aperto/cortile<br />

della casa orientale ( fig. 3).<br />

4.6.1. L’articolazione planimetrica: la casa occidentale<br />

( fig. 3)<br />

Nel settore occidentale dell’isolato, l’indagine<br />

ha rivelato una struttura composta da almeno tre<br />

vani (A 1254, A 1264, A 1255), uno dei quali (A 1254)<br />

è meglio conservato. La quota del livello d’uso è<br />

più bassa <strong>di</strong> cm 20 rispetto alla soglia <strong>di</strong> ingresso<br />

della casa, cosicché l’accesso a questa dall’esterno<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

avviene me<strong>di</strong>ante una breve scala <strong>di</strong> tre gra<strong>di</strong>ni in<br />

pietra (tav. XLVII, b). L’attribuzione cronologica <strong>di</strong><br />

questa fase <strong>di</strong> rioccupazione è per ora solo genericamente<br />

collocabile, sulla base <strong>di</strong> reperti monetali<br />

e materiali ceramici, nel X secolo.<br />

Almeno tre vani sono stati fino ad ora in<strong>di</strong>viduati<br />

dalle campagne <strong>di</strong> scavo dell’Università <strong>di</strong><br />

Venezia, mentre altri sono solamente ipotizzabili,<br />

in quanto prec<strong>ed</strong>enti scavi intrapresi tra il 1972 e<br />

il 1974 hanno cancellato ogni traccia delle abitazioni<br />

riferibili a questo periodo che presumibilmente<br />

dovevano elevarsi sopra e in corrispondenza dei<br />

vani A 28, 29, 30, 32, 33 della casa tardo antica 132 .<br />

Fortunatamente una serie molto interessante <strong>di</strong> reperti<br />

ceramici, in con<strong>di</strong>zioni ottimali <strong>di</strong> conservazione<br />

e confrontabili con i materiali rinvenuti negli<br />

strati <strong>di</strong> uso e crollo delle case me<strong>di</strong>o bizantine,<br />

proviene dagli scavi effettuati in quegli anni negli<br />

ambienti A 28-33 ( fig. 2), a testimonianza <strong>di</strong> attività<br />

posteriori alla <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> anche in questo<br />

settore dell’isolato 133 .<br />

Per quanto riguarda l’articolazione planimetrica<br />

complessiva della casa, la presenza <strong>di</strong> una soglia,<br />

relativa a una porta che doveva mettere in comunicazione<br />

il vano A 1254 con un altro vano ubicato<br />

a sud <strong>di</strong> questo (A 1264) 134 , rende plausibile<br />

l’estensione <strong>di</strong> questa casa anche a sud dell’ambiente<br />

principale A 1254. Un’altra apertura collegava il<br />

vano A 1264 con A 1255, nel quale una piccola scala<br />

rea lizzata in blocchi <strong>di</strong> calcare conduceva a un<br />

ambiente al primo piano (tav. XLIX), cosicché questa<br />

parte della casa si configurava come una torre;<br />

del resto lo spessore doppio del muro <strong>di</strong> separazione<br />

tra A 1254 e A 1255 (tav. XLVII, a) giustifica<br />

questa ipotesi. Un altro ambiente posto a ovest <strong>di</strong> A<br />

1254, privo <strong>di</strong> comunicazione con la casa occidentale,<br />

fa supporre che un’altra struttura ad un solo<br />

vano, o forse un recinto per animali, si <strong>di</strong>sponesse<br />

a fianco <strong>di</strong> quella, così come possiamo meglio verificare<br />

nel sistema abitativo a est dell’insula.<br />

129 I cospicui <strong>ed</strong> estesi lavori <strong>di</strong> sbancamento delle macerie rappresentano anche la ragione della mancanza dei moduli superiori<br />

delle decorazioni pittoriche delle pareti della “Casa del cortile dorico” e dei dati sui piani superiori delle case protobizantine.<br />

130 US 579/1, US 576/1, US 572/1.<br />

131 Gli scavi in questo settore sono ancora in corso.<br />

132 Questa parte della “Casa dei capitelli ionici” è stata portata alla luce con veri e propri lavori <strong>di</strong> sterro, che hanno lasciato<br />

tuttora evidenti tracce <strong>di</strong> fosse e buche in seguito a interventi poi interrotti; <strong>ed</strong> è per questo motivo che il deposito stratigrafico<br />

è risultato in <strong>di</strong>versi punti inquinato o danneggiato.<br />

133 I reperti in questione sono stati esaminati da D. Cottica.<br />

134 Del cui livello pavimentale non è però rimasta alcuna traccia.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

161<br />

4.6.2. Le case orientali ( fig. 3)<br />

In questa parte della città, al momento della<br />

rioccupazione del sito non era stata cancellata<br />

del tutto la traccia del sistema urbanistico romano<br />

e tardoantico, con la sua <strong>di</strong>sposizione regolare<br />

<strong>di</strong> strade e <strong>di</strong> isolati, malgrado l’impressionante<br />

estensione dei cumuli <strong>di</strong> macerie dei crolli. Erano<br />

ancora in<strong>di</strong>viduabili gli invasi stradali degli stenopoi<br />

18 e 19, entro i quali, sopra gli strati <strong>di</strong> crollo,<br />

vengono elevati muri ortogonali ad essi, ma per i<br />

quali mancano le connessioni con livelli pavimentali<br />

e quin<strong>di</strong> non possono al momento essere interpretabili<br />

con certezza. Si tratta forse <strong>di</strong> strutture<br />

abitative, <strong>di</strong> case mono-vano, o <strong>di</strong> recinti per animali,<br />

trovandosi vicino alle case stesse, ma non comunicanti<br />

con esse.<br />

In questa parte orientale dell’insula furono e<strong>di</strong>ficate<br />

almeno due case per le quali in parte si riutilizzano<br />

i muri delle prec<strong>ed</strong>enti abitazioni <strong>di</strong> età<br />

proto-bizantina (ES 90, 186, 4 in fig. 3) rialzandoli<br />

con blocchi <strong>di</strong> travertino posti orizzontalmente (tav.<br />

XLVI, b), in parte se ne costruiscono <strong>di</strong> nuovi (ES<br />

93, 94, 160, 187, 125, 88, 99 in fig. 3), usando blocchi<br />

recuperati dalle rovine e allettandoli con malta<br />

e argilla. Le due abitazioni sono addossate per<br />

il lato corto, e ciascuna è formata da tre ambienti.<br />

La casa a sud, più piccola, è costituita dal vano A<br />

103 e del vano A 157, comunicanti e dotati <strong>di</strong> pavimenti<br />

in argilla cruda. Non si conoscano dati sulla<br />

delimitazione ad ovest, ma la presenza <strong>di</strong> un tratto<br />

stradale e <strong>di</strong> un cortile in questa parte fa ragionevolmente<br />

supporre la collocazione in questo luogo<br />

<strong>di</strong> un ingresso, forse me<strong>di</strong>ato da un piccolo portico<br />

allungato compreso tra le ES 99 e ES 88 in fig. 3.<br />

L’altra abitazione più a nord, è formata da tre ambienti:<br />

A 188, A 198 e un altro vano a ovest <strong>di</strong> questi.<br />

Per tutta la loro estensione erano pavimentati<br />

con un battuto <strong>di</strong> argilla come lo era pure la casa<br />

più a sud. L’unico elemento <strong>di</strong> arr<strong>ed</strong>o rinvenuto in<br />

queste case è costituito da un coperchio rovesciato<br />

<strong>di</strong> osteoteca in travertino riutilizzato come vaschetta,<br />

appoggiata al pavimento in battuto <strong>di</strong> argilla in<br />

A 103. Una strada dall’andamento sinuoso correva<br />

in <strong>di</strong>rezione est-ovest lungo il margine settentrionale<br />

dell’isolato collegandosi probabilmente con la<br />

scala sistemata tra i due muri perimetrali degli isolati<br />

104 e 105.<br />

4.6.3. Le tecniche costruttive degli alzati me<strong>di</strong>o bizantini<br />

(tavv. XLVI-XLIX)<br />

In questa fase si assiste ad uno sfruttamento intensivo<br />

delle rovine affioranti che vengono usate<br />

soprelevandole, oppure addossandovi nuovi tratti<br />

murari. Di una soprelevazione viene fatto oggetto<br />

il muro perimetrale est della casa orientale, ES 90,<br />

che è utilizzato così come si presentava, probabilmente<br />

eliminando le parti più elevate pericolanti e<br />

livellando le creste con la sovrapposizione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

parallelepipe<strong>di</strong> in travertino posti in senso orizzontale<br />

anziché verticale come era stato fatto nelle<br />

strutture <strong>di</strong> età proto-bizantina da cui provenivano<br />

(tav. XLVI, b).<br />

Negli strati <strong>di</strong> crollo della casa occidentale 135<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> blocchi informi <strong>di</strong> travertino e<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>verso materiale <strong>di</strong> reimpiego utilizzato per gli<br />

alzati, ha permesso <strong>di</strong> ipotizzare che la maggior<br />

parte delle strutture (muri e pavimenti) fosse stata<br />

realizzata con pezzi prelevati dalle case <strong>di</strong> età<br />

prec<strong>ed</strong>ente. Anche in quest’area le nuove strutture<br />

abitative furono costruite usando in parte ciò che<br />

rimaneva degli alzati delle abitazioni <strong>di</strong> età proto-bizantina<br />

che vennero soprelevati 136 , e in parte<br />

provv<strong>ed</strong>endo all’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> nuovi muri che,<br />

privi <strong>di</strong> fondazioni, riutilizzano pezzi architettonici<br />

in marmo, blocchi <strong>di</strong> travertino, elementi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

natura e <strong>di</strong>mensione, estratti dalle macerie 137<br />

(tav. XLVI, a).<br />

Si verifica anche un altro frequente fenomeno<br />

che v<strong>ed</strong>e l’affiancamento <strong>di</strong> nuove strutture a preesistenti<br />

muri, costituendo così potenti muri <strong>di</strong> spessore<br />

doppio come avviene per il muro nord-sud<br />

ES 1326 che si addossa al muro proto-bizantino ES<br />

1251 (tav. XLVII, a) che era ancora visibile, seppure<br />

in crollo, al <strong>di</strong> sopra delle macerie, o per il muro<br />

ES 6 che raddoppia lo spessore del preesistente ES<br />

15. Solo in un caso possiamo ipotizzare la presenza<br />

<strong>di</strong> un piano superiore che giustifichi le <strong>di</strong>mensioni<br />

eccezionali <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong> queste strutture murarie:<br />

infatti la presenza <strong>di</strong> una scala (tav. XLIX) fa<br />

supporre che il vano A 1255 della casa occidentale<br />

135 US 593 e US 594.<br />

136 Si v<strong>ed</strong>ano ad esempio i muri delle cantine o terme A 32 e A 33 per la casa occidentale, muri perimetrali ES 90, 166, ES 4<br />

per la casa orientale in fig. 3.<br />

137 E in particolare dai muri ES 90, ES 1251 e ES 1252.


162<br />

e quello al piano superiore si presentassero come<br />

una “casa a torre”.<br />

Per quanto riguarda il materiale e<strong>di</strong>lizio reimpiegato<br />

dalle strutture tardo antiche, si tratta per<br />

la maggior parte <strong>di</strong> materiali lapidei <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni<br />

legati con malta e <strong>di</strong>sposti in corsi regolari<br />

sub-orizzontali, con frequente presenza <strong>di</strong> pezzi<br />

architettonici in marmo (colonne in particolare) e <strong>di</strong><br />

<strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> sculture in marmo: un sostegno <strong>fra</strong>mmentario<br />

<strong>di</strong> trapeza in marmo è stato riciclato nel<br />

muro ES 171 che, costruito sopra lo strato <strong>di</strong> crollo<br />

della “Casa dei capitelli ionici”, sbarrava il corridoio<br />

<strong>di</strong> ingresso A 27 che ancora era visibile nel<br />

suo ingombro complessivo e che è forse da collegare<br />

a strutture abitative vicine a quelle della Casa<br />

occidentale, non più documentabili. Sono riutilizzati<br />

anche gran<strong>di</strong> parallelepipe<strong>di</strong> in calcare che vengono<br />

collocati in opera orizzontalmente, come nel<br />

caso della soprelevazione del muro ES 90. Nel complesso<br />

la tecnica costruttiva impiegata nelle abitazioni<br />

me<strong>di</strong>o bizantine è buona con allettamento dei<br />

blocchi lapidei con malta; gli allineamenti sono regolari<br />

e notevoli gli spessori dei muri.<br />

4.6.4. Le pavimentazioni<br />

Le pavimentazioni per lo più sono costituite da<br />

battuti <strong>di</strong> argilla cruda, ma si trovano anche alcuni<br />

esempi <strong>di</strong> tipo più elaborato. Per uno dei vani<br />

della casa occidentale, A 1254, è accertato l’uso <strong>di</strong><br />

pezzi <strong>di</strong> reimpiego posti in opera irregolarmente e<br />

non in modo uniforme (tav. XLII, a): vengono riciclate<br />

lastre <strong>fra</strong>mmentarie <strong>di</strong> marmo, tavelle <strong>di</strong> terracotta<br />

nella parte orientale del vano, mentre lastre,<br />

blocchi <strong>di</strong> pietra e un battuto <strong>di</strong> argilla si estende<br />

per la restante parte del vano. In questo ambiente<br />

c’era un focolare realizzato con tavelle <strong>di</strong> terracotta<br />

e due sponde costituite da blocchi <strong>di</strong> travertino, appoggiato<br />

sul piano pavimentale ai pie<strong>di</strong> del muro<br />

orientale ES 1326 (tav. XLVIII, a). I livelli pavimentali<br />

degli altri ambienti dovevano essere probabilmente<br />

in argilla cruda, mentre una parte <strong>di</strong> quello<br />

in A 1255 era costituito da un livello <strong>di</strong>sgregato <strong>di</strong><br />

<strong>fra</strong>ntumi <strong>di</strong> intonaci, malta sbriciolata, terra e calce<br />

polverizzata.<br />

138 Come US 602, US 605, US 607.<br />

139 Rappresentati da US 572/1 e US 579/1.<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

Le soglie sono in pietra, spesso <strong>di</strong> reimpiego (cfr.<br />

tav. XLVIII, b): quelle <strong>di</strong> passaggio interno nelle case<br />

sono piuttosto strette come è verificato nella casa<br />

orientale tra le <strong>di</strong>verse stanze che sono comunicanti<br />

tra loro e nella casa occidentale tra il vano A 1264<br />

e A 1254 ( fig. 3). Nelle case orientali tutti i livelli<br />

d’uso sono in argilla battuta.<br />

4.6.5. Aree esterne: cortili e vie<br />

Allo stato attuale delle ricerche, sembra che<br />

una sola fosse la porta <strong>di</strong> entrata dall’esterno delle<br />

case e che un solo ambiente costituisse lo spazio<br />

<strong>di</strong> accesso; per la casa occidentale è attestato che<br />

in questo fosse collocato il focolare. L’area esterna<br />

che fronteggia queste costruzioni, non appare occupata<br />

da altre abitazioni e si presenta, in modo<br />

molto chiaro per la casa occidentale, come un’estesa<br />

zona dal livello abbastanza irregolare, non uniforme,<br />

formata da terra, <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> laterizi e da<br />

pietrame, costipati e pressati con emergenze qua e<br />

là <strong>di</strong> blocchi affioranti. Questo livello è stato realizzato<br />

spianando, asportando e sistemando i cumuli<br />

<strong>di</strong> macerie della parte più occidentale della<br />

“Casa dei capitelli ionici”. I lavori <strong>di</strong> spostamento,<br />

asportazione e sistemazione dei crolli condotti insieme<br />

a lavori <strong>di</strong> livellamento con gettate <strong>di</strong> terra<br />

e materiali <strong>di</strong> risulta, sono rappresentati da <strong>di</strong>verse<br />

unità stratigrafiche 138 , sulle quali sono state poi<br />

stesi uniformemente altri strati 139 , fino a raggiungere<br />

a nord i cumuli del crollo delle strutture della<br />

“Casa dei capitelli ionici”, che tuttavia, malgrado<br />

la presenza <strong>di</strong> abitazioni, vennero lasciati visibili<br />

( fig. 3).<br />

La zona aperta realizzata con lo spianamento<br />

<strong>di</strong> macerie doveva essere usata come un cortile o<br />

come un’area <strong>di</strong> fruizione collettiva (mancano per<br />

ora evidenze <strong>di</strong> altre case presenti), analogamente<br />

a quanto avvenne nell’area sistemata sopra i crolli<br />

della “Casa del cortile dorico”, nel settore orientale<br />

dell’isolato, dove due abitazioni si <strong>di</strong>sponevano<br />

su uno spazio aperto, da interpretare come un<br />

cortile, sul quale forse convergevano le strade qui<br />

in<strong>di</strong>viduate <strong>ed</strong> anch’esse databili all’età me<strong>di</strong>o bizantina.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

