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eckettiana, «l’idea del nul<strong>la</strong> variante mistica dell’idea di sublime. In questo arco di pensiero è chiuso<br />
anche Beckett, non si può dubitarne, e riesce a liberarsene <strong>in</strong> rare aperture». È chiaro allora il motivo per<br />
cui al<strong>la</strong> nuova poesia <strong>la</strong> soluzione beckettiana non serva: essa mantiene, mimetizzati, troppi resti di quel<br />
«poeta-io» che si racconta sul<strong>la</strong> pag<strong>in</strong>a, tanto aborrito da Porta, e che per controbi<strong>la</strong>nciare le sp<strong>in</strong>te<br />
disgreganti <strong>in</strong> azione su di esso nel<strong>la</strong> realtà (politica e sociale) si <strong>in</strong>venta un nul<strong>la</strong> terrorizzante, ma anche<br />
conso<strong>la</strong>torio, <strong>in</strong> cui scomparire conservandosi: il poeta diventa un fantasma, puro spirito. La nuova<br />
poesia, al contrario (e Porta non può non pensare anche al<strong>la</strong> propria), approfitta del dissesto e crollo<br />
parziale di certi schemi d’<strong>in</strong>terpretazione del mondo, e del conseguente disord<strong>in</strong>e che dal piano<br />
gnoseologico si trasmette a quello percettivo (o viceversa), per mettere a punto strategie calco<strong>la</strong>te di<br />
«errore […] nel guardare il mondo», dove <strong>la</strong> «ricerca dell’ambiguo e del plurisignificante è pienamente<br />
positiva», e il disturbo è f<strong>in</strong>alizzato ad «una più ampia visione e conseguente presa di possesso del<br />
reale», ad «un appostamento molteplice» e una «più felice e approfondita conoscenza». La conclusione,<br />
perentoria, vorrebbe additare il più grande difetto del<strong>la</strong> poesia di Beckett, <strong>in</strong>tesa come exemplum di un<br />
passato da sganciare, e <strong>in</strong>dicare <strong>la</strong> strada ai poeti che veramente vogliano stare nel proprio tempo: «è sul<br />
piano dell’essere che <strong>la</strong> poesia deve giustificarsi. Scambiare una modificazione di questo piano, o un suo<br />
spostamento, con il nul<strong>la</strong>, è assolutamente imperdonabile».<br />
Ci sono già diversi motivi per tenere bene a mente queste pag<strong>in</strong>e di Porta, non foss’altro perché, nel<strong>la</strong><br />
loro foga un po’ didascalica, hanno il merito di esprimere chiaramente, su Beckett, un pensiero che<br />
all’<strong>in</strong>terno del Gruppo 63 era condiviso, come vedremo, anche da esponenti di formazione più solida e<br />
tradizionale. E altri se ne aggiungono a considerare le (sporadiche) annotazioni “positive” riservate dallo<br />
zelo portiano ai testi presi <strong>in</strong> esame. L’attenzione del recensore si appunta sul secondo dei Quatres<br />
poèmes, e su una modifica <strong>in</strong>tervenuta nel passaggio dall’<strong>in</strong>glese al francese:<br />
francese: su me <strong>la</strong> vita che mi sfugge m’<strong>in</strong>segue / e f<strong>in</strong>irà il giorno del suo <strong>in</strong>izio [;] <strong>in</strong>glese: verso il suo <strong>in</strong>izio, verso <strong>la</strong><br />
sua f<strong>in</strong>e. Ecco un caso di variante straord<strong>in</strong>ariamente azzeccata. «F<strong>in</strong>irà il giorno del suo <strong>in</strong>izio» <strong>la</strong>scia sì <strong>in</strong>travedere<br />
ancora <strong>la</strong> disperazione beckettiana ma <strong>la</strong> soverchia con il gioco di un’ambiguità veramente reale, aperta, cioè, a tutti i<br />
possibili. Qui sono tentato di dire che Beckett <strong>in</strong>segna, libero, per un istante (3).<br />
Dove, più ancora dell’idea, già esposta, del possibile contro il nul<strong>la</strong>, occorre rimarcare che<br />
l’apprezzamento di Porta si deve probabilmente ad una diversa configurazione geometrica sottesa alle<br />
due versioni: <strong>la</strong> co<strong>in</strong>cidenza di due punti nel<strong>la</strong> redazione <strong>in</strong>glese, una traiettoria circo<strong>la</strong>re su cui si effettua<br />
un movimento cont<strong>in</strong>uo, <strong>in</strong> quel<strong>la</strong> francese. Non sarà <strong>in</strong>oltre superfluo far notare che questa poesia,<br />
