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APPUNTI A MARGINE DE L'ODISSEA, UNA VERSIONE TEATRALE DI DEREK WALCOTT<br />
…da lettore preferisco gli appunti di un critico ai suoi trattati.<br />
–W.H. AUDEN<br />
Intervistatore: Prima di questa Odissea aveva già scritto Omeros, come mai questo <strong>in</strong>teresse per<br />
Omero?<br />
Walcott: Omeros non è una riscrittura di Omero ma è solo vagamente ispirato a Omero… Greg Doran, il<br />
giovane direttore del<strong>la</strong> Royal Shakespeare Company, era <strong>in</strong>teressato a un adattamento teatrale<br />
dell’Odissea e mi ha chiesto di farlo. La prima reazione era stata di non accettare. Non me <strong>la</strong> sentivo di<br />
derubare un povero cantore cieco a cui non potevo nemmeno pagare i diritti. Poi, però, ho <strong>in</strong>iziato a<br />
<strong>la</strong>vorare sui s<strong>in</strong>goli versi, a condensare gli episodi <strong>in</strong> scene, e <strong>la</strong> cosa ha <strong>in</strong>iziato a <strong>in</strong>teressarmi.<br />
* * *<br />
Da un’<strong>in</strong>tervista a Radio 3, Siracusa, 13 luglio 2005<br />
“Un povero cantore cieco a cui non potevo nemmeno pagare i diritti”. Una battuta che contiene almeno<br />
una verità: il modo <strong>in</strong> cui Walcott concepisce <strong>la</strong> figura di Omero. Non il busto che fa da cariatide all’<strong>in</strong>tero<br />
edificio del<strong>la</strong> cultura occidentale, ma il povero cantore cieco, it<strong>in</strong>erante e bistrattato, costretto a chiedere<br />
l’elemos<strong>in</strong>a nelle corti <strong>in</strong> cui si esibiva.<br />
Diverse variazioni di questa figura le troviamo <strong>in</strong> Omeros: il mendicante scacciato dai grad<strong>in</strong>i di St.<br />
Mart<strong>in</strong>-<strong>in</strong>-the-Fields a Londra, un griot africano – il “cantore dagli occhi bianchi” <strong>in</strong>contrato da Achille al<strong>la</strong><br />
f<strong>in</strong>e del suo viaggio alluc<strong>in</strong>ato verso le orig<strong>in</strong>i – e il vecchio Seven Seas, che seduto tutto il giorno al No<br />
Pa<strong>in</strong> Café di Ma Kilman “a volte cantava […]// […] ma per lei le sue parole erano greco, o antico balbettio<br />
africano”. In questa Odissea compare nei panni di Bl<strong>in</strong>d Billy Blue, un bluesman nero che svolge <strong>la</strong><br />
funzione di coro e che riveste anche i ruoli di Femio e Demòdoco, due bardi ciechi come lui già presenti<br />
nel poema omerico.<br />
* * *<br />
L’Iliade e l’Odissea hanno preso <strong>la</strong> forma <strong>in</strong> cui oggi le conosciamo tra il 750 e il 650 a.C. (questa,<br />
almeno, <strong>la</strong> teoria più accreditata) grazie al <strong>la</strong>voro di un aedo cieco che <strong>la</strong> tradizione identifica con Omero.<br />
Gli eventi del<strong>la</strong> guerra di Troia def<strong>in</strong>ivano il limite del<strong>la</strong> memoria del popolo greco e le storie che li<br />
narravano erano state preservate oralmente da cantori illetterati che le avevano tramandate attraverso i<br />
“secoli bui” (circa 1100-800 a.C) durante i quali, <strong>in</strong> seguito all’improvvisa scomparsa del<strong>la</strong> civiltà<br />
micenea, l’arte del<strong>la</strong> scrittura era andata perduta. Una situazione molto simile a quel<strong>la</strong> che ha seguito <strong>la</strong><br />