163<br />

5. Trasformazioni del paesaggio urbano e reperti<br />

della cultura materiale 140 (D.C.)<br />

5.1. Contesti <strong>ed</strong> orizzonti cronologici nell’insula<br />

104 141<br />

Alcuni elementi utili a comprendere il paesaggio<br />

culturale e socio-economico <strong>di</strong> Hierapolis tardoantica<br />

e me<strong>di</strong>o bizantina vengono dallo stu<strong>di</strong>o<br />

delle ceramiche dell’insula 104. Per la natura stessa<br />

dei contesti e dei depositi analizzati il materiale<br />

ceramico in questione non può considerarsi rappresentativo<br />

della circolazione e produzione ceramica<br />

nell’intero abitato e quin<strong>di</strong> non si presta ad una<br />

ricostruzione <strong>di</strong> modelli economici e commerciali<br />

complessi, sebbene ci permetta <strong>di</strong> cogliere elementi<br />

significativi in merito alle principali fasi <strong>di</strong> attività<br />

in quest’area.<br />

I contesti analizzati si possono sostanzialmente<br />

ricondurre alle seguenti tipologie formative:<br />

– riempimenti associati ad interventi e risistemazioni<br />

della <strong>di</strong>sposizione interna <strong>di</strong> pavimenti <strong>ed</strong><br />

ambienti delle case <strong>di</strong> V- inizi VII secolo d.C. 142<br />

(orizzonte cronologico 1).<br />

– Strati relativi alle fasi finali <strong>di</strong> vita delle case tardoantiche,<br />

in gran parte già soggette ad abbandono,<br />

spoliazione e degrado. Si tratta degli strati<br />

rinvenuti a contatto con i livelli pavimentali<br />

del piano inferiore, sigillati dai crolli strutturali<br />

causati dall’evento sismico <strong>di</strong> VII secolo d.C.<br />

già menzionato in prec<strong>ed</strong>enza (orizzonte cronologico<br />

2).<br />

– Strati relativi al riutilizzo <strong>di</strong> alcune strutture tardoantiche<br />

ancora stanti (ad esempio il cosiddetto<br />

fienile) 143 sigillate dal crollo finale delle m<strong>ed</strong>esime,<br />

forse collocabili <strong>fra</strong> il tardo VII e l’VIII secolo<br />

d.C. (orizzonte cronologico 3).<br />

– Strati relativi ad attività spora<strong>di</strong>che <strong>ed</strong> isolate,<br />

anche connesse con la presenza <strong>di</strong> trincee <strong>di</strong> spoliazione<br />

e fosse <strong>di</strong> scarico <strong>di</strong> ceneri che prec<strong>ed</strong>ono<br />

la rioccupazione stabile dell’area nel X secolo<br />

d.C. (orizzonte cronologico 4).<br />

– Strati <strong>di</strong> macerie tardoantiche intaccati da livellamenti<br />

e attività <strong>di</strong> spianamento <strong>di</strong> macerie prima<br />

della rioccupazione stabile dell’area (orizzonte<br />

cronologico 5).<br />

– Strati e livelli relativi alla costruzione <strong>di</strong> muri<br />

e pavimenti della seconda fase <strong>di</strong> abitazione<br />

nell’area, in età me<strong>di</strong>o bizantina, o riconducibili<br />

a scarichi <strong>di</strong> materiale ad uso domestico connessi<br />

con la frequentazione dell’area. Tali attività sono<br />

attestate con sicurezza almeno per il tardo X secolo<br />

d.C. 144 (orizzonte cronologico 6).<br />

– Strati a contatto con i livelli pavimentali in argilla<br />

delle case me<strong>di</strong>o bizantine, relativi all’ultima fase<br />

<strong>di</strong> vita o all’abbandono delle stesse. Questi livelli<br />

sono sigillati dal crollo strutturale delle m<strong>ed</strong>esime<br />

(orizzonte cronologico 7).<br />

– Strati <strong>di</strong> macerie me<strong>di</strong>o bizantine esposti agli<br />

agenti naturali nel periodo <strong>di</strong> definitivo abbandono<br />

dell’area. Dalle case orientali viene un terminus<br />

post quem per questi livelli determinato dal<br />

rinvenimento <strong>di</strong> un follis anonimo (classe A2) della<br />

zecca <strong>di</strong> Costantinopoli, databile <strong>fra</strong> 976(?)-<br />

1030/35 d.C. 145 (orizzonte archeologico 8).<br />

5.2. Le ceramiche dalla fase <strong>di</strong> fine VI - inizi del<br />

VII secolo ( figg. 4, 6-8)<br />

Lo stu<strong>di</strong>o morfologico dei <strong>fra</strong>mmenti relativi<br />

alle fasi <strong>di</strong> sistemazione <strong>ed</strong> uso delle case tardoantiche<br />

dell’insula 104, unitamente all’analisi degli<br />

impasti, ci restituisce un interessante quadro dominato<br />

dalla presenza <strong>di</strong> ceramica <strong>di</strong> produzione<br />

regionale 146 , micro-regionale (Valle del Lykos) e locale.<br />

Di questa tendenza è testimonianza la premi-<br />

140 Per ulteriori dettagli sui reperti ceramici si rinvia alla pubblicazione monografica delle ceramiche dall’insula 104 in preparazione<br />

ad opera <strong>di</strong> chi scrive.<br />

141 Per ulteriori dettagli su contesti ceramici <strong>ed</strong> elementi datanti ve<strong>di</strong> Cottica 2007a.<br />

142 Si tratta <strong>di</strong> strati che in genere contenevano abbondante materiale ceramico, prevalentemente <strong>fra</strong>mmentario, utilizzato come<br />

vespaio o riempimento in funzione <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> costruzione quali: sopraelevazioni pavimentali, allettamento <strong>di</strong> battuti in argilla,<br />

sistemazione <strong>di</strong> scale e banconi.<br />

143 Cfr. supra.<br />

144 Con testimonia un follis anonimo databile 970-976 (?) d.C., della zecca <strong>di</strong> Costantinopoli, rinvenuto nell’US 520 corrispondente<br />

alla rimozione del battuto d’argilla (ES 1204) e del suo strato <strong>di</strong> preparazione nell’ambiente tardo A 198 delle case me<strong>di</strong>o-bizantine<br />

orientali.<br />

145 Tutti i dati relativi alle monete me<strong>di</strong>o-bizantine qui presentati sono stati forniti da M. Asolati e C. Crisafulli che hanno effettuato<br />

lo stu<strong>di</strong>o in situ delle monete in questione.<br />

146 Questa definizione si deve intendere riferita all’area micro-asiatica e specialmente alla Valle del Meandro.


164<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

fig. 4 - Vasellame dai livelli <strong>di</strong> tardo VI - inizi del VII secolo nell’insula 104. a-c) Late Roman<br />

unguentaria; d) LRA 1; e) eulogia a vernice rossa; f ) anfora <strong>fra</strong>mmentaria tipo sar<strong>di</strong>s amphora;<br />

g-h) tipica anfora da vino ierapolitana (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna, F. Broilo, A. Miotto, R. Trovò,<br />

fotografia <strong>di</strong> D. Cottica).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

165<br />

fig. 5 - Grafici <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione delle ceramiche fini microasiatiche negli orizzonti archeologici dell’insula 104. a: <strong>di</strong>stribuzione<br />

dell’impasto detto 50.1 tipico <strong>di</strong> forme databili <strong>fra</strong> tardo ellenismo e prima età imperiale, residue in contesti<br />

più tar<strong>di</strong>. b: <strong>di</strong>stribuzione degli impasti del gruppo 32, associabili sia a ceramiche <strong>di</strong> produzione romana sia a R<strong>ed</strong> Slip<br />

Wares e lucerne tardoantiche (elaborazione grafica <strong>di</strong> D. Cottica).<br />

nenza <strong>fra</strong> le sigillate tardoantiche <strong>di</strong> vasellame <strong>di</strong><br />

produzione micro-asiatica ( fig. 5 a-b) 147 non riconducibile<br />

alle ben note attestazioni <strong>di</strong> LRC, CRSW,<br />

SRSW, nè alle produzioni efesine 148 , né a quelle rinvenute<br />

a Priene 149 . Il confronto <strong>fra</strong> i dati <strong>di</strong>sponibili<br />

per l’insula 104 e quelli relativi ad altri contesti<br />

tardoantichi a Hierapolis, quali i livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione<br />

del Martyrion <strong>di</strong> San Filippo 150 , del Ninfeo<br />

dei Tritoni 151 e delle case bizantine sul lato ovest<br />

dell’agorà 152 , evidenzia l’importanza del fenomeno<br />

della circolazione <strong>di</strong> produzioni regionali tardoantiche<br />

e la loro varietà (cfr. fig. 6 f-g).<br />

Produzioni micro-asiatiche furono in<strong>di</strong>viduate<br />

già da Hayes nel suo Late Roman Pottery 153 e sono<br />

se gnalate, seppur non sempre caratterizzate archeometricamente,<br />

in varie pubblicazioni relative a siti<br />

dell’attuale Anatolia occidentale da Costantinopoli<br />

154 ad Efeso 155 , Sar<strong>di</strong>s 156 , Aphro<strong>di</strong>sias 157 , Amorion<br />

158 , Limyra 159 , Perge 160 e Anemurium 161 , fino al<br />

caso della ben nota produzione <strong>di</strong> Sagalassos 162 .<br />

147 Per uno stu<strong>di</strong>o archeometrico preliminare <strong>di</strong> questo gruppo si v<strong>ed</strong>a: Poblome et Alii 2001.<br />

148 Cfr. Ladstätter e Sauer 2005.<br />

149 Cfr. Yilmaz 2007.<br />

150 I materiali degli scavi condotti da P. Verzone presso il Martyrion sono stati esaminati da chi scrive per gentile concessione<br />

<strong>di</strong> D. De Bernar<strong>di</strong> Ferrero.<br />

151 Per una selezione <strong>di</strong> reperti significativi dagli scavi nell’area del Ninfeo dei Tritoni cfr. Silvestrelli 2007.<br />

152 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007.<br />

153 Hayes 1972.<br />

154 Hayes 1992, p. 8.<br />

155 Ladstätter, Sauer 2002.<br />

156 Rautman 1995a.<br />

157 L’autrice desidera ringraziare U. Outschar per le informazioni fornite sulle ceramiche tardoantiche <strong>di</strong> Aphro<strong>di</strong>sias, profonda<br />

gratitu<strong>di</strong>ne va anche a R. R. R. Smith e C. Rattè, <strong>di</strong>rettori della Missione Archeologica ad Aphro<strong>di</strong>sias, per aver permesso<br />

l’esame autoptico dei reperti.<br />

158 Chi scrive desidera ringraziare R. Tomber per aver con<strong>di</strong>viso dati <strong>ed</strong> impressioni sulle ceramiche fini tardoantiche <strong>di</strong> Amorion.<br />

159 Vroom 2004, p. 294.<br />

160 Cfr. Poblome et Alii 2001, pp. 120-122; Firat 2000; Ead. 2003.<br />

161 Williams 1989, pp. 50-53.<br />

162 Poblome 1999.


166<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

fig. 6 - Ceramiche fini micro-asiatiche dai livelli <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo dell’insula 104. a-e) R<strong>ed</strong> Slip Wares; f-g) microfotografie<br />

<strong>di</strong> <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> impasto micro-asiatico (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> A. Miotto, microfotografie <strong>di</strong> D. Cottica).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

167<br />

Produzioni micro-asiatiche <strong>di</strong> varia provenienza<br />

vengono sempre più frequentemente segnalate, sebbene<br />

in quantità variabili, sia presso siti costieri e<br />

gran<strong>di</strong> emporia, sia nella stessa capitale Costantinopoli,<br />

sia in centri urbani situati nelle valli e nelle<br />

piane interne dell’Anatolia occidentale. In alcuni<br />

casi queste produzioni, ancora poco note e stu<strong>di</strong>ate,<br />

sono presenti con percentuali interessanti rispetto<br />

alla circolazione totale <strong>di</strong> ceramica fine, come <strong>di</strong>mostrano<br />

i dati relativi ai siti <strong>di</strong> Sar<strong>di</strong>s e Hierapolis.<br />

A Sar<strong>di</strong>s Rautman 163 ha notato un costante aumento<br />

delle produzioni regionali <strong>di</strong> sigillata <strong>tarda</strong><br />

<strong>fra</strong> la fine del VI e gli inizi del VII secolo; a Hierapolis<br />

è certa una preponderante presenza <strong>di</strong> produzioni<br />

fini micro-asiatiche <strong>fra</strong> il VI secolo e gli inizi del<br />

VII come testimoniato dai dati quantitativi a <strong>di</strong>sposizione<br />

164 . In un sito ubicato in quota <strong>ed</strong> in posizione<br />

remota come è il caso <strong>di</strong> Sagalassos, situato <strong>fra</strong><br />

le montagne della Pisi<strong>di</strong>a, la produzione locale <strong>di</strong><br />

ceramica fine arrivò a coprire la quasi totalità delle<br />

esigenze del mercato locale e fu anche in grado <strong>di</strong><br />

produrre un surplus per l’esportazione 165 .<br />

A Hierapolis le produzioni regionali sono attestate<br />

in associazione a basse percentuali <strong>di</strong> prodotti<br />

provenienti dai tra<strong>di</strong>zionali gran<strong>di</strong> centri produttori<br />

<strong>ed</strong> esportatori <strong>di</strong> ceramica fine: le importazioni<br />

più tarde sono rappresentate dalla forma <strong>di</strong> LRC<br />

Hayes 10B 166 e dall’africana (ARSW) Hayes 104B 167 .<br />

Numerose sono invece le “imitazioni” regionali <strong>di</strong><br />

tutte le produzioni note: le forme più tarde sono<br />

ispirate alla LRC forma Hayes 10C 168 (cfr. fig. 6 e),<br />

all’ARSW forma Hayes 104C, 105 e 106 ( fig. 6 c) 169<br />

e alla forma Anemurium Well 170 ( fig. 6 a) della ceramica<br />

cipriota (CRSW). Nei contesti tardo antichi<br />

sono <strong>di</strong>ffusi anche tipi per ora privi <strong>di</strong> confronti<br />

