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Perché? MENELAO I cancelli dell’immag<strong>in</strong>azione non si chiudono mai./ TELEMACO Neanche da adulti? MENELAO<br />

Cos’è l’uomo? Un bamb<strong>in</strong>o che dubita”.<br />

Eppure, un paio di scene prima era proprio Euríclea a essere il “bamb<strong>in</strong>o che dubita”. Di fronte allo<br />

stupore di Telemaco, sicuro di aver ricevuto una visita di Atena, Euríclea è scettica. Telemaco le ricorda<br />

che è lei ad avergli raccontato che Atena è egiziana e che gli dèi possono prendere forme naturali. Solo<br />

l’apparizione di Atena, nelle vesti del capitano Mentes, riporterà <strong>la</strong> fede che Euríclea aveva perso o che<br />

soltanto sonnecchiava come una brace sotto le ceneri di Troia. Telemaco si reca a Pilo e a Sparta perché<br />

crede che “il c<strong>in</strong>guettìo di una rond<strong>in</strong>e” (che <strong>in</strong> verità garrisce) sia il messaggio di una dea. Atena lo<br />

sprona a partire non al<strong>la</strong> ricerca di suo padre ma del<strong>la</strong> storia di suo padre. Quello di Telemaco è un atto di<br />

fede nelle storie che gli sono state raccontate. Come scriveva Italo Calv<strong>in</strong>o, <strong>la</strong> storia di cui Telemaco va <strong>in</strong><br />

cerca è l’Odissea.<br />

* * *<br />

“Nancy stories me tell you and Hodysseus”. In realtà è questo il primo tentativo di Euríclea per screditare<br />

i propri racconti. Nel suo dialetto caraibico (questa frase ne è un ottimo esempio: “me” al posto di “I”, il<br />

presente “tell” al posto del passato “told”, <strong>la</strong> “h” anteposta a Odysseus), nancy, che <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese standard<br />

significherebbe “effem<strong>in</strong>ato”, è <strong>in</strong>vece una contrazione di Anancy (o Anansi), vale a dire del nome proprio<br />

di un ragno par<strong>la</strong>nte <strong>la</strong> cui presenza nel folklore dei Caraibi è tale da far sì che <strong>la</strong> locuzione Anansi stories<br />

(storie di Anansi) col tempo sia venuta a significare “favole” o “fiabe”, così come <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese tutte le fiabe<br />

sono fairytales (racconti di fate).<br />

In orig<strong>in</strong>e un personaggio del<strong>la</strong> mitologia africana che con l’astuzia ha v<strong>in</strong>to al dio del cielo Niame tutte le<br />

storie, nel suo passaggio ai Caraibi (sulle navi dei negrieri, assieme agli schiavi) Anansi si è via via<br />

tras<strong>formato</strong> <strong>in</strong> un vero e proprio “trickster”, cioè una sorta di anti-eroe ribelle, astuto e <strong>in</strong>genuo allo<br />

stesso tempo, che con <strong>la</strong> sua buffoneria e irriverenza è capace di rovesciare l’ord<strong>in</strong>e sociale; uno spirito<br />

che non s’<strong>in</strong>carna solo <strong>in</strong> figure def<strong>in</strong>ite come Anansi (o, più vic<strong>in</strong>i a noi, Arlecch<strong>in</strong>o e Pulc<strong>in</strong>el<strong>la</strong>), ma che<br />

compare anche, con tratti non sempre univoci, nelle mitologie di tutti i popoli (per rimanere <strong>in</strong> Grecia, il<br />

dio Hermes), nelle avventure picaresche, nel carnevale e nei riti religiosi d’<strong>in</strong>iziazione, anticipando <strong>in</strong> certi<br />

casi <strong>la</strong> figura del salvatore, che guarisce perché ferito. Quanto di questo spirito sia presente nell’Odisseo<br />

di Walcott (che da quello di Omero eredita <strong>la</strong> “ferita” – <strong>la</strong> cicatrice che ha sul<strong>la</strong> coscia) lo si può vedere<br />

nell’ultima scena dove le angherie dei Proci ai suoi danni rievocano (o, volendo assecondare <strong>la</strong> f<strong>in</strong>zione,<br />

anticipano) <strong>la</strong> Passione, trasformando Odisseo <strong>in</strong> una prefigurazione del Cristo. O ancora, nell’<strong>in</strong>contro<br />

con il Ciclope-dittatore, durante il quale sarà proprio <strong>la</strong> sua buffoneria a salvargli <strong>la</strong> vita.<br />