deportazione dei neri dall’Africa alle Americhe, dove ciò che resta del<strong>la</strong> memoria storica e culturale di<br />
un’<strong>in</strong>tera razza è sopravvissuto grazie agli eredi dei griot africani che, come i bardi greci, improvvisavano<br />
su temi tradizionali e <strong>la</strong> cui arte è tuttora viva nei bluesmen e, <strong>in</strong> area caraibica, nei cantanti di Calipso.<br />
Omero e Billy Blue sono entrambi rapsodi (“cucitore di canti”), poiché raccolgono storie già esistenti e nel<br />
ri-raccontarle le rie<strong>la</strong>borano, <strong>in</strong>tegrandole con frammenti di altre storie.<br />
In questo senso, i poemi omerici sono più vic<strong>in</strong>i al<strong>la</strong> poesia orale africana di quanto lo siano all’Eneide,<br />
al<strong>la</strong> Div<strong>in</strong>a Commedia o al Paradiso Perduto, vertici epici di una cultura scritta di stampo europeo che<br />
vede <strong>in</strong> Omero <strong>la</strong> propria orig<strong>in</strong>e e il proprio modello. Walcott, ponendosi come erede di entrambe, ne<br />
opera una s<strong>in</strong>tesi. Nonostante sia un poeta saldamente ancorato al<strong>la</strong> scrittura, sia l’<strong>in</strong>glese <strong>in</strong> cui scrive<br />
sia gli elementi formali di cui si serve sono il risultato di una fusione dell’educazione coloniale – “scribale”<br />
e <strong>in</strong>glese – ricevuta nelle scuole caraibiche (a St. Lucia, <strong>la</strong> sua iso<strong>la</strong> natale, e <strong>in</strong> Giamaica) e delle culture<br />
creole e orali di quegli stessi luoghi.<br />
* * *<br />
Il tempo <strong>in</strong> cui <strong>la</strong> scrittura di Walcott accade non è quello l<strong>in</strong>eare del<strong>la</strong> storia – che separa tra prima e<br />
dopo, tra causa ed effetto – ma quello “simultaneo” del mito che, come il mare, non ha epoche. Un<br />
tempo <strong>in</strong> cui, come succede <strong>in</strong> Omeros, Walcott e Omero possono trovarsi sul<strong>la</strong> stessa barca al <strong>la</strong>rgo di<br />
St. Lucia e <strong>in</strong>tonare <strong>in</strong>sieme un “Calipso greco” <strong>in</strong> sua lode, o <strong>in</strong> cui, come <strong>in</strong> questa Odissea, <strong>la</strong> schiava<br />
Euriclea può par<strong>la</strong>re <strong>in</strong> un dialetto caraibico anche se l’azione cont<strong>in</strong>ua a svolgersi nell’antica Grecia.<br />
Questa concezione del tempo non si riflette solo sui soggetti delle sue opere, ma anche su suo stile di<br />
scrittura e sul<strong>la</strong> sua attitud<strong>in</strong>e verso <strong>la</strong> letteratura nel suo <strong>in</strong>sieme. Lontano da qualsiasi movimento<br />
letterario, da qualsiasi “ismo”, Walcott ha sempre perseguito una strada <strong>in</strong>dividuale, anche se non<br />
solitaria. I suoi compagni di viaggio sono stati numerosi: i “grandi morti” – i poeti che lo hanno preceduto<br />
e che ha amato – e alcuni dei vivi (anche se oggi non più), come il suo “scopritore” Robert Lowell o il suo<br />
amico Joseph Brodskij. Tutti abitatori di un pantheon poetico a cui ogni suo verso è consacrato e <strong>la</strong> cui<br />
<strong>in</strong>fluenza è stata sempre sentita come simultanea, poiché nel<strong>la</strong> l<strong>in</strong>gua (a differenza di ciò che accade nelle<br />
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