<strong>di</strong>retti nell’e<strong>di</strong>to 171 e coperchi del tipo cosiddetto a<br />

salsiera, oltre che lucerne riproducenti motivi decorativi<br />

e tipologie formali ben note in Anatolia e<br />

nell’Egeo (cfr. fig. 7 h-i).<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista degli impasti, a Hierapolis è<br />

attestata una varietà <strong>di</strong> produzioni regionali <strong>di</strong> ceramica<br />

fine: queste sono presenti già a partire dal<br />

tardo ellenismo e dalla prima età imperiale ( fig. 5<br />

a), confermando che il fenomeno della circolazione<br />

<strong>di</strong> ceramiche fini micro-asiatiche a Hierapolis<br />

non caratterizza specificatamente la <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong><br />

( fig. 5 b e fig. 6 f-g) 172 . Fra i materiali residui rinvenuti<br />

nei contesti <strong>di</strong> abbandono e <strong>di</strong>struzione delle<br />

case tardoantiche, si notano infatti imitazioni <strong>di</strong><br />

ESB e della SRSW 173 . È inoltre nota una produzione<br />

locale <strong>di</strong> coppe a rilievo (o così dette “magaresi”)<br />

174 delle quali si sono rinvenute le matrici e le<br />

stampiglie 175 per la decorazione (cfr. tav. XXVIII, b,<br />

c), oltre che una ricchissima serie <strong>di</strong> prodotti finiti<br />

(tav. XXVIII, d). D’altro canto nella valle del Lykos<br />

la produzione <strong>di</strong> vasellame non era limitata alla<br />

sola Hierapolis: ad esempio anche dalla vicina Lao<strong>di</strong>cea<br />

proviene evidenza per la manifattura <strong>di</strong> coppe<br />

a rilievo 176 . Per quanto riguarda la ceramica tardoantica,<br />

i dati fino ad ora raccolti per Hierapolis<br />

sembrano attribuire gli impasti campionati <strong>ed</strong> esaminati<br />

a molteplici aree <strong>di</strong> produzione 177 .<br />

Nell’ambito delle ceramiche da cucina dominano<br />

le produzioni locali/micro-regionali, fatto non<br />

163 Rautman 1995a.<br />

164 Cfr. Cottica 2007a Figg. 4-5.<br />

165 Cfr. Poblome 1998; Poblome et Alii 1998, in particolare pp. 58-58. Per un esempio da Hierapolis si v<strong>ed</strong>a fig. 6 c che illustra<br />

un esemplare <strong>di</strong> SRSW forma 1C140 dall'insula 104.<br />

166 Prodotta <strong>fra</strong> 570 e gli inizi del VII d.C.<br />

167 Hayes data la produzione <strong>fra</strong> 570 e 600; Fulford, sulla base dei dati relativi agli scavi inglesi a Cartagine, ha proposto una<br />

collocazione della produzione <strong>di</strong> questa forma <strong>fra</strong> 500 e 600/625, con una maggior <strong>di</strong>ffusione <strong>fra</strong> inizi VI <strong>ed</strong> inizi VII secolo.<br />

Sono poi numerosi, <strong>fra</strong> le produzioni <strong>di</strong> VI secolo, piatti e ciotole con orlo a tesa <strong>di</strong> ispirazione africana (cfr. fig. 6 b, d).<br />

168 Cfr. Cottica 2007a, fig. 7, 1. Il prodotto originale si colloca nella prima metà del VII secolo.<br />

169 Le produzioni africane si datano rispettivamente <strong>fra</strong> 550-625; 580/600-660 e 600-660 d.C.<br />

170 La forma originale si data <strong>fra</strong> VII e VIII secolo.<br />

171 Ad esempio ciotole e piatti con decorazione incisa, o con orlo a tesa variamente rifinito, piatti e ciotole con orli in<strong>di</strong>stinti<br />

o appena ingrossati.<br />

172 In particolare un gruppo <strong>di</strong> impasti <strong>fra</strong> loro affini risulta prevalente rispetto agli altri: cfr. Cottica 2007a, Fig. 8, 1-2. Per i<br />

risultati delle analisi preliminari condotte su questo gruppo <strong>di</strong> impasti si rinvia a Poblome et Alii 2001.<br />

173 Per un’imitazione <strong>di</strong> SRSW variante 1B191 si rinvia a Cottica 2007a Fig. 7, n. 2.<br />

174 Cfr. Semeraro 2003; Ead. 2005.<br />

175 Queste ultime sono presenti anche <strong>fra</strong> i materiali residui relativi agli scavi della “Casa dei capitelli ionici”.<br />

176 Cfr. Gelichi, Negrelli 2000, pp. 159-160 e Figg. 34.1 e 40. Si v<strong>ed</strong>a anche Gelichi, Negrelli 2004, p. 239.<br />

177 Poblome et Alii 2001; Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b. Ulteriori indagini archeometriche sono in corso<br />

presso i laboratori <strong>di</strong> Berlino (G. Schneider) e Varsavia (M. Daszkiewicz).


168<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

fig. 7 - Ceramiche acrome e lucerne dai livelli <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo nell’insula 104. a, c) coperchi;<br />

b) ciotola; d) olla da stoccaggio; e) brocca; f-g) bacili; h-i) lucerne (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> F. Broilo e A.<br />

Miotto, foto <strong>di</strong> D. Cottica).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

169<br />

certo sorprendente in un sito ubicato in una valle<br />

interna <strong>ed</strong> in un territorio ricco <strong>di</strong> cave d’argilla<br />

178 . La produzione <strong>di</strong> ceramica da fuoco v<strong>ed</strong>e la<br />

preminenza <strong>di</strong> vasellame caratterizzato da una tipica<br />

matrice argillosa ferrosa con inclusi ben assortiti<br />

<strong>di</strong> abbondante quarzo angolare e muscovite,<br />

presenti accanto a biotite <strong>ed</strong> inclusi litici <strong>di</strong> origine<br />

metamorfica. In minori quantità sono presenti anche<br />

epidoto, calcite, ossi<strong>di</strong> <strong>ed</strong> idrossi<strong>di</strong> <strong>di</strong> ferro, anfiboli<br />

e plagioclase 179 . Il repertorio morfologico associato<br />

a questa produzione, comprende brocche a<br />

fondo umbelicato ( fig. 8 g), a fondo piano ( fig. 8 d,<br />

f), casseruole con orlo estroflesso, coperchi, imbuti<br />

( fig. 8 e) <strong>ed</strong> olle da fuoco e da stoccaggio. Queste<br />

ricorrono in quantità assai abbondante e presentano<br />

morfologie ricorrenti: particolarmente tipiche<br />

dei contesti <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo sono olle <strong>di</strong><br />

circa 15 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro all’imboccatura, con orlo<br />

leggermente estroflesso, breve collare, fondo concavo<br />

e corpo globulare, superficie esterna costolata,<br />

spesso annerita internamente <strong>ed</strong> esternamente nella<br />

fase <strong>di</strong> cottura in fornace, oltre che per esposizione<br />

al fuoco durante la fase <strong>di</strong> vita dei vasi stessi<br />

(cfr. fig. 8 a-c). Il tipo si presenta sia in versione<br />

biansata che priva <strong>di</strong> anse; quando presenti le anse<br />

hanno una caratteristica forma ad orecchio con sezione<br />

rettangolare con le estremità appiattite e ribassamento<br />

centrale. Le misurazioni effettuate per<br />

verificare la permeabilità <strong>di</strong> questi recipienti hanno<br />

rivelato che essi erano in grado <strong>di</strong> conservare<br />

al loro interno liqui<strong>di</strong> per svariate ore e, nei prodotti<br />

<strong>di</strong> miglior qualità, anche per giorni 180 . Nel-<br />

lo stesso impasto ferroso e micaceo erano prodotte<br />

anche olle con orlo sagomato per ricevere un coperchio<br />

181 . La presenza ancor oggi <strong>di</strong> abbondanti<br />

quantità <strong>di</strong> argilla lavorabile nelle colline attorno a<br />

Hierapolis 182 , potrebbe spiegare non solo la quantità<br />

<strong>di</strong> ceramica “da fuoco” rinvenuta nei contesti tardoantichi,<br />

ma anche la specificità della produzione<br />

ierapolitana 183 . In effetti il materiale da fuoco è, per<br />

impasto e morfologia, assai <strong>di</strong>verso sia dal coevo<br />

materiale in uso ad Efeso 184 , sia dai materiali delle<br />

vicine Aphro<strong>di</strong>sias 185 e Sar<strong>di</strong>s 186 .<br />

Accanto alla massiccia quantità <strong>di</strong> vasellame da<br />

fuoco altamente standar<strong>di</strong>zzato sopra esemplificato<br />

( fig. 8), sono attestati anche alcuni tipi morfologici<br />

presenti in piccole percentuali, attribuibili (sulla<br />

base dell’analisi degli impasti) ad ambienti caratterizzati<br />

da un intenso metamorfismo 187 , tipico <strong>di</strong> gran<br />

parte della valle del Meandro. Anche questo dato<br />

fornisce un’importante testimonianza sull’esistenza<br />

<strong>di</strong> stretti rapporti <strong>di</strong> scambio a livello regionale oltre<br />

che micro-regionale. Quest’ultimo aspetto è forse<br />

ancor più percepibile dallo stu<strong>di</strong>o delle anfore, ove<br />

alcuni ricorrenti tipi morfologici, altamente standar<strong>di</strong>zzati,<br />

risultano associati a vari impasti sia <strong>di</strong> probabile<br />

produzione locale, sia <strong>di</strong> più generica produzione<br />

regionale e micro-regionale 188 . Sulla base<br />

delle loro caratteristiche mineralogiche, tutti questi<br />

impasti sono ancora una volta riconducibili ad un<br />

ambiente ad intenso metamorfismo come la Valle<br />

Meandro (e del Lykos), tuttavia ogni produzione in<strong>di</strong>viduata<br />

presenta alcune caratteristiche proprie nella<br />

<strong>di</strong>stribuzione, natura e frequenza degli inclusi 189 .<br />

178 I dati raccolti in occasione <strong>di</strong> una ricognizione dei bacini argillosi affioranti oggi visibili nelle aree circostanti il sito <strong>di</strong> Hierapolis,<br />

in<strong>di</strong>cano che almeno due gruppi principali <strong>di</strong> argille sono presenti: delle argille ad alto contenuto ferroso (microscopicamente<br />

confrontabili con l’argilla delle antiche ceramiche da fuoco) e delle argille calcaree (confrontabili con le argille della<br />

ceramica acroma antica) cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a; Cottica et Alii 2008, Figg. 1-2.<br />

179 La <strong>di</strong>mensione me<strong>di</strong>a degli inclusi varia <strong>fra</strong> 0.1 e 0.25 mm ma occasionalmente alcuni cristalli <strong>di</strong> quarzo possono arrivare<br />

a 1.5 mm. Cfr. Cottica 2005a, Fig. 1 A e B; Ead. 2007, Fig. 14, 1 e 5.<br />

180 Chi scrive desidera ringraziare M. Daszkiewicz e G. Schneider per aver fornito dati preliminari sulle analisi attualmente in<br />

corso (cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b).<br />

181 Cottica 2000a, Fig. 4, n. 33.<br />

182 Cfr. anche Cottica et Alii 2008, pp. 114-115 e Figg. 1-2; Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a. Tuttavia è importante<br />

sottolineare che allo stato attuale delle indagini archeometriche non si è ancora identificato il bacino argilloso utilizzato<br />

in antico per la manifattura della ceramica da fuoco ierapolitana.<br />

183 Restano fino ad oggi pochissime le ceramiche da cucina d’importazione (del tipo “Aegean cooking ware”, vasellame da fuoco<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione cipriota-levantina etc.) rinvenute nei contesti dell’insula 104.<br />

184 Cfr. Turnovsky 2005.<br />

185 Si ringrazia U. Outschar per i dati ine<strong>di</strong>ti messi a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> chi scrive.<br />

186 Cfr. Rautman 1995a.<br />

187 Cfr. Cottica 2000a, Fig. 4, nn. 36-37.<br />

188 Cfr. Cottica 2007a, Fig. 10. Non si conoscono ancora i luoghi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> queste anfore, forse da ricercarsi nel territorio<br />

circostante Hierapolis in particolare nelle alture e pianori d’alta quota ubicati ad est dell’antica città.<br />

189 Cfr. Cottica 2005a, p. 658 e Fig. 2; Ead. 2007, Figg. 10 e 11.


170<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

fig. 8 - Ceramica da fuoco dai livelli <strong>di</strong> VI - inizi del VII secolo nell’insula 104. a-c) olle da fuoco;<br />

d) brocca; e) imbuto; f-g) brocche (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> F. Broilo e A. Miotto, foto <strong>di</strong> D. Cottica).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

171<br />

Le analisi sui residui, quando positive, hanno<br />

rivelato che tali anfore contenevano vino 190 : la tipica<br />

anfora cosiddetta ierapolitana presenta un corpo<br />

ovoide, collo cilindrico <strong>ed</strong> orlo <strong>di</strong>ritto, a volte leggermente<br />

ingrossato, anse a sezione ovale e fondo<br />

su basso pi<strong>ed</strong>e ad anello <strong>ed</strong> umbelicato (cfr. fig.<br />

4 g-h) 191 . Queste anfore sembrano morfologicamente<br />

adatte sopratutto al trasporto a breve <strong>di</strong>stanza,<br />

mentre la presenza <strong>di</strong> forme altamente simili ma<br />

con impasti <strong>di</strong>versi ci permette <strong>di</strong> intrav<strong>ed</strong>ere l’esistenza<br />

<strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> scambi regionali a corto/me<strong>di</strong>o<br />

raggio, la cui natura non è ancora precisabile nel<br />

dettaglio. Forse la lettura e lo stu<strong>di</strong>o dei graffiti 192<br />

che spesso ricorrono sulle spalle <strong>di</strong> questi contenitori<br />

aiuteranno a meglio comprendere le <strong>di</strong>namiche<br />

legate alla produzione e commercializzazione del<br />

vino nella Hierapolis tardoantica.<br />

È interessante sottolineare come <strong>fra</strong> i materiali<br />

dell’insula 104 vi siano ben poche importazioni<br />

riconducibili alle più note produzioni <strong>di</strong>ffuse nei<br />

circuiti <strong>di</strong> scambio del Me<strong>di</strong>terraneo orientale mentre<br />

al contempo sono numerosi gli impasti ine<strong>di</strong>ti<br />

presenti. Fra le anfore <strong>di</strong> importazione prevalgono<br />

significativamente i contenitori <strong>di</strong> produzione<br />

egeo-orientale e micro-asiatica come nel caso delle<br />

LRA 1 ( fig. 4 d), LRA 3 e LRA 4. È inoltre da evidenziare<br />

la presenza <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> anfore<br />

morfologicamente affini al tipo Sar<strong>di</strong>s Amphora B<br />

( fig. 4 f) 193 . Fra il vasellame d’importazione si inseriscono<br />

anche pochi mortaria, forse <strong>di</strong> produzione<br />

siriana, e numerosi unguentari tardoantichi (cfr.<br />

fig. 4 a-c), probabilmente <strong>di</strong> produzione efesina e<br />

micro-asiatica 194 .<br />

Purtroppo i dati a nostra <strong>di</strong>sposizione sono principalmente<br />

relativi a livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione piuttosto<br />

che d’uso: dunque indubbiamente riflettono in<br />

modo parziale la composizione <strong>di</strong> merci e derrate<br />

che arrivavano al porto <strong>di</strong> Efeso 195 e ai centri della<br />

costa prospicienti il golfo <strong>di</strong> Antalya, <strong>ed</strong> in particolare<br />

a Perge 196 , con i quali Hierapolis era collegata<br />

attraverso un network <strong>di</strong> vie che univano da un<br />

lato il sito alla valle del Meandro e quin<strong>di</strong> a Tralles<br />

(Ay<strong>di</strong>n) e alla costa egea, e che dall’altro, grazie<br />

ad una via menzionata nell’Itinerarium Antonini e<br />

nella Tabula Peutingeriana collegavano, superando<br />

un passaggio montuoso, Sar<strong>di</strong>s a Lao<strong>di</strong>cea passando<br />

per Hierapolis. Verso est la regione era inoltre<br />

collegata attraverso la Pisi<strong>di</strong>a alla costa panfilica<br />

<strong>ed</strong> all’antica Attaleia (ora Antalya) grazie alla via<br />

Lao<strong>di</strong>cea-Side. Tuttavia l’abbondanza <strong>di</strong> vasellame<br />

privo <strong>di</strong> confronti nell’e<strong>di</strong>to 197 in pressoché tutte le<br />

classi ceramiche non può essere ignorato <strong>ed</strong> il fenomeno<br />

sembra evidenziare un paesaggio economico<br />

caratterizzato da una vivacità produttiva e da una<br />

sinergia <strong>di</strong> scambi a livello micro-regionale.<br />

Anche la gran parte del vasellame acromo in<br />

circolazione nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> è attribuibile alle<br />

manifatture locali/micro-regionali che producevano<br />

una ricca serie <strong>di</strong> brocche ( fig. 7 e), bottiglie, olle<br />

da stoccaggio ( fig. 7 d), ciotole, piatti ( fig. 7 b), coperchi<br />

( fig. 7 a, c) e bacili: proprio <strong>di</strong> questi ultimi<br />

sono stati ritrovati <strong>ed</strong> analizzati anche gli scarti 198 e<br />

si sono in<strong>di</strong>viduati i bacini <strong>di</strong> approvvigionamento<br />

delle argille 199 . I bacili ierapolitani ( fig. 7 f-g) presentano<br />

un caratteristico orlo ingrossato sottolineato<br />

da un breve listello spesso decorato con nastri<br />

190 Cfr. Cottica et Alii 2008, p. 116 e Fig. 5.<br />

191 Il tipo rientra in una famiglia morfologica <strong>di</strong> lunga <strong>ed</strong> ampia tra<strong>di</strong>zione in Anatolia occidentale, <strong>ed</strong> è confrontabile con<br />

Degeest 2000, Figg. 191-192 che a Sagalassos si rinviene in livelli databili dal IV alla metà del VII secolo (ma è più comune<br />

<strong>fra</strong> V e VI).<br />

192 Attualmente in corso.<br />

193 L’autrice desidera ringraziare M. Rautman per aver esaminato macroscopicamente alcuni campioni <strong>di</strong> queste anfore. Allo<br />

stato attuale gli esemplari ierapolitani non sembrano avere lo stesso impasto degli esemplari rinvenuti a Sar<strong>di</strong>s.<br />

194 Per gli unguentari <strong>di</strong> Hierapolis cfr. Cottica 1998; Ead. 2000b. Per i rinvenimenti efesini si v<strong>ed</strong>ano: Lochner et Alii 2005;<br />

Sauer, Ladstätter 2005; Metaxas 2005.<br />

195 Cfr. in particolare Bezeczky 2005.<br />

196 Per i materiali dalle case tardoantiche <strong>di</strong> Perge si v<strong>ed</strong>a: Fırat s.d.; Ead. 2003.<br />

197 Soprattutto dal punto <strong>di</strong> vista dell’impasto, piuttosto che del confronto morfologico.<br />

198 Gli scavi condotti nell’area dell’agorà hanno portato alla luce alcune fornaci anche per la cottura <strong>di</strong> vasi cfr. Arthur 2006,<br />

pp. 109-110; Mastronuzzi, Melissano 2007, pp. 576-577 e Fig. 2. Chi scrive desidera ringraziare il Direttore della Missione<br />

F. D’Andria per aver concesso la possibilità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are scarti e <strong>fra</strong>mmenti mal cotti dalle fornaci. Per un confronto preliminare<br />

<strong>fra</strong> i dati relativi alle analisi PIXE condotte su campioni ceramici, scarti e <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> vasi mal cotti si v<strong>ed</strong>a: Cottica<br />

et Alii 2006, in particolare Fig. 2. Per i risultati <strong>di</strong> recenti analisi archeometriche e mineropetrografiche condotte su scarti e<br />

prodotti finiti presso i laboratori già menzionati <strong>di</strong> Varsavia e Berlino si rinvia a Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider,<br />

c.s. b.<br />

199 Cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a.


172<br />

incisi, il corpo è in genere costolato <strong>ed</strong> il fondo è<br />

piano. Interessante è segnalare la presenza <strong>di</strong> alcuni<br />

coperchi tipici <strong>di</strong> contesti databili <strong>fra</strong> il VI secolo<br />

e l’occupazione finale dell’insula agli inizi del VII.<br />

La loro morfologia è contrad<strong>di</strong>stinta dalla forma a<br />

campana del corpo 200 , con presa a bottone <strong>di</strong> notevoli<br />

<strong>di</strong>mensioni (cfr. fig. 7 a, c): <strong>di</strong> fatto l’oggetto in<br />

questione, se capovolto, assomiglia ad un bicchiere.<br />

Le sue <strong>di</strong>mensioni e le peculiarità delle rifiniture<br />

interne sembrano renderlo perfettamente adatto<br />

ad appoggiarsi alle anfore domestiche <strong>di</strong> cui sopra<br />

(cfr. fig. 4 g-h) 201 , ma non a chiudere ermeticamente:<br />

sembra dunque almeno ipotizzabile un duplice<br />

uso <strong>di</strong> tali manufatti come coperchi/bicchieri analogamente<br />

ad alcune bottiglie con simili coperchi/<br />

bicchieri tuttora prodotte in fornaci <strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionale<br />

nelle colline attorno a Denizli (cfr. in<strong>fra</strong> tav.<br />

XXX, a, b).<br />

5.3. I contesti post terremoto <strong>di</strong> metà VII secolo<br />

Nell’insula 104 il paesaggio urbano subì profon<strong>di</strong><br />

cambiamenti attorno alla metà del VII secolo<br />

d.C.: le più tarde monete attestate nei livelli <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struzione delle case dell’insula 104 si datano al<br />

regno dell’imperatore Eraclio e simili dati vengono<br />

da interventi <strong>di</strong> scavo in altri settori dell’abitato. Lo<br />

stu<strong>di</strong>o degli elementi in crollo relativi alla <strong>di</strong>struzione<br />

delle case tardoantiche ha <strong>di</strong>mostrato che fu<br />

un sisma, verificatosi attorno o dopo la metà del<br />

VII secolo, a causarne la <strong>di</strong>struzione.<br />

Le indagini archeologiche presso l’insula 104<br />

hanno anche rivelato che l’area al momento del si-<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

sma era già in gran parte abbandonata <strong>ed</strong> in corso<br />

<strong>di</strong> spoliazione e che l’isolato non venne rioccupato<br />

stabilmente fino al X secolo: solo in quest’epoca<br />

infatti è certa la presenza <strong>di</strong> nuove strutture<br />

abitative. Hierapolis dunque, come molti altri siti<br />

dell’Asia Minore, dalle vicine Lao<strong>di</strong>cea <strong>ed</strong> Afro<strong>di</strong>sias,<br />

ad Efeso, Sar<strong>di</strong>s, Sagalassos etc., nel corso del<br />

VII secolo subì trasformazioni considerevoli, percepibili<br />

attraverso lo stu<strong>di</strong>o del paesaggio urbano<br />

antico come pure dei contesti ceramici. Proprio i<br />

mutamenti nella morfologia del vasellame, in associazione<br />

alle variazioni del quadro <strong>di</strong>stributivo degli<br />

impasti e congiuntamente all’apparire <strong>di</strong> nuove<br />

forme e tecnologie decorative, rivelano e presuppongono<br />

cambiamenti socio-economici e culturali<br />

<strong>di</strong> vasta portata, attestati e riconoscibili per il X secolo<br />

ma per i quali tuttavia al momento non possiamo<br />

rintracciare né le origini precise, né le <strong>di</strong>namiche<br />

evolutive.<br />

Nei livelli <strong>di</strong> cenere combusta 202 relativi al riutilizzo<br />

dell’ambiente A 1361 quale fienile si sono rinvenute<br />

ceramiche residue <strong>di</strong> età romana e tardoantica,<br />

accanto ad alcuni esemplari (cfr. fig. 9 a-b) che<br />

sembrano anticipare tipi morfologici che saranno<br />

in seguito tipici dei livelli relativi alla costruzione<br />

e <strong>di</strong>struzione 203 delle case me<strong>di</strong>o bizantine 204 . Al<br />

contempo nei livelli <strong>di</strong> crollo soprastanti l’incen<strong>di</strong>o<br />

del fienile 205 appaiono i primi <strong>fra</strong>mmenti <strong>di</strong> ceramica<br />

micacea sovra<strong>di</strong>pinta 206 (cfr. fig. 9 c, f, i-m),<br />

assieme a morfologie ancora una volta precorritrici<br />

<strong>di</strong> tipi ben attestati nelle fasi successive, come le<br />

anforette con anse a nastro ( fig. 9 g) 207 <strong>ed</strong> i pithoi<br />

( fig. 9 e) 208 .<br />

200 Il corpo può avere pareti perfettamente <strong>di</strong>ritte o leggermente svasate cfr. fig. 7 a, c. Anche il collo delle anfore può avere<br />

pareti più o meno <strong>di</strong>ritte.<br />

201 Queste avevano una capacità variabile <strong>fra</strong> i 34 <strong>ed</strong> i 44.5 litri.<br />

202 Si tratta degli strati US 760/1 <strong>ed</strong> US 853.<br />

203 Ad esempio la pentola in fig. 9 a è confrontabile con il simile vaso in fig. 10 b (il pezzo proviene dal riempimento <strong>di</strong> una<br />

fossa al <strong>di</strong> sotto della case <strong>di</strong> X secolo = orizzonte 4) e con la pentola illustrata in Cottica 1998, Fig. 2, n. 9 dai livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione<br />

delle case me<strong>di</strong>o bizantine. L’olla in fig. 9 b (dai livelli <strong>di</strong> cenere combusta nel fienile) è invece confrontabile con il<br />

vaso in fig. 11 d (dai livelli d’uso delle case me<strong>di</strong>evali).<br />

204 Per un approfon<strong>di</strong>mento sui materiali relativi a queste fasi <strong>ed</strong> al passaggio <strong>fra</strong> l’occupazione tardoantica e le case <strong>di</strong> X secolo<br />

d.C. si v<strong>ed</strong>a: Cottica 2006.<br />

205 Si tratta degli strati US 843 e US 687/1-3. Per quanto riguarda le profonde mo<strong>di</strong>fiche dell’area successivamente alla <strong>di</strong>struzione<br />

del VII secolo e la sua trasformazione in senso agricolo, cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b, pp. 383, 389.<br />

206 Per la ceramica micacea sovra<strong>di</strong>pinta, tipica degli orizzonti me<strong>di</strong>o bizantini a Hierapolis cfr. in<strong>fra</strong> sezione 5.4 e per una dettagliata<br />

presentazione della classe cf. Cottica 2007b.<br />

207 Questo pezzo è confrontabile con quelli in fig. 10 g (dal riempimento <strong>di</strong> una fossa al <strong>di</strong> sotto della case <strong>di</strong> X secolo = orizzonte<br />

4) e in fig. 13 g (il <strong>fra</strong>mmento illustrato proviene dalla pulizia <strong>di</strong> una sezione nell’area dello scavo delle case me<strong>di</strong>evali<br />

orientali <strong>ed</strong> è rappresentativo <strong>di</strong> molti altri <strong>fra</strong>mmenti, meno conservati, provenienti dai livelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione delle case <strong>di</strong> X<br />

secolo).<br />

208 Il <strong>fra</strong>mmento in questione è confrontabile con i pezzi illustrati in fig. 11 b (dai livelli d’uso delle case me<strong>di</strong>evali) <strong>ed</strong> in fig.<br />

13 a, c (dagli orizzonti 7 <strong>ed</strong> 8).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

173<br />

fig. 9 - Ceramiche dai livelli relativi al così detto fienile <strong>ed</strong> alla sua <strong>di</strong>struzione (ca. fine VII/VIII secolo).<br />

a-b) olle; c) parete con decorazione <strong>di</strong>pinta in bianco; d) olla; e) pithos con orlo con forellini;<br />

f ) brocca/bottiglia con decorazione <strong>di</strong>pinta a fasce rosse e bianche; g) anforetta; h) olla; i) bottiglia<br />

con decorazione a fasce <strong>di</strong>pinte rosse; l-m) bottiglia con decorazione <strong>di</strong>pinta bianca e rossa (<strong>di</strong>segni<br />

<strong>di</strong> A. Miotto, fotografia <strong>di</strong> D. Cottica).


174<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

fig. 10 - Ceramiche me<strong>di</strong>o-bizantine dai livelli sottostanti le case <strong>di</strong> X secolo. a) olla; b) pentola;<br />

c) olla; d) base a fondo quasi piano; e) brocca/bottiglia; f ) coperchio; g) anforetta; h) brocca/bottiglia;<br />

i-l) bottiglie; m) pithos (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> F. Broilo).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

175<br />

Le sovra<strong>di</strong>pinture si presentano sia in bianco sia<br />

in colore rosso 209 : quest’ultimo tuttavia non compare<br />

nei successivi livelli relativi alle case me<strong>di</strong>o<br />

bizantine, a <strong>di</strong>fferenza del colore bianco il cui uso<br />

“… si inserisce a pieno titolo nello sviluppo delle<br />

produzioni comuni d’area anatolica nell’età me<strong>di</strong>obizantina<br />

e nell’epoca ottomana …”, come osservato<br />

da S. Gelichi 210 . Non è ancora possibile stabilire<br />

con esattezza quando siano state introdotte a<br />

Hierapolis ceramiche <strong>di</strong>pinte a fasce e nastri ma<br />

sulla base dei dati sopra esposti è possibile ipotizzarne<br />

la comparsa <strong>fra</strong> fine VII e VIII secolo. La<br />

presenza <strong>di</strong> decori <strong>di</strong>pinti bianchi e rossi è tipica<br />

<strong>di</strong> vari orizzonti culturali già nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>,<br />

come attestato dalla <strong>di</strong>ffusione della così detta<br />

“Monastic Ware” <strong>di</strong> Alahan 211 , della “ceramica sovra<strong>di</strong>pinta<br />

bizantina” <strong>di</strong> Gortina 212 , delle ceramiche<br />

<strong>di</strong>pinte <strong>ed</strong> incise <strong>di</strong> Giordania 213 . Motivi incisi<br />

e <strong>di</strong>pinti sono <strong>di</strong>ffusi nella tra<strong>di</strong>zione islamica, specialmente<br />

in epoca omayyade 214 e bizantina 215 . La<br />

circolazione <strong>di</strong> ceramica micacea sovra<strong>di</strong>pinta, confrontabile<br />

con quella ierapolitana, è per ora attestata<br />

con certezza nella vicina Lao<strong>di</strong>cea 216 , nel castello<br />

bizantino <strong>di</strong> Çardak vicino a Denizli 217 , a Pergamo<br />

in livelli <strong>di</strong> XI-XII secolo 218 e a Limyra 219 .<br />

5.4. Il materiale ceramico me<strong>di</strong>o bizantino<br />

La rioccupazione dell’area nel X secolo è associata<br />

all’abbondante presenza <strong>di</strong> ceramica caratterizza-<br />

ta da un’argilla ferrosa molto micacea, macroscopicamente<br />

affine a quella utilizzata per la produzione<br />

<strong>di</strong> ceramica da fuoco in età tardo antica ma, a <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> quest’ultima, dotata <strong>di</strong> inclusi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

maggiori e più abbondanti 220 . Gli impasti utilizzati<br />

nel periodo me<strong>di</strong>o bizantino 221 non compaiono<br />

nei livelli relativi alla costruzione <strong>ed</strong> uso primario<br />

delle case <strong>di</strong> V - inizi VII secolo, sono presenti in<br />

piccole quantità nei livelli <strong>di</strong> spianamento <strong>di</strong> macerie<br />

protobizantine e risultano frequenti nei livelli<br />

d’uso ( fig. 11) e soprattutto <strong>di</strong> abbandono/<strong>di</strong>struzione<br />

