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Le vecchie “luci” appare certamente più beckettiano e distrugge l’anonimo e banale “città illunimata”, che<br />

è proprio il suo contrario: “vecchie luci” ha chiaramente un tono angosciato e “città illum<strong>in</strong>ata” una carica<br />

“magica” di scoperta felice e di rive<strong>la</strong>zione. In tutti e due i casi vi è trasposizione: per questo avrei<br />

preferito “verso le luci del<strong>la</strong> città” anche se “vecchie luci” riesce a rimanere “oggetto”, sia pure con una<br />

venatura di sentimentalismo già riconosciuta.<br />

Variante II<br />

francese: su me <strong>la</strong> vita che mi sfugge mi <strong>in</strong>segue<br />

e f<strong>in</strong>irà il giorno del suo <strong>in</strong>izio<br />

<strong>in</strong>glese: verso il suo <strong>in</strong>izio verso <strong>la</strong> sua f<strong>in</strong>e<br />

Ecco un caso di variante straord<strong>in</strong>ariamente azzeccata. “F<strong>in</strong>irà il giorno del suo <strong>in</strong>izio” <strong>la</strong>scia sì <strong>in</strong>travedere<br />

ancora <strong>la</strong> disperazione beckettiana ma <strong>la</strong> soverchia con il gioco di un’ambiguità veramente reale, aperta,<br />

cioè, a tutti i possibili. Qui sono tentato di dire che Beckett <strong>in</strong>segna, libero, per un istante.<br />

Variante III<br />

francese: caro istante ti vedo<br />

<strong>in</strong> questa tenda di bruma che <strong>in</strong>dietreggia<br />

dove non potrò più calpestare quelle lunghe soglie mobili<br />

<strong>in</strong>glese:(congiungendo i primi due versi)<br />

<strong>la</strong> mia pace è là nel<strong>la</strong> nebbia che <strong>in</strong>dietreggia<br />

Il salto al<strong>la</strong> metafora è così violento che ci si domanda se quel<strong>la</strong> “tenda di bruma”, oltre a essere<br />

sovraccarica di simbologia, riesce a diventare presenza reale: <strong>la</strong> risposta è <strong>in</strong>certa e complicata dal<br />

cambio di “my peace” con “cher <strong>in</strong>stant”.<br />

In questo caso “pace” ha un senso di “momento felice”, ma <strong>in</strong> tutti e due i casi (leggiamo anche il f<strong>in</strong>ale:<br />

e vivrò il tempo di una porta<br />

che si apre e si richiude)<br />

non si riesce ad allontanare una certa sensazione di banalità e <strong>in</strong>utilità, che il simbolo del “passaggio” (<strong>la</strong><br />

tenda) non riesce a cancel<strong>la</strong>re. Perché? Credo di rispondere più avanti con il significato di questo mio<br />

scritto.<br />

Variante IV<br />

francese: che farei senza questo silenzio fossa dei bisbìgli (o mormorii)<br />

<strong>in</strong>glese: senza questo silenzio dove i bisbìgli (o mormorii) muoiono<br />

e <strong>la</strong> poesia cont<strong>in</strong>ua così:<br />

ansimante furioso verso il soccorso verso l’amore...<br />

Mi domando, prima, se era meglio tradurre “bisbìgli” o “mormorii” che sono meno artico<strong>la</strong>ti, credo, più<br />

alluc<strong>in</strong>ati, forse più adatti a spegnersi <strong>in</strong> quel silenzio: “bisbìgli” può essere solo di parole e “mormorii”<br />

riferirsi anche a piccoli rumori, gutturali, animali, eccetera.<br />

A parte questa osservazione mi pare che <strong>la</strong> soluzione “<strong>in</strong>glese” sia preferibile perché più semplice e<br />

chiara. In entrambi i casi, soprattutto pensando al seguito, ritorna <strong>la</strong> sensazione di <strong>in</strong>utilità. La<br />

conv<strong>in</strong>zione che queste poesie non facciano parte del<strong>la</strong> nostra storia si fa più precisa: ecco un eccesso di<br />

“personalismo” nel senso del<strong>la</strong> protesta <strong>in</strong>dividuale verso il dest<strong>in</strong>o <strong>in</strong>fame, il crollo dei valori, <strong>la</strong> f<strong>in</strong>e di<br />

tutto ecc. ecc. Perché non <strong>in</strong>teressa?<br />

Perché non si trova una ragione che giustifichi il rifarsi a una idea del mondo nata e morta con<br />

l’idealismo. È falso, evidentemente, che non vi debba essere più niente di diverso e di nuovamente vitale<br />

e che, <strong>in</strong> conseguenza, tutto sia f<strong>in</strong>ito.<br />

Variante V<br />

francese: che farei come ieri come oggi<br />

guardando dal mio oblò se non sono solo<br />

a errare e girare lontano da ogni vita<br />

<strong>in</strong> uno spazio buratt<strong>in</strong>o<br />

senza voce tra le voci<br />

chiuse con me<br />

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