Il motivo per cui le storie di Anansi sono diventate così popo<strong>la</strong>ri <strong>in</strong> un ambiente dom<strong>in</strong>ato dal<strong>la</strong> schiavitù è<br />

piuttosto evidente. I rapporti di potere tra padrone e schiavo sono impari. Solo l’astuzia può permettere a<br />

quest’ultimo di sopravvivere e, nel migliore dei casi, avere <strong>la</strong> meglio. L’astuzia di Anansi ha un parallelo<br />

greco nel<strong>la</strong> metis, una sorta di “prudenza accorta” che è anche una delle caratteristiche pr<strong>in</strong>cipali di<br />

Odisseo. Quando, nel<strong>la</strong> scena II dell’Atto II, Atena gli farà ascoltare il sussurro dei frangenti, questi gli<br />

ripeteranno il suo nome e alcuni degli epiteti che Omero, secondo l’uso epico, gli associa: Odisseo è<br />

polumechanos (dai molti espedienti), polut<strong>la</strong>s (che molto ha sofferto) e polumetis (dalle molte astuzie).<br />

* * *<br />

L’orig<strong>in</strong>e del<strong>la</strong> metis, come quel<strong>la</strong> di Anansi, è div<strong>in</strong>a. Come nome proprio, metis designava <strong>in</strong>fatti una<br />

div<strong>in</strong>ità femm<strong>in</strong>ile figlia di Oceano. Il ruolo di questa dea nel<strong>la</strong> mitologia greca è poco più che un<br />

cammeo: prima sposa di Zeus, Metis è messa <strong>in</strong> c<strong>in</strong>ta e poi <strong>in</strong>goiata dal marito prima di aver dato al<strong>la</strong><br />

luce <strong>la</strong> figlia Atena. F<strong>in</strong>e. Si direbbe un ruolo davvero marg<strong>in</strong>ale, se non fosse che con l’atto d’<strong>in</strong>goiarse<strong>la</strong><br />

il re degli dèi ne ac<strong>qui</strong>sisce per sempre le qualità e che sua figlia Atena, naturale erede di queste, causa<br />

un’aff<strong>in</strong>ità elettiva, ha sempre avuto Odisseo, come si suol dire, nel<strong>la</strong> manica. È lei che lo consiglia e lo<br />

protegge. Di tutti gli dèi dell’Olimpo, Atena è anche l’unica che Walcott mantiene. Zeus e Poseidone sono<br />

nom<strong>in</strong>ati ma rimangono sempre dietro le <strong>qui</strong>nte, <strong>in</strong>visibili.<br />

Metis è un tipo di astuzia che mette <strong>in</strong> gioco esperienza e capacità di prevedere, grazie a un’alta<br />

concentrazione su ciò che sta accadendo, gli sviluppi futuri di una data situazione; un’attesa vigile del<br />

“momento opportuno” (kairós) <strong>in</strong> cui prontezza nell’agire e agilità sono richieste. Metis è <strong>in</strong>oltre<br />

caratterizzata da Omero come molteplice, varia, rapida e ondeggiante perché queste sono le qualità del<br />

campo a cui metis si applica: il mondo fluido del movimento, le situazioni <strong>in</strong> costante cambiamento. Così<br />

è <strong>la</strong> realtà <strong>in</strong> cui Odisseo si muove, e così è, più che mai, quel<strong>la</strong> <strong>in</strong> cui oggi ci muoviamo. Una co<strong>in</strong>cidenza<br />

che Walcott non manca di sottol<strong>in</strong>eare <strong>in</strong> varie occasioni. Ad esempio, prima del naufragio causato<br />

dall’apertura dell’otre dei venti, Odisseo, vedendo che il suo giovane timoniere Elpenore governa <strong>la</strong> nave<br />

con troppa leggerezza, lo riprende: “Attento al<strong>la</strong> manovra. Una nube può <strong>in</strong>durirsi <strong>in</strong> uno scoglio”. O<br />

ancora, durante <strong>la</strong> già citata visita di Telemaco a Sparta, quando, sganciandosi da Omero, Walcott fa<br />

lottare Odisseo con Proteo – cosa che nell’orig<strong>in</strong>ale accade solo a Mene<strong>la</strong>o.<br />

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