frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...
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Che il raggio d’azione, poi, della produzione stanzionesca esorbitasse la singolarità della propria specifica<br />
personalità, riuscendo a coinvolgere la realtà ambientale che lo circondava, fino a permearla del proprio<br />
afflato creativo lo testimonia non solo la storiografia napoletana, ma anche quanto scriverà alla fine del<br />
‘700 il Lanzi, che certamente riserva attenzione al De Dominici che per lui acquista dimensione di fonte,<br />
ma procedendo comunque egli stesso a convincersi della validità dell’assunto critico suggerito 7 .<br />
Le considerazioni fin qui proposte discendono dall’analisi delle prime battute delle frasi introduttive della<br />
Vita dello Stanzione redatta dal De Dominici (da noi testualmente riportate in apertura di questo scritto).<br />
Ad esse immediatamente segue la narrazione delle prime vicende umane dello Stanzione, che inquadrano<br />
un momento della vita del pittore cui, tuttora, è difficile conferire un compiuto e più ampio profilo.<br />
Utilizziamo ancora le parole del De Dominici:<br />
“Nacque Massimo Stanzione nell’anno di salute 1585, da onestissimi Genitori, il di cui nome non è<br />
peranche a noi pervenuto; Essi educarono il fanciullo nelle virtù Cristiane, ed ebbero a cuore di farlo<br />
istruire nelle lettere umane; ma perché molte volte il comodo della propria casa fà, che i giovani poco<br />
si avanzino nell’acquisto delle scienze, solea passarsela Massimo con alcuni giovani <strong>suoi</strong> compagni<br />
suonando varj istromenti, ed oltremodo dilettandosi della Musica, e tra questi esercizi egli si<br />
trattenne infino all’età di anni 18 compiuti. Accadde intanto, che venuto a mancare un suo<br />
Congiunto, fu chiamato un Pittore, acciocché ne avesse ricavato il ritratto, come suol farsi per<br />
memoria de’ difonti; ma perché quel Pittore non era forse un de’ migliori Maestri, e molto penava<br />
nell’imitare quelle morte sembianze; Massimo ch’era presente si sentiva struggere di non aver niuna<br />
pratica dell’Arte della pittura, parendogli che gli sarebbe dato l’animo di colpir benissimo nella<br />
fisonomia di quel Cadavero, laonde diceva al Pittore alcuna cosa, il quale (come far sogliono i Pittori<br />
sciocchi, allor che da Uomo savio non Professore sono ammoniti di qualche manifesto fallo) non<br />
facendone troppo caso rispondeva, che lasciasse di parlare di quell’Arte ch’<strong>ei</strong> non intendeva, e con<br />
ciò portando sue ideate ragioni tirò innanzi, ed alla peggio il lavoro. Questa occasione fu il bel<br />
principio, onde Massimo si rivolse alla Pittura, e perché in quel tempo eran molto lodati anche i<br />
ritratti di Fabrizio Santafede, si portò Massimo alla di lui Scuola, ove si diede allo studio del disegno,<br />
indi tirato dal genio passò al Trepiedi, copiando quelli che alla giornata Fabrizio dipingeva, e tanto<br />
ben gli imitava, che sovente erano con quelli del Maestro scambiati. Assicuratosi adunque del colore,<br />
e delle regole nel copiare il vivo, cominciò egli ancora a ritrarre varj Gentil<strong>uomini</strong>, e si portò così<br />
bene che il medesimo Santafede, occupato per lo più ne’ gran lavori, rinunciava a lui tutte le<br />
commissioni che gli venivano de’ ritratti, lodandolo in quel genere di pittura come migliore di se.<br />
Fece adunque Massimo per qualche tempo ritratti, non lasciando però di colorire altresì alcuna<br />
Immagine Sacra secondo le richieste che gli venivan fatte, quindi essendogli paruto necessario di fare<br />
studio maggiore nel disegno, si pose di proposito a frequentare l’Accademia del Nudo, e a studiare i<br />
buoni modelli dell’ottime antiche statue di Roma; ed essendo in quel tempo cresciuta la fama di Gio:<br />
Battista Caracciolo a cagione dello studio che questi avea fatto a Roma sulla Galleria del Carracci,<br />
quindi è, che Massimo, il quale, non so per qual cagione trovavasi fuori della Scuola del Santafede,<br />
volle ancor dal medesimo Caracciolo apprendere il buon contorno, sentendolo lodar da’ Professori<br />
così per questa parte, come per lo chiaro scuro; e di questi Maestri fa egli stesso menzione nelle sue<br />
note”.<br />
De Dominici, come è facile osservare, procede, quindi, dopo la presentazione dell’artista, ad illustrarne i<br />
momenti iniziali della vita: innanzitutto la nascita, che lo storico settecentesco asserisce essere avvenuta nel<br />
1585 “da onestissimi genitori”. Non è detto, in verità, dove sia nato il Maestro e ciò ha scatenato una ridda<br />
di controversie campanilistiche con le cittadine di Orta di Atella e di Frattamaggiore che rivendicano d’aver<br />
dato i natali al pittore.<br />
In realtà, i dati documentari non giungono in soccorso e l’unico riferimento importante che consegnano le<br />
antiche carte è quello d’una presenza di beni immobili della famiglia dello Stanzione in tenimento di Orta,<br />
luogo ove l’artista era solito venire a trascorrere d<strong>ei</strong> periodi di vacanza.<br />
7 L. LANZI, Storia pittorica della Italia, Bassano 1879; n. ed. Firenze 1968.