( figg. 12-13) delle case <strong>di</strong> X secolo. L’impasto<br />

in questione compare in relazione a specifici<br />

tipi morfologici: si tratta <strong>di</strong> olle <strong>ed</strong> ollette <strong>di</strong> varie<br />

<strong>di</strong>mensioni, con o senza anse 222 ( fig. 11 c-f e fig.<br />

12 c-e), boccalini mono-ansati ( fig. 12 f), anforette<br />

con corpo globulare e fondo piano, con larghe anse<br />

a nastro <strong>ed</strong> orlo ingrossato ( fig. 11 o; fig. 12 g; fig.<br />

13 g), e ancora bottiglie ( fig. 11 h), coperchi piani<br />

con presa a bottone ( fig. 12 b) e pithoi dal caratteristico<br />

orlo a tesa orizzontale ingrossato ( fig. 11 a-b<br />

e fig. 13 a, c). Dal punto <strong>di</strong> vista morfologico, alcuni<br />

dei materiali ierapolitani trovano confronti nelle<br />

ceramiche bizantine <strong>di</strong> Costantinopoli, Pergamo <strong>ed</strong><br />

in particolare Amorion 223 .<br />

A questo repertorio morfologico è spesso associato<br />

l’uso <strong>di</strong> un particolare tipo <strong>di</strong> decorazione: si<br />

tratta <strong>di</strong> motivi sovra<strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> colore bianco, utilizzati<br />

a comporre fasce, nastri e motivi circolari 224<br />

( fig. 11 h-m, o) ai quali spesso si vengono ad aggiungere<br />

nastri incisi a crudo ( fig. 11 c, i-l, o), o de-<br />

209 Per la compresenza <strong>di</strong> colore bianco e rosso si v<strong>ed</strong>a fig. 9 f, i-m.<br />

210 Gelichi, Negrelli 2004, p. 254. Per maggiori dettagli su questa classe cfr. in<strong>fra</strong>.<br />

211 Williams 1985.<br />

212 Dello Preite 1997; Vitale 2001.<br />

213 Uscatescu 1996a, lam. XIV-XV; Ead. 1996b Figg. 1 e 2.<br />

214 Si tratta della nota <strong>di</strong>nastia <strong>di</strong> califfi arabi che resse l’impero musulmano dal 661 al 750. Per alcune ceramiche significative<br />

<strong>di</strong> questo periodo <strong>ed</strong> ai fini della presente trattazione si v<strong>ed</strong>ano: Gawlikowski 1995; McNicoll et Alii 1982; Delougaz,<br />

Haines 1960.<br />

215 Per l’Italia bizantina cfr. ad esempio Saguì 1998 e Patittucci Uggeri 1977. Per l’Anatolia cfr. Spieser 1996; Gelichi, Negrelli<br />

2004.<br />

216 Gelichi, Negrelli 2004, pp. 251-254.<br />

217 Barnes, Whittow 1998.<br />

218 Spieser 1996, Taf. 46, pp. 426-427.<br />

219 Gentilmente segnalato da J. Vroom che chi scrive desidera ringraziare.<br />

220 Cfr. Cottica 2007a, Figg. 14.2 e 14.6. I dati archeometrici sembrano evidenziare una minor standar<strong>di</strong>zzazione nella lavorazione<br />

e produzione delle ceramiche “da fuoco e cucina” me<strong>di</strong>o bizantine, rispetto a quelle tardoantiche: cfr. Daszkiewicz,<br />

Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b.<br />

221 Cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a.<br />

222 Queste, quando presenti, sono sempre impostate sull’orlo.<br />

223 Per i confronti cfr. Cottica 2007b in particolare p. 262 nota 33.<br />

224 Da qui deriva la denominazione <strong>di</strong> questa classe “Micaceous White Paint<strong>ed</strong> Ware”. Per dettagli su questa classe si rinvia a<br />

Cottica 2007b.


176<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

fig. 11 - Ceramiche dai livelli d’uso delle case me<strong>di</strong>o bizantine. a-b) pithoi; c-f ) olle e ollette; g) ansa apicata;<br />

h) bottiglia; i-m) pareti con decorazioni sovra<strong>di</strong>pinte <strong>ed</strong> incise; n) <strong>fra</strong>mmento in vetrina pesante;<br />

o) anforetta <strong>di</strong>pinta <strong>fra</strong>mmentaria (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna, F. Broilo e A. Miotto, foto <strong>di</strong> D. Cottica).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

177<br />

fig. 12 - Vasellame ceramico dai livelli <strong>di</strong> crollo delle case me<strong>di</strong>o bizantine. a) olla; b) coperchio; c-e) olle<br />

e ollette; f ) boccalino; g) corpo <strong>di</strong> anforetta; h) piatto (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna e A. Miotto).


178<br />

cori a tacche ( fig. 12 d, f); frequenti sono anche anse<br />

<strong>di</strong> tipo apicato ( fig. 11 g e fig. 13 d) 225 e la presenza<br />

<strong>di</strong> forellini praticati sugli orli dei pithoi ( fig. 9 e; fig.<br />

13 a) e su certe anse ( fig. 13 g). Negli stessi impasti<br />

erano anche prodotti i pochi <strong>fra</strong>mmenti a vetrina<br />

pesante ( fig. 11 n) portati alla luce e presenti esclusivamente<br />

nei livelli successivi al crollo delle case<br />

tardoantiche: si tratta prevalentemente <strong>di</strong> scaldavivande<br />

226 , piatti e brocche.<br />

La produzione sovra<strong>di</strong>pinta, <strong>di</strong> certo in uso alla<br />

fine del X secolo 227 sembra <strong>di</strong>minuire considerevolmente<br />

fino a scomparire a partire dai contesti <strong>di</strong><br />

tardo XI secolo scavati e stu<strong>di</strong>ati da P. Arthur 228 e<br />

C. Şimşek 229 , caratterizzati invece dalla presenza <strong>di</strong><br />

vasellame, sempre con lo stesso impasto micaceo,<br />

decorato con cordoni plastici applicati 230 .<br />

Come abbiamo visto, gli scavi recentemente<br />

condotti, e tuttora in corso, nel settore occidentale<br />

dell’insula 104 <strong>ed</strong> in particolare nell’ambiente A<br />

1361, hanno rivelato un’interessante sequenza <strong>di</strong> attività<br />

che includono sia l’utilizzo a fienile degli e<strong>di</strong>fici<br />

in rovina della prec<strong>ed</strong>ente casa tardoantica (cfr.<br />

supra sezione 4.5), testimonianza della ruralizzazione<br />

degli spazi urbani, sia una serie <strong>di</strong> piani d’uso<br />

e fosse situati <strong>fra</strong> la <strong>di</strong>struzione del fienile <strong>ed</strong> i livelli<br />

pavimentali in battuto della soprastante casa<br />

me<strong>di</strong>evale. I relativi contesti ceramici (illustrati in<br />

fig. 10), oltre al consueto materiale residuo romano<br />

e proto-bizantino (non illustrato), presentano vasel-<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

lame dall’impasto e dalla morfologia <strong>di</strong>rettamente<br />

confrontabili con i materiali dai livelli d’uso e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>struzione delle case <strong>di</strong> X secolo. Questi includono<br />

pithoi con massiccio orlo a tesa ( fig. 10 m), olle<br />

a fondo quasi piano ( fig. 10 d), anforette con collo<br />

cilindrico <strong>ed</strong> anse a nastro ( fig. 10 g), coperchi<br />

( fig. 10 f), brocche e bottiglie ( fig. 10 e, h-l) <strong>ed</strong> infine<br />

olle ( fig. 10 a-c) dal breve collare, orlo estroflesso,<br />

spesso dotate <strong>di</strong> anse a sezione rettangolare <strong>ed</strong><br />

impostate sull’orlo, morfologicamente assai vicine<br />

alle forme più tipiche dagli orizzonti 6-8 illustrati<br />

nelle figg. 11-13.<br />

5.5. I reperti ceramici <strong>fra</strong> <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> e me<strong>di</strong>oevo<br />

a confronto<br />

Il confronto <strong>di</strong>retto <strong>fra</strong> i contesti ceramici pertinenti<br />

alle due principali fasi <strong>di</strong> costruzione, uso<br />

<strong>ed</strong> abbandono delle case nell’insula 104 rivela importanti<br />

cambiamenti: nella forma, e quin<strong>di</strong> nella<br />

funzionalità, del vasellame, nella varietà degli impasti<br />

in circolazione, nelle tecniche decorative e <strong>di</strong><br />

manifattura 231 . La produzione me<strong>di</strong>o bizantina, a<br />

<strong>di</strong>fferenza della prec<strong>ed</strong>ente, si avvaleva quasi esclusivamente<br />

<strong>di</strong> argilla micacea, ferrosa e ricca <strong>di</strong> quarzo<br />

verosimilmente estratta da bacini situati nelle<br />

colline ad est dell’abitato. 232 L’utilizzo <strong>di</strong> un’argilla<br />

ferrosa macroscopicamente simile a quella ancor<br />

oggi localmente abbondante, è per altro attestato<br />

225 Per confronti si v<strong>ed</strong>ano le anse apicate in Delougaz, Haines 1960, 39, pl. 43 e specialmente nn. 29-32 da livelli tardo antichi<br />

e pre-omayya<strong>di</strong>.<br />

226 Cfr. Cottica 1998, Fig. 4 n. 13; Ead. 2007, Fig. 16 nn. 3-4.<br />

227 Per esemplari da altri scavi a Hierapolis cfr.: Arthur 1997; Caggia 2007, Figg. 18-19; Polito 2007, Figg. 10-11.<br />

228 Si tratta della chiesa bizantina situata sul lato orientale dell’agorà, cfr. Arthur 2006, pp. 118-125. Per i materiali, decorati<br />

con cordoni applicati, cfr. Arthur 2002, Fig. 3.<br />

229 Şimşek 2000.<br />

230 Questi cordoni presentano spesso una decorazione <strong>di</strong>gitata cfr. Arthur 2002, Fig. 3; Id. 2006, p. 80, Fig. 26. Per simili rinvenimenti<br />

a Lao<strong>di</strong>cea cfr. Gelichi, Negrelli 2004, p. 254 e nota 192 per ulteriori confronti. L’esemplare da Lao<strong>di</strong>cea presenta sia la<br />

decorazione plastica sia la sovra<strong>di</strong>pintura bianca. Per un’analoga combinazione <strong>di</strong> motivi decorativi a Pergamo cfr. Spieser 1996,<br />

Taf. 44-45, no. 425. Vasellame con cordoni applicati sembra essere presente a Hierapolis dall’XI secolo per tutto il periodo tardobizantino,<br />

come testimoniato dagli esemplari rinvenuti negli scavo delle Terme Gran<strong>di</strong> <strong>di</strong> Hierapolis ( fig. 1), cfr. Şimşek 1997,<br />

Res. 21. A Hierapolis non sono per ora noti esemplari che presentino sia il cordone applicato sia la sovra<strong>di</strong>pintura bianca.<br />

231 Vasta è la letteratura scientifica sullo stu<strong>di</strong>o dei reperti della cultura materiale come strumento essenziale <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> processi<br />

culturali. Per in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> metodo <strong>ed</strong> esempi <strong>di</strong> applicazioni si v<strong>ed</strong>ano <strong>fra</strong> gli altri i seguenti lavori: Arnold 1985; Appadurai<br />

1986 (in particolare Part V “Historical transformations and commo<strong>di</strong>ty codes”); Cumberpatch, Blinkhorn 1997; Schiffer<br />

1999; Miracle, Milner 2002; DeMarrais, Gosden, Renfrew 2004; Arnold 2005; Poblome, Malfitana, Lund 2007.<br />

232 Ove a tutt’oggi vi sono cave <strong>di</strong> argilla ferrosa in uso cfr. Cottica et Alii 2008, Fig. 1 C-D. Le indagini archeometriche <strong>ed</strong> i<br />

campionamenti fino ad ora effettuati non hanno portato all’identificazione del bacino <strong>di</strong> provenienza delle argille micacee utilizzate<br />

per la manifattura del vasellame me<strong>di</strong>o bizantino. Tuttavia le caratteristiche delle argille moderne esaminate permettono<br />

<strong>di</strong> ipotizzare che la provenienza del vasellame a componente micacea e ferrosa potesse essere locale: i bacini argillosi me<strong>di</strong>o<br />

bizantini (come quelli tardoantichi) potrebbero non essere più visibili oggi, oppure potrebbero essersi esauriti nel tempo. Solo<br />

per le ceramiche acrome tardoantiche si sono invece identificate alcune cave con caratteristiche chimiche e minero-petrografiche<br />

pressoché identiche alla matrice argillosa dei manufatti cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. a in part. Fig. 4.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

179<br />

fig. 13 - Vasellame ceramico dai livelli <strong>di</strong> crollo delle case me<strong>di</strong>o bizantine. a) pithos; b) bottiglia; c) pithos con forellini<br />

sulla sommità dell’orlo; d) bottiglia con anse apicate; e-f ) bottiglia; g) anforetta con forellini sulle anse; h) bottiglia; i-l) pareti<br />

<strong>fra</strong>mmentarie con decorazione sovra<strong>di</strong>pinta <strong>ed</strong> incisa (<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S. Bologna e A. Miotto, fotografia <strong>di</strong> D. Cottica).


180<br />

per tutto il periodo bizantino e fino all’età moderna<br />

e contemporanea 233 . Questo dato si contrappone<br />

alla varietà delle produzioni regionali e microregionali<br />

attestate fino alla metà del VII secolo. Il<br />

quadro ben rispecchia il mutato scenario politico<br />

che v<strong>ed</strong>e nella valle del Lykos una via <strong>di</strong> penetrazione<br />

per le incursioni arabe e poi selgiuchi<strong>di</strong> e<br />

non più una via <strong>di</strong> naturale collegamento <strong>fra</strong> siti e<br />

vallate contigue.<br />

L’argilla ferrosa permetteva <strong>di</strong> produrre vasellame<br />

resistente al calore <strong>ed</strong> adatto, come <strong>di</strong>mostrato<br />

dalle analisi <strong>di</strong> laboratorio 234 , a contenere liqui<strong>di</strong><br />

per un tempo prolungato. Il vasellame era funzionale<br />

all’esposizione al fuoco ma anche allo stoccaggio<br />

<strong>di</strong> derrate, comprese quelle liquide. Non ci sorprende<br />

dunque se nel X secolo con quest’unico tipo<br />

<strong>di</strong> materia prima fu prodotta una varietà <strong>di</strong> forme<br />

funzionali: dai vasi potori, alle pentole, ai coperchi,<br />

ai tegami e contenitori <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni (pithoi e<br />

olle). Le olle, con il loro corpo globulare dalle pareti<br />

<strong>di</strong> ridotto spessore, a volte costolate, il breve collare<br />

e l’orlo leggermente ingrossato <strong>ed</strong> estroflesso,<br />

sembrano evolvere dalla morfologia dei loro corrispettivi<br />

tardoantichi 235 .<br />

Tuttavia il fondo piano dei vasi me<strong>di</strong>o bizantini<br />

236 e le ampie anse a nastro impostate sull’orlo si<br />

<strong>di</strong>fferenziano notevolmente dei loro corrispettivi <strong>di</strong><br />

VI - inizi del VII secolo, <strong>ed</strong> attestano per l’età me<strong>di</strong>evale<br />

<strong>di</strong>verse modalità <strong>di</strong> cottura dei cibi e <strong>di</strong> utilizzo<br />

del vasellame in questione. L’esistenza <strong>di</strong> un<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

cambiamento nella preparazione e nel consumo degli<br />

alimenti 237 è evidenziata anche dalla comparsa,<br />

in età me<strong>di</strong>evale, <strong>di</strong> forme ceramiche nuove come<br />

i boccalini e le ollette <strong>di</strong> ridotte <strong>di</strong>mensioni 238 ( fig.<br />

12 e-f), o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> forme completamente ignote<br />

al mondo greco-romano come lo scaldavivande 239 e<br />

i così detti attingitoi/versatoi 240 . P. Arthur ha ipotizzato<br />

che l’introduzione <strong>di</strong> nuove morfologie funzionali<br />

sia stata una concreta conseguenza del periodo<br />

iconoclastico, della penetrazione araba, e forse<br />

dell’introduzione <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zioni culinarie orientali in<br />

Frigia 241 . Dunque Hierapolis, nonostante il processo<br />

<strong>di</strong> ruralizzazione non rimase estranea ad alcune<br />

importanti trasformazioni culturali occorse in età<br />

me<strong>di</strong>o bizantina. Anzi, la presenza <strong>di</strong> una produzione<br />

locale o microregionale <strong>di</strong> ceramica a vetrina<br />

pesante (cfr. fig. 11 n) e <strong>di</strong> imitazioni <strong>di</strong> ceramica<br />

che potemmo definire sgraffita 242 , congiuntamente<br />

all’introduzione nel repertorio morfologico <strong>di</strong> forme<br />

prima sconosciute, come appunto lo scaldavivande,<br />

contribuisce a rafforzare l’immagine <strong>di</strong> una<br />

comunità produttiva, vivace e ricettiva dal punto<br />

<strong>di</strong> vista culturale, capace <strong>di</strong> adeguarsi al nuovo gusto<br />

dell’epoca producendo localmente il vasellame<br />

più richiesto e “alla moda”, quale doveva appunto<br />

essere la ceramica a vetrina pesante. Al contempo,<br />

in età me<strong>di</strong>o bizantina gli scambi a livello regionale<br />

sembrano quasi del tutto assenti: i rari prodotti<br />

d’importazione sono costituiti da ceramica invetriata<br />

proveniente dalla capitale Costantinopoli 243 ,<br />

233 Fornaci tra<strong>di</strong>zionali ancora in funzione nel villaggio <strong>di</strong> Sarinishar presso Denizli (cfr. tav. XXX, a), utilizzano un’argilla con<br />

caratteristiche e proprietà confrontabili a quelle utilizzate in età me<strong>di</strong>o bizantina; questa viene oggi impiegata per confezionare<br />

soprattutto <strong>di</strong> recipienti destinati a contenere liqui<strong>di</strong>, quali brocche e bottiglie (cfr. tav. XXX, b per un esempio moderno).<br />

Nel moderno villaggio <strong>di</strong> Pamukkale Köy è tuttora in uso un tipo <strong>di</strong> samovar prodotto con argilla ferrosa e micacea: quest’oggetto,<br />

com’è noto, è utilizzato per la preparazione del tè, funzione che sfrutta al meglio le proprietà un’argilla resistente al<br />

calore <strong>ed</strong> al contempo impermeabile.<br />

234 Cfr. Daszkiewicz, Cottica, Bobryk, Schneider, c.s. b.<br />

235 Si confronti fig. 8 a-c con fig. 12 a, e.<br />

236 Fra i materiali relativi ai livelli anteriori alle case <strong>di</strong> X secolo si rinvengono fon<strong>di</strong> quasi piani (cfr. fig. 10 d), mentre negli<br />

strati d’uso e <strong>di</strong>struzione delle abitazioni si trovano prevalentemente fon<strong>di</strong> piani (cfr. fig. 12 e).<br />

237 Per un commento generale sui cambiamenti alimentari nella Hierapolis me<strong>di</strong>evale cfr. Arthur 2006, pp. 75-76. Dati interessanti<br />

provengono anche dalle analisi dei residui effettuate da F. Notarstefano e M. Lettieri presso il Laboratorio <strong>di</strong> Chimica<br />

Organica, Dipartimento <strong>di</strong> Biologia e Scienze Ambientali e Tecnologia (Di.S.Te.B.A.) dell’Universià del Salento (gas chromatography<br />

GC, combinata con mass spectrometry MS) e dai Laboratori dell’IBAM - CNR <strong>di</strong> Lecce, in corso <strong>di</strong> elaborazione.<br />

238 Arthur propone che queste potessero essere utilizzate per cuocere legumi: cfr. Arthur 1997, p. 539.<br />

239 Gli scaldavivande dall’insula 104 sono tutti realizzati in argilla ferrosa e micacea e sono ricoperti con vetrina pesante.<br />

240 Cfr. Cottica 2007a, Fig. 16, nn. 5-6 e per una <strong>di</strong>scussione sulla possibile funzione <strong>di</strong> questi contenitori come attingitoi/versatoi<br />

Ead. 2007b, in particolare Figg. 8-9, 14 nn. 6-7 e Fig. 10 a-b. Arthur invece ipotizza si tratti <strong>di</strong> alambicchi per la <strong>di</strong>stillazione,<br />

cfr. Arthur 2006, pp. 80-81.<br />

241 Cfr. Arthur 2006, p. 77.<br />

242 Dall’insula 104 proviene un solo <strong>fra</strong>mmento <strong>di</strong> questo tipo, con decorazione a nastro inciso e vetrina <strong>di</strong> colore verde oliva.<br />

243 Nel caso dell’insula 104 si tratta <strong>di</strong> GWW I e II. Per un quadro generale delle importazioni a Hierapolis in età me<strong>di</strong>evale e<br />

post me<strong>di</strong>evale si v<strong>ed</strong>a Arthur 2006, pp. 73-88.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

181<br />

mentre la produzione locale <strong>di</strong> ceramica supplisce<br />

alla gran parte delle esigenze della popolazione.<br />

La preponderanza delle forme chiuse su quelle<br />

aperte 244 , pressoché assenti <strong>fra</strong> il vasellame ceramico<br />

post tardoantico, e l’abbondanza <strong>di</strong> contenitori<br />

potori (brocche, anforette, bottiglie), conferma<br />

l’ipotesi <strong>di</strong> avvenute trasformazioni nelle abitu<strong>di</strong>ni<br />

alimentari <strong>ed</strong> in generale nello stile <strong>di</strong> vita domestico.<br />

Allo stesso tempo la scomparsa delle “r<strong>ed</strong> slip<br />

wares” e l’uso della vetrina pesante presuppongo<br />

un’evoluzione nella tecnologia ceramica. Parte <strong>di</strong><br />

queste trasformazioni sarebbero alla base <strong>di</strong> alcuni<br />

aspetti tipici dell’attuale stile alimentare anatolico<br />

come testimoniato dal confronto <strong>fra</strong> la funzione<br />

dello scaldavivande bizantino <strong>ed</strong> il mangal turco 245 .<br />

Se dunque da un lato possiamo affermare che dal<br />

materiale me<strong>di</strong>o bizantino venne meno l’impronta<br />

della tra<strong>di</strong>zione romana, ancora chiaramente percepibile<br />

nei contesti <strong>di</strong> V - inizio del VII secolo 246 ,<br />

dall’altro è anche evidente, come si è visto sopra,<br />

che la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>pinta me<strong>di</strong>o bizantina e post me<strong>di</strong>evale,<br />

affonda le sue ra<strong>di</strong>ci nei sistemi decorativi<br />

<strong>di</strong>ffusi nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>, specialmente <strong>fra</strong> VII e<br />

VIII secolo 247 .<br />

6. Osservazioni conclusive <strong>ed</strong> ipotesi <strong>di</strong> lavoro<br />

(D.C.)<br />

In sintesi dunque, abbiamo visto come le planimetrie<br />

delle case tardoantiche dell’insula 104 si<br />

<strong>di</strong>scostino dall’assetto delle originarie abitazioni <strong>di</strong><br />

età romana e tardo romana concepite attorno ad<br />

un peristilio centrale 248 . Le ristrutturazioni operate<br />

nel VI secolo alterarono profondamente l’organizzazione<br />

degli spazi delle abitazioni prec<strong>ed</strong>enti, in<br />

funzione della necessità <strong>di</strong> una nuova <strong>di</strong>sposizione<br />

degli stessi: in questa fase i peristili persero la loro<br />

valenza unificante e flui<strong>di</strong>ficante dei percorsi all’interno<br />

della sfera domestica. I dati <strong>di</strong> scavo testimoniano<br />

un bisogno <strong>di</strong> realizzare separazioni funzionali<br />

nette <strong>fra</strong> i vari settori della casa, espressione <strong>di</strong><br />

una società caratterizzata da valori, ritmi e “rituali”<br />

<strong>di</strong> vita nuovi, o <strong>di</strong>versi 249 . In questa fase (VI secolo)<br />

gli e<strong>di</strong>fici esistenti vengono adattati alle nuove<br />

esigenze utilizzando come specifico strumento<br />

architettonico la costruzione <strong>di</strong> partizioni interne:<br />

proprio quest’operazione è stata riconosciuta da S.<br />

Ellis come espressione <strong>di</strong> uno stile architettonico<br />

tipicamente protobizantino 250 .<br />

Nell’e<strong>di</strong>to, planimetrie confrontabili con quelle<br />

dell’insula 104 sono in<strong>di</strong>viduabili a Sar<strong>di</strong>s nella così<br />

detta “Casa dei bronzi” 251 e nel complesso indagato<br />

da Rautman nel settore MMS 252 . Differente,<br />

ma complementare, è invece il quadro offerto dagli<br />

scavi presso le abitazioni <strong>di</strong> metà V - inizi del<br />

VII secolo ubicate sul lato ovest dell’agorà <strong>di</strong> Hierapolis<br />

253 che, nella loro organizzazione planimetrica,<br />

riflettono le esigenze <strong>di</strong> un gruppo sociale <strong>di</strong>verso<br />

da quello che risi<strong>ed</strong>eva nell’isolato 104. Le<br />

case presso l’agorà erano situate imme<strong>di</strong>atamente<br />

al <strong>di</strong> fuori della Porta Bizantina Nord, parte <strong>di</strong> un<br />

quartiere sub-urbano produttivo, abitato da artigiani<br />

impegnati nella manifattura <strong>di</strong> vasellame cera-<br />

244 Per uno dei rarissimi esemplari noti dai livelli me<strong>di</strong>evali dell’insula si v<strong>ed</strong>a fig. 12 h, sempre in argilla ferrosa e micacea.<br />

245 Tale somiglianza è evidenziata in Arthur 2006, p. 77. Il mangal è utilizzato per la cottura della carne <strong>di</strong> montone spe-<br />

ziata.<br />

246 Fra V e VII secolo d.C. si nota anche la persistenza <strong>di</strong> certe produzioni su larga scala <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione romana, come nel caso<br />

del vasellame da mensa con rivestimento rosso (le cosiddette R<strong>ed</strong> Slip Wares o Late Roman Pottery <strong>di</strong> J. Hayes), e <strong>di</strong> tipologie,<br />

ad esempio <strong>di</strong> contenitori anforici e <strong>di</strong> lucerne, <strong>di</strong>scendenti da prototipi romani (cfr. la serie delle Late Roman Amphorae).<br />

247 Cfr. supra Sezione 5.3.<br />

248 Sul perdurare del modello della casa a peristilio nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> fino alla metà circa del VI secolo cfr. Ellis 2004,<br />

p. 38.<br />

249 Lo stu<strong>di</strong>o dell’e<strong>di</strong>lizia privata nella prima età bizantina e specialmente in Anatolia è ancora agli inizi, cfr. Ellis 1997; Id.<br />

2004.<br />

250 Cfr. Ellis 2004, p. 47: “The key point about sub<strong>di</strong>vision is that it represents a definitive architectural style. It does not represent a<br />

random <strong>di</strong>stribution of walls above an older buil<strong>di</strong>ng. … There is a definitive attempt to use the earlier architecture to create a new context,<br />

and in housing terms new living space …”.<br />

251 Greenewalt et Alii 1983.<br />

252 Cfr. Rautman 1995b, in questo sito si notano per altro <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> trasformazione confrontabili con quelle stabilite per<br />

l’insula 104. Interessante è anche il complesso parzialmente messo in luce nel settore MMS/S con pannelli geometrici in opus<br />

sectile e pavimenti in tavelle <strong>di</strong> terracotta comparabili con quelli delle case <strong>di</strong> Hierapolis cfr. Crawford et Alii 1998, Figg. 9-10<br />

e 12.<br />

253 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007.


182<br />

mico e laterizi 254 . L’insula 104 invece, localizzata in<br />

una posizione cruciale all’interno della città romana,<br />

sull’asse agorà civile, Santuario <strong>di</strong> Apollo e teatro<br />

(cfr. fig. 1), nella rinnovata città cristiana venne<br />

a trovarsi a ridosso del cantiere <strong>di</strong> spoliazione<br />

del Santuario, poi utilizzato come area <strong>di</strong> scarico<br />

<strong>di</strong> rifiuti 255 , in uno spazio urbano sul quale non<br />

convergevano più assi viari nodali ma dove tuttavia<br />

restava importante affermare con forza i nuovi<br />

valori cristiani. Le mutate circostanze sono ancora<br />

una volta riflesse nell’abbondante presenza <strong>di</strong> simboli<br />

e riferimenti al mondo cristiano 256 e <strong>di</strong> oggetti<br />

legati alla nuova <strong>di</strong>mensione religiosa 257 .<br />

Le trasformazioni rintracciabili nell’architettura<br />

domestica dell’insula 104 si affiancano a quelle, ben<br />

documentate, relative al paesaggio urbano ierapolitano<br />

nel suo complesso, brevemente sintetizzate<br />

nella parte iniziale del presente stu<strong>di</strong>o 258 . Dai dati<br />

della ricerca più recente emerge, <strong>fra</strong> V e VI secolo,<br />

una riorganizzata città cristiana e bizantina che<br />

riflette sul piano architettonico, come nella sua organizzazione<br />

urbanistica, le trasformazioni sociali,<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

culturali, economiche, politiche e religiose che globalmente<br />

interessarono il mondo romano/bizantino<br />

in oriente 259 .<br />

Tuttavia nell’isolato 104 nuove alterazioni, per<br />

altro sostanziali, delle modalità inse<strong>di</strong>ative ebbero<br />

luogo nel corso della prima metà del VII secolo: in<br />

questa fase molti ambienti vennero chiusi <strong>ed</strong> abbandonati<br />

e le case occidentali furono oggetto <strong>di</strong><br />

spoliazione 260 , mentre alcuni degli spazi originari<br />

situati nella porzione orientale dell’insula furono<br />

convertiti in aree <strong>di</strong> lavorazione 261 , con annessi<br />

quartieri abitativi 262 . In questa fase gli spazi domestici<br />

erano allestiti in modo polifunzionale, come<br />

testimonia la compresenza nell’ambiente A 198 <strong>di</strong><br />

un’area <strong>di</strong> cottura e <strong>di</strong> un deposito <strong>di</strong> derrate 263 .<br />

Proprio la lettura integrata <strong>di</strong> dati strutturali/architettonici<br />

e reperti in contesto ha permesso <strong>di</strong> chiarire<br />

le <strong>di</strong>namiche temporali del cambiamento e <strong>di</strong><br />

leggere appieno le trasformazioni funzionali degli<br />

spazi abitativi, a loro volta portatrici <strong>di</strong> importanti<br />

implicazioni sociali che in questa s<strong>ed</strong>e non possono<br />

essere approfon<strong>di</strong>te 264 .<br />

254 Forse si può anche ipotizzare che gli spianamenti delle macerie dell’agorà fossero stati funzionali non solo al costituirsi <strong>di</strong><br />

un polo artigianale ma anche alla creazione <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> mercato non monumentalizzato. La scelta <strong>di</strong> costruire abitazioni<br />

con annessa area artigianale e fornaci proprio in prossimità della via <strong>di</strong> Frontino doveva infatti essere strategica in funzione<br />

del trasporto sia della materia prima (argilla), sia dei prodotti finiti.<br />

255 Cfr. Semeraro 2007.<br />

256 Come la presenza <strong>di</strong> croci incise in più luoghi delle case (soprattutto nei sectilia cfr. Cottica 2004 Tav. XL c <strong>ed</strong> f), oltre<br />

all’esistenza della così detta stanza della preghiera o dell’iscrizione <strong>di</strong>pinta (cfr. Zaccaria Ruggiu 2006b).<br />

257 Unguentari tardo antichi, eulogiae (cfr. fig. 9 e) e croci graffite sul vasellame ceramico.<br />

258 Cfr. supra. La città cristiana era ancora fortemente con<strong>di</strong>zionata dalle elaborazioni d’età classica, pur progressivamente mo<strong>di</strong>ficate,<br />

trasformate e rinnovate. Esempi ne sono sia la nuova viabilità della Hierapolis tardoantica, ancora legata alla programmazione<br />

urbanistica <strong>di</strong> età imperiale <strong>ed</strong> al tempo stesso espressione <strong>di</strong> rinnovate esigenze progettuali, sia le mo<strong>di</strong>fiche<br />

apportate all’assetto del tipo <strong>di</strong> casa a peristilio, esemplificate dalle abitazioni oggetto <strong>di</strong> questo contributo.<br />

259 Ampia è la letteratura scientifica sulla città nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong>; per delle sintesi bibliografiche si rinvia a Lavan 2001; Id.<br />

2003; Liebeschuetz 2001.<br />

260 Sulla base dei dati <strong>di</strong> scavo, è possibile ipotizzare che al momento del terremoto <strong>di</strong> VII secolo, le case occidentali fossero<br />

già state spoliate della loro decorazione marmorea parietale, mentre era in corso lo smantellamento dei sectilia pavimentali<br />

nella porzione più ad ovest dell’area scavata, ovvero in corrispondenza degli ambienti A. 1238 e A 1258 (cfr. fig. 2).<br />

261 Connesse con il riutilizzo del materiale e<strong>di</strong>lizio.<br />

262 Si tratta delle aree <strong>di</strong> lavorazione A 1207 e A 116/15, con gli annessi vani deposito A 198 <strong>ed</strong> A 176 (ottenuti tamponando<br />

l’apertura originaria <strong>fra</strong> questi due ambienti) e l’area <strong>di</strong> cucina A 119. In questa fase anche il portico orientale dell’originario<br />

peristilio <strong>di</strong> età romana, già alterato nelle ricostruzioni tardoantiche, venne definitivamente obliterato (cfr. fig. 2); i vani ad<br />

uso esclusivamente residenziale dovevano invece essere situati al piano superiore. Una compresenza <strong>di</strong> spazi residenziali <strong>ed</strong><br />

aree <strong>di</strong> attività artigianale è stata rilevata anche nella fase finale delle case sul lato ovest dell’agora, sopra menzionate. Queste<br />

non solo erano connesse alle fornaci, ma all’interno un m<strong>ed</strong>esimo vano (1101) si è rinvenuto un deposito d’argilla <strong>ed</strong> un’area<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>spensa. Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007, pp. 546-547 e 578. Simili compresenze sono state recentemente messe in evidenza<br />

anche a Sar<strong>di</strong>s: cfr. Harris 2004.<br />

263 Rappresentato da anfore e grosse olle da stoccaggio, qui rinvenute al momento dello scavo. Ancora una volta è possibile<br />

proporre un parallelo <strong>fra</strong> questa fase della casa orientale dell’insula 104 e le case presso l’agorà: infatti nell’ambiente 1048 <strong>di</strong><br />

una <strong>di</strong> queste, si è identificata sia una zona <strong>di</strong> cucina, sia un’area <strong>di</strong> deposito <strong>di</strong> derrate.<br />

264 Sulla necessità <strong>di</strong> una lettura sistematicamente integrata <strong>di</strong> reperti e contesto, e per i relativi orientamenti metodologici e<br />

teorici, si rinvia a: Papaconstantinou 2006 (in particolare Part 2 “Archaeological context and material culture”). Per un esempio<br />

pratico relativo ad e<strong>di</strong>fici ad uso residenziali nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> cfr. Harris 2004.


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

183<br />

Dalla seconda metà del VII secolo si nota una<br />

vera e propria cesura nella continuità abitativa <strong>di</strong><br />

quest’area che, gravemente danneggiata da uno o<br />

più terremoti, venne defunzionalizzata e subì un<br />

processo <strong>di</strong> ruralizzazione 265 . Il fenomeno non è<br />

però limitato a questo solo settore della città antica:<br />

grazie agli sforzi della Missione Archeologica<br />

Italiana, <strong>ed</strong> in particolare alle più recenti ricerche<br />

condotte alla guida del <strong>di</strong>rettore F. D’Andria 266 nei<br />

livelli tardoantichi e me<strong>di</strong>oevali <strong>di</strong> vaste porzioni<br />

dell’abitato, è possibile affermare che simili meccanismi<br />

interessarono, e trasformarono, tutta la città<br />

<strong>di</strong> Hierapolis, evidentemente in risposta ad uno stato<br />

<strong>di</strong> “crisi”, o meglio <strong>di</strong> trasformazione socio-politica<br />

<strong>ed</strong> economica, che andò ben oltre il caso specifico<br />

qui preso in esame, sulle cui cause storici <strong>ed</strong><br />

archeologi stanno da tempo <strong>di</strong>battendo 267 .<br />

Il periodo successivo fu portatore <strong>di</strong> importanti<br />

cambiamenti: in quest’arco <strong>di</strong> tempo infatti il modo<br />

<strong>di</strong> concepire <strong>ed</strong> organizzare l’abitare si mo<strong>di</strong>ficò ulteriormente<br />

come testimoniato dall’instaurarsi, attorno<br />

al X secolo, <strong>di</strong> spazi abitativi ricavati <strong>fra</strong> i<br />

crolli ancora emergenti delle case tardo antiche, occupati<br />

da strutture abitative <strong>di</strong> ridotte <strong>di</strong>mensioni,<br />

organizzate attorno a spazi aperti, probabilmente<br />

utilizzati per posizionarvi recinti per animali, stalle,<br />

abbeveratoi, mangiatoie, fienili e simili strutture<br />

funzionali 268 . L’aspetto <strong>di</strong> queste abitazioni <strong>di</strong> X se-<br />

colo doveva nel complesso non essere molto lontano<br />

da quello <strong>di</strong> certe case rurali turche tuttora presenti<br />

nei villaggi attorno a Hierapolis, un esempio<br />

delle quali è illustrato in tav. XXIX, a-c 269 . Ancora<br />

una volta il quadro che emerge così puntualmente<br />

dalle ricerche nell’insula 104 non resta isolato nel<br />

paesaggio circostante, anzi ben si inserisce nel panorama<br />

generale della Hierapolis me<strong>di</strong>evale 270 , caratterizzata<br />

da un tipo <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amento sparso, costituito<br />

da gruppi <strong>di</strong> abitazioni gravitanti attorno<br />

ad aree sacre (prevalentemente cappelle) che trova<br />

confronti in altri siti dell’Anatolia occidentale 271 .<br />

È molto interessante notare come identiche modalità<br />

e analoghi tempi del cambiamento si riscontrino<br />

non solo nell’insula 104 ma anche nell’area<br />

dell’agorà <strong>di</strong> Hierapolis, <strong>ed</strong> in particolare nel suo<br />

lato occidentale 272 . Anche qui la monumentalizzazione<br />

<strong>di</strong> età romana venne cancellata dal terremoto<br />

<strong>di</strong> metà IV secolo 273 ; successivamente, verso la metà<br />

del V secolo l’area venne trasformata in un quartiere<br />

abitativo/artigianale che subì varie alterazioni<br />

nel corso del VI secolo. Fra la fine del VI e gli inizi<br />

del VII secolo alcune delle porte delle case tardoantiche<br />

sulla via <strong>di</strong> Frontino vennero tamponate<br />

e tutta l’area sembra essere stata abbandonata al<br />

momento delle <strong>di</strong>struzioni causate dal terremoto <strong>di</strong><br />

ca. metà VII secolo 274 . Successivamente questo settore<br />

della città vide una fase <strong>di</strong> ruralizzazione che<br />

265 Come <strong>di</strong>mostra l’inse<strong>di</strong>arsi <strong>di</strong> un fienile <strong>fra</strong> le strutture ancora emergenti: cfr. supra.<br />

266 Per queste si v<strong>ed</strong>ano i vari interveneti in D’Andria, Caggia 2007 <strong>ed</strong> i relativi riferimenti bibliografici.<br />

267 Si v<strong>ed</strong>ano, <strong>fra</strong> gli altri, Každan 1954; Ostrogorsky 1959; Claude 1969; Foss 1977; Angold 1985; Ward-Perkins 1996a; Id.<br />

1996b; Brandes 1999; Haldon 1999; Whittow 2001. Per una sintesi bibliografica sul <strong>di</strong>battito cfr. Lavan 2001.<br />

268 Potrebbero infatti essere così interpretate le tracce <strong>di</strong> strutture, apparentemente non connesse ai vani d’abitazione, costituite<br />

da pochi filari <strong>di</strong> piccole pietre e probabilmente caratterizzate da alzati in legno e/o argilla cruda, rinvenuti durante lo<br />

scavo (cfr. fig. 3 ES 1220 <strong>ed</strong> ES 129).<br />

269 In tav. XXIX, a è visibile un piccolo e<strong>di</strong>ficio rustico, costituito da una porzione destinata ad uso abitativo che si caratterizza<br />

per la presenza all’esterno <strong>di</strong> un intonaco bianco. A<strong>di</strong>acente a questa struttura si trova un ricovero per animali e forse anche<br />

per attrezzi: questo presenta un muro perimetrale realizzato in piccoli blocchi <strong>di</strong> pietra allettati con argilla cruda; il tetto<br />

in tegole è sorretto da un sistema <strong>di</strong> travature lignee. Questa struttura è poi connessa ad un’antistante corte delimitata da un<br />

muretto realizzato a secco con blocchi <strong>di</strong> riutilizzo e argilla cruda, sormontato da una palizzata lignea. Il cancello <strong>di</strong> accesso<br />

alla recinzione per animali domestici è costituito da un intreccio <strong>di</strong> rami (cfr. tav. XXIX, b). Tutto il piccolo complesso (parte<br />

abitativa e rustica) si sviluppa e gravita su un’area aperta (cortile) attraversata da un piccolo viottolo posto in corrispondenza<br />

dell’accesso principale al settore abitativo e collegato anche al complesso recinto/ricovero per animali. Il viottolo è pavimentato<br />

con pietre <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni allettate su uno strato argilloso, grossolanamente livellato (cfr. tav. XXIX, c) e qui è situato<br />

un abbeveratoio in metallo. Alcuni alberi d’ulivo completano l’allestimento dello spazio aperto. Le analogie <strong>fra</strong> queste strutture<br />

rustiche tra<strong>di</strong>zionali d’età contemporanea e quelle me<strong>di</strong>evali sono evidenti: nei materiali e<strong>di</strong>lizi utilizzati, in parte nelle<br />

tecniche <strong>di</strong> costruzione, <strong>ed</strong> ancor più nella <strong>di</strong>sposizione <strong>ed</strong> organizzazione degli spazi e delle loro funzioni.<br />

270 Cfr. Arthur 2007.<br />

271 Per Pergamo cfr. Rheidt 1990; sul carattere delle città me<strong>di</strong>o bizantine cfr. Id. 1996.<br />

272 È da sottolineare come già Russell avesse ipotizzato analoghi tempi del cambiamento: “… we may conjecture a once pros perous<br />

city suffering a sharp decline in the last decades of the sixth century, accompani<strong>ed</strong> probably by serious depopulation. Nonetheless it retain<strong>ed</strong><br />

sufficient momentum to sustain a modest but effective e<strong>xi</strong>stence well into the eight century …” Russell 1986, pp. 149-150.<br />

273 Per una sintesi delle sequenze <strong>di</strong> eventi in quest’area cfr. D’Andria 2003, pp. 88-96; Arthur 2006, pp. 117-118.<br />

274 Cfr. Mastronuzzi, Melissano 2007, p. 578.


184<br />

culminò con la costruzione <strong>di</strong> una nuova struttura<br />

databile <strong>fra</strong> X <strong>ed</strong> XII secolo: si tratta <strong>di</strong> una casa a<br />

cortile confrontabile, tipologicamente con le abitazioni<br />

<strong>di</strong> X secolo rinvenute nell’insula 104 275 .<br />

Dati complementari, utili per una ricostruzione<br />

del paesaggio economico <strong>di</strong> Hierapolis provengono<br />

dallo stu<strong>di</strong>o dei contesti ceramici. Questi per la<br />

<strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> rivelano la compresenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti<br />

realtà produttive e <strong>di</strong> meccanismi <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong>versificati<br />

276 . In questa fase la grande percentuale<br />

<strong>di</strong> prodotti locali e micro-regionali sembra rivelare<br />

non solo un fiorente artigianato, specializzato nella<br />

manifattura <strong>di</strong> vasi ceramici, ma lascia anche intrav<strong>ed</strong>ere<br />

l’ipotesi <strong>di</strong> un’economia locale consolidata,<br />

per altro ben attestata dalle fonti documentarie 277 ,<br />

non totalmente <strong>di</strong>pendente dalle importazioni <strong>di</strong><br />

viveri e materie prime dall’esterno e fortemente inserita<br />

in meccanismi <strong>di</strong> scambio regionale. Vivace è<br />

anche il quadro delle produzioni regionali presenti<br />

nei contesti esaminati. Nella <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> <strong>fra</strong> le<br />

ceramiche <strong>di</strong> importazione un ruolo <strong>di</strong> primo piano<br />