l’unica lodata senza riserve, prende <strong>in</strong>izio con un bivalente je suis, che vale <strong>in</strong>sieme per «seguo» e<br />
«sono», trasferendo così l’esistenza del soggetto <strong>in</strong> un moto, uno scorrimento (Gabriele Frasca ha<br />
tradotto appunto «scorro», comb<strong>in</strong>ando <strong>la</strong> sonorità di sono e il senso di seguo (4)), e term<strong>in</strong>a<br />
sull’immag<strong>in</strong>e di una porta: «et vivrai le temps d’une porte / <strong>qui</strong> s’ouvre et se referme» (pensiamo solo,<br />
nei Rapporti, ad Aprire, datata 1964: «Dietro <strong>la</strong> porta nul<strong>la</strong>…»; per Leo Pao<strong>la</strong>zzi, che lo ha assunto come<br />
nom de plume, Porta è sicuramente un nome par<strong>la</strong>nte). Solo una suggestione? Se sì, sarà una delle<br />
tante.<br />
Nel 1965 Porta <strong>in</strong>terviene anche al convegno del Gruppo 63 sul romanzo, rafforzando alcune direzioni<br />
salienti già formu<strong>la</strong>te nel<strong>la</strong> recensione, e opponendosi senza mezze misure alle tesi di uno dei pr<strong>in</strong>cipali<br />
esperti di narrativa dell’é<strong>qui</strong>pe sperimentale come Renato Barilli. Il terreno dello scontro è l’idea barilliana<br />
di normalizzazione e di estasi materiale, e forse, un po’ più <strong>in</strong> profondità, il disaccordo sul<strong>la</strong> maniera di<br />
<strong>in</strong>tendere i caratteri dell’esistenza <strong>in</strong>dividuale (il Dase<strong>in</strong>, secondo <strong>la</strong> term<strong>in</strong>ologia fenomenologica e<br />
<strong>la</strong>tamente heideggeriana cara a un’a<strong>la</strong> dell’avanguardia), fuori e dentro <strong>la</strong> costruzione romanzesca.<br />
Mentre Barilli, sul<strong>la</strong> scorta soprattutto del nouveau roman, sosteneva l’opportunità di strutturare i<br />
materiali l<strong>in</strong>guistici per <strong>la</strong> produzione di «epifanie» del<strong>la</strong> mera esistenza, ancora non gravata di senso<br />
determ<strong>in</strong>ato, da cui «spremere tutti i significati potenziali» (5), e <strong>qui</strong>ndi <strong>la</strong> necessità di mettere al centro<br />
dei romanzi il grigiore di una quotidianità fatta d’<strong>in</strong>ezie, Porta <strong>in</strong>sisteva su quanto fosse perniciosa quel<strong>la</strong><br />
tecnica, perché capace di «cancel<strong>la</strong>re <strong>la</strong> possibilità dell’istituzione di un rapporto soggetto – oggetto. […]<br />
Si rischia di non poter più credere al<strong>la</strong> possibilità di un soggetto progettante […] capace di impadronirsi<br />
dell’esserci, o capace di strutturare un nuovo modo di esserci» (6). Porta resp<strong>in</strong>ge il pericolo dell’<strong>in</strong>forme,<br />
che vede nel<strong>la</strong> proposta di Barilli, come aveva resp<strong>in</strong>to il nul<strong>la</strong> di Beckett, <strong>in</strong> nome del<strong>la</strong> conv<strong>in</strong>zione,<br />
viscerale, che sempre lo sp<strong>in</strong>ge e si manifesta <strong>in</strong> una quantità di maniere <strong>in</strong>stabili e contraddittorie, f<strong>in</strong>o a<br />
sfociare nell’impasse tragica: una concezione assolutamente affermativa del vivere e dello scrivere (il<br />
grande «Sì» che, già nel 1958, metteva capo a Europa cavalca un toro nero). Ma <strong>in</strong> questa occasione<br />
Porta non ha bisogno di prendere nuovamente le distanze da Beckett, perché, <strong>in</strong>credibilmente,<br />
nonostante diverse opere di quest’ultimo, prose, versi, pièces teatrali e radiofoniche, fossero state<br />
tradotte e circo<strong>la</strong>ssero <strong>in</strong> Italia, quasi nessuno lo nom<strong>in</strong>a (7). L’unico a far mostra di dolersene è, nel<br />
dibattito, Aldo Tagliaferri, allora impegnato <strong>in</strong> quello che sarebbe diventato Beckett e l’iperdeterm<strong>in</strong>azione<br />
letteraria (uscito <strong>in</strong> prima edizione nel 1967), che naturalmente giudica Beckett «un grande scrittore,<br />
<strong>in</strong>commensurabilmente superiore a tutti i romanzieri anglosassoni che sono stati <strong>qui</strong> citati» (tra i quali,<br />
sia detto per <strong>in</strong>ciso, ci sono anche Sal<strong>in</strong>ger e Pynchon) (8).<br />
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