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Nonostante Walcott non abbia mai vissuto direttamente sotto una dittatura, questo episodio è comunque<br />

ispirato a ricordi personali: l’esperienza del suo amico Joseph Brodskij e quel<strong>la</strong>, <strong>in</strong>crociata solo per un<br />

istante ma mai scordata, di Ghiannis Ritsos, esiliato durante <strong>la</strong> dittatura dei colonnelli evocata <strong>in</strong> questa<br />

scena.<br />

Il Filosofo e il Ciclope sono agli antipodi e, per questo, hanno qualcosa <strong>in</strong> comune. Entrambi sono esseri<br />

sbi<strong>la</strong>nciati. Uno dal<strong>la</strong> parte dell’<strong>in</strong>telletto, l’altro dal<strong>la</strong> parte del<strong>la</strong> bestialità. L’Odisseo di Walcott è l’uomo<br />

del mezzo, nel quale <strong>in</strong>telligenza e ist<strong>in</strong>to si compenetrano. Al<strong>la</strong> visione monocu<strong>la</strong>re del gigante che si è<br />

div<strong>in</strong>izzato da sé oppone quel<strong>la</strong> dell’uomo comune, che guarda con entrambi i suoi occhi. Al Ciclope che<br />

gli chiede a cosa serva averne due, Odisseo risponde: "e<strong>qui</strong>librio, proporzione, contrasto". Per fargli<br />

capire che questo è il pr<strong>in</strong>cipio su cui tutto si regge, gli porta degli esempi: paradiso, <strong>in</strong>ferno; bene, male;<br />

s<strong>in</strong>istra, destra. Potremmo aggiungere anche bianco e nero, visto che il mondo del Ciclope, nel quale il<br />

contrasto non è ammesso, è grigio.<br />

I due occhi servono anche uno per ridere e l’altro per piangere. Il mondo degli uom<strong>in</strong>i non è univoco. Una<br />

stessa cosa, <strong>in</strong> questo caso le <strong>la</strong>crime, può avere due significati opposti. Anche il Ciclope piange, ma le<br />

sue <strong>la</strong>crime sono solo quelle del riso. L’e<strong>qui</strong>librio dei due occhi è anche quello uomo-donna. Odisseo<br />

spiega al Ciclope di voler tornare a casa perché lì ha una moglie: “Come i miei occhi. Facciamo una<br />

coppia”. Al suo ritorno a Itaca, quando <strong>in</strong> preda all’ira vorrà impiccare <strong>la</strong> serva <strong>in</strong>fedele Me<strong>la</strong>ntó, <strong>in</strong> un<br />

altro dei casi <strong>in</strong> cui Walcott si stacca da Omero, sarà proprio Penelope, impedendoglielo, a ristabilire<br />

l’e<strong>qui</strong>librio.<br />

* * *<br />

Il pericolo per Odisseo non è solo di “scordare il ritorno”, ma anche di perdere <strong>la</strong> propria umanità. Se <strong>la</strong><br />

perdesse, il ritorno non avrebbe più senso, o meglio, non potrebbe compiersi. Odisseo è l’uomo che ha<br />

“molto sofferto”. Questa è una delle cose che, arrivato a Itaca, Walcott gli farà ricordare dal<strong>la</strong> “voce dei<br />

frangenti”. Se Odisseo avesse smesso di soffrire (di provare nostalgia, cioè “dolore per il ritorno”)<br />

avrebbe perso l’ago del<strong>la</strong> busso<strong>la</strong> che lo ha guidato verso casa. Questo è quanto rischia dal<strong>la</strong> n<strong>in</strong>fa<br />

Calipso. Così lo racconta ai cortigiani di Scherìa: “ODISSEO La dea gli offre <strong>la</strong> div<strong>in</strong>ità. Lui rifiuta./ PRIMO<br />

CORTIGIANO Non accetta l’immortalità? Dio! Perché non <strong>la</strong> vuole?/ ODISSEO Desidera il suo scoglio, troppo<br />

roccioso per i cavalli./ PRIMO CORTIGIANO Più dell’immortalità? ODISSEO Sembrava naturale. L’uomo ama, poi<br />

muore./ PRIMO CORTIGIANO Ma il suo nome, Odisseo, rivettato di stelle!/ ODISSEO Preferisce accendere le<br />

<strong>la</strong>mpade del<strong>la</strong> sua casa./ FEMIO E quel<strong>la</strong> casa sarà <strong>la</strong> <strong>la</strong>mpada che guida <strong>la</strong> sua zattera”.<br />