è ricoperto dal vasellame <strong>di</strong> provenienza microasiatica<br />

<strong>ed</strong> Egea (specialmente anfore e ceramiche<br />

fini 278 ); allo stato attuale non è possibile delineare<br />

con precisione l’aerale <strong>di</strong> approvvigionamento in<br />

questione, ma esso certamente comprendeva sia le<br />

aree <strong>di</strong> produzione del gruppo della LRA 3 e affini<br />

(incluso il tipo Sar<strong>di</strong>s), sia della LRA 1, sia le<br />

coste dell’Egeo occidentale donde proveniva la cosiddetta<br />

LRC (o PRSW). Accanto a questi materiali<br />

si segnala un assai esiguo numero <strong>di</strong> importazioni<br />

(ancora presenti alle soglie del VII secolo) frutto<br />

<strong>di</strong> traffici a lunga <strong>di</strong>stanza <strong>fra</strong> le coste dell’Anatolia,<br />

il Levante <strong>ed</strong> il Nord Africa. Simili rapporti<br />

<strong>fra</strong> produzioni locali, regionali e transmarine si<br />

sono riscontrati nei livelli tardoantichi a Sar<strong>di</strong>s,<br />

ANNAPAOLA ZACCARIA RUGGIU - DANIELA COTTICA [RdA 31<br />

do ve Rautman 279 nota una progressiva riduzione<br />

delle importazioni da lunga <strong>di</strong>stanza proprio nei<br />

livelli a ridosso del VII secolo d.C.<br />

L’articolato quadro <strong>di</strong> VI <strong>ed</strong> inizi VII secolo,<br />

muta notevolmente <strong>fra</strong> il tardo VII secolo e il X/XI<br />

secolo: sebbene i passaggi interme<strong>di</strong> siano ancora<br />

poco noti 280 , la ricerca ha rivelato che nel X secolo<br />

la produzione locale/micro-regionale suppliva<br />

pressoché a tutte le esigenze <strong>di</strong> vasellame ceramico,<br />

delineando una nuova realtà economica dove il modello<br />

autarchico prevale, mentre le poche importazioni<br />

presenti sembrano riflettere il nuovo assetto<br />

dell’Impero bizantino, fortemente incentrato sulla<br />

sua capitale Bisanzio e nella lotta contro nuove realtà<br />

politico-culturali.<br />

Dunque da un confronto <strong>fra</strong> vasellame <strong>di</strong> produzione<br />

locale, regionale e supra-regionale, sembra<br />

sia possibile ipotizzare che <strong>fra</strong> V <strong>ed</strong> inizi del VII<br />

secolo la piattaforma socio-economica <strong>di</strong> Hierapolis<br />

fosse costituita da una sinergia <strong>fra</strong> produzione<br />

agricola e produzione urbana, mentre merci frutto<br />

<strong>di</strong> importazioni transmarine arrivavano in piccole<br />

quantità nel territorio, a seguito <strong>di</strong> una complessa<br />

rete <strong>di</strong> ri-<strong>di</strong>stribuzione dagli emporia ai mercati<br />

e alle fiere regionali e locali. Proprio questi ultimi<br />

dovevano giocare un ruolo <strong>di</strong> primo piano sia nello<br />

scambio e nella circolazione <strong>di</strong> prodotti <strong>fra</strong> città<br />

e campagna 281 , sia nelle transazioni a livello regionale<br />

<strong>fra</strong> i siti della valle del Lykos 282 e, sebbene<br />

su scala <strong>di</strong>versa, <strong>fra</strong> questi e le vicine regioni della<br />

Messogis e della valle del Meandro.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> economia a forte interazione micro-regionale<br />

e regionale doveva sfruttare al meglio<br />

le vie <strong>di</strong> comunicazione <strong>fra</strong> centri urbani e territorio.<br />

Non ci sorprende dunque notare un quadro<br />

<strong>di</strong> circolazione e produzione ceramica com-<br />

275 D’Andria 2003, p. 92; Arthur 2006, pp. 111-114.<br />

276 Per un confronto con il più ampio contesto dell’economia nel Me<strong>di</strong>terraneo orientale tardoantico si v<strong>ed</strong>a: Kingsley, Decker<br />

2001; Ward-Perkins 2001.<br />

277 Cfr. Ritti 1985.<br />

278 Inseriamo in questo gruppo le ceramiche fini <strong>di</strong> varia produzione micro-asiatica, così comuni nei livelli tardoantichi a Hierapolis,<br />

pur senza escludere la possibilità che i luoghi <strong>di</strong> produzione potessero essere situati nella valle del Menandro.<br />

279 I dati sono stati esposti in un intervento dal titolo “From Mainstream to Margin in the Late Roman Amphoras of Sar<strong>di</strong>s” in occasione<br />

del ROCT- workshop “From Amphorae to Modelling the Late Roman Economy”, Ghent, 5-6 Dicembre 2005 i cui atti sono<br />

in preparazione. Tendenze simili erano comunque già state notate dallo stu<strong>di</strong>oso cfr. Rautman 1995a.<br />

280 Per alcune ipotesi <strong>di</strong> lavoro sulle <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> occupazione e trasformazione dell’area nelle Dark Ages si v<strong>ed</strong>a Cottica<br />

2006.<br />

281 Purtroppo gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione sono ancora agli inizi e poco è noto del paesaggio rurale tardoantico in Anatolia.<br />

282 Vi sono infatti numerosi elementi comuni, sia dal punto <strong>di</strong> vista degli impasti sia da quello morfologico, <strong>fra</strong> le ceramiche<br />

rinvenute a Hierapolis e quelle dalle vicine Lao<strong>di</strong>cea, Tripolis e Colossae, come chi scrive ha potuto <strong>di</strong>rettamente constatare<br />

(si desidera ringraziare C. Şimşek per aver permesso <strong>di</strong> visionare i materiali dai suoi recenti scavi a Lao<strong>di</strong>cea).


2007] HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ED XI SECOLO<br />

185<br />

pletamente <strong>di</strong>verso proprio attorno alla metà del<br />

VII secolo, quanto la sicurezza della percorribilità<br />

<strong>di</strong> tali vie venne minacciata dagli attacchi persiani<br />

prima e dalle incursioni arabe poi. Il fatto dovette<br />

avere forti ripercussioni sui legami <strong>fra</strong> città e territorio<br />

283 .<br />

A partire dal X a Hierapolis è documentato un<br />

rinnovato repertorio morfologico-funzionale, segno<br />

dell’introduzione <strong>di</strong> nuove abitu<strong>di</strong>ni alimentari<br />

e culinarie. Come si è visto, alcuni precursori<br />

<strong>di</strong> questo nuovo repertorio si possono identificare<br />

già nei livelli <strong>di</strong> tardo VII/VIII secolo (cfr. supra).<br />

Similmente, le ceramiche del periodo me<strong>di</strong>o bizantino<br />

a partire già dai secoli bui (o “Dark Ages”), si<br />

caratterizzano per un rinnovato gusto e repertorio<br />

decorativo, dominato dalla presenza <strong>di</strong> sovra<strong>di</strong>pinture<br />

bianche e <strong>di</strong> motivi incisi, segni <strong>di</strong> contatti e<br />

trasformazioni culturali in atto. Proprio in merito<br />

all’origine <strong>di</strong> questo nuovo stile decorativo ci è sembrato<br />

possibile intrav<strong>ed</strong>ere elementi <strong>di</strong> continuità<br />

<strong>fra</strong> <strong>tarda</strong> <strong>antichità</strong> <strong>ed</strong> età bizantina, fino ai moderni<br />

prodotti della manifattura artigianale tra<strong>di</strong>zionale<br />

(cfr. tav. XXX, b) 284 .<br />

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nell’insula 104, assieme all’intensificarsi delle<br />

attività e<strong>di</strong>lizie nel X secolo <strong>ed</strong> alla presenza <strong>fra</strong><br />

le ceramiche in uso <strong>di</strong> un repertorio formale e decorativo<br />

nuovo, ormai ben consolidato e “maturo”,<br />

sembrano riflettere una situazione <strong>di</strong> rinnovata<br />

prosperità nella valle del Lykos e del Meandro.<br />

Quest’ultima è in parte testimoniata dalle fonti, in<br />

parte dall’evidenza archeologica restituita dall’insieme<br />

degli scavi me<strong>di</strong>evali a Hierapolis 285 e dai<br />

dati relativi alla survey dei castelli della Valle del<br />

Meandro operata M. Whittow che, in quest’area, ha<br />

notato una rioccupazione <strong>fra</strong> X <strong>ed</strong> XI secolo degli<br />

antichi villaggi rurali prec<strong>ed</strong>entemente abbandonati<br />

286 . Nel complesso dunque, lo stu<strong>di</strong>o integrato <strong>di</strong><br />

strutture e reperti della cultura materiale nel contesto<br />

urbano e nella sfera degli spazi ad uso domestico,<br />

ci fornisce tasselli importanti non solo per formulare<br />

alcune considerazioni sulle trasformazioni<br />

del paesaggio urbano ierapolitano, ma anche per<br />

proporre alcune ipotesi <strong>di</strong> lavoro sull’evoluzione<br />

<strong>di</strong> meccanismi economici e <strong>di</strong> modelli culturali in<br />

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283 Proprio dal Bosforo provengono le poche importazioni identificate <strong>fra</strong> tardo VII e X/XI secolo a Hierapolis (cfr. supra e Arthur<br />

2006, pp. 73-81).<br />

284 Cfr. supra.<br />

285 Cfr. Arthur 2007.<br />

286 Barnes, Whittow 1998.


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maggio 2007, JRS suppl. (in corso <strong>di</strong> stampa).


TAV. XXVI [RdA 31, 2007]<br />

a)<br />

b)<br />

ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a) Hierapolis, necropoli nord, tomba a casa; b) Struura muraria <strong>di</strong> VII secolo. A 1201<br />

muro obliquo ES 1209. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XXVII<br />

a)<br />

b)<br />

Struure murarie <strong>di</strong> VII secolo; a) A 1201 muro obliquo ES 1209 <strong>ed</strong> ES 1200;<br />

b) Porta tamponata <strong>fra</strong> A 198 <strong>ed</strong> A 179. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XXVIII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

c)<br />

a) Struura murarie <strong>di</strong> VII secolo. Porta tamponata nella sala A 1207; b-d) Produzione ierapolitana<br />

<strong>di</strong> ceramica a rilievo <strong>di</strong> prima età imperiale, residuale nei livelli tardoantichi dell'insula 104.<br />

b-c) Stampiglia per motivo decorativo con scena <strong>di</strong> bancheo; d) Frammento <strong>di</strong> coppa a vernice<br />

rossa con la m<strong>ed</strong>esima scena <strong>di</strong> bancheo. Foto A. Mioo (b-c), A. Zaccaria Ruggiu (a, d).<br />

d)


ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

c)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XXIX<br />

Tipica abitazione rurale turca sulle alture ad est <strong>di</strong> Hierapolis; a) Visione d'insieme;<br />

b) Deaglio dell'area della stalla con recinto esterno; c) Deaglio della corte esterna.<br />

Foto D. Coica.


TAV. XXX [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

a) Ceramista all’opera in una fornace tra<strong>di</strong>zionale a Serinhisar (Denizli, Turchia), una località situata<br />

a poca <strong>di</strong>stanza da Pamukkale/Hierapolis. Per la manifaura dei vasi vengono impiegate le<br />

argille locali ad alto contenuto ferroso; b) Boiglia e bicchiere in ceramica ferrosa e micacea con<br />

decorazione sovra<strong>di</strong>pinta bianca e motivi incisi, proveniente da una fornace tra<strong>di</strong>zionale tuora<br />

operante in un villaggio presso Denizli. Foto D. Coica.


ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 1 opera mista ES 5;<br />

b) Tecnica 2 opera a telaio A 50 ES 51. Foto A. Zaccaria Ruggiu.<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XXXI


TAV. XXXII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 3 opera alternata ES 1205;<br />

b) Tecnica 4 opera laterizia ES 62. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XXXIII<br />

Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 5 opera quadrata A 29 ES 12;<br />

b) Tecnica 6 opera a blocchei A 29 ES 25. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XXXIV [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

Tecniche e<strong>di</strong>lizie nelle case <strong>di</strong> V-VI secolo. a) Tecnica 3 opera alternata ES 1200;<br />

b) Tecnica 1+2+5 ES 9. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XXXV<br />

a) Latrina in A 151; b) Fontana in marmo in A 1258. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XXXVI [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

a) Colonne in breccia del primo or<strong>di</strong>ne del peristilio A 181; b) la corte A 142 dopo le<br />

trasformazioni struurali protobizantine. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XXXVII<br />

a) Doppio fornello in A 198; b) Tavelle <strong>di</strong> terracoa in A 1201 . Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XXXVIII [RdA 31, 2007]<br />

a)<br />

b)<br />

ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ…<br />

a) A 1267 parete nord, iscrizione <strong>di</strong>pinta con la preghiera <strong>di</strong> Manasse in situ; b) Parte <strong>di</strong><br />

pannello musivo in A 26, con Fenice, Briseide, Aiace. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ… [RdA 31, 2007] TAV. XXXIX<br />

a)<br />

b)<br />

a) Opus sectile in A 195; b) A 1207 ES 185 parete affrescata in situ.<br />

Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XL [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

a) Opus spicatum in A 194; b) Bauto in argilla in parte <strong>di</strong> A 1201, dall’insula 104.<br />

Foto A. Zaccaria Ruggiu.


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a)<br />

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[RdA 31, 2007] TAV. XLI<br />

a) Bauto in argilla in A 176, dall’insula 104; b) bauto in argilla in A 151, dall’insula 104.<br />

Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XLII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

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b)<br />

a) Bauto in argilla e materiale <strong>di</strong> riutilizzo dalla casa me<strong>di</strong>o-bizantina occidentale A 1254, dall’insula<br />

104; Foto A. Zaccaria Ruggiu. b) E<strong>di</strong>ficio rustico/fienile e bauto in argilla nella fase <strong>di</strong> fine<br />

VII-VIII (?) secolo in A 1361, dall’insula 104. Disegno I. F<strong>ed</strong>ele.


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a)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XLIII<br />

Elementi struurali dalle fasi <strong>di</strong> V- inizi del VII secolo. a) Bancone in A 79; b) A 115/116 pilastro<br />

interno. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XLIV [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

b)<br />

Elementi struurali dalle fasi <strong>di</strong> V- inizi del VII secolo; a) Stipiti <strong>di</strong> porta <strong>fra</strong> A 198 lato<br />

ovest; b) Se<strong>di</strong>le in A 79 prima del restauro. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


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[RdA 31, 2007] TAV. XLV<br />

Elementi struurali dalle fasi <strong>di</strong> V- inizi del VII secolo; a) Scala ES 134 nel peristilio<br />

A 181; b) Se<strong>di</strong>le in A 1214. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XLVI [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

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a)<br />

a) Muro ES 1250 della casa me<strong>di</strong>obizantina occidentale; b) Casa orientale sopraelevazione<br />

dell’ultimo corso del muro ES 90 (X secolo). Foto A. Zaccaria Ruggiu.


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a)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XLVII<br />

Elementi struurali dalle case <strong>di</strong> X secolo; a) Casa occidentale muro doppio<br />

ES 1326+ES 1251; b) Casa occidentale A 1254: muro est-ovest, scala interna e<br />

pavimento ES 1259. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


TAV. XLVIII [RdA 31, 2007] ZACCARIA RUGGIU, COTTICA - HIERAPOLIS DI FRIGIA FRA TARDA ANTICHITÀ ...<br />

a)<br />

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Elementi struurali dalle case <strong>di</strong> X secolo; a) Focolare <strong>di</strong> X secolo in A1254; b) Casa occidentale<br />

sarcofago riutilizzato come soglia in A1254. Foto A. Zaccaria Ruggiu.


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[RdA 31, 2007] TAV. XLIX<br />

Elementi struurali dalle case <strong>di</strong> X secolo; A 1255 ES 1265 scala al piano superiore. Foto<br />

A. Zaccaria Ruggiu.

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