frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...
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C’è da valutare, in aggiunta a tutto ciò, che la personalità dello Stanzione, come quella del Solimena,<br />
d’altronde di cui sembra condividere molti tratti, cattura le simpatie del De Dominici.<br />
Questi, infatti, ne apprezza il profilo morale, la disposizione a non eccedere in nulla, la scelta della<br />
moderazione. De Dominici descrive, non a caso, la figura dello Stanzione come quella d’un leader nel suo<br />
campo, punto di riferimento per la comunità artistica napoletana, personalità saggia ed equilibrata in grado<br />
di dirimere questioni e di svolgere un’azione positiva sull’ambiente: una sorta di Solimena ante litteram.<br />
Occorreva, tuttavia, che il De Dominici - per accreditare inconfutabilmente il proprio assunto critico -<br />
fornisse tutte le più ampie spiegazioni e che documentasse quanto sostenuto a proposito dello Stanzione.<br />
Era consapevole, inoltre, lo storico settecentesco che l’accreditamento della figura dell’artista non dovesse<br />
esser condotto a patto di una forzatura del dato storico: sarebbe stato ben difficile, d’altronde, ritenere<br />
praticabile una lettura anche semplicemente solo più libera o enfatica della realtà d<strong>ei</strong> fatti: ciò avrebbe<br />
comportato il rischio di rendersi ben poco credibile soprattutto presso quel pubblico di lettori <strong>suoi</strong><br />
contemporan<strong>ei</strong> che erano certamente avvertiti del darsi storico di eventi che, comunque, per ragioni di<br />
cronologia, non erano poi molto lontani da un passato che, ai tempi in cui il De Dominici scriveva, poteva<br />
valutarsi entro il limite del secolo o poco più.<br />
Il fatto, infine, che lo Stanzione fosse stato ai <strong>suoi</strong> tempi autore d’un lavoro di carattere storiografico non<br />
poteva non essere motivo di particolare apprezzamento da parte del De Dominici e non poteva non<br />
determinare un ulteriore interesse per la sua personalità, la quale, in aggiunta ai meriti artistici, guadagnava<br />
anche il ruolo di testimone (e di testimone prezioso) al cui bagaglio di informazioni era possibile accedere<br />
con profitto e larghezza.<br />
Sappiamo che la storiografia ottocentesca ha mirato, invece, a demolire il ruolo della testimonianza<br />
dedominiciana. Un po’ prima ci aveva provato anche il Giannone 2 , ma - almeno nel secondo cinquantennio<br />
del Novecento - si può affermare che questa sorta di diminutio dello storico settecentesco, ridotto<br />
addirittura a “falsario” nella prospettiva del Croce 3 , abbia subito un radicale ridimensionamento.<br />
La storiografia artistica nostra contemporanea ha, infatti, rivelato in più casi che le informazioni di De<br />
Dominici sono sostanzialmente corrette; soprattutto ha sgombrato il campo dall’ipotesi di una volontà di<br />
mistificazione da parte del Nostro, lasciando in piedi, sul piano critico, ciò che alla fallibilità umana<br />
necessariamente s’appartiene e, cioè, l’errore che si rivela, tuttavia, sempre come disinformazione, ma<br />
giammai come forzatura storica e manipolazione intenzionale del vero o, addirittura, come premeditata<br />
fabbricazione di prove truffaldinamente architettate per sostenere una propria tesi preconcetta.<br />
La vicenda delle Memorie dello Stanzione - revocate in falso storico - costituisce un argomento sostenuto<br />
proprio dai detrattori del De Dominici per accusare di inattendibilità lo storico settecentesco.<br />
Sulla lunga questione dell’autenticità del manoscritto dello Stanzione sono stati versati fiumi d’inchiostro,<br />
sono state impiegate moderne tecniche d’indagine documentaria e non s’è pervenuti ad alcuna<br />
dimostrazione della inautenticità del documento o, peggio ancora, della sua fabbricazione da parte del De<br />
Dominici stesso.<br />
S’è, piuttosto, affermata una ragionevole propensione a ritenerlo autentico, magari argomentandone<br />
qualche possibile manomissione integrativa o la stessa ricopiatura del libello in anni successivi alla morte<br />
dello Stanzione.<br />
D’altra parte, a non voler argomentare che il De Dominici si sia inventata tutta la storia dell’arte<br />
napoletana, è ben difficile immaginare che egli possa averne scritto semplicemente attingendo a fonti orali.<br />
Avrebbe potuto aver buon gioco in tal modo nella ricostruzione delle personalità d<strong>ei</strong> <strong>suoi</strong> contemporan<strong>ei</strong>,<br />
forse di artisti vissuti un secolo prima, ma non di quanti erano stati protagonisti di stagioni creative<br />
notevolmente precedenti nel tempo. Dover quindi postulare l’esistenza di fonti documentarie è ben più che<br />
un’illazione: è un’esigenza storica alla cui stregua si può valutare pienamente il portato dell’impresa del De<br />
Dominici. Un’ulteriore considerazione giova proporre ed è quella che suggerisce di ricordare che è<br />
storicamente attestata la pratica degli artisti n<strong>ei</strong> secoli passati - in mancanza di altri strumenti di<br />
riproduzione delle immagini - di far raccolta di testi, di riproduzioni, di disegni di altri maestri che, per<br />
2 P. GIANNONE, Giunte alle vite de’pittori napoletani, ed. a cura di O. MORISANI, Napoli 1941.<br />
3 B. CROCE, Scrittori della storia dell’arte napoletana anteriori al De Dominici, in “Napoli<br />
Nobilissima”, VII 1898.