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frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...

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era fornitore delle più importanti case napoletane di esportazione, quali Meuricoffre e Co. 9 , Carpi e Figli,<br />

Aselmeyer, Pfister e Co. Cavelty e Figlio; lo si usava ormai designare col nome di re della canapa, il che sta<br />

ad indicare quanto straordinario fosse il suo progetto nel campo commerciale. Avendo notato che le case<br />

esportatrici napoletane non facevano che un apatico lavoro di commissionari, sfruttando sia i committenti,<br />

sia le ditte delle quali prelevavano la merce; decise di mettersi in diretto contatto con le aziende distributrici<br />

del prodotto finito (spaghi, corde) facendo realizzare un risparmio non indifferente di tempo e di denaro<br />

con sicuro vantaggio di tutta l’economia nazionale. Fu così che nel 1901 sorse la casa di esportazione per la<br />

canapa “Carmine Pezzullo fu Sossio”, alla quale arrise, sin dall’inizio, un successo clamoroso, il che lo<br />

indusse a sempre più interessarsi d<strong>ei</strong> problemi derivanti dall’industria della canapa ed a curarne la<br />

soluzione. Nel 1913 creò la Banca di Frattamaggiore con 63 mila lire di capitale, sotto forma di società<br />

anonima (così venivano chiamate le attuali S.p.A.), con sede e direzione in via Carmelo Pezzullo ed<br />

un’agenzia in Caivano. Molti furono gli artigiani canapieri da lui sovvenzionati. Interessatosi da<br />

giovanissimo alla politica, Carmine Pezzullo divenne uno d<strong>ei</strong> notabili del Partito Liberale della nostra zona<br />

ai tempi di Giolitti (1903-1914), la sua vita fu in susseguirsi di incarichi pubblici: il 17 luglio 1895 fu eletto<br />

consigliere comunale, il 10 maggio 1908, venne eletto sindaco della città, carica che tenne<br />

ininterrottamente per tre lustri, essendo stato rieletto, sempre per voti unanimi, nel 1910, nel 1914, nel<br />

1920.<br />

Il Canapificio “Carmine Pezzullo e Figli” in una foto del 1914, nella fase di maggiore successo, quando l’azienda<br />

aveva 1.000 dipendenti, senza tener conto delle tante altre persone adibite alla lavorazione nelle ditte dell’indotto<br />

I politici dell’epoca imploravano l’aiuto del taumaturgo Sen. Carmine, in quanto lui per status <strong>sociale</strong> e<br />

qualità individuali, venne designato a svolgere funzioni di supplenza da una comunità incapace di<br />

organizzarsi autonomamente. Ultimo suo dono ai frattesi: la monumentale Daga in onore d<strong>ei</strong> Caduti della<br />

guerra 1915-18, opera dell’insigne scultore Filippo Cifariello. Difese l’ordine e la tranquillità n<strong>ei</strong> <strong>suoi</strong><br />

opifici e non si piegò mai al dilagare della violenza fascista. Dopo lunga malattia, si spense, a soli 59 anni,<br />

il 6 febbraio 1925. Malgrado avesse disposto che i <strong>suoi</strong> funerali fossero modestissimi, una marea di folla gli<br />

tributò una vera apoteosi. Fu un autentico figlio del lavoro che da modesti natali seppe assurgere, con la<br />

forza dell’ingegno, ad una posizione <strong>sociale</strong> e morale di prim’ordine. Di carattere leale e buono trasformò<br />

la sua industria in base alle esigenze d<strong>ei</strong> tempi. La sua vita pubblica e privata fu di coerente esemplare<br />

rigore, per tante benemerenze fu nominato (1921) Cavaliere del Lavoro, Grande Ufficiale dell’Ordine della<br />

Corona d’Italia. Fu uno d<strong>ei</strong> quattro componenti del consiglio di amministrazione del Banco di Napoli nel<br />

1910.<br />

ON. DOTT. ANGELO PEZZULLO (1873-1932), un filantropo<br />

Chirurgo d’indiscusso valore, primo deputato frattese al Parlamento, cittadino benemerito per aver tanto<br />

contribuito allo sviluppo ed al potenziamento del nostro Ospedale di Pardinola, Angelo Pezzullo, fratello di<br />

Carmine, onorò il nostro paese con la sua complessa attività professionale e politica, con la beneficenza,<br />

9 I Meuricoffre e Co., erano una famiglia di banchieri e industriali di origine svizzera, stabilitisi a<br />

Napoli dal 1760. La forma originaria del cognome poi francesizzato, era Morikofer (cfr. A.S.P.N. n.<br />

CXXI, 2003, pag. 497).

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