Nel<strong>la</strong> stessa scena, <strong>la</strong> sofferenza, storpiatrice di uom<strong>in</strong>i, è accomunata da Femio al<strong>la</strong> deformazione. Il<br />

cantore cieco, che "vede attraverso", sa che entrambe sono preziose perché sono ciò che dell’uomo<br />

sopravvive, parte del suo mistero, al quale, proprio per essere tali, se “ascoltate” gli permetteranno di<br />

riunirsi: “FEMIO Sopravvive chi è deviato. Ciò che è deforme è ciò che rimane./ ALCÍNOO Perché lo dici,<br />

Femio? Perché le tue pupille sono spente?/ FEMIO È così per le <strong>la</strong>crime. I torrenti tortuosi si uniscono ai<br />

loro fiumi”. E i fiumi al mare.<br />

Nel coro conclusivo, Odisseo è l’uomo “che il dolore non ha saputo annientare”. Odisseo è riuscito a<br />

resistere, non ha permesso al dolore (più propriamente rispetto all’orig<strong>in</strong>ale, al<strong>la</strong> “disperazione”) di<br />

annientare <strong>la</strong> sua umanità. Odisseo non è morto come uomo prima che il suo corpo fosse morto. Anche <strong>in</strong><br />

questo caso, come nel<strong>la</strong> Passione dell’ultima scena, abbiamo una sovrapposizione tra mondo ellenico e<br />

cristiano. Nel “Cantico di Frate Sole” di Francesco d’Assisi i beati che saranno “<strong>in</strong>coronati” dall’Altissimo<br />

sono quelli che sostengono “<strong>in</strong>firmitate et tribu<strong>la</strong>tione” e “ke’l sosterrano <strong>in</strong> pace”.<br />

* * *<br />

Seppure <strong>la</strong> trama del<strong>la</strong> pièce sia <strong>in</strong> gran parte identica a quel<strong>la</strong> omerica, i pochi cambiamenti apportati<br />

sono piuttosto rilevanti. Facendo naufragare <strong>la</strong> nave come conseguenza dell’apertura dell’otre dei venti,<br />

anziché del passaggio tra Scil<strong>la</strong> e Cariddi, Walcott risolve bril<strong>la</strong>ntemente un impasse scenico che <strong>la</strong><br />

riproduzione fedele dell’<strong>in</strong>treccio avrebbe creato e, allo stesso tempo, <strong>in</strong>troduce un elemento di sogno, o<br />

di follia, che <strong>in</strong> Omero non è presente.<br />

All’<strong>in</strong>izio dell’Atto II, tramite un f<strong>la</strong>sh-back, troviamo Odisseo su una zattera – quel<strong>la</strong> che lo porta a<br />

Scherìa, dove a noi sembrava fosse arrivato naufragando con <strong>la</strong> nave – ed è su questa che, con l’aiuto dei<br />

compagni morti emersi dal mare, passerà attraverso il canto delle Sirene per poi naufragare nuovamente,<br />

come <strong>in</strong> Omero accade al<strong>la</strong> nave, tra Scil<strong>la</strong> e Cariddi. Per tutta <strong>la</strong> scena, Odisseo non sa se stia sognando<br />

o se sia impazzito. Lo ripete più volte e, dopo il naufragio, sono Billy Blue e Euríclea, <strong>in</strong> una n<strong>in</strong>na nanna<br />

cantata sul suo corpo rannicchiato nel sonno, a chiederselo.<br />

Ma se tutto sia realmente accaduto o se sia stato un sogno o un’alluc<strong>in</strong>azione non fa molta differenza. Le<br />

tre cose forse non possono essere dist<strong>in</strong>te e sono simultaneamente vere. l’Odisseo di Walcott sa che i<br />

mostri che ha <strong>in</strong>contrato sono, <strong>in</strong> ogni caso, un prodotto del<strong>la</strong> sua immag<strong>in</strong>azione; che non è solo quel<strong>la</strong><br />

forza benevo<strong>la</strong> di cui Euríclea gli ha aperto i cancelli ma che, come tutte le cose che esistono davvero, ha<br />

un suo <strong>la</strong>to oscuro e proietta un’ombra. Odisseo sa di avere “stanze buie che non os[a] esplorare” e che<br />

“l’<strong>in</strong>ferno è l’ombra dell’immag<strong>in</strong>azione”, ma sa anche che non per questo è meno reale.<br />

Tra i mostri che Odisseo <strong>in</strong>contra, il Ciclope, <strong>in</strong> questo senso, è sicuramente il più emblematico. Il<